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Approfondimenti

Toma, Andreano e Izzo i candidati a sindaco di Maglie

Corsa a tre per il dopo Fitto. Forza Italia ufficializza la candidatura di Ernesto Toma a capo della coalizione di centrodestra: sabato 4 aprile la presentazione della lista SìAmo Maglie ; il Pd annuncia la lista civica Maglie Viva e candida Mario Andreano. I 5 stelle in corsa con Antonio Izzo

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Dopo una serie di incontri con associazioni e partiti “per individuare il percorso migliore in vista delle prossime elezioni amministrative”, il direttivo di Forza Italia ha indicato in Ernesto Toma il suo candidato sindaco per la prossime elezioni comunali.


Ernesto Toma candidato della lista "SìAmo Maglie", sostenuta dal centrodestra

Ernesto Toma candidato della lista “SìAmo Maglie”, sostenuta dal centrodestra


Sin dall’inizio”, dicono da Forza Italia, “l’approccio è stato quello di operare con il massimo coinvolgimento all’interno del partito, al fine di far emergere spontaneamente la proposta migliore da condividere poi con gli eventuali alleati che insieme a noi vorranno affrontare la campagna elettorale. Il percorso è culminato nell’incontro del direttivo di Forza Italia Maglie di marzo, durante il quale Ernesto Toma è stato indicato candidato sindaco; alla base della scelta ci sono la professionalità e il profilo di esperienza politica maturata negli anni dal candidato”.


Ernesto Toma è dottore Commercialista e Revisori dei Conti impegnato in politica dal 1995. Da assessore con delega al bilancio e programmazione del Comune di Maglie, ad assessore con delega al personale e presidente del Consiglio Comunale sino al 2005; dal 1999 nella Provincia di Lecce, ricoprendo dapprima la carica di consigliere provinciale e poi, dal 2009 al 2014, la carica di assessore provinciale con delega alla Formazione Professionale e Politiche del lavoro.


Un profilo professionale e politico di tale portata”, dicono gli azzurri magliesi, “è stato ritenuto la scelta migliore per la candidatura a Sindaco di Maglie, in un contesto temporale che vede un nuovo sistema elettorale, difficoltà per gli enti locali tra armonizzazione contabili, revisione della spesa e minori trasferimenti (…).  Ernesto Toma come garanzia di continuità e di buona amministrazione”.


Non sono mancate le polemiche interne in Forza Italia dopo l’ufficializzazione di Toma, tanto che il coordinamento cittadino si è sentito in dovere di emettere una nota: “Apprendiamo di una certa perplessità da parte del coordinatore provinciale per la scelta di Forza Italia a Maglie, forse il coordinatore fresco di nomina, fino a qualche giorno fa completamente estraneo alla vita del nostro partito (…), non  conoscendo quanto in questi mesi fatto dal nostro partito è stato portato a rilasciare dichiarazioni  che ci sembrano inopportune. Non è assolutamente nostra intenzione non rispettare quanto previsto dallo statuto, che conosciamo molto bene visto che siamo in Forza Italia da sempre! Forza Italia a Maglie da ottobre è impegnata in una attività che ha visto coinvolto non solo il  nostro partito ma tutti i cittadini le associazioni e movimenti politici presenti nella nostra città e che si  riconoscono nel centrodestra insieme ai quali affronteremo la campagna elettorale.  In questi mesi siamo stati impegnati affinché all’interno del partito vi fosse il massimo coinvolgimento, al fine di far emergere spontaneamente la proposta migliore, proposta poi che abbiamo  sottoposto ai nostri alleati, perché siamo convinti che non si vince da soli ma in gruppo. La scelta del candidato sindaco è frutto di un percorso condiviso al termine del quale il nostro partito le associazioni e i partiti hanno ritenuto che la scelta di Ernesto Toma sia quella più giusta. Per favorire la partecipazione”, aggiungono, “la nostra sarà una lista civica, espressione di tutte le forze politiche e associazioni che si riconoscono nel candidato sindaco e nel programma elettorale. Il candidato non sarà il candidato di questo o quel partito ma di una coalizione formata da associazioni e partiti che si riconoscono nel centrodestra, rappresentati con pari dignità all’interno di una lista civica il cui nome e simbolo non saranno riconducibili ad una sola di esse. Riteniamo”, concludono da Forza Italia Maglie, “sia la scelta più corretta per far si che il centrodestra a Maglie possa vincere anche questa volta”.


SìAmo Maglie


Intanto, sabato 4 aprile, alle ore 11, in Via Roma n. 51 a Maglie (di fronte alla Chiesa Matrice), si terrà l’inaugurazione del Comitato Elettorale di “SìAmo Maglie”, lista civica a sostegno del candidato sindaco Ernesto Toma.


Un onore per me essere stato scelto da direttivi cittadini come candidato sindaco della nostra città. Un network che si muove verso lo sviluppo di Maglie: questo il progetto alla base di SìAmo Maglie”, afferma Toma.


La scelta del nome SìAmo Maglie”, prosegue, “ha voluto rappresentare una dichiarazione d’amore per la nostra città e al contempo l’identità magliese, nonché la mission condivisa di guardare a Maglie come una realtà per cui lavorare insieme.

SìAmo Maglie perché questa lista non vuole rappresentare questo o quel partito, ma un insieme di forze il cui unico collante è da sempre il rispetto e l’amore verso Maglie, con l’unico obbiettivo di continuare a vedere la nostra Città ben amministrata”.


E ancora Toma dice: “Puntiamo su una campagna elettorale inclusiva, che sia un punto di partenza con basi solide, che prosegua nel suo intento soprattutto dopo il termine della competizione elettorale”, conclude, “il nostro Comitato sarà la casa prima di tutto di tante persone, tante individualità, che lavoreranno sulla base di idee per il presente e il futuro”.


#Maglieviva


Mario Andreano, candidato della lista Maglie Viva, sostenuta dal centrosinistra

Mario Andreano, candidato della lista Maglie Viva, sostenuta dal centrosinistra


Il Partito Democratico intanto ha ufficializzato la nascita di “Maglie Viva”, la lista civica che sosterrà Mario Andreano. Proprio da “Maglie Viva” hanno fatto sapere che “la scelta unanime di Mario Andreano ha permesso di aggregare rappresentanze politiche, associazioni e società civile, unite nella condivisione di un progetto politico, finalizzato alla realizzazione di un governo della città, trasparente, condiviso e innovativo. Donne e uomini della lista “#maglieviva – unione è cambiamento” hanno come obiettivo quello di restituire alla nostra città quel ruolo di protagonista nell’ambito civile, culturale ed economico, svilito negli ultimi anni di scarsa progettualità e di scelte miopi. L’attenzione ai giovani, il rilancio delle attività produttive, il sostegno agli anziani e alle fasce più deboli, una tassazione oculata, il miglioramento della qualità di vita urbana, la salvaguardia del territorio”, concludono, “sono i punti di forza di “#maglieviva – unione è cambiamento”.


Anche nel centrosinistra c’è sentore di un certo malumore ed in particolare arriva dall’associazione politico-culturale “Biblioteca di Sarajevo” che, già nello scorso dicembre, aveva ufficializzato la propria disponibilità ed il pieno impegno politico per le prossime amministrative presentando la sua proposta programmatica per la Città di Maglie e l’indicazione del candidato sindaco Giancarlo Costa Cesari. “Un progetto politico”, sottolineano dall’Associazione, “aperto al contributo e alla condivisione di tutti i cittadini, dei partiti politici, movimenti e associazioni che, in contrapposizione con l’attuale Governo cittadino, vogliono un rinnovamento radicale della politica e della classe dirigente magliese. Dopo sessanta giorni dall’ufficializzazione”, attaccano, “rileviamo che alla nostra volontà di profonda innovazione e di ampia condivisione, i partiti hanno contrapposto antiche logiche di conservazione e arroccamento, prima ignorando per lungo tempo la nostra candidatura ed evitando poi qualsiasi confronto nel merito della proposta e dei singoli contenuti. Il percorso intrapreso dai Partiti è stato diametralmente opposto a quello di “Biblioteca di Sarajevo”: hanno concentrato per mesi tutti i loro sforzi nell’individuazione di un candidato sindaco che fosse espressione delle loro segreterie, avulso da qualsiasi possibile condivisione con movimenti ed associazioni e privo di radicamento con la comunità cittadina. Nell’unico incontro che abbiamo avuto con il loro candidato”, aggiungono, “il necessario dibattito nel merito delle singole offerte politiche e sulle candidature è stato ancora una volta evitato. Noi avremmo voluto riflettere insieme sull’idea di bellezza, di una nuova amministrazione comunale che avrebbe messo al centro della sua azione la difesa e la valorizzazione dei beni comuni. Avremmo invitato i partiti politici a riflettere sulla bellezza della legalità e delle azioni di massima trasparenza nella gestione della cosa pubblica, portando nel palazzo quei valori che da sempre abbiamo condiviso dando vita al Presidio di Libera. Avremmo dibattuto sulla bellezza del recupero urbanistico, sociale e culturale di una città che subisce da decenni scelte miranti solo agli interessi familiari quando non personali. Tutto questo non è stato possibile! L’Associazione “Biblioteca di Sarajevo” prende atto dell’assenza totale delle condizioni minime per l’attuazione di questo progetto politico, ritirando da subito la propria proposta programmatica e la candidatura di Giancarlo Costa Cesari”.


Antonio Izzo, medico psichiatra, candidato dei 5 stelle

Antonio Izzo, medico psichiatra, candidato dei 5 stelle


Anche gli attivisti del Movimento 5 Stelle presenteranno una loro lista che sosterrà la candidatura di Antonio Izzo, medico presso  la Asl leccese.


Approfondimenti

Gli anni passano, le tradizioni cambiano, in meglio o in peggio?

Il problema è che il momento del divertimento, dello spettacolo, della pubblicità e del consumo sta divenendo prevalente rispetto al significato di ciò che si dovrebbe celebrare. Una volta vi era uno stretto legame tra il significato della celebrazione e gli eventi conseguenti..

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di Hervé Cavallera

Con le Festività di inizio novembre si è entrati nell’ampio periodo delle feste di fine anno con tutte le celebrazioni rituali che esse implicano. Ora, già da un remoto passato l’essere umano ha avvertito con perplessità la fine della bella stagione, l’allungarsi del buio nelle giornate e l’appressarsi del freddo.

Ed ha collegato la fine della stagione calda e luminosa con la fine di un ciclo, che non è soltanto quello solare, ma soprattutto quello della stessa vita. Ha colto cioè il senso del trapasso con tutte le incognite ad esso legate, sì da elaborare nel corso dei millenni dei riti di passaggio tra questa e l’altra vita oltremondana. Al tempo stesso, si è pensato di illustrare il cammino del tempo secondo calendari legati al ciclo solare e a quello lunare.

Così per diverse popolazioni dell’antichità, tra cui i Celti che risiedevano principalmente nel centro Europa, il transito tra un anno e l’altro era previsto con l’attuale 1° novembre e in quel giorno, essendo poco netta la transizione tra la luce e le tenebre, il mondo dei vivi si mescolava con quello dei morti e questi ultimi potevano riapparire.

Non a caso il 2 novembre, che seguiva Ognissanti, fu scelto come il giorno della commemorazione dei defunti ed è triste constatare come oggi tanti cimiteri monumentali siano praticamente abbandonati.

Ora, il primo calendario che unificò il mondo mediterraneo fu quello giuliano, ideato dall’astronomo greco Sosigene e divenuto operativo nel 46 avanti Cristo con Giulio Cesare.

Tale calendario rimase in vigore sostanzialmente sino al 24 febbraio 1582 quando papa Gregorio XIII, attraverso la bolla Inter gravissimas, lo sostituì con vari ritocchi con il calendario tuttora esistente detto appunto gregoriano.
Il mondo cristiano ha poi inserito varie ricorrenze a tutti note, fissando le feste di precetto, ossia quelle in cui i fedeli sono particolarmente tenuti alla partecipazione della messa.

Per i cattolici sono: tutte le domeniche; Capodanno (1° gennaio); Epifania (6 gennaio); Assunzione di Maria Vergine (15 agosto); Tutti i Santi (1° novembre); Immacolata Concezione (8 dicembre); Natale (25 dicembre).
Accanto alle feste religiose ogni Stato ha aggiunto per suo conto le feste civili, tra le quali in Italia ricordiamo almeno il 1° maggio (festa dei Lavoratori) e il 2 giugno (festa della Repubblica).

È evidente che se la divisione del tempo in anni, mesi, settimane, giorni, corrisponde ad una esigenza di dare ordine in una realtà ciclica (il rinnovarsi delle stagioni), il concetto di festa si collega, per l’aspetto civile, ad un evento di cui si è particolarmente orgogliosi, e, per quello religioso, è volto ad onorare la Divinità e i Santi.

Sotto tale profilo la festa sia religiosa sia civile non è da intendersi come una vacanza, ma come una celebrazione. Certo nei giorni festivi non si lavora, ma essi non si dovrebbero intendere come meramente vacanzieri.

Festa o vacanza?

Al contrario, dovrebbero servire a raccogliere i componenti di una comunità, quotidianamente intenti ad attività differenti, in uno spirito celebrativo comune.

Una comunanza soprattutto spirituale che può naturalmente trovare un momento gioioso particolarmente nei pasti che una volta erano frugali per i più e ai quali si riusciva a fare qualche eccezione nei giorni di festa.
Così a Natale si poteva arricchire la tavola con il panettone o il pandoro, come nel cenone di Capodanno si mangiavano lenticchie (ritenute ben auguranti) e cotechino.

Sono solo pochi esempi di cibi per così dire “nazionali”, mentre ogni regione aveva (e in gran parte ha) i suoi piatti tipici. Per tale aspetto, nelle feste (e soprattutto in quelle religiose) il sacro si mescola col profano, la speranza del premio ultraterreno con il buon piatto, il senso della fratellanza spirituale con quello della buona compagnia. In ogni caso si percepisce o si dovrebbe percepire il riconoscimento del sacro confermato dalla grazia di star bene.

È così ancora oggi? Non proprio. Nella nostra società si è imposto e si va imponendo un modo di essere sempre più materialistico e consumistico. L’esempio più vistoso è Halloween, la notte di Tutti i Santi, che alla luce di evidenti influenze anglosassoni, è divenuta la festa del macabro e del soprannaturale in una atmosfera neopagana e consumistica. Che dire poi di prodotti come il panettone o la colomba che si cominciano a vendere mesi prima di Natale o di Pasqua?

Le due stesse massime festività della Cristianità (la nascita di Cristo e la Sua resurrezione) passano quasi in second’ordine nella loro specificità di fronte alle spese, ai doni e a quant’altro di godereccio possa esistere. Anche in questo caso occorre precisare che non vi è nulla di male nel mangiare il panettone e la colomba, che è bene brindare purché non si ecceda, che qualche bambino può ben dire Trick or Treat (Dolcetto o Scherzetto).

Il problema è che il momento del divertimento, dello spettacolo, della pubblicità e del consumo sta divenendo prevalente rispetto al significato di ciò che si dovrebbe celebrare. Una volta vi era uno stretto legame tra il significato della celebrazione e gli eventi conseguenti (si pensi alle processioni, ai piatti particolari e così via), ora tutto si va modificando e si impone solo la dimensione del consumo e dello spettacolo.

Certo, il mondo da sempre va cambiando ed è così, ma il mutamento positivo è quello che sa conservare i valori e mettere da parte l’inutile; in tal modo una civiltà cresce e si sviluppa e le persone maturano. Che le cosiddette tradizioni rimangano solo per attrarre turisti o per generare consumi certamente non è positivo e rischia di ridurre tutta la realtà al semplice godimento – non sempre corretto né di tutti – dell’immediato.

Quello che veramente oggi dovrebbe contare, in una società dove soffiano pericolosi venti di guerra e l’Occidente è pervaso da un edonismo individualistico, è il recupero della dimensione spirituale che accomuna gli animi e li rende aperti al dialogo e agli affetti disinteressati.

E da tempo immemorabile tale è stato il compito della famiglia, della scuola, della Chiesa, istituzioni che attraversano un momento non facile, ma nel rilancio della loro funzione risiede la salvezza di un Occidente che va spegnendosi nelle luci artificiali dei consumi.

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Mesciu Pippi, custode dell’arte edilizia

Al secolo Raimondo Giuseppe Marra, nato nel 1943 a Montesano Salentino, considerato un custode della lavorazione tradizionale e un vero e proprio maestro delle volte a stella, a squadro e a botte

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In nostro approfondimento sulla tradizione del costruire salentino si chiude con una figura storica dell’edilizia salentina.

I più attempati si ricorderanno certamente di Mesciu Pippi.

Al secolo Raimondo Giuseppe Marra, nato nel 1943 a Montesano Salentino, anche se all’anagrafe risulta Miggiano, di cui il suo paese, all’epoca, era ancora frazione. A 15 anni iniziò a lavorare in cantiere e, da allora, l’arte edile è diventata la sua vita.

Tanto da essere considerato un custode della lavorazione tradizionale e un vero e proprio maestro delle volte a stella, a squadro e a botte.

La sua storia è riportata nel libro “Il cantiere edile come biografia e memoria”, scritto dall’architetto Venanzio Marra, figlio di Raimondo Giuseppe.

Mesciu Pippi cita il suo maestro: «È stato Donato De Matteis, un abile costruttore di Montesano. Poi ho avuto tanti altri maestri, tra cui Ippazio Morciano, mesciu Pati, di Tiggiano. Dopo aver lavorato con lui, nel 1973, ho dato vita alla mia attività».

Nonostante sul finire degli anni 70 stesse cambiando il modo di costruire passando dalle strutture interamente in muratura, con copertura a volta, ai sistemi in cemento armato, con le strutture puntiformi e i solai, Mesciu Pippi è rimasto legato alla tradizione: «Il passaggio dalle costruzioni tradizionali a quelle moderne non è stato indolore. Il cantiere tradizionale veniva sostituito da un cantiere in cui l’esecuzione delle opere diveniva più veloce, aumentava la standardizzazione della componentistica edile. Ma spesso si perdeva parte della sapienza costruttiva e le maestranze diventavano sempre più dequalificate. Sin dal 1975, quando capitava di demolire una volta (per esempio a stella) per costruire una struttura moderna con i solai piani, pensavo che i nuovi edifici non sarebbero durati così a lungo. Insomma, si demolivano strutture fatte ad arte per sostituirle con altre che non davano la stessa garanzia».

PER L’INTERVENTO DEL CONSERVATORE – RESTAURATORE GIUSEPPE MARIA COSTANTINI CLICCA QUI

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Muretti a Secco e Pajare

Costruire salentino: Dario Damiano Profico di Gagliano del Capo “riporta in vita” le pietre

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Con Dario Damiano Profico di Gagliano del Capo siamo al quarto capitolo del nostro approfondimento sulla tradizione dell’edilizia salentina (dopo l’intervento del Conservatore-Restauratore Giuseppe Maria Costantini, il Coccio Pesto e le Cementine e le Volte a Stella)

Dario ha fatto della sua passione un lavoro.

Da quasi 25 anni la sua mission è restaurare muretti a secco e pajare che, ipse dixit, «ricostruisco com’erano all’origine».

Anche Dario conferma che la «richiesta di lavori tradizionali è alta sia perché il risultato è indubbiamente bello da vedere sia perché, per questo tipo di lavori, ci sono possibilità di accedere a specifici finanziamenti. Il ripristino dei muretti a secco, in modo particolare, è molto richiesto».

Qual è in particolare il tuo lavoro?

«Riportare il tutto com’era un tempo con lo stesso tipo di lavorazione. Da non confondere con ciò che fanno taluni, utilizzando metodi non indigeni che danno un risultato finale diverso rispetto a quello che erano i muretti a secco originali del Salento, rovinandone peraltro l’estetica».

In particolare, a cosa ti riferisci?

«All’utilizzo del calcestruzzo e al mancato utilizzo della terracotta. Sia per le pajare che per i muretti ci tengo farli “a secco”, proprio come si faceva una volta. Per questo chiedo che le pietre non mi arrivino spaccate, ma esattamente come sono state scavate. In modo che io possa dare consistenza al tutto con le pietre grosse, senza utilizzare il cemento».

Il cemento non lo utilizzi affatto?

«Tendo a farne a meno. In qualche occasione sono costretto a farlo perché il committente vuol farci passare la corrente elettrica. Così, per evitare i crolli e cautelare i tubi, uso il calcestruzzo in tre strati: base, centrale e superiore perché ci metto il cordone finale a forma di “A”, per scaricare il peso al centro del muro e dare solidità a tutta la struttura».

Veniamo ai costi. Per un muretto a secco qual è il costo medio?

«Si parte da 35 euro fino ad arrivare a 90 euro a metro lineare. Dipende dalla richiesta. C’è chi vuole un muretto praticamente liscio, a fuga chiusa: in questo caso, la lavorazione richiede maggiori tempi e maggiori costi. Se uno vuole un muro che sia “uno specchio”, senza fughe, vuol dire che la pietra andrà lavorata nel minimo dettaglio e quindi il prezzo sarà più alto. Se, invece, si preferisce il metodo originale, con il minimo utilizzo del martello sulla pietra grezza locale, il costo scende».

E per le pajare? Se, ad esempio, dovessi rimetterne in piedi una di 50 metri quadri?

«Per una pajara di 50 mq, compresi gli esterni (si calcola così, NdR), occorreranno in media 8mila euro, sempre ricostruendola esattamente come era una volta, ovviamente tutta a secco».

Pajare riportate all’origine tranne che per un particolare: «Nel ricostruirla alzo l’apertura fino a due metri, due metri e 15 centimetri, perché in origine l’ingresso alla pajara era molto basso e quindi scomodo»

Qualche tempo fa Dario Profico ha fatto capolino su Rai 3:

«Erano affascinati dalla nostra storia, anche abitativa. Qualche volta è necessario che arrivino da fuori Salento per ricordarci ciò che abbiamo. Non sarebbe male stessimo più attenti a quelle che sono le nostre tradizioni».

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