Attualità
“Occupabile, ma per chi?”
L’appello di Maria Rosaria, da Maglie, rientrante nelle categorie protette: “Cerco lavoro in tutti i modi da anni ma lo stato anziché sostenermi mi accompagna in un vicolo cieco”
a cura di Lorenzo Zito
La decisione del Governo di rivedere la misura del Reddito di Cittadinanza, negandolo alle persone definite “occupabili”, fa discutere ed ha già le sue ripercussioni. Da Maglie, la testimonianza di Maria Rosaria Palmarini, 46 anni, percettrice rientrante tra gli “occupabili”, nonostante sia tra le categorie protette per una parziale invalidità.
Maria Rosaria, presto dovrai rinunciare al Reddito di Cittadinanza. Cosa provi?
“Sono sconfortata e mi sento umiliata: al momento per me il Reddito di Cittadinanza è l’unica forma di sostegno a fronte di un sistema che non mi ha permesso di trovare un lavoro nonostante lo stia cercando da anni”.
In precedenza, cosa facevi?
“Per 20 anni ho gestito un’attività commerciale avviata grazie al supporto della mia famiglia. La crisi economica mi ha costretto a chiudere, pochi anni fa. Un periodo in cui ho perso anche i miei genitori. Oggi mi ritrovo da sola, senza un impiego e con una invalidità al 50% che, seppur facendomi rientrare tra le categorie protette, non mi garantirà più l’accesso al Reddito di Cittadinanza. Per questo cerco costantemente un lavoro, ma mi ritrovo a sbattere contro un muro di gomma, anche quando mi rivolgo alle istituzioni”.
Non hai trovato supporto negli enti preposti?
“In 3 anni non ho mai ricevuto una proposta consona dal Centro per l’Impiego, che non va oltre l’offrire un posto come bracciante agricola, anche a chi nelle mie condizioni non può certo ricoprirlo. Ho sostenuto numerosi colloqui grazie alle ricerche effettuate con le mie sole forze. Ho frequentato i tirocini lavorativi ad integrazione del Reddito. Ed ho anche avviato alcuni rapporti di lavoro di breve durata e part-time, con promessa di assunzione alla loro scadenza. Quei percorsi che buona parte dei percettori di Reddito di Cittadinanza rifiutano a priori, da un lato perché impattanti sullo stesso RdC percepito e dall’altro perché, essendo part-time e con il rischio di non riconferma, risultano meno convenienti del restare a casa con la macchina in garage. A mio rischio e pericolo, mi sono messa in gioco ricambiando quella che credevo essere la fiducia dei datori di lavoro, che poi (come nell’ultimo caso con contratto di un mese scaduto il 31 dicembre scorso) mi hanno abbandonata dopo un periodo di sfruttamento in un momento dell’anno in cui avevano bisogno di personale”.
Oltre alla decisione del Governo, pesano quindi anche altre elementi.
“Vedo un sistema che non funziona: da un lato nega un sussidio allo scopo di spingere gli ingressi nel mondo del lavoro (sul quale non vigila), e dall’altro non sostiene le assunzioni e non controlla l’efficacia degli uffici delegati a supportarle, come i Centri per l’Impiego”.
Conosci altre persone in questa situazione?
“Ce ne sono molte. Non tutte oneste. Tantissimi percettori in condizioni di salute come la mia, ad esempio, hanno avviato la corsa all’aumento della percentuale di invalidità. Lo stato li abbandona, loro lo prendono in giro”.
A chi faresti appello per uscire da questa impasse?
“Il mio non è il classico grido in difesa del Reddito di Cittadinanza. Parliamo di poche centinaia di euro con cui oggi non è possibile vivere. È piuttosto lo sfogo di chi pur di tornare a lavorare è stata disposta a subire sfruttamento, umiliazioni, prese in giro senza esito. Ho lavorato per 3 euro l’ora; ho lavorato in contesti dove per ore mi è stato negato di alzarmi dalla sedia per andare in bagno. Ho riposto la mia fiducia e la mia salute nelle mani di persone che l’hanno gettata al vento quando non gli occorrevo più. In questo contesto, la negazione del Reddito di Cittadinanza è solo la mazzata definitiva. Per questo il mio appello è rivolto a tutte le parti in causa, affinché per una volta prendano decisioni risolutive anziché accompagnarci in vicoli ciechi”.
(Immagine in evidenza di repertorio)
Attualità
Grande partecipazione alla messa dello sportivo a Nardò
Ancora una volta, lo sport neretino si è radunato per la Messa dello Sportivo, un appuntamento liturgico divenuto ormai tradizione, organizzato dal Presidente del Consiglio comunale di Nardò, Antonio Tondo, in collaborazione con la Consulta comunale dello sport neretino.
Grande e sentita partecipazione da parte delle associazioni, dei team e degli atleti neretini, che hanno assistito alla liturgia celebrata da Sua Eccellenza Mons. Fernando Filograna, Vescovo della Diocesi Nardà-Gallipoli, la cui omelia è stata fonte di coraggio ed ispirazione, in particolar modo per i tanti giovanissimi presenti.
Presso la Cattedrale di Nardò, lo scorso 20 dicembre, si sono infatti radunati i dirigenti e i rappresentanti di ogni tipo di sport, sia di squadra che individuali, di ogni età, affinché vengano custoditi i sani principi che lo sport tramanda.
Attualità
Ineleggibilità dei Sindaci: “Discriminatoria e antidemocratica”
Il dissenso di Anci Puglia per la norma che sancisce che “non sono eleggibili a Presidente della Regione e a Consigliere regionale i Presidenti delle Province della Regione e i Sindaci dei Comuni della Regione”
L’associazione dei Comuni pugliesi chiede la revoca della modifica alla legge elettorale regionale, denunciando una penalizzazione ingiusta per i sindaci e una limitazione della libertà di scelta degli elettori.
Anci Puglia esprime fermo dissenso nei confronti della recente modifica all’articolo 6, comma 1, della Legge Regionale 9 febbraio 2005, n. 2 – “Norme per l’elezione del Consiglio regionale e del Presidente della Giunta regionale” – approvata dal Consiglio regionale mediante emendamento.
La nuova formulazione del comma 1 stabilisce che “non sono eleggibili a Presidente della Regione e a Consigliere regionale i Presidenti delle Province della Regione e i Sindaci dei Comuni della Regione”.
Tuttavia, tale ineleggibilità viene esclusa se i soggetti interessati si dimettono dalla
carica non oltre sei mesi prima del compimento del quinquennio di legislatura, o, in caso di
scioglimento anticipato del Consiglio regionale, entro sette giorni dalla data di scioglimento.
I Sindaci di Puglia, secondo ANCI, risultano pertanto fortemente penalizzati dal vincolo di ineleggibilità alle regionali e ritengono si tratti di una norma ingiustificatamente discriminatoria e
antidemocratica: Viene così compromesso non solo il legittimo diritto, costituzionalmente garantito, a candidarsi come chiunque altro, ma anche i cittadini e le cittadine vedono limitarsi la libera scelta per l’esercizio del diritto di voto: “Il termine di 180 giorni per dimettersi risulta infatti estremamente rigido e penalizzante e determina una disparità di trattamento oggettiva tra amministratori locali e altre categorie di cittadini eleggibili.
I Sindaci sono i rappresentanti più diretti e più vicini ai cittadini; tuttavia, invece di valorizzare il loro contributo potenziale nella competizione elettorale regionale, arricchendo così il pluralismo democratico, questa norma li mortifica pesantemente.
Inoltre, priva le comunità amministrate di
una guida con largo anticipo e, ipoteticamente, anche inutilmente, qualora il Sindaco non venisse poi candidato nelle liste regionali.
Anci Puglia ha raccolto nelle ultime ore le rimostranze e la delusione di tanti Sindaci e Sindache – di ogni schieramento politico, perché la norma penalizza tutti, in modo trasversale – e sta valutando ogni più utile ed opportuna azione congiunta, anche giurisdizionale”.
Soprattutto, ANCI PUGLIA oggi chiede ai Consiglieri regionali che hanno proposto e votato l’emendamento di “ritornare sui propri passi, di cancellare quella norma assurda e discriminatoria e consentire a tutti il libero accesso al diritto di candidarsi, accettando un confronto paritario, plurale e democratico.
Al Presidente Michele Emiliano, che è stato Sindaco della Città capoluogo e ha poi voluto
interpretare la carica di Governatore come “Sindaco di Puglia”, chiediamo di fare tutto quanto in suo potere per ripristinare, in seno al Consiglio regionale, il rispetto dei princìpi sacrosanti ed inviolabili di democrazia, uguaglianza di fronte alla Legge e pluralismo”.
Approfondimenti
Inaugurata la biblioteca “Giambattista Lezzi” a Casarano
il Sindaco De Nuzzo e l’Assessore Legittimo: “Grazie alla fiducia che i cittadini ci hanno accordato”. “Avevamo la necessità di una Biblioteca “vera” aperta, fruibile. Per questo motivo abbiamo iniziato da zero”.
“Ci sono sogni destinati a rimanere tali ma che comunque aiutano a migliorarsi. Altri destinati a realizzarsi nel momento in cui si ha la possibilità di incidere”.
E’ lapidario il sindaco di Casarano, Ottavio De Nuzzo, durante l’inaugurazione della nuova Biblioteca Comunale della città.
“È grazie alla fiducia che i cittadini hanno accordato alla nostra Amministrazione che tutto è iniziato. Avevamo la necessità di una Biblioteca “vera” aperta, fruibile. Per questo motivo abbiamo iniziato da zero.
E prosegue: “Sono stati anni di lavoro: convenzione con il Polo Biblio Museale di Lecce, partecipazione al bando per il servizio civile 2025, adesione rete delle Biblioteche Regionali, censimento matricola al Ministero, progettazione e realizzazione arredi e tanto altro.
Fatica? No gioia di vedere prendere corpo e anima ad un luogo che sarà un punto di partenza da dove si propagheranno, tutto intorno, attività culturali”.
“Da quelle stanze”, sostiene l’assessore, Emanuele Leggittimo, “si sprigionerà una luce forte che passando da Palazzo De Judicibis si estenderà nel Sedile comunale per arrivare a Piazza Mercato.
Lievito di vita e di bellezza, di incontro e scambi di saperi.
Siamo contenti e orgogliosi, oggi lo possiamo dire per aver potuto inaugurare e contare su “un luogo del sapere” che è la Biblioteca Comunale “Giambattista Lezzi”.
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