Attualità
La macchina del fango torna a colpire Casarano
In azione quelle che un tempo erano definite “le lingue delle feste”: gli ultras al contrario cavalcano la vile aggressione al buon Giovanni per sparare a zero sulla città
Chi abbia, anche solo una volta nella vita, frequentato uno stadio di una grande città, avrà sicuramente notato l’esistenza sulle curve di più gruppi di ultras; hanno le loro caratteristiche, le loro distinzioni ma c’è una cosa che li tiene tutti uniti: l’amore e la passione per i propri colori e per la propria città.
Anche Casarano non è da meno a questa tradizione, ma una città così non poteva non distinguersi da tutte le altre. Sì, perché fra i vari gruppi che tifano per il nome della propria città, ce n’è uno che… tifa contro. Lo so, può sembrare inverosimile, eppure c’è chi, al tavolo del tresette, mentre gli altri giocano normalmente, si diverte a giocare “a perdere”. C’è infatti un gruppo (anche abbastanza nutrito) di “intellettuali” e di opinionisti un tanto al kilo, che dai social, dagli scranni del Consiglio Comunale o anche dalla Stampa (intesa proprio nel vero senso della parola, come regolarmente registrata), alla prima occasione, anche solo lontanamente verosimile, indossa quella che i nostri nonni definivano la “lingua della festa” e comincia ad infangare il nome della propria città.
Questo non vuol dire che non ci siano spunti per poterlo fare ma non sarebbe male avere una posizione più obbiettiva e magari non leggere sempre tutto attraverso il prisma della politica e degli schieramenti. L’ultima occasione è proprio di questi giorni: una violenta aggressione, da parte di un gruppo di ragazzini (alcuni minorenni) che vigliaccamente hanno aggredito Giovanni, una bravissima persona conosciuta da tutti e che ha l’unica colpa forse di essere troppo mite e buono.
Questo il fatto di cronaca, vero nella sua sostanza, e che ovviamente è giusto riferire. Al fatto in sé si può poi reagire in due diversi modi: scandalizzandosi per la deriva morale dei nostri giovani che crescono senza valori e senza alcun ritegno per la figura e l’autorità degli adulti ecc. ecc…. oppure magari sottolineando che, alla vigliacca aggressione, c’è stata una mobilitazione così generalizzata di messaggi di sdegno e di vicinanza a Giovanni, dal sindaco a scendere, da far venire la pelle d’oca.
Ma agli “ultras a perdere” questo evidentemente non bastava e, siccome per gettar fango su Casarano, in questo periodo di magra in cui non ci sono episodi di malavita da colorare come mafiosi o nessun altro episodio magari più colorito o pruriginoso come… che ne so… una casa non affittata ad una coppia solo per il proprio orientamento sessuale, allora le notizie si inventano proprio a tavolino. All’indomani infatti del Consiglio Comunale in cui il Consigliere di opposizione Marco Mastroleo (a cui va riconosciuto il merito di essere intervenuto in soccorso di Giovanni pochi minuti dopo l’accaduto), prendendo la parola sul degrado di Casarano ecc. ecc., auspicava un momento di solidarietà nei confronti di Giovanni, com’è, come non è… (non c’ero nell’aula Consiliare e lo stesso Marco, interpellato, non ricorda di preciso le parole pronunciate) esce un pezzo sul profilo social (molto seguito) “Casarano Oggi”, a lettere cubitali, in cui si asserisce che il Giovanni avrebbe deciso di lasciare per sempre Casarano perché intimorito dalle possibili ritorsioni nei suoi confronti.
Da lì in poi, commenti scandalizzati, considerazioni avvilite e tutto ciò che è facilmente immaginabile. Il fatto è che ciò… non è assolutamente vero! E per smontare questo scoop pseudo-giornalistico non è servito neanche tanto impegno: è bastato contattare Giovanni, chiedergli se fosse vero e sentirsi rispondere non solo che non è assolutamente così (si trova a casa della sorella per un periodo di vacanza), ma soprattutto che era, in quel momento, subissato di messaggi affettuosi che gli chiedevano di desistere dalla decisione e di rimanere a Casarano. Ecco quanto.
Allora la domanda è sempre la stessa: cui prodest? Perché continuare in questo sport di lancio del fango a chi è più bravo ad insozzare Casarano? Veramente per qualche voto in più? Qual è l’obiettivo finale? Onestamente è difficile capirlo ma è facile vederne però gli effetti negativi, basta fare un giro su Google…
Antonio Memmi
Approfondimenti
Inaugurata la biblioteca “Giambattista Lezzi” a Casarano
il Sindaco De Nuzzo e l’Assessore Legittimo: “Grazie alla fiducia che i cittadini ci hanno accordato”. “Avevamo la necessità di una Biblioteca “vera” aperta, fruibile. Per questo motivo abbiamo iniziato da zero”.
“Ci sono sogni destinati a rimanere tali ma che comunque aiutano a migliorarsi. Altri destinati a realizzarsi nel momento in cui si ha la possibilità di incidere”.
E’ lapidario il sindaco di Casarano, Ottavio De Nuzzo, durante l’inaugurazione della nuova Biblioteca Comunale della città.
“È grazie alla fiducia che i cittadini hanno accordato alla nostra Amministrazione che tutto è iniziato. Avevamo la necessità di una Biblioteca “vera” aperta, fruibile. Per questo motivo abbiamo iniziato da zero.
E prosegue: “Sono stati anni di lavoro: convenzione con il Polo Biblio Museale di Lecce, partecipazione al bando per il servizio civile 2025, adesione rete delle Biblioteche Regionali, censimento matricola al Ministero, progettazione e realizzazione arredi e tanto altro.
Fatica? No gioia di vedere prendere corpo e anima ad un luogo che sarà un punto di partenza da dove si propagheranno, tutto intorno, attività culturali”.
“Da quelle stanze”, sostiene l’assessore, Emanuele Leggittimo, “si sprigionerà una luce forte che passando da Palazzo De Judicibis si estenderà nel Sedile comunale per arrivare a Piazza Mercato.
Lievito di vita e di bellezza, di incontro e scambi di saperi.
Siamo contenti e orgogliosi, oggi lo possiamo dire per aver potuto inaugurare e contare su “un luogo del sapere” che è la Biblioteca Comunale “Giambattista Lezzi”.
Alessano
“Vi voglio bene”, un libro essenziale per raccontare don Tonino e la sua storia
Monsignor Vito Angiuli: “Scritti e documenti inediti per scoprire l’intera vocazione pastorale da sacerdote e da vescovo. Guardate con simpatia alle persone e agli avvenimenti della storia, per testimoniare a tutti la gioia del Vangelo”
di Luca De Santis
Vi voglio bene, Continuità e sviluppo nel ministero sacerdotale ed episcopale di don Tonino Bello è l’ultima fatica data alle stampe dal vescovo di Ugento – Santa Maria di Leuca, mons. Vito Angiuli. Il nuovo libro ha visto la luce nel mese di ottobre 2024, per le edizioni Il pozzo di Giacobbe. Quest’ultima si colloca in continuità con le precedenti pubblicazioni frutto di interessanti studi che Angiuli ha compiuto sul sacerdote della diocesi ugentina divenuto vescovo di Molfetta.
Il sottotitolo dell’opera ci fornisce le giuste delucidazioni riguardo a quelle che sono le intenzioni dell’autore: Continuità e sviluppo nel ministero sacerdotale ed episcopale di don Tonino Bello. Il testo è composto da una corposa introduzione dove l’autore pone e spiega la sua tesi riguardo a un’inscindibile armonia e continuità presente tra il ministero sacerdotale ed episcopale di don Tonino.
Nel primo capitolo, Ordinazione episcopale, sono stati curati una serie di scritti in cui il futuro vescovo di Molfetta mette in evidenza un forte attaccamento alla sua terra natia e le motivazioni che lo hanno condotto ad accettare l’ordinazione episcopale. Il secondo capitolo, Don Tonino saluta la Chiesa ugentina, raccoglie alcune omelie di saluto che don Tonino ha pronunciato prima della sua partenza per Molfetta, dove traspare in modo palpabile il suo amore per la Diocesi di Ugento che ha servito per 25 anni.
All’interno dell’ultimo capitolo troveremo invece degli scritti inediti da datarsi secondo Angiuli tra il 1960 e il 1980. La gran parte di essi pur non avendo una data o la firma, possono tranquillamente essere definiti autentici, tenendo conto della calligrafia di don Tonino. L’ordine cronologico è dato dal Curatore sulla base delle tematiche che in questi scritti vengono a essere trattate.
La maggior parte di questi risale al periodo in cui don Tonino svolgeva il suo ministero presso la Diocesi di Ugento.
Questi scritti contengono in modo germinale quelle tematiche che durante gli anni di episcopato don Tonino tratterà in modo più approfondito, in base alle sollecitazioni di quel contesto storico. Tenendo conto di quanto abbiamo rilevato è possibile dire che il libro si lascia leggere in modo molto scorrevole dimostrandosi adatto persino per coloro che non hanno avuto una conoscenza dettagliata di colui che la Chiesa Cattolica ha dichiarato Venerabile.
Il vescovo Angiuli ha deciso di intitolare questo suo ultimo libro con un’espressione che don Tonino lungo il suo ministero sacerdotale ed episcopale ha utilizzato spesso: Vi voglio bene.
Quest’ultima non ha solo la funzione di comunicare i suoi sentimenti, quanto la simpatia con cui si poneva nei confronti di quella porzione di popolo che era stata affidata alle sue cure pastorali, ma anche nei confronti della storia a lui contemporanea in cui l’umanità era immersa.
Il vi voglio bene di don Tonino
Il vi voglio bene di don Tonino – ci aiuta a comprendere l’autore – trova significato in una delle più belle espressioni da lui spesso utilizzate e contenute nella Costituzione Conciliare Gaudium et spes al n. 1: «Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore».
Le motivazioni ministeriali di don Tonino nelle varie fasi dei suoi incarichi sia nella diocesi ugentina che in quella di pastore della Chiesa di Molfetta hanno mantenuto le medesime fondamenta che hanno da sempre configurato la sua fede: coltivare la preghiera, meditare la Parola, adorare Gesù eucarestia. Prendiamo atto che gli anni del ministero episcopale hanno oscurato il periodo sacerdotale, ma quegli aspetti che hanno reso il vescovo Bello conosciuto in campo nazionale e oltre, ciò per cui è stato amato nella Diocesi a lui affidata, erano già presenti nel ministero svolto nell’estremo lembo d’Italia, in quel Capo di Leuca, durante il suo lungo ministero sacerdotale come professore e vice-rettore presso il Seminario vescovile, come parroco a Ugento e Tricase, nei vari incarichi pastorali.
Cade in grave errore chi sostiene che l’episcopato, in particolar modo la presidenza di Pax Christi, abbia segnato una svolta ministeriale in don Tonino, una conversione verso le tematiche sociali, in particolar modo quella della pace e della non violenza. A tal proposito Angiuli nell’Introduzione del libro è perentorio nel sostenere il fatto che non vi è nessuna discontinuità di pensiero tra il don Tonino sacerdote e vescovo, e che pensare il contrario significherebbe mistificare la realtà.
Quest’ultimo durante il suo percorso di studio ha consolidato un ottimo utilizzo del metodo deduttivo tramite la sua formazione filosofica e teologica, così come una padronanza del metodo induttivo nel confrontarsi e padroneggiare le scienze moderne: sociologia, psicologia, diritto del lavoro, legislazione sociale, all’interno delle quali venne introdotto durante gli anni seminariali a Bologna presso l’ONARMO.
La cultura sessantottina
Accanto a coloro che sostengono una discontinuità ministeriale di don Tonino, vi sono quelli che manifestano una certa antipatia nei confronti del suo ministero, sostenendo come quest’ultimo sia il prodotto di quella cultura sessantottina che ha avuto i suoi risvolti più nefasti all’interno degli anni ’70 del secolo scorso. A costoro risponde il decreto che sancisce la Venerabilità di don Tonino, definendolo come un ottimo interprete delle istanze conciliari.
L’aspetto, forse il più deleterio, è rappresentato da coloro che del ministero di mons. Bello prendono in considerazione e ne propagano solo i temi sociali (pace, giustizia e salvaguardia del creato), dandone una lettura ideologica.
Costoro affrontano i temi sociali senza tener conto di quelli etici (divorzio, aborto, eutanasia), quest’ultimi aspetti non possono essere separati dai primi ed è chiaro come don Tonino gli abbia mantenuti sempre insieme. Proseguire su questa linea – sostiene Angiuli – significa trovarsi dinanzi a un Giano Bifronte dove diviene molto difficile cogliere, per esempio, la profondità teologica di alcune immagini eloquenti che don Tonino ci ha lasciato come quella della Convivialità delle differenze e della Chiesa del grembiule.
Ciò che mons. Bello esprime nel periodo molfettese, affonda le sue radici nel basso Salento e nella formazione bolognese. Nello specifico va considerata l’impronta ministeriale di mons. Ruotolo, il vescovo di Ugento che ha ordinato presbitero don Tonino e con cui quest’ultimo ha molto collaborato: l’amore all’eucarestia, la devozione mariana, l’impegno ad attuare gli orientamenti pastorali scaturiti dal Concilio Vaticano II, la programmazione per gli itinerari di formazione per i laici, l’attenzione alle problematiche sociali presenti in questa parte del Salento.
Un particolare merito del libro lo si riscontra nel III Capitolo Scritti vari.
In questa sezione si trovano, come già detto, degli scritti inediti di don Tonino, i quali pur non avendo lo stesso spessore o valore di quelli pubblicati da lui stesso, hanno il merito di contenere quelle tematiche che rappresentano la continuità ministeriale che Angiuli, a ragione, evidenzia.
Quest’opera è imprescindibile per chi ha un serio interesse a conoscere la sensibilità e le radici in grado di nutrire il ministero pastorale di don Tonino dal punto di vista teologico e sociale.
Il grande merito di Angiuli consiste nell’averci consegnato un testo che in continuità con le altre sue pubblicazioni su mons.
Bello, ci dona una chiarezza, una verità, che non può essere tralasciata e non considerata, un atteggiamento contrario significherebbe alterare il suo pensiero, oscurare aspetti essenziali e sostanziali della sua santità.
Appuntamenti
Due “Panchine Rosse” per Cerfignano e Vitigliano
“La violenza contro le donne è una piaga sociale cronica, derivante da antichi retaggi culturali difficili da scardinare”, ha dichiarato il consigliere con delega alle politiche sociali e giovanili del Comune…
INAUGURAZIONE PANCHINE ROSSE 21 DICEMBRE
Sabato 21 dicembre 2024, alle ore 17:00, presso l’Aula Magna “Torquato Cursano” di Cerfignano, si terrà la presentazione delle “Panchine Rosse”, simbolo della lotta contro la violenza sulle donne. Le due nuove panchine saranno installate nei giorni successivi in Piazza Vittorio Emanuele II, a Cerfignano e in Piazza IV Novembre a Vitigliano.
Interverranno il Sindaco di Santa Cesarea Terme, Pasquale Bleve, la Consigliera di Parità della Provincia di Lecce, Antonella Pappadà, la Presidente dell’associazione ANEMOS Lombardia-Puglia, Anna Marsella, Rossano Corvaglia, Presidente del Consorzio per la realizzazione del sistema Welfare – ambito di Poggiardo, Salvatore Maggio, Consigliere con delega alle politiche sociali e giovanili di Santa Cesarea Terme, Raffaele Ciriolo, Assistente sociale del medesimo Comune, la sociologa e mediatrice penale Anna Leo e l’avvocato Antonio Mastrolia.
La cerimonia terminerà poi con la benedizione delle panchine da parte di Don Pasquale Fracasso e Don Salvatore Febbraro, parroci di Cerfignano e Vitigliano.
“La violenza contro le donne è una piaga sociale cronica, derivante da antichi retaggi culturali difficili da scardinare”, ha dichiarato il consigliere con delega alle politiche sociali e giovanili del Comune, Salvatore Maggi, “vogliamo sensibilizzare e responsabilizzare la cittadinanza facendo leva sul senso di comunità, con l’auspicio che le donne trovino sempre più il coraggio di denunciare. Per fare questo serve la mano di tutti, tendiamocela”
L’iniziativa, parte della campagna “Un’altra vita è possibile: Rompi il silenzio“.
Mira a sensibilizzare la comunità sul contrasto alla violenza di genere ed a promuovere una cultura basata sul rispetto e sull’uguaglianza. L’evento rappresenta un momento di riflessione e condivisione, sottolineando l’importanza di un impegno collettivo contro ogni forma di abuso.
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