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Attualità

Capitano dei carabinieri Ettore Bianco, eroe partigiano salentino

Celebrazioni e ricordo della figura del Capitano dei Carabinieri Ettore Bianco, nativo di Corigliano d’Otranto. Era e comandante in capo nella battaglia di Bosco Martese

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L’Associazione Nazionale Partigiani D’Italia (A.N.P.I.) della provincia di Teramo, nell’80° anniversario della Resistenza Italiana organizza, nella mattinata di domani prossimo venturo, presso l’Aula Magna dell’Università degli Studi di Teramo, le celebrazioni e ricordo della figura del Capitano dei carabinieri Ettore Bianco, comandante in capo della Battaglia di Bosco Martese, nota come primo scontro in campo aperto tra forze partigiane e nazifascisti, avvenuto il 25 settembre del 1943.


Saranno presenti dirigenti dell’ANPI nazionale, i sindaci di Corigliano D’Otranto, Dina Manti, e di Bologna, Matteo Lepore, comuni di nascita e morte di Ettore Bianco, massime autorità civili e militari di Teramo e provincia, associazioni combattentistiche, delegazioni di studenti universitari e di tutti gli istituti superiori delle scuole cittadine e provinciali.


Si segnala che, tra i relatori, figura il Comandante della Legione Carabinieri Abruzzo e Molise – Gen. B. Antonio Neosi, già direttore del Museo Storico dell’Arma, che parlerà del ruolo dei Carabinieri nelle vicende storiche della resistenza.


Capitano dei Carabinieri Ettore Bianco


Nato a Corigliano d’Otranto il 30 gennaio 1917, partigiano combattente, morto a Bologna il 31 giugno 1962, decorato di Medaglia d’Oro e Medaglia di Bronzo al Valor Militare.




  • Medaglia d’Argento al Valore Militare




Motivazione: «Comandante della Compagnia Carabinieri di Teramo all’atto dell’armistizio, con fedeltà, con decisione e con pronta iniziativa, raccoglieva forze per contrastare l’invasione tedesca. Nella località di Bosco Martese radunava militari in servizio, cittadini volontari e qualche decina di ex prigionieri alleati, organizzando un complesso di 1.500 uomini disponendo di numerosi automezzi e di una batteria. Attaccato il 25 settembre da un battaglione tedesco, volgeva in fuga il nemico, infliggendogli serie perdite e facendo prigioniero il comandante. Nei giorni successivi, respingeva nuovi attacchi di forze sempre crescenti e dotate di numerose artiglierie.  Convinto di non poter più resistere ulteriormente in battaglia campale, mutava la formazione in gruppi di guerriglia, distruggeva i materiali non trasportabili, rompeva il contatto con il nemico e gettava il seme della lunga e valorosa lotta partigiana successivamente combattuta nella zona.


Bosco Martese (Teramo), 25 – 26 e 27 settembre 1943».




  • Medaglia di Bronzo al Valore Militare




Motivazione: «Capitano dei Carabinieri, già distintosi all’atto dell’armistizio per pronta, patriottica e coraggiosa iniziativa, dopo l’occupazione della zona da parte dei tedeschi, animava e capeggiava la resistenza armata di formazioni partigiane lottando per 10 mesi in condizioni rese particolarmente difficili dal clima e da massicci rastrellamenti condotti dal nemico. Causava danni ai materiali di guerra, infliggeva sensibili perdite, insidiava efficacemente il transito sulla via Salaria. In ogni circostanza dava ripetute e belle prove di capacità e di coraggio.


Zona di Teramo e di Ascoli Piceno, 29 settembre 1943 – 13 luglio»


Un giorno di fuoco, Bosco Martese


In un articolo de “Il Centro – Edizione Pescara” del 24.9.2013, dal titolo “Un giorno di fuoco Settanta anni fa Bosco Martese” (di Costantino Di Sante), si legge che “Il combattimento di Bosco Martese fu definito da Ferruccio Parri la «prima nostra battaglia in campo aperto» a cui «tutti i resistenti italiani rendono onore». Nonostante questo riconoscimento, nel suo 70° anniversario in molti ancora ignorano cosa sia accaduto. Anche nel dibattito pubblico nazionale la battaglia continua a essere dimenticata. Eppure fu uno dei pochissimi scontri, all’indomani dell’armistizio, che vide le forze partigiane sconfiggere le truppe tedesche. Oltre l’aspetto epico, a renderla unica furono anche le circostanze che portarono centinaia di civili teramani, antifascisti, soldati italiani, prigionieri di guerra e internati stranieri a prendere parte alla battaglia. Questo fu di fatto uno dei primi esempi, sul suolo nazionale, di quell’unità d’intenti internazionale indirizzata a liberare l’Italia e l’Europa dal nazifascismo.


La battaglia si svolse nella località che si trova a circa 30 chilometri da Teramo, sui Monti della Laga. Questo luogo in dialetto è conosciuto come Ceppo. Si racconta che questo nome derivi dalla presenza di un tronco di un colossale albero che, malgrado un fulmine ne avesse incenerito i rami, per anni era rimasto in piedi. Cosa spinse, nel settembre del 1943, centinaia di teramani a raggiungere questo luogo a oltre mille metri di altitudine per combattere i tedeschi? Sicuramente una parte di essi, la più politicizzata, fu indirizzata dal “Comitato insurrezionale” che si era costituito a Teramo dopo l’8 settembre. Capeggiato dal medico antifascista Mario Capuani, alle sue riunioni parteciparono diversi antifascisti teramani. Tra i più attivi i comunisti guidati da Ercole Vincenzo Orsini e gli azionisti. Nei loro incontri, pur con diverse visioni, cercarono di pianificare come riorganizzare le forze disponibili per difendersi da un eventuale attacco dei tedeschi alla città, fino alla decisione del 21 settembre di concentrarsi al Ceppo.


Gli altri, non secondari protagonisti, furono alcuni dei militari che a Teramo si trovavano ancora nelle caserme. La decisione di salire in montagna fu presa in primo luogo dal capitano d’artiglieria Giovanni Lorenzini. In netto contrasto con gli ordini ricevuti dai suoi superiori, di non opporre resistenza in caso di attacco tedesco, Lorenzini iniziò a trasportare il materiale della sua batteria a Bosco Martese. Quando il 19 settembre con i suoi uomini giunse sul posto, qui trovò i fratelli antifascisti Felice e Antonio Rodomonti che vi si erano stabiliti per sfuggire a possibili ritorsioni.


Tra il 20 e il 24 settembre si verifica quasi un pellegrinaggio verso il Ceppo. Oltre ai soldati, arrivano oltre un centinaio di stranieri. Questi sono ex prigionieri di guerra e internati fuggiti dai campi di concentramento. In gran parte inglesi e jugoslavi, ma anche alcuni statunitensi, canadesi, australiani, scozzesi, indiani e neozelandesi. Circa un migliaio sono i civili, di diverse estrazioni sociali e politiche, che salgono in montagna. Gran parte di essi motivati dalla volontà di «combattere il nemico», altri vi giungono per pura curiosità.


Nel frattempo prende corpo l’organizzazione militare, il cui comando viene affidato al capitano dei carabinieri Ettore Bianco. Divisa in tre compagnie: quella del partito d’Azione, quella “Estera” e quella dei comunisti; comandate rispettivamente dall’avvocato Felice Mariano Franchi, dal tenente colonnello Dushan Matiyasevic e dal tenente di artiglieria Francesco Di Marco. Queste sono affiancate dalle formazioni Rodomonti e Ammazzalorso e da un Reparto servizi comandato dal tenente colonnello Guido Taraschi. Il 25 settembre una colonna tedesca, composta da una trentina di camion, dopo aver attraversato la città viene indirizzata da un confidente verso il luogo dove sono concentrati i partigiani. Alle 12.30, avvenne la battaglia che dura circa tre ore.


Secondo alcune relazioni partigiane, furono almeno 50 i tedeschi uccisi, 5 i camion e 2 le autovetture distrutte. Sconfitti, i tedeschi si ritirarono, prima però si vendicarono uccidendo cinque ostaggi catturati a Torricella Sicura, al Mulino di De Jacobis. Nei giorni seguenti, per rappresaglia, trucidarono 3 carabinieri e un militare nella località di Pascellata e Mario Capuani. I resistenti, temendo la reazione tedesca, decisero di organizzarsi in piccoli gruppi dando vita alla lotta di Liberazione che nel Teramano si protrasse per nove mesi. Questi primi partigiani ebbero spesso l’appoggio e l’assistenza delle donne teramane. Tra le tante che si contraddistinsero per l’attività svolta, Margherita Ammazzalorso, Clara De Ciccio, Leonilde Di Felice, Lina Melasecchi. Non ultima Wjlma Badalini, staffetta e figlia del partigiano Nicola, all’epoca capostazione a Teramo e commissario politico della formazione Rodomonti che, il 25 settembre 1945, organizzò la prima commemorazione della battaglia».


Di recente, la figura del Cap. Ettore Bianco è stata compendiata nel libro “Il partigiano salentino Ettore Bianco. 1917-1962” , di Dante Blagho, edizioni Grafiche Giorgiani – 2022.


Scrive il Prof. Mario Spedicato che: «la scelta di biografare un partigiano originario del Salento sul piano storiografico può costituire una novità non trascurabile. Il Salento non ha conosciuto questo movimento antifascista e anti-nazista non perché fuori dalla portata delle operazioni militari, ma per il semplice fatto che i tedeschi rinunciano nel Mezzogiorno d’Italia a difendere stabilmente le loro posizioni logistiche. In estrema sintesi, scelgono di ritirarsi per costruire le loro barriere difensive nel Settentrione, in zone considerate più strategiche. 


Per questa ragione la resistenza partigiana ha avuto il suo teatro operativo soprattutto nel centro-nord, dove si era ammassato l’esercito nazifascista in seguito alla risalita della penisola italiana da parte degli alleati angloamericani.


La parte orientale del Mezzogiorno d’Italia, quella che coincide grosso modo con la regione pugliese, resta, tranne isolati episodi insurrezionali seguiti da rappresaglie naziste, quella meno toccata dal fenomeno della resistenza, lasciando aperte le porte persino al re in fuga da Roma.






Attualità

Cassa integrazione: c’è luce in fondo al tunnel?

Primato nero per il Leccese sugli ammortizzatori sociali: il punto sulla flessione in atto con Mario Vadrucci (Camera di Commercio), Gabriele Abaterusso (Sud Salento srl) ed Antonio Bramato (OLC)

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di Lorenzo Zito

Un campanello d’allarme suona forte in provincia di Lecce nel mondo del lavoro e della produzione. Il Salento ha chiuso il 2024 con un primato da paura: siamo primi in Italia per aumento di ore di ammortizzatori sociali richieste rispetto all’anno precedente. Lecce (e provincia) segnano un +275% nel periodo gennaio-settembre 2024. La più vicina, Biella, si ferma ad un +188.

Il totale di ore autorizzate nel Leccese ammonta ad oltre 5milioni e 150mila. In media circa 69 ore per azienda. I dati snocciolati da “Il Sole 24 Ore” raccontano che (su scala nazionale) i settori più interessati dall’aumento d’ore di cassa integrazione sono: pelli-cuoio-calzature (+139,4%), abbigliamento (+124,7%), tessili (+74,6%) e meccaniche (+48,3%). Con quest’ultimo che, oltre ad essere tra i primi per aumento, segna il record di ore richieste: 152 milioni e 845mila (un abisso la distanza dal secondo, il metallurgico, che si ferma sotto i 30milioni).

Incrociando i dati, proviamo a fare zoom sulla nostra area andando a toccare con mano la situazione in essere in alcuni di settori citati (moda e meccanica) su quello che, sempre stando ai numeri, è il territorio più in affanno in tutto lo Stivale.

MARIO VADRUCCI. CAMERA DI COMMERCIO LECCE

Ci introduce all’argomento il presidente della Camera di Commercio di Lecce, Mario Vadrucci, che forte della sua esperienza pluriennale tra le pieghe dell’economia locale ci restituisce una fotografia del momento: “Questo periodo storico ci dimostra quanto le crisi internazionali impattano anche sul nostro Salento. A volte si fa fatica a immaginare che situazioni geopolitiche lontane abbiano peso su scala ridotta ed a migliaia di chilometri. Invece, la fase convulsa che viviamo sta mettendo in difficoltà diverse aziende, soprattutto piccole e medie realtà del calzaturiero e delle tessiture del Capo di Leuca, che in alcuni casi fanno i conti con la recessione. La dimensione di queste difficoltà è giunta forte anche ai nostri uffici. Al momento, il welfare sta permettendo di tamponare il problema, garantendo almeno, in alcuni casi, la permanenza della forza lavoro. Le emorragie di personale sono infatti la più grande mazzata per le aziende in crisi: riuscire a mantenere i propri dipendenti fino allo scollinare del periodo nero è vitale”.

La ripresa post pandemica, supportata da fondi istituzionali, per qualcuno ha creato una bolla che ha accentuato il contraccolpo che ora si accusa. Ma Vadrucci non è di questo avviso:

È vero che fino ad un anno fa parlavamo di nuove assunzioni ed oggi ci lecchiamo le ferite, ma la crisi di determinati settori, come ad esempio quello del lusso, risente più delle tensioni attuali che delle scelte degli anni precedenti. I venti di guerra pesano sull’economia e ne provocano la contrazione. Il presidente Trump manifesta una voglia artificiosa di mettere fine a tutto ciò, senza un vero piano e senza il coinvolgimento delle parti in causa. Va da sé che, finché non c’è calma e tranquillità per le aziende, il domani è incerto. Attendiamo le mosse del nostro Governo, ma anche quelle dell’UE, per capire a cosa andremo incontro”.

GABRIELE ABATERUSSO, SUD SALENTO

Parliamo della Sud Salento srl con il suo responsabile amministrativo, il primo cittadino di Patù Gabriele Abaterusso.

La sua azienda opera con tre stabilimenti, tra Gagliano del Capo, Corsano ed Alessano. Il lavoro passa da una una mono-committenza: una produzione a marchio Gucci, realizzata per conto della titolare del brand, la “famiglia” Kering, multinazionale francese della moda di lusso.

La storica azienda della famiglia Abaterusso ha appena avviato una procedura di licenziamento per 120 dei suoi 335 dipendenti.

Il Tavolo di crisi della task force regionale sta discutendo la possibilità della cassa integrazione in deroga, ma noi”, spiega Abaterusso, “abbiamo palesato come non faccia al nostro caso, mancando al momento una concreta prospettiva di ripresa. Piuttosto, abbiamo sottoposto il tema dell’aumento del costo degli ammortizzatori sociali a carico dell’azienda, che è quasi quadruplicato. Lo sosteniamo già da 15 mesi e spingerci oltre sarebbe molto rischioso per gli equilibri dell’azienda”.

La manodopera della Sud Salento è impegnata in due tipologie di reparto: taglio ed orlatura; montaggio e finissaggio. “Ci tengo a sottolineare”, continua Abaterusso, “che le difficoltà incontrate interessano unicamente il montaggio ed il finissaggio. Reparti che comunque non saranno dismessi, bensì ridimensionati. Nel 2022, abbiamo aperto degli altri reparti per le fasi di taglio ed orlatura ad Alessano. Qui abbiamo circa cento unità addette che non saranno intaccate dalla procedura di licenziamento”.

Il crollo degli ordinativi tocca infatti i soli reparti di montaggio e finissaggio, che sono passati da un fatturato di 10 milioni nel 2022 agli 8,8 del 2023 fino ad arrivare ai 4,2 milioni del 2024.

Ma Abaterusso ha una sua visione sulla situazione che il settore vive: “Sono fiducioso sul futuro. Nel nostro territorio il lusso e la moda hanno rappresentato e stanno rappresentando un’opportunità di lavoro e benessere per migliaia di lavoratori e famiglie. Penso che alla lunga continuerà ad essere così: quello della moda è un settore particolare, che ci ha abituato da sempre ad alti e bassi. Sicuramente col senno di poi possiamo dire che l’accelerata post Covid è stata eccessiva, ma la crisi ci racconta come tutto il settore del lusso sia difficoltà. Questo dipende sicuramente dalle tensioni globali e dalle novità che hanno interessato mercati come quello cinese e russo”.

Difficoltà sì, ma senza perdere il controllo: “In azienda avevamo optato per la settimana corta: vista la riduzione delle ore di lavoro avevamo chiuso i venerdì. Dalla scorsa settimana abbiamo ripreso a lavorare anche di venerdì, ma sempre con le catene di montaggio ridotte. Mentre ad Alessano i nuovi reparti di taglio e giunteria che avevamo tenuto in fermo prolungato hanno ripreso a pieno periodo”.

Prima di congedarci, un pensiero spontaneo: “Ci tengo a rivolgermi a coloro che perderanno il posto di lavoro. Da anni siamo abituati a fare i conti con una progressione e con l’aumento del lavoro e delle commesse. Una espansione che ci ha dato possibilità di offrire lavoro a molte persone, che sono diventate parte della nostra famiglia. Per noi questo è un momento di grande tristezza da cui ripartiamo prendendo un impegno: non ci accontenteremo del domani e non accetteremo questa condizione. Lavoreremo per restare competitivi e per cogliere la ripresa e le nuove occasioni che si presenteranno sul mercato, per poter tornare a collaborare con quelle persone da cui oggi siamo costretti a separarci”.

(Dopo la pubblicazione del nostro articolo, è giunta in Redazione una nota congiunta dei sindacati sulle procedure di licenziamento in atto. Sindacati che affermano: “Valuteremo con attenzione la procedura, anche alla luce del lavoro straordinario che si sta svolgendo”. Clicca qui per leggere l’articolo)

ANTONIO BRAMATO, OLC

Con l’ingegner Antonio Bramato facciamo il punto dalla prospettiva di OLC, azienda di Specchia che si occupa di costruzioni metalmeccaniche e carpenteria metallica.

I nostri clienti sono soprattutto venditori di macchine movimento terra. Dalla lavorazione della materia prima sino al pre-assemblaggio ed alla verniciatura, passando per taglio, saldatura, lavorazione meccanica e via discorrendo, tutte le fasi trovano sfogo nella vendita finale, operata dai nostri committenti. Questo mercato è strettamente legato alle costruzioni ed agli appalti pubblici, ma va sé che risenta molto delle vicende internazionali (chiusura dei mercati russo, est europeo e asiatico, unita alla guerra dei dazi)”.

Come vanno le cose in OLC: “Ci aspettavamo una flessione nel settore, per come si è palesata nel 2024, e ci aspettiamo che perduri nel 2025. Il 2026 resta al momento un punto interrogativo. Ad oggi siamo in contratto di solidarietà. Contiamo di recedervi, salvo sorprese, dal prossimo anno. Si lavora a turno, a rotazione sui vari reparti. Non abbiamo avviato procedure di licenziamento, ma (a scadenza) abbiamo perduto i lavoratori a tempo determinato. La stessa normativa, del resto, prevede l’impossibilità di rinnovarli durante il regime di contratto di solidarietà. Con la forza lavoro a disposizione, lavoriamo attualmente all’80%. Prevediamo di riuscire a salire al 95% per agosto. Il nostro è un settore che risente anche della stagionalità: leggera flessione in inverno e ripresa tra primavera ed estate”.

Tavoli tecnici, Governo, Europa come dovrebbero intervenire? “La prima cosa da fare è quella di porre fine all’era dei bonus. Sin dalla pandemia, sono state utilizzate tante misure (dal famigerato Superbonus fino al PNRR) che si sono rivelate tossiche per il mercato. Non fanno che creare pericolose bolle. Se utilizzati male, bonus e incentivi portano ad investimenti sbagliati da cui è impossibile risollevarsi. Molte aziende, anche nostre concorrenti, li hanno utilizzati per nuovi capannoni ed aumento del personale. Investimenti ottimistici (con annessi fatturati drogati) che in breve tempo si sono rivelati distaccati dalla realtà.

Non a caso fino a pochi anni fa era difficile reperire forza lavoro qualificata, mentre oggi queste figure, licenziate altrove, si presentano alla nostra porta da sole”.

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Attualità

I sindacati sui licenziamenti della Sud Salento: “Potrebbero fare di più”

In una nota congiunta Filctem Cgil, Femca Cisl e UILTEC promettono di “vigilare e valutare bene la procedura: in questi giorni, operai impegnati in straordinari”

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Dopo il nostro approfondimento sul tema CIG in Salento arriva una nota a firma congiunta delle sigle Filctem Cgil, Femca Cisl e UILTEC, che prendono parola sulla procedura per il licenziamento di 120 lavoratori avviata dalla Sud Salento srl (in foto). La pubblichiamo integralmente qui di seguito.

“La scelta della Sud Salento di Gagliano del Capo di aprire la
procedura per il licenziamento per 120 lavoratori sarebbe
totalmente inaccettabile se non fosse arrivata in un innegabile
momento di profonda difficoltà del TAC (tessile abbigliamento
calzaturiero), più un anno di CIG aziendale trascorsa e, in
particolare, la profonda crisi che da tempo attraversa il settore
calzaturiero, specificatamente per i reparti di montaggio della
calzatura.

L’aggravante ancor più evidente è che l’azienda produce quasi
esclusivamente per il gruppo Kering, con produzioni totalmente in
marchio Gucci e, per gli addetti ai lavori, è conosciuta la situazione
non proprio rosea degli andamenti di vendita di Gucci.

Riteniamo però che sia il marchio (Gucci) e prima ancora l’azienda
che alimenta Sud Salento (Pigini), con l’azienda stessa, debbano
fare uno sforzo ulteriore a ridurre il numero di posti di lavoro che si perderebbero in un lembo d’Italia dove non sarebbe solo alquanto difficile, sicuramente impossibile, ricollocarsi sul mercato del lavoro.

Valuteremo bene la possibile firma dell’accordo con il numero di licenziamenti dichiarati anche alla luce dell’attuale aumento della produzione e, secondo quello che ci riportano i lavoratori, del lavoro straordinario che si sta svolgendo in questi giorni.

Necessita ridurre le unità in esubero e traguardare un affidabile ed
equilibrato rilancio aziendale con una vera negoziazione tra le parti
per non dover ricorrere a enti ed istituzioni esterne (Task Force
Regionale per l’occupazione, ecc.) quali regolatori terzi della difficile
vertenza in atto”.

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Alessano

Gli arredi in piazza spaccano Alessano

Lanciata una raccolta firme per chiedere di rivedere l’installazione delle nuove panchine. Il sindaco: “Dialoghiamo, ma…”

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Petizione popolare ad Alessano per richiedere “una piazza priva di barriere ed ostacoli”. L’ha indetta un gruppo di cittadini guidato da Massimo Vasquez Giuliano, Giuseppe Sergi e Maurizio Scalese. Il sabato (mattina e pomeriggio) e la domenica mattina, fino al prossimo 23 marzo, si terrà una raccolta firme per il destino della centralissima piazza Don Tonino. Location della raccolta è la stessa piazza, sotto l’orologio (sul nostro cartaceo, andato in stampa giovedì, è indicata la sede che era stata individuata in prima battuta, ossia il Vescovado. Sede variata dopo ottenimento di autorizzazione all’occupazione del suolo pubblico).

L’obiettivo dei promotori dell’iniziativa è renderla “esente da rischi e pericoli. Sicura, ospitale, accogliente e inclusiva. Accortamente regolamentata, in modo da favorirne la pubblica fruizione. Una piazza”, continuano i firmatari, “che rispetti la storia che la circonda e la impreziosisce”.

All’attenzione diretta della cittadinanza e del Comune viene portata la presenza dei nuovi arredi urbani ivi installati. “Ne richiediamo la rimozione o, al più, la rimodulazione della loro sistemazione al fine di rendere il tutto più gradevole e meno impattante”. Inoltre, viene proposta l’utilizzo di sistemi alternativi alla regolamentazione del traffico, “come la creazione di una ZTL con apposite telecamere oppure l’installazione di dissuasori automatici a scomparsa che consentano l’attraversamento della piazza a mezzi autorizzati o d’emergenza”.

Il sindaco

Il sindaco di Alessano, Osvaldo Stendardo, non si scompone dinanzi alla richiesta: “Abbiamo accolto la richiesta di dialogo dei firmatari”, ci spiega, “ed incontrato in riunione i commercianti. Abbiamo predisposto anche un incontro sul tema anche con il Comandante della polizia locale e con l’ufficio tecnico, visto che si tratta di provvedimenti di natura più gestionale che amministrativa. Abbiamo, insomma, rassicurato i promotori sul fatto che avremmo preso in considerazione ogni eventuale criticità. Era stato richiesto l’utilizzo dell’ufficio anagrafe per la raccolta firme, ma non è possibile chiaramente tenerlo aperto nei giorni festivi, pertanto avevamo suggerito la collocazione in piazza, con l’autenticazione a cura di un consigliere comunale. La petizione è un atto di democrazia, ma ci stupisce, a questo punto, vedere che nonostante quanto detto la raccolta firme continui”.

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