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Approfondimenti

Casarano: rivolta in tangenziale

Contrada Pineta verrà tagliata fuori da una nuova e per molti incomprensibile arteria voluta dalla Provincia in una zona a rischio idrogeologico

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Un mattino ti alzi, ti metti in macchina e vai a fare la spesa, fai le tue commissioni e torni a casa o meglio… ci provi! Sì, perché nel frattempo, mentre tu compravi le zucchine, alcune ruspe e operai vestiti di arancione ti hanno chiuso la strada e ti dicono pure che da lì non ci passerai mai più perché la tua strada di casa sarà attraversata dalla nuova tangenziale.


Questa che sembra una scena dei Simpson, è realta a Casarano per tutti quei cittadini che abitano in contrada Pineta. Questa zona, residenziale ed immersa nel verde degli alberi di pino, è collegata al resto della città da un’unica strada (via Pineta appunto) che sbocca alle spalle dell’ospedale. Ebbene, questa strada verrà a giorni interrotta perché è previsto che venga tagliata trasversalmente dalla costruenda tangenziale.


Per gli effetti che provocherà ma soprattutto per la repentina decisione di chiudere la loro via di casa, gli abitanti di contrada Pineta hanno invaso pacificamente l’aula consiliare del Palazzo di Città per un confronto (acceso ma civilissimo) con il sindaco Gianni Stefàno, l’assessore al ramo Ottavio De Nuzzo ed il responsabile dell’ufficio tecnico, l’architetto Andrea Carrozzo.


È stato proprio quest’ultimo ad illustrare, mappe alla mano, quel che sta per accadere e quelle che saranno le alternative e le varianti viarie che d’ora in poi caratterizzeranno la quotidianità di quei cittadini. In buona sostanza, chi avrà la necessità di recarsi in quella zona, dovrà prendere la complanare in corrispondenza del supermercato “Eurospin” e, da lì, percorrere 280 metri per intercettare nuovamente via Pineta al di là della tangenziale. Ovviamente le proposte avanzate sono state molteplici e qualcuna addirittura fantasiosa.


Il sindaco Stefano

Il sindaco Stefano


Ha provato a rispondere a tutti prendendo la parola, il sindaco: “Dobbiamo partire dal presupposto che questo è un progetto approvato nel 2004 (avete letto bene: 12 anni fa!), “e tutti questi anni sono serviti solo per raccogliere i pareri e le autorizzazioni che la burocrazia rende necessarie ed indispensabili  prima di cantierizzare un’opera così impegnativa”. In poche parole il sindaco ha detto che le “particelle” catastali interessate all’esproprio sono tante e il complesso meccanismo di esproprio è stato talmente lungo e complesso che, qualora si decidesse di fare una qualunque modifica che richiedesse l’interessamento di anche solo una nuova particella… non è escluso che di anni ce ne vorrebbero altri e tanti prima di tornare a cantierizzare l’opera.


Continuando a parlarne con il sindaco, scopriamo anche che l’artefice di questo progetto, e di conseguenza chi ha il potere di modificarlo, è la Provincia di Lecce e che il tutto fu presentato e discusso, presso il Comune di Casarano, come detto,  nel lontano 2004 (evitiamo  volutamente riferimenti polemici a chi avrebbe dovuto leggere quelle mappe e non lo fece). Ci viene anche confermato ciò che era intuibile e cioè che il territorio di cui si parla rientra nelle zone a rischio idrogeologico in quanto normale via di fuga per l’acqua piovana nel suo tragitto verso valle, e questo ovviamente complica le cose.


Noi 14 anni fa ci occupavamo sicuramente di altro ma le menti pensanti che hanno partorito questo progetto non avranno riposato la notte per inventarsi questa cervellotica complanare che sta per vedere la luce nelle prossime settimane. Cervellotica perché costringe gli abitanti di contrada pineta in un avanti ed indietro che pare senza senso. Sicuramente hanno ragione i tecnici nel dire che è impossibile scavare un sottopassaggio al di sotto della tangenziale, sia perché lieviterebbero i costi di realizzazione, sia perché sarebbe troppo profondo e quindi “pericoloso” in caso di forti piogge. Così come hanno ragione i soliti, bravissimi, tecnici della Provincia quando affermano che è poco realizzabile un cavalcavia per gli stessi motivi esposti prima.


Quello che in realtà ci lascia perplessi e che vorremmo chiedere ai bravissimi e lungimiranti tecnici della provincia è questo: negli ultimi anni ci avete riempito di rotonde messe anche all’incrocio di strade inesistenti; le rotatorie, o i rondò per dirlo in maniera più elegante, saranno probabilmente il simbolo che contraddistinguerà gli anni 2000 tanto e tale è stato l’abuso fatto di esse.


Nelle vostre notti insonni, passate a progettare una cervellotica complanare che ha espropriato terreni, sradicherà tanti alberi di ulivo e porterà i residenti di contrada pineta a fare il giro da Matino prima di tornare a casa: fra tutte le vostre elucubrazioni, non avete mai pensato che una semplice, intuitiva, economica e razionale rotonda fra la tangenziale e via Pineta avrebbe risolto il problema? Anzi, nemmeno lo avrebbe creato? Noi non siamo dei tecnici, probabilmente non lo capiamo ma, nella prossima riunione indetta con i solerti ed illuminati tecnici della Provincia, magari lo chiederemo. “Qualsiasi sciocco può fare qualcosa di complesso; ci vuole un genio per fare qualcosa di semplice” (Pete Seeger).


Antonio Memmi






Approfondimenti

Mesciu Pippi, custode dell’arte edilizia

Al secolo Raimondo Giuseppe Marra, nato nel 1943 a Montesano Salentino, considerato un custode della lavorazione tradizionale e un vero e proprio maestro delle volte a stella, a squadro e a botte

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In nostro approfondimento sulla tradizione del costruire salentino si chiude con una figura storica dell’edilizia salentina.

I più attempati si ricorderanno certamente di Mesciu Pippi.

Al secolo Raimondo Giuseppe Marra, nato nel 1943 a Montesano Salentino, anche se all’anagrafe risulta Miggiano, di cui il suo paese, all’epoca, era ancora frazione. A 15 anni iniziò a lavorare in cantiere e, da allora, l’arte edile è diventata la sua vita.

Tanto da essere considerato un custode della lavorazione tradizionale e un vero e proprio maestro delle volte a stella, a squadro e a botte.

La sua storia è riportata nel libro “Il cantiere edile come biografia e memoria”, scritto dall’architetto Venanzio Marra, figlio di Raimondo Giuseppe.

Mesciu Pippi cita il suo maestro: «È stato Donato De Matteis, un abile costruttore di Montesano. Poi ho avuto tanti altri maestri, tra cui Ippazio Morciano, mesciu Pati, di Tiggiano. Dopo aver lavorato con lui, nel 1973, ho dato vita alla mia attività».

Nonostante sul finire degli anni 70 stesse cambiando il modo di costruire passando dalle strutture interamente in muratura, con copertura a volta, ai sistemi in cemento armato, con le strutture puntiformi e i solai, Mesciu Pippi è rimasto legato alla tradizione: «Il passaggio dalle costruzioni tradizionali a quelle moderne non è stato indolore. Il cantiere tradizionale veniva sostituito da un cantiere in cui l’esecuzione delle opere diveniva più veloce, aumentava la standardizzazione della componentistica edile. Ma spesso si perdeva parte della sapienza costruttiva e le maestranze diventavano sempre più dequalificate. Sin dal 1975, quando capitava di demolire una volta (per esempio a stella) per costruire una struttura moderna con i solai piani, pensavo che i nuovi edifici non sarebbero durati così a lungo. Insomma, si demolivano strutture fatte ad arte per sostituirle con altre che non davano la stessa garanzia».

PER L’INTERVENTO DEL CONSERVATORE – RESTAURATORE GIUSEPPE MARIA COSTANTINI CLICCA QUI

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Muretti a Secco e Pajare

Costruire salentino: Dario Damiano Profico di Gagliano del Capo “riporta in vita” le pietre

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Con Dario Damiano Profico di Gagliano del Capo siamo al quarto capitolo del nostro approfondimento sulla tradizione dell’edilizia salentina (dopo l’intervento del Conservatore-Restauratore Giuseppe Maria Costantini, il Coccio Pesto e le Cementine e le Volte a Stella)

Dario ha fatto della sua passione un lavoro.

Da quasi 25 anni la sua mission è restaurare muretti a secco e pajare che, ipse dixit, «ricostruisco com’erano all’origine».

Anche Dario conferma che la «richiesta di lavori tradizionali è alta sia perché il risultato è indubbiamente bello da vedere sia perché, per questo tipo di lavori, ci sono possibilità di accedere a specifici finanziamenti. Il ripristino dei muretti a secco, in modo particolare, è molto richiesto».

Qual è in particolare il tuo lavoro?

«Riportare il tutto com’era un tempo con lo stesso tipo di lavorazione. Da non confondere con ciò che fanno taluni, utilizzando metodi non indigeni che danno un risultato finale diverso rispetto a quello che erano i muretti a secco originali del Salento, rovinandone peraltro l’estetica».

In particolare, a cosa ti riferisci?

«All’utilizzo del calcestruzzo e al mancato utilizzo della terracotta. Sia per le pajare che per i muretti ci tengo farli “a secco”, proprio come si faceva una volta. Per questo chiedo che le pietre non mi arrivino spaccate, ma esattamente come sono state scavate. In modo che io possa dare consistenza al tutto con le pietre grosse, senza utilizzare il cemento».

Il cemento non lo utilizzi affatto?

«Tendo a farne a meno. In qualche occasione sono costretto a farlo perché il committente vuol farci passare la corrente elettrica. Così, per evitare i crolli e cautelare i tubi, uso il calcestruzzo in tre strati: base, centrale e superiore perché ci metto il cordone finale a forma di “A”, per scaricare il peso al centro del muro e dare solidità a tutta la struttura».

Veniamo ai costi. Per un muretto a secco qual è il costo medio?

«Si parte da 35 euro fino ad arrivare a 90 euro a metro lineare. Dipende dalla richiesta. C’è chi vuole un muretto praticamente liscio, a fuga chiusa: in questo caso, la lavorazione richiede maggiori tempi e maggiori costi. Se uno vuole un muro che sia “uno specchio”, senza fughe, vuol dire che la pietra andrà lavorata nel minimo dettaglio e quindi il prezzo sarà più alto. Se, invece, si preferisce il metodo originale, con il minimo utilizzo del martello sulla pietra grezza locale, il costo scende».

E per le pajare? Se, ad esempio, dovessi rimetterne in piedi una di 50 metri quadri?

«Per una pajara di 50 mq, compresi gli esterni (si calcola così, NdR), occorreranno in media 8mila euro, sempre ricostruendola esattamente come era una volta, ovviamente tutta a secco».

Pajare riportate all’origine tranne che per un particolare: «Nel ricostruirla alzo l’apertura fino a due metri, due metri e 15 centimetri, perché in origine l’ingresso alla pajara era molto basso e quindi scomodo»

Qualche tempo fa Dario Profico ha fatto capolino su Rai 3:

«Erano affascinati dalla nostra storia, anche abitativa. Qualche volta è necessario che arrivino da fuori Salento per ricordarci ciò che abbiamo. Non sarebbe male stessimo più attenti a quelle che sono le nostre tradizioni».

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Volte a Stella

Costruire salentino: Donato Marra di Tricase specialista del sistema di copertura a volta

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Dopo l’introduzione storica del Conservatore-Restauratore Giuseppe Maria Costantini e il capitolo dedicato a Coccio Pesto e Cementine, (seguirà quello sul Muretti a Secco e Pajare) il nostro approfondimento prosegue con Donato Marra, imprenditore edile, 59 anni di Tricase, specialista in Volte a Stella.

Da quanti anni fa questo mestiere?

«L’azienda personale esiste da circa trent’anni, ma la prima esperienza risale a quando, adolescente, ho iniziato a lavorare con mio padre, presso la sua impresa di costruzioni.  Mio padre è stato il mio mentore e maestro, un gran maestro. È lui che mi ha “iniziato” e insegnato a creare l’arte delle antiche costruzioni, delle volte antiche, quelle storiche che si possono ammirare in Salento in tante costruzioni nobiliari».

È un dato di fatto: lo stile “salentino”, volte a stella, muretti, ecc.. è sempre più richiesto. Le risulta?

«È vero, le volte, le costruzioni tipiche salentine sono sempre più richieste. Per parte mia, una volta appresa la bellezza dell’arte salentina, ho voluto metterla a frutto: tutto quello che mi avevano insegnato l’ho restituito creando e consegnando bellezza nelle mani dei clienti. Vorrei aggiungere, però, che spesso l’eccessivo costo di queste costruzioni non è alla portata e per la tasca di tutti. Inoltre, la terra del Capo di Leuca è piena di vincoli e questo non permette di costruire molte case tipiche in campagna».

Considerata la sua esperienza, cosa le chiede maggiormente la sua clientela?

«Devo dire che sono tante le ristrutturazioni che effettuiamo, anche grazie all’arrivo dei tanti stranieri che comprano in Salento. Loro, per fortuna, sono molto attenti al recupero ed alla ristrutturazione di case, masserie o ville antiche: desiderano soprattutto che i lavori vengano eseguiti con una fedeltà all’antico maniacale e che sempre sia più vicina alla costruzione che è stata, e, aggiungo, questo è un bene per noi e per il nostro Salento».

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