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Approfondimenti

L’amore è (sempre) una cosa meravigliosa

Coppie di fatto nel Salento. L’amore è un miracolo uguale per tutti: Gaia e Giovanna, compagne da 3 anni, vivono la loro storia alla luce del sole: “Il nostro sogno più grande? Poterci sposare e avere dei figli senza dover andare all’estero”.

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In Italia circa un milione di persone (dati Istat) si è dichiarato omosessuale o bisessuale, più tra gli uomini, i giovani e nell’Italia centrale. Altri due milioni circa hanno dichiarato di aver sperimentato nella propria vita l’innamoramento o i rapporti sessuali o l’attrazione sessuale per persone dello stesso sesso. Forti difficoltà emergono per gli omosessuali/bisessuali in famiglia. Circa il 20% dei genitori sa che i loro figli vivono una tale condizione. Il dato è più alto per i fratelli (45,9%), i colleghi (55,7%) e soprattutto gli amici (77,4%). Gli omosessuali/bisessuali dichiarano di aver subito discriminazioni a scuola o all’università, più degli eterosessuali (24% contro 14,2%) e così anche nel lavoro (22,1% contro il 12,7%). Un altro 29,5% si è sentito discriminato nella ricerca di lavoro (31,3% per gli eterosessuali). Considerando tutti e tre questi ambiti, il 40,3% degli omosessuali/bisessuali dichiara di essere stato discriminato, contro il 27,9% degli eterosessuali. Si arriva al 53,7% aggiungendo le discriminazioni subite nella ricerca di una casa (10,2%), nei rapporti con i vicini (14,3%), nell’accesso a servizi sanitari (10,2%) oppure in locali, uffici pubblici o mezzi di trasporto (12,4%).


Questi i freddi numeri, che sono importanti ma non raccontano quanto sia triste, ancora oggi, doversi occupare di discriminazione ai danni di chi è ritenuto “diverso”. Nonostante la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea che, all’articolo 21, afferma categoricamente: “È vietata qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare, sul sesso, la razza, il colore della pelle o l’origine etnica o sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione o le convinzioni personali, le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, l’appartenenza ad una minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, gli handicap, l’età o le tendenze sessuali”.


L’amore è un miracolo ed è uguale per tutti, sia esso eterosessuale, tra due uomini, o tra due donne, purché consenzienti: nessuno dovrebbe sentirsi costretto a nasconderlo. Questo in teoria, perché ci rendiamo conto come nella realtà non sia esattamente così, soprattutto nel Meridione e ancor di più se si vive in piccoli centri di provincia.


Gaia_GiovannaEcco perché abbiamo voluto incontrare Gaia Barletta e Giovanna D’Alema, compagne da tre anni che vivono il loro amore alla luce del sole e sono anche rispettivamente presidente e segretario dell’Associazione di volontariato LeA-Liberamente e Apertamente.


Lea nasce a Lecce nell’aprile del 2013 con l’obiettivo di difendere e promuovere i diritti della comunità LGBTQI* (lesbiche, gay, bisessuali, transgender, queer, intersessuali…) e combattere ogni forma di discriminazione delle persone omosessuali e transessuali, mediante iniziative di vario tipo, puntando sul coinvolgimento diretto della cittadinanza e prediligendo il linguaggio artistico come canale di comunicazione. “Un’associazione non affiliata a nessun ente nazionale”, spiega la presidente Gaia Barletta, “ma partita dal basso per plasmare una strategia adattata al contesto di Lecce e del Salento. Un’associazione del territorio e per il territorio. Uno dei pregi della nostra associazione è quello di essere totalmente inclusiva e non settorializzata, collaboriamo, infatti, con tutte le associazioni del territorio perché la lotta per i diritti deve riguardare tutti ed è una questione di civiltà. La maggior parte dei nostri associati, giusto per intenderci, è eterosessuale”.


Gaia e Giovanna non nascondono il loro amore e sono per molti un esempio. Cosa significa vivere apertamente una relazione omosessuale nel Salento? Giovanna non ha dubbi e già ci porta nei meandri di una provincia ancorata a stereotipi tutt’altro che superati: “Bisogna distinguere, in alcuni paesi non se ne parla proprio, si è quasi convinti che in quel centro l’omosessualità non esista, che sia una “piaga” ma che non li ha toccati. In quei Comuni tutto è più difficile, anche perché non ci sono associazioni di settore e chi si scopre omosessuale è abbandonato a se stesso e ai suoi dubbi. Nei paesini, proprio perché piccoli centri, si è sempre un passo indietro su queste tematiche. A Lecce abbiamo vissuto sulla nostra pelle la difficoltà di comunicare. Fino ad un paio di anni fa, c’era solo Agedo, l’associazione di genitori, parenti e amici di omosessuali, ecco perché abbiamo sentito l’esigenza di formare un’associazione, di riunirci e far capire a tutti che non c’è niente di male a camminare per strada mano nella mano”.


Nella vita di tutti i giorni siete mai state vittime di episodi di intolleranza? “È accaduto qualche volta che ci urlassero dietro, dandoci delle lesbiche (“cosa tra l’altro che non ci offende perché lesbica non è un insulto”), ma nulla di serio. Soprattutto mai episodi di violenza e, a quanto ci risulta mediante l’associazione, neanche ai danni di altre persone. In provincia, invece, abbiamo registrato un paio di casi: a Gallipoli un ragazzo in discoteca ha preso le difese di una ragazza transessuale ed è stato picchiato; un altro episodio, non verificato direttamente, ha riguardato invece due ragazzi, ai quali sarebbe stato vietato di partecipare ad un’attività sportiva perché destinata alle coppie e quindi, secondo loro, ad uomo e donna”.


Un altro aneddoto riguarda il Rainbowday, iniziativa contro l’omofobia, organizzato da Lea: “Nel 2014 l’abbiamo organizzato in piazza Sant’Oronzo, quest’anno non avendo a disposizione la piazza”, racconta Gaia, “lo abbiamo pensato, sempre con il patrocinio del Comune, come manifestazione itinerante e, per tutta la giornata, con un furgoncino anni ’70 addobbato con un arcobaleno di cartapesta, abbiamo girato per la città. Durante la seconda delle sei tappe previste, in via Trinchese, sulla vetrina di un chiosco, è apparsa una scritta omofoba che recitava: “Genitori, tenete lontani i vostri figli dai gay”. Episodio poi chiarito con il gestore del chiosco, ma che ha dato molto fastidio. Ci sono anche aneddoti positivi come a Leverano dove, di recente, il preside di una scuola media, mostrando grande lungimiranza, ha chiesto il nostro intervento sulla famosa e inesistente teoria del gender (teoria definita da una precisa corrente del pensiero cattolico come negazione dell’esistenza delle differenze sessuali, sostenendo che maschio e femmina altro non sono che delle “costruzioni sociali”)”.


Gaia e Giovanna si sentono perfettamente integrate o in qualche modo soffrono una condizione di isolamento? “Integrate!”, rispondono all’unisono. “Siamo fortunate perché entrambe proveniamo da famiglie che hanno accettato la nostra omosessualità con naturalezza”. Giovanna poi si mette a nudo e racconta la sua esperienza di coming out: “Dissi a mia madre di aver baciato una ragazza e lei mi rispose “Finalmente l’hai capito! A me non interessa, resti la mia ‘Giovanna disordinata’, quindi… vai ad aggiustare la tua camera!”. Un messaggio di normalità che mi ha rasserenato”. Ed anche un messaggio a chi si nasconde: “Venite allo scoperto, tanto prima o poi le cose si sistemeranno. Comprendo, però, le difficoltà di molti e ammetto l’esistenza di casi estremi con ragazze o ragazzi anche picchiati per la loro omosessualità”.


Voi siete state forse le prime a Lecce a venire così allo scoperto. Da allora è cambiato qualcosa? “Dietro al nostro esempio altre coppie di ragazze lo hanno fatto e vivono tranquillamente la loro vita; minore, forse, il fenomeno tra i ragazzi”.


Da sinistra Gaia e Giovanna

Da sinistra Gaia e Giovanna


Siete una coppia a tutti gli effetti e sembrate vivere serenamente la vostra relazione. Cosa vi manca? “Poterci sposare e avere dei figli”, ammette Giovanna, “a settembre siamo andate a vivere insieme e tagliato un primo piccolo traguardo. Ora pensiamo al matrimonio, abbiamo anche valutato l’opportunità di andare all’estero per realizzare il nostro sogno d’amore. Per il momento aspettiamo, perché vorremmo poterlo fare a casa nostra; dover andare in un altro Paese sarebbe una sconfitta. Vediamo cosa succede”.

E il desiderio di maternità? “Vorremmo poter concepire e diventare mamme, è un desiderio che riguarda entrambe”. Cosa rispondete a chi ritiene inadatta una coppia omogenitoriale? “L’essere genitori prescinde dall’orientamento sessuale e su questo esistono studi scientifici comprovati in tutto il mondo, anche in Italia”.


I bambini che crescono con genitori dello stesso sesso corrono il rischio di essere discriminati? “Esistono tante famiglie non intese come classiche cioè con papà e mamma; l’importante è amarsi e trasmettere amore. Conosciamo altre coppie omogenitoriali i cui figli sono cresciuti serenamente e non sono certo in analisi come qualcuno vorrebbe far credere. Certo, son dovuti andare all’estero e quando tornano in Italia non sono riconosciuti come famiglia, ma loro non hanno bisogno di alcun riconoscimento, perché una famiglia lo sono già. E per davvero!”.


Qualcosa, però, pare muoversi ed anche la Chiesa non sembra più così categorica. L’argomento interessa soprattutto Giovanna che si dice “credente, molto credente. Prego molto e riconosco i valori cristiani con i quali sono stata educata. Allo stesso tempo, però, difendo il mio diritto ad amare una persona del mio stesso sesso e non mi sento affatto né sbagliata né un abominio come invece l’istituzione-chiesa vorrebbe farci credere”.


Cosa consigliate a chi vive di nascosto le sue tendenze sessuali? “Di venire fuori, perché dopo diventa tutto più bello”.


Quanto è grande secondo voi il numero di persone che non si dichiara apertamente? “Molto grande. Ci sono moltissime persone, soprattutto adulti, che non verranno mai allo scoperto”.


Il vostro desiderio più grande? “Il riconoscimento per tutti, anche per noi. Siamo realizzate come coppia, aldilà di quello che non ci danno: ci amiamo alla follia e abbiamo amici e famiglie che ci sostengono, ma sappiamo cosa significa essere una minoranza ed avere paura di tante cose”. Anche delle più semplici come tornare la sera tardi a casa: “Per quanto Lecce  sia una città civilissima e mai abbiamo avuto sentore di episodi del genere”, ammette Giovanna, “non nascondo che quando capita di restare sole per strada, di notte, abbiamo il timore di aggressioni. Non a Lecce, ma da altre parti non è certo la prima volta che vengono registrati casi di violenza contro coppie omosessuali”.


Dall’11 al 13 dicembre si svolgerà, presso le Manifatture Knos, il Salento Rainbow Film Fest, festival di cinema a tematica LGBTQI*: “Non solo film e documentari”, spiega Gaia. “ma anche workshop, presentazioni di libri, incontri con gli autori e laboratori. È una manifestazione autofinanziata che stiamo costruendo con l’aiuto di tante realtà e di tante persone a partire dai nostri soci”.


Tra le tante attività di LeA, ci piace sottolineare quella (in collaborazione con Differentemente) dello Spazio Arcobaleno, uno Sportello gratuito di supporto psicologico LGBTQI*, attivo ogni martedì, dalle 17 alle 19, presso il Fondo Verri in via Santa Maria del Paradiso n°8, a Lecce. La prenotazione della consulenza è obbligatoria e avverrà esclusivamente il lunedì dalle 10 alle 12 e dalle 17 alle 19.


Info: spazioarcobalenolecce@gmail.com eil  324/7913534.


I contatti di LeA-Liberamente e Apertamente: 324/0906528; www.associazionelea.org; lea.lgbtq@libero.it; Fb: LeA-Liberamente e Apertamente.


Giuseppe Cerfeda


Approfondimenti

L’affascinante storia delle farmacie di Tricase

I miei sguardi erano attirati da un contenitore di vetro dove, in bella vista, c’erano dei cioccolatini, involti in carta stagnola di tanti colori, che mi facevano venire l’acquolina in bocca. Mia madre, con pazienza, mi doveva ogni volta ricordare che erano dei lassativi…

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di Ercole Morciano

Le “storiche” farmacie di Tricase, antenate di quelle odierne, compresa l’ultima istituita in via Olimpica, erano entrambe ubicate nel centro antico del paese.

Molti della mia età le ricordano unitamente ai farmacisti che ne erano i proprietari: quella del dott. Spiridione Barbara, nella ex via Municipio, ora via Toma, dove vi è un’erboristeria e quella del dott. Salvatore Minerva, in piazza Vittorio Emanuele, ora Pisanelli, dove si vendono bevande.

Ai farmacisti si dava, all’antica, il “don” come segno di rispetto: così ci avevano insegnato e noi ragazzini – negli anni ’50 e ’60 – senza pensarci, continuavamo la tradizione.

Don Toto era altissimo – da piccolo lo vedevo così – sempre col camice bianco, col capo un po’ inclinato, il baffo curato e il volto in genere sorridente.

Don Spiridione lo ricordo più basso, anch’egli con la testa un po’ piegata e spesso corrucciato: così mi sembrava; anche la sua voce, la percepivo come stizzosa e – ricordo – mi incuteva un po’ di timore; ma don Spiridione era in fondo una persona buonissima.

Entrando nella sua farmacia, i miei sguardi erano attirati da un contenitore di vetro dove, in bella vista, c’erano dei cioccolatini, involti in carta stagnola di tanti colori, che mi facevano venire l’acquolina in bocca.

Mia madre, con pazienza, mi doveva ogni volta ricordare che erano dei lassativi – ed era vero – e questo metteva le cose a posto perché ti faceva passare la voglia.

NEL NOVECENTO

Erano tempi, per noi ragazzini, molto duri: ogni anno, a fine primavera, toccava a molti un purgante che poteva essere una orribile bevanda pungente ed effervescente, oppure olio di ricino (in entrambi i casi, se non ti chiudevi il naso non potevi ingoiare).

Per chiudere con i ricordi legati alle farmacie della mia fanciullezza, una curiosità: riguardo agli aiutanti dei farmacisti i temperamenti si invertivano. L’aiutante di don Spiridione, Vito Corciulo, indossava un camice nero e lo ricordo gentile, sorridente; a me sembrava timido e un po’ preoccupato; l’aiutante di don Toto, Vito Scorrano, indossava un camice bianco, e lo ricordo molto serio in volto; parlava con un eloquio chiaro e possente che sembrava non ammettere repliche.

Le due farmacie, Barbara e Minerva, esistevano sicuramente nel 1912: risulta che nel mese di dicembre i medicinali ai poveri di Tricase furono dati “dal chimico-farmacista Salvatore Minerva e dall’altro farmacista Spiridione Barbara”.

Originario di Alessano, Barbara si era laureato a Napoli nel 1910 e poco dopo aprì la farmacia a Tricase dove si trasferì e formò la sua famiglia.

Salvatore Minerva era di antica famiglia tricasina: anch’egli si era laureato presso l’Università di Napoli e, annesso alla farmacia, aveva un laboratorio di analisi chimiche, come vi era scritto con eleganti caratteri sul vetro della porta d’ingresso.

I farmacisti Barbara e Minerva si distinsero nei periodi della triste miseria quando si pagarono a prezzo di costo, o dilazionati nel tempo, i farmaci acquistati dalla Conferenza di S. Vincenzo de’ Paoli per i poveri.

Entrambi si impegnarono anche in ambito civile: il dott. Barbara fu eletto sindaco di Tricase più volte e il dott. Minerva fu, per parecchi lustri, ispettore onorario ai monumenti.

NEL CINQUECENTO

Le notizie più antiche riguardanti i farmacisti di Tricase risalgono alla fine del Cinquecento.
Il loro nome ufficiale era “aromatari” e, per legge, non potevano essere anche medici (fisici o cerusici) per evitare conflitti d’interesse; gli aromatari cinquecenteschi erano Domenico Musca e Francesco Mecchi.

Nelle loro botteghe, non solo si preparavano e si vendevano i medicinali ma, specie in quella del Musca, si rogavano atti notarili o si riuniva l’università, il consiglio comunale di allora.

Entrambi appartenevano a note famiglie tricasine: i Mecchi erano una famiglia storica, vi è un altare di loro patronato e col loro blasone nella chiesa di San Domenico, mentre ai Musca apparteneva Domenico, lo scultore che ha firmato il fonte battesimale della chiesa madre, suo capolavoro scolpito nel 1547.

NELL’OTTOCENTO

Dal bilancio del 1866 della Congregazione di Carità di Tricase apprendiamo che vi erano a Tricase due farmacie e i farmacisti erano Antonio Legari e Michele Aprile: “Per i medicinali somministrati ai vari poveri” ebbero rispettivamente £. 102 e £. 68.

NEL SETTECENTO

La notizia più completa ci viene però dalle carte dei Domenicani di Tricase: essi nel 1730 avevano, nei locali del convento, una spezieria o spettiaria (speziale era il farmacista nel ’700) di medicinali che affittarono a Giovanni Andrea Longo di Andrano per l’importo annuo di 20 ducati.

Il contratto prevedeva che fossero date gratis tutte le medicine che i medici avessero prescritto “alli religiosi di famiglia di detto monastero”.

La stessa farmacia, nel triennio precedente, era stata affittata a Giovanni Battista Stendardo e, dall’atto di locazione, apprendiamo che vi erano 246 tipi di medicinali.

Dalla medesima fonte ci è pervenuto anche un parziale, ma interessante elenco di ordigni necessari alla preparazione delle medicine, che riporto integralmente nel linguaggio d’epoca: «2 bilance, due sedazzi (filtri) uno di seta e l’altro di pelo, una grattacaso (grattugia) piccola, fuselli e mezzi fuselli, lancelle, sottocoppe, mortai di diverse grandezze, una ciarla (contenitore) [di cristallo] di Boemia, storte di vetro, lambicchi di vetro e di rame, caraffoni (bottiglie col manico) grandi e piccoli, ecc.»

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Il presidente Vadrucci della Camera di Commercio fra passato e futuro

Sono stati tre anni faticosi ma esaltanti. E soprattutto sono stati tre anni fatti insieme: io, il Segretario Generale, Francesco De Giorgio, la struttura camerale e, soprattutto, la Giunta e il Consiglio della Camera di Commercio di Lecce. Uscivamo da un periodo di pandemia che aveva provocato molti problemi al mondo produttivo salentino…

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INTERVISTA ESCLUSIVA

di Giuseppe Cerfeda

Lei è presidente della Camera di Commercio di Lecce da tre anni. Vuole fare un primo bilancio di questa esperienza?

«Sono stati tre anni faticosi ma esaltanti. E soprattutto sono stati tre anni fatti insieme: io, il Segretario Generale, Francesco De Giorgio, la struttura camerale e, soprattutto, la Giunta e il Consiglio della Camera di Commercio di Lecce. Uscivamo da un periodo di pandemia che aveva provocato molti problemi al mondo produttivo salentino. 

Le imprese della nostra provincia hanno avuto in questi tre anni la forza di credere nelle loro idee, di riprendere la produzione, di guardare avanti, cercando di utilizzare l’innovazione tecnologica e le possibilità che la Camera di Commercio, come casa delle imprese, ha messo loro a disposizione. 

Insieme alle Associazioni di categoria che compongono gli organi camerali, abbiamo trovato la possibilità di sostenere questa volontà di ripartire. Vorrei ricordare una iniziativa per tutte: abbiamo trovato nelle pieghe del bilancio un milione di euro per aiutare le imprese salentine a far fronte agli aumenti del costo dell’energia, causa delle situazioni penalizzanti per la nostra economia e le nostre aziende. 

In questo modo abbiamo aiutato il mondo produttivo salentino a ripartire senza troppi costi aggiuntivi che avrebbero potuto mettere a terra numerose attività».

Qual è lo stato attuale del tessuto economico e sociale della nostra provincia?

«Stiamo ancora lavorando con tutti gli imprenditori per cercare di emergere in un contesto che sconta un lungo momento negativo in campo nazionale e internazionale. 

La globalizzazione ha lasciato uno strascico pesante per il nostro tessuto produttivo, perché le attività per le quali una volta eravamo in grande evidenza, tessile e abbigliamento, calzaturiero e manufatturiero di qualità, una volta portate in Paesi a più bassi costi, non sono ancora rientrate nel nostro ambito. 

Ci siamo quindi dovuti reinventare le produzioni, puntando sui marchi e sulla qualità. 

Per fortuna alcune aziende leader sono riuscite a ripartire con queste nuove direttrici di sviluppo, ma la condizione internazionale non è particolarmente favorevole. 

Cominciamo a sentire l’affanno dei costi della transizione verso la sostenibilità, richiesta dalle norme europee. 

I costi di guerra, in un Mediterraneo sempre più centrale come scacchiere senza pace, non aiutano lo sviluppo dei commerci e delle transazioni. Contemporaneamente i cambiamenti climatici stanno stressando la nostra agricoltura, che pure continua ad avere prodotti di grande pregio. La Xylella ha lasciato danni dappertutto.

Ma ci sono anche iniziative che guardano all’innovazione tecnologica. I giovani, prima di decidere di scappare in altri paesi, investono energie e voglia di fare, qui, sul territorio salentino. 

La Camera di Commercio di Lecce cerca di cogliere ogni occasione per agevolare queste iniziative nuove, aiutando al contempo le aziende tradizionali ad evolversi verso traguardi internazionali, sfruttando le risorse che la Regione e Governo, con ZES Unica e Fondi di coesione e le norme europee del PNRR, mettono a disposizione. 

Lavoriamo ogni giorno in questa direzione, contando anche sul favore che il brand “Salento” ha acquisito in campo nazionale e internazionale, supportato dall’appeal turistico e culturale. Siamo a disposizione, insieme alle altre Istituzioni locali, del mondo economico salentino. 

Non dobbiamo rallentare e sono fiducioso che riusciremo a far aumentare la velocità all’economia del Salento».

Se dovesse indicare pregi e difetti del mondo economico salentino?

«Pregi e difetti non sono sempre uguali. Non sono tra quelli che dicono che ci sono difetti caratteriali nei nostri imprenditori. Ormai viviamo in un mondo globalizzato e sappiamo quello che possiamo e non possiamo fare. 

Un fattore molto penalizzante è il decentramento geografico della nostra terra, rispetto ai mercati europei di riferimento. Scontiamo da sempre – in questo periodo ancora di più – una marginalità nei trasporti che rende più difficoltosa la nostra penetrazione sui mercati internazionali. Le strutture e le infrastrutture dovrebbero aiutarci a cambiare le cose, ma ci vuole anche una nuova politica industriale che faccia del Mediterraneo un punto di riferimento industriale e commerciale diverso, evitando che si “infiammi” in quelle guerre che ne stanno riducendo l’importanza geopolitica e commerciale. 

Nel frattempo, la caparbietà, che è uno dei pregi della nostra classe imprenditoriale, deve essere ancora più efficace per resistere e trovare strade alternative per le produzioni del nostro territorio. Le Istituzioni, però, devono eliminare gli ostacoli che ancora si frappongono. 

La Camera di Commercio diventa così anello di collegamento e cerniera con le Istituzioni, per mettere in pratica norme e percorsi al servizio dell’imprenditoria locale, riducendo la burocrazia e favorendo la spinta che gli imprenditori più avveduti cercano attraverso l’innovazione tecnologica e le nuove tecniche produttive. 

Non è facile, ma ci impegniamo tutti in questa direzione».

Lei è del sud Salento e non ha mai nascosto la sua attenzione verso quella porzione di territorio, sforzandosi perché non venga snobbata com’è accaduto per tanti anni. L’adeguamento della SS. 275 ne è l’esempio lampante…

«Forse siamo arrivati al punto in cui, anche per la 275, non si possono fare più passi indietro. La strada che porta a Santa Maria di Leuca, fondamentale per lo sviluppo del sud Salento, dovrà presto essere una realtà. 

E questo grazie all’impegno di tanta parte della comunità di quei territori, anche se abbiamo dovuto piangere troppi morti. Abbiamo aggiunto la nostra opera a quella di tante istituzioni, associazioni e cittadini del basso Salento. 

Ma non dobbiamo fermarci perché altre infrastrutture hanno bisogno della nostra attenzione e del nostro impegno per proiettarci nel futuro».

Siamo a Natale. La Confartigianato ha fatto appello per comprare prodotti salentini: vuole aggiungere il suo di appello?

«La Confartigianato – di cui mi onoro di far parte – è sempre stata molto sensibile a questo problema. Impegnarci a privilegiare negli acquisti prodotti e oggetti che vengono dalle nostre aziende, è il modo più intelligente di sostenere la nostra economia e di fare un buon affare. 

Anche perché i prodotti del lavoro delle nostre operaie e dei nostri artigiani, le eccellenze delle nostre terre non sono secondi a nessuno. 

Lo sanno anche fuori dal Salento, tanto che le nostre aziende più attrezzate stanno rispondendo con l’e-commerce, alle richieste che vengono dagli acquirenti nazionali ed esteri. 

Segno che abbiamo conquistato il cuore, la mente e… il palato di tanta gente».

Ancora due anni per terminare questo primo mandato. Pensa che ce ne sarà un secondo, per lei, come Presidente della Camera di Commercio di Lecce?

«Per adesso c’è tanto lavoro da fare per cercare di raccogliere i frutti delle idee e del lavoro che, con la Giunta e il Consiglio camerale, abbiamo introdotto per aiutare la transizione del mondo produttivo salentino. 

Ci sono veramente tante idee, che cerchiamo di arricchire di risorse per poterle realizzare. 

È questo il nostro primo obiettivo, da raggiungere anche attraverso le relazioni che ho incominciato ad intraprendere con il resto del mondo produttivo italiano, grazie al mio ruolo di vice presidente nazionale di Unioncamere. 

Il resto lo decideranno soprattutto i rappresentanti delle varie categorie produttive. 

Io sono al servizio, insieme alle strutture camerali, delle imprese del nostro territorio».

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AQP: anche a Natale offre un servizio che fa acqua da tutte le parti

Questa notte anche casa mia è venuto Babbo Natale. A dire il vero non l’ho visto, ma mi ha fatto trovare, nella buca delle lettere, verso le 18, una lettera dell’AQP che non conteneva gli auguri di Natale.

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di Luigi Zito

Questa notte anche casa mia è venuto Babbo Natale.

A dire il vero non l’ho visto, ma mi ha fatto trovare, nella buca delle lettere, verso le 18, una lettera dell’AQP che non conteneva gli auguri di Natale.

Tutti noi sappiamo quanto sia importante preservare e non sprecare l’acqua, in questo periodo poi, in cui ce la menano in tutte le salse che “siamo in riserva”, bisognerebbe essere più  accorti e attenti. E va bene!

Ebbene, dicevo, Babbo Natale Aqp, che non so se viaggia con le renne, con la scia luminosa o con gli elfi al seguito, è comparso di persona, personalmente, con un corriere privato e personale e mi ha fatto regalo (recapitato) di un plico contenete una fattura in cui mi si intima di pagarla entro il 24 novembre 2024!!!

Ci ho riflettuto un attimo prima di imbarcarmi sulla mia DMC12”, la famosa DeLorean, del film “Ritorno al Futuro”, poi convinto di non poter rivaleggiare con la proverbiale correttezza e precisione dei vertici e affini dell’AQP, ho lottato, insistito, battagliato, sono salito sull’auto, fino a quando non mi sono reso conto che la macchina non partiva: Marty con un ghigno beffardo mi sorrideva e lo scienziato matto mi ripeteva stare tranquillo che il pazzo non ero io.

E’ vero i servizi dell’Aqp, da quando ne ho memoria, non hanno mai brillato, ricordo ancora quando d’estate lamentai lo scarso getto d’acqua che non ci permetteva di fare nulla in casa: si presentarono dei dipendenti AQP, alle 7 del mattino, per verificare che il flusso raggiungesse la portata minima obbligatoria per contratto, e vennero coscienti  all’alba quando a quell’ora il mondo intero dormiva  e… indovinate un po’? La portata minima era garantita. Geniali. 

Oggi mi chiedono, con garbo, la notte di Natale, quando siamo tutti più buoni ed inclini al perdono, di tornare indietro nel tempo, anche solo di un mese per pagare una bolletta sputata fuori da chissà quale pazzo e incontrollato sistema; con creanza, in questa Magica notte, mi postulano, che potrebbero esserci delle correzioni di prezzo, per eccesso, per ritardo nel momento del pagamento; mi mendicano, con grazia, legata alla notte dell’avvento, che “i pagamenti delle bollette precedenti sono regolari, salvo ulteriori verifiche (!)”. 

Non so se questa mia raggiungerà mai i vertici o colori i quali vengono da noi profumatamente pagati per fornirci un servizio (chiamiamolo tale) che, a proposito di liquidi, fa acqua da tutte le parti.

Non so se e quando dovremo aspettare per ricevere un minimo di attenzione e quando potremo difenderci adegutamente da queste assurdità che, complice il Natale, spesso vengono perdonate.

Io mi sono portato avanti: poiché ero ancora in tempo, mancavano poche ore al Natale, ho affidato nelle mani sicure del vero Babbo Natale la mia letterina indirizzata ai responsabili dell’acquedotto pugliese, hai visto mai che magari proprio nell’aprire e leggere le letterine nella Santa Notte possano esaudire i miei sogni?

Quali sono? Quelli di ricevere un servizio degno di questo nome e vedere recapitate le fatture almeno qualche giorno prima che scadano! A Natale puoi…

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