Attualità
Il Museo Archeoindustriale di Maglie
Il MAI è stato istituito per fare conoscere vicende, protagonisti e aspetti della storia imprenditoriale di Terra d’Otranto e in particolare della città di Maglie; nella cittadina, nota come l’Emporio del Capo di Leuca, si è dato vita ad imprese minori derivanti dalla tradizione manifatturiera locale, ad un artigianato di qualità che si è trasformato, nel tempo, in delle piccole industrie: aziende che hanno operato in stretto contatto con le produzioni agricole.
Già a partire dalla metà del secolo XVIII a Maglie erano visibili i primi germi di un artigianato di qualità che era quasi sconosciuto al resto del Salento, dove la principale occupazione restava l’agricoltura.
Lo sviluppo economico, commerciale e industriale di Maglie risale all’ultimo quarto del XIX secolo.
Nota anche come l’Emporio del Salento Meridionale, è stata tra le più ricche della provincia, grazie alla sua fervida attività industriale costituita da molti magazzini (le fabbriche) per la lavorazione premanifatturiera del tabacco a piccola foglia (lo xanthi yaka); da parecchi trappeti e oleifici a forza idraulica azionati da energia termoelettrica per l’estrazione dell’olio dalle olive e un grandioso stabilimento per l’estrazione dell’olio dalle sanse, oltre a diversi molini e fabbriche di paste da minestra, ad una distilleria di alcol e vinacce, a16 forni, a sei fabbriche di pellame, a varie opifici per la lavorazione del legno per la produzione di mobili di lusso, ed anche ad officine per la lavorazione del ferro battuto e fabbriche di fiscoli.
Il successivo sviluppo della rete ferroviaria (1866 Brindisi-Lecce e 1868 Lecce-Maglie) e la favorevole posizione della cittadina al centro di importanti assi stradali, come la Lecce-Leuca e la Otranto-Maglie, ultimata dopo il 1855 a cui fu dato il nome di Ferdinandea-Salentina, ha determinato una ulteriore espansione dei suoi traffici commerciali, consolidando, da una parte, le attività già esistenti e dall’altra incoraggiando la nascita di nuove imprese.
Il museo MAI è allestito all’interno di una delle più importanti attività che si svolgevano a Maglie: quella dell’ebanisteria, precisamente nello Stabilimento Artistico Mobili e Arti Decorative, Ditta Luigi Piccinno, una nota fabbrica di mobili che dal 1926 al 1995 diventa magazzino per la lavorazione premanifatturiera dei tabacchi orientali.
Il MAI non solo è importante per ciò che rappresenta (“raccontare” la storia della produzione industriale di Terra d’Otranto e della cittadina di Maglie), ma perché è un elemento complementare di un più vasto percorso di valorizzazione e integrazione con il territorio.
La decennale ricerca svolta è stata finalizzata per ricostruire la memoria storica dei luoghi del lavoro, attraverso la conoscenza del “paesaggio industriale” realizzato e della sua evoluzione tecnologica, in un’area fortemente vocata allo sviluppo di alcune produzioni: soprattutto quelle legate all’agroalimentare.
Pertanto, due spazi “raccontano” il passato industriale: il primo dedicato alla città di Maglie e alle attività produttive dell’industria agroalimentare e manifatturiera; il secondo all’industria di Terra d’Otranto, oltre ad uno spazio allestito con un teatro virtuale e due postazioni in modalità VR (Virtual Reality).
L’istituzione di un Museo del Patrimonio Industriale rappresenta per Maglie la realizzazione di un polo culturale in uno spazio che fa parte della memoria collettiva della cittadina stessa.
L’idea progettuale è stata quella di realizzare un luogo attivo, un generatore di eventi, di percorsi didattici, di aggregazione e animazione culturale.
Ideazione, ricerca, testi, selezione della documentazione iconografica, delle macchine, degli attrezzi e degli oggetti è stata del Consiglio Nazionale delle Ricerche-Istituto di Scienze del Patrimonio Culturale (CNR-ISPC) con la consulenza scientifica dell’architetto Antonio Monte; mentre il coordinamento scientifico è stato svolto da Renato Covino, già presidente dell’Associazione Italiana per il Patrimonio Archeologico Industriale (AIPAI).
Il progetto di allestimento è stato redatto dall’architetto Lorena Sambati con la consulenza scientifica del CNR-ISPC.
Tutto questo è stato possibile, grazie alle oltre 40 donazioni fatte dalle persone, soprattutto magliesi, che hanno creduto in questo progetto, che mosse i primi passi nel lontano 2002. In questi anni sono state donate, da parte di familiari e conoscenti, macchine, mobili, attrezzi, oggetti, utensili, quadri, diplomi e altro, utilizzati o appartenuti ai loro antenati; questi “pezzi” costituiscono l’“anima” del museo, senza intaccare le eleganti strutture espositive che illustrano le attività industriali che i capitani d’industria.
La cultura d’impresa è storia, valori, cultura collettiva, cultura aziendale.
Marco Montemaggi (fra i massimi esperti in Italia dell’heritage marketing), infatti, nel suo ultimo libro Company lands. La cultura industriale come valore per il territorio, ci fa notare come i Musei e gli Archivi d’impresa sono soggetti culturali che producono cultura e che la cultura d’impresa è un valore per il territorio che lo racconta.
In tema di turismo industriale la realizzazione del Museo ArcheoIndustriale a Maglie, questa “tipologia di turismo tematico” che si sta diffondendo in Italia, e in diverse nazioni europee, rappresenta un’opportunità strategica per il territorio, perché la compenetrazione di valore fra questa cultura e la territorialità diventa un elemento fondamentale.
Antonio Monte (Architetto CNR-ISPC)
Attualità
Lecce sotterranea, arrivano i soldi
Dopo la scoperta di un’altra porzione dell’antico Anfiteatro romano durante i lavori in via Alvino, la sindaca Adriana Poli Bortone incassa la promessa del Ministro della Cultura Giuli sulla disponibilità dei fondi necessari
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Le scoperte, come spesso, accade sono casuali.
Così, mentre si scavava in via Alvino, a Lecce, è venuto alla luce un altro pezzo dell’antico Anfiteatro Romano.
Sorpresa fino ad un certo punto, a dire la verità, perché la scoperta era, tutto sommato, già stata messa in conto.
In antichità, infatti, Piazza Santo Oronzo presentava una diversa planimetria, quando lo spazio dell’Anfiteatro Romano era occultato dalle botteghe ottocentesche. In seguito agli scavi archeologici, il piccolo borgo venne abbattuto per portare alla luce l’antico Anfiteatro.
Una traccia dell’antico insediamento che Lecce, città di storia e di arte, non può permettersi di perdere.
Per questo la sindaca Adriana Poli Bortone ha subito interessato il ministro della Cultura Alessandro Giuli per reperire i fondi necessari per salvaguardare quel tesoro sotterraneo.
La prima cittadina leccese è stata a Roma e il viaggio, a quanto pare, è stato fruttuoso, perché il ministro le ha garantito le risorse economiche per valorizzare la Lecce dell’Antica Roma, con i suoi monumenti patrimonio dell’umanità, da connettere alle altre testimonianze della civiltà romana nel Salento.
Quindi si continuerà a scavare in via Alvino per scoprire l’altra parte dell’Anfiteatro.
Una prima idea potrebbe essere quella di rendere la scoperta fruibile a locali e visitatori che potranno ammirarla passando su un ponte o su un pavimento di vetro.
Che ne sarà, intanto, dei lavori iniziati e dei fondi gia stanziati?
Si tenga conto che si tratta di un punto nevralgico della città, con un’alta densità di attività commerciali e di ristorazione, quindi una zona molto frequentata sia dai turisti che dai residenti.
La riqualificazione di via Alvino, a cui si stava mettendo mano anche per mitigare il rischio idrogeologico e migliorare l’accessibilità dell’area, comprendeva anche la rimozione del marciapiede esistente e il rifacimento del basolato.
Adriana Poli Bortone ha già esternato la sua convinzione che non andranno perdute le risorse da impiegare per rifare la pavimentazione, e che si potranno impegnare anche quelle nella costruzione del ponte o della vetrata.
Cosa fare e come farlo, comunque, lo si deciderà presto.
Intanto, quel che è certo è che Lecce potrà usufruire delle risorse necessarie per svelare l’altra parte dell’antico Anfiteatro.
* Nella foto in alto, immagine satellitare di piazza Sant’Oronzo da Google Earth
Attualità
Caccia… al bracconiere
Operazione “Artemis 2” dei carabinieri forestali. Sequestri e denunce a Cannole, Galatina, Galatone, Guagnano, Otranto e Salice Salentino. E continua la campagna di controlli in tutto il Salento
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Continua in tutta la provincia di Lecce la campagna di controllo di contrasto mirato al fenomeno del bracconaggio, coordinata dal Gruppo Carabinieri Forestale del capoluogo salentino.
L’ operazione, denominata “Artemis”, è entrata nella seconda fase, con il coinvolgimento, oltre che del Nucleo Investigativo (NIPAAF), dei Nuclei Forestali di Lecce, Gallipoli, Maglie, Otranto e Tricase: complessivamente, nelle ultime tre settimane
sono state deferite all’ Autorità Giudiziaria 7 persone, ed altrettanti fucili sono stati sottoposti a sequestro, unitamente a munizioni ed 8 apparecchi fonoriproduttori.
“Artemis 2” ha focalizzato i controlli dei Carabinieri Forestali su quelle aree della provincia dove il fenomeno dell’attività venatoria è più intenso, ed all’ interno delle quali persistono e si nascondono sacche di bracconaggio, che vanno dall’ utilizzo di mezzi non consentiti (tipicamente i richiami elettroacustici, che riproducono il verso di specie di volatili) fino all’ uso di fucile senza porto d’ armi, o addirittura di arma clandestina (con matricola abrasa).
In relazione alla prima tipologia di illegalità, i Militari del Nucleo Forestale di Lecce, a Salice Salentino, in una zona (contrada “Masseria Mazzetta”) battuta dalle doppiette ed al confine con la provincia di Brindisi, hanno individuato un richiamo per allodole, e subito dopo il suo proprietario ed utilizzatore.
Il bracconiere, un 47enne proveniente dalla provincia di Brindisi, è stato deferito alla Procura della Repubblica di Lecce.
A suo carico è stato effettuato il sequestro dei richiami utilizzati, del fucile e delle munizioni.
A poca distanza, in agro di Guagnano, altri due cacciatori denunciati, sempre per utilizzo di richiami, con sequestro di 2 fucili, richiamo e munizioni.
Gli altri episodi, tutti con denuncia e sequestro di fucili, richiami e munizioni, si sono verificati a Otranto (contrada “Masseria Ficola”), Galatone (località “Li Papi” e contrada “Risoli”), Galatina (Località “Pennella”) e Cannole (via Vecchia per Bagnolo): questo è il bilancio delle 3 settimane di “Artemis 2”.
Si evidenzia che, essendo i procedimenti penali ancora nella fase delle indagini preliminari, le persone segnalate sono da ritenersi sottoposte alle indagini stesse e quindi presunte innocenti fino a sentenza definitiva.
Attualità
L’agricoltura sociale rafforza le imprese salentine
CIA Salentina: gli esiti del convegno che si è svolto nell’ambito di Agro.Ge.Pa.Ciok. Dalla rigenerazione anti-Xylella all’innovazione del comparto primario salentino per una nuova fase
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L’agricoltura sociale rappresenta un’interessante opportunità di sviluppo per le imprese del settore primario. Da un lato, infatti, si possono diversificare le attività delle aziende agricole e, dall’altro, si possono offrire alle comunità locali servizi e luoghi di inclusione.
Per diffonderne la conoscenza e rimarcarne i vantaggi, Cia-Agricoltori Italiani area Salento ha promosso un convegno sul tema, nell’ambito del Salone internazionale della gelateria, pasticceria, cioccolateria e dell’agroalimentare (Agro.Ge.Pa.Ciok), svoltosi a Lecce.
L’iniziativa, presentata e moderata dal direttore provinciale di Cia Salento Emanuela Longo, ha visto la partecipazione di rappresentanti istituzionali, esperti e tecnici della materia ma anche di imprenditori ed operatori di lungo corso che hanno portato la loro testimonianza.
Per la Provincia di Lecce è intervenuto il consigliere con delega all’Agricoltura e sindaco di Caprarica Paolo Greco che ha sottolineato quanto l’ente sia impegnato sul fronte della rigenerazione delle aree colpite dalla Xylella fastidiosa e della valorizzazione del paesaggio rurale, ma non solo.
Giuseppe Mauro Ferro, dottore agronomo ed esperto di agricoltura Struttura missione Pnrr, ha fatto dei cenni storici sull’evoluzione dell’agricoltura sociale e ne ha narrato gli esordi in Italia, evidenziando le ricadute positive per il territorio.
Il data analyst Davide Stasi ha snocciolato i numeri del settore e ha fornito i principali indicatori per avere un quadro complessivo.
L’agricoltura sociale favorisce l’inserimento socio-lavorativo di persone con disabilità; incentiva le attività sociali e di servizio per le comunità locali; sostiene i servizi che affiancano e supportano le terapie mediche, psicologiche e riabilitative grazie alla coltivazione delle piante e all’allevamento degli animali; promuove progetti finalizzati all’educazione ambientale ed alimentare, alla salvaguardia della biodiversità nonché alla diffusione della conoscenza del territorio.
Su questi aspetti si è soffermato Vito Paradiso, responsabile tecnico del progetto di agricoltura sociale Utilità Marginale di Fondazione Div.ergo onlus, organizzazione non lucrativa di utilità sociale, che ha come scopo la solidarietà e l’assistenza sociale, la formazione a favore di persone con disabilità intellettiva e, comunque, delle fasce deboli della società, favorendo processi di inclusione.
Infine, Roberta Bruno, presidente della società cooperativa agricola Karadrà, ha raccontato l’impegno di volenterosi giovani agricoltori e i sacrifici da tempo portati avanti al fine di promuovere un’agricoltura sana che rispetti l’ambiente e il territorio.
La cooperativa prende in comodato d’uso terreni abbandonati ed incolti per bonificarli e riportarli a produzione con la tecnica dell’aridocultura. Uno dei loro prodotti più rappresentativi è la penda, una qualità di pomodoro giallo d’inverno, coltivato senza rincorrere all’irrigazione.
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