Patù
Osteoporosi: prevenire l’epidemia silenziosa
Si terrà venerdì 29 (dalle 15,30 alle 19) e sabato 30 gennaio (dalle 8,30 alle 16,40), all’Hotel Montecallini di San Gregorio di Patù, la II Giornata Reumatologica Salentina “Condizioni di aumentato rischio di fratture a basso trauma dall’infanzia alla terza età”, incontro di esperti dedicato alla prevenzione, alla diagnosi ed alla terapia dell’osteoporosi, promosso dal Day Service di Reumatologia ed Osteoporosi dell’Asl Lecce, diretto dal Dott. Giorgio Carlino.
Una sana e continuativa attività fisica, insieme ad un’alimentazione appropriata, sono tra i fattori fondamentali per allontanare il rischio di contrarre questa malattia. Però, nonostante gli avvertimenti lanciati da esperti e ricercatori, non sempre le regole di prevenzione vengono rispettate. Nell’Unione Europea almeno il 40% delle donne e il 13% degli uomini, superati i 50 anni, subisce una frattura causata dalla fragilità ossea e solo in Italia sono circa 4 milioni le persone colpite (di cui 3 milioni donne). Con 250mila fratture da osteoporosi in Italia ogni anno (di cui 70mila del femore), solo le spese ospedaliere per tale affezione ammontano a circa 3,5 miliardi di euro l’anno. E le previsioni future sono allarmanti: nel mondo le fratture di femore per osteoporosi sono state circa 1.660.000 nel 1990 e saranno 6.260.000 nel 2050, con cifre da vertigine per quanto riguarda i costi ospedaliere e della riabilitazione. L’osteoporosi è chiamata “Epidemia Silenziosa” perché quando compaiono i primi sintomi spesso la malattia è già in fase avanzata. A volte il primo sintomo è proprio una frattura vertebrale, oppure la statura si è ridotta per le alterazioni della colonna e per l’insidiosa tendenza delle ossa a impoverirsi di minerali, sali di calcio e a diventare così fragili da favorire le fratture. La perdita di densità ossea comincia, silente e progressiva, dopo i 50 anni. Colpisce soprattutto le donne (1 su 3 dopo la menopausa), ma anche gli uomini (1 su 5 dopo i 60 anni). L’allungamento della vita ha fatto crescere sempre più il numero di persone con questo problema. Se dopo i 75 anni l’incidenza nella donna è del 43 per cento e nell’uomo è del 20, oltre gli 85 anni interessa addirittura il 60 per cento delle donne e il 40 degli uomini. Una regolare attività fisica e un’alimentazione con cibi ricchi di calcio possono contrastare la perdita di densità ossea. Uomini e donne condividono alcuni fattori di rischio: storia familiare di osteoporosi, precedenti fratture per traumi modesti, eccessiva magrezza, dieta povera di calcio, fumo, alcol, uso prolungato di cortisone, malassorbimento intestinale, malattie del fegato e del rene. L’età poi aumenta, sia nell’uomo che nella donna, il rischio di osteoporosi, anche se nell’uomo il rischio è minore, forse perché il picco di massa ossea che raggiunge è più alto o perché non è sottoposto a una diminuzione ormonale rapida come avviene nella menopausa per la donna. Lo sviluppo delle ossa dovrebbe essere curato non solo da adulti, ma già dalla giovane età, in fase di accrescimento e addirittura prima della nascita. “Da un’indagine effettuata presso l’Università di Firenze”, ci dice il Dott. Carlino, “su 224 studenti dai 5 ai 18 anni, è emerso che solo il 50 per cento dei maschi e il 41 per cento delle femmine beve latte con regolarità, mentre un’altra ricerca sulle abitudini alimentari (110 donne, età media 62 anni, già con diagnosi di osteoporosi) ha messo in evidenza che l’apporto quotidiano di calcio, di circa 808 milligrammi, era molto inferiore al fabbisogno quotidiano, e quello della vitamina D il 15 per cento meno del necessario. La vitamina D”, continua il Dott. Carlino, “è prodotta soprattutto nella pelle, se ci esponiamo ai raggi solari, ed è essenziale per l’assorbimento intestinale del calcio e per la mineralizzazione dell’osso; la carenza è possibile se è ridotta l’esposizione al sole e la vita all’aria aperta. Piccole quantità di vitamina D si trovano anche in alcuni alimenti (il tuorlo d’uovo) e in alcuni pesci: salmone, aringa, tonno; ne è anche ricco l’olio di fegato di merluzzo. Se da giovani si raggiunge un livello di massa ossea elevato e se la perdita di minerali è lenta, più difficilmente la massa ossea diminuirà fino al livello di osteoporosi, ma se il picco raggiunto è basso e la perdita rapida, il rischio è molto più elevato”.
L’incontro di Patù, dove interverranno i maggiori esperti italiani di osteoporosi, nasce dalla necessità di individuare dei criteri di selezione per definire l’accesso alla diagnosi e alla terapia del paziente con osteoporosi sulla base del rapporto costo/benefici, per favorire lo scambio di opinioni ed esperienze tra i vari specialisti per una gestione ottimale dei pazienti e delle risorse impegnate, e per fare il punto sulle misure da attuare per mantenere uno scheletro sano.
Quando fare la MOC?
La massa ossea si misura con un test, la mineralometria ossea computerizzata (MOC), che si esegue come screening alle dita delle mano, alla colonna lombare o al femore e verifica se l’osso è normale, se c’è osteopenia (inizio di demineralizzazione ossea) o osteoporosi conclamata (demineralizzazione ossea avanzata). Tanto minore è la massa ossea, tanto più è alto il rischio di fratture, che si esprime con il valore di T-score: questo indice confronta la densità minerale ossea della persona esaminata con quella di una popolazione di riferimento considerata normale. Quando fare la Moc? Nelle donne post-menopausa, se ci sono fattori di rischio come: fratture per piccoli traumi; menopausa precoce; osteoporosi nei genitori; dieta povera di calcio. In assenza, non c’è motivo di correre a fare la MOC appena entrate in menopausa: si può aspettare di raggiungere i 60 anni. LA MOC può essere effettuata presso il Day Service di Reumatologia ed Osteoporosi a Gagliano del Capo.
Attualità
Ambulanza rotta e non sostituita, Capo di Leuca senza postazione fissa 118
Il consigliere regionale Paolo Pagliaro, capogruppo de La Puglia Domani: «ASL Lecce risponda di questo grave disservizio»
Da ieri il territorio del Capo di Leuca è senza postazione fissa del 118.
L’ambulanza India (con infermiere, soccorritore e autista a bordo) che staziona davanti all’ex ospedale di Gagliano del Capo è guasta, e la Asl di Lecce non ha un mezzo sostituivo.
Fino a domani il personale impiegato nella postazione 118 di Gagliano è stato messo in ferie forzate, e in caso di necessità sono chiamate ad intervenire le squadre di altre postazioni del servizio di emergenza-urgenza.
«Come è accaduto questa mattina», racconta il consigliere regionale Paolo Pagliaro, «quando è dovuta arrivare un’ambulanza da Scorrano per soccorrere le persone coinvolte in un grave incidente stradale avvenuto vicino all’ospedale di Tricase, sulla provinciale per Depressa, perché la squadra della postazione di Tricase era impegnata a coprire un codice verde ad Alessano, territorio di competenza di Gagliano».
«Tutto questo perché, nell’intera Asl e per ben tre giorni, non c’è un mezzo sostitutivo di emergenza», tuona il fondatore di Regione Salento, «una situazione paradossale, che pregiudica la tempestività e l’efficacia del servizio 118. È inconcepibile che un presidio salvavita possa rimanere sguarnito del mezzo di soccorso in una zona così vasta».
«Chiediamo», conclude Paolo Pagliaro, «che l’azienda sanitaria si assuma la responsabilità di questo grave disservizio di fronte ai cittadini salentini, costretti a subire le conseguenze di un’evidente inefficienza gestionale».
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Approfondimenti
«Meglio la Svizzera che la fame»
Emigranti, il forum. Martino Greguccio di Patù: «Non avevo ancora 18 anni, quando un mio parente mi prese a carico e mi portò in Svizzera con lui, procurandomi un permesso di soggiorno»
Martino Grecuccio, è nato il 9 luglio 1946 a Patù.
Proprio dal paese natio nasce il suo racconto: «Erano gli anni Cinquanta, avevo 9 anni e, finita la terza elementare, insieme ai miei coetanei mi mandavano tra le strade di campagna a raccogliere il letame lasciato dai cavalli, le mucche e le pecore, che poi avremmo rivenduto come concime. Lavoraccio che eravamo costretti a fare fino all’età di 11-12 anni. Dopodiché ogni ragazzo prendeva una strada diversa, molti andavano “allu mesciu” per imparare un’arte. Io rimasi contadino e già a 13-14 anni mi diedero una zappetta e mi portarono in campagna. D’estate, alle 2 di mattina, ci facevano arare la terra con i “macisi” (una sorta di vanga a mano), mica col trattore! Non avevo ancora 18 anni quando un mio parente mi prese a carico e mi portò in Svizzera con lui, procurandomi un permesso di soggiorno».
«L’8 giugno 1963», prosegue nel suo racconto, «partii dalla piazza di Patù con un “noleggiatore” che in auto, una millequattro dalla forma allungata, portò me e gli altri fino a Lecce. Non mi ero mai allontanato dal mio paese e già arrivato alle porte de “lu ponte” tra Patù e Giuliano, preso dallo sconforto, fui distratto solo dal passaggio della littorina che procedeva in direzione Barbarano – Gagliano: era la prima volta che vedevo un treno. Così mi dissi: se riesco ad arrivare in Svizzera a Patù non ci torno».
Arrivato a Lecce, lui gracile e minuto si caricò in spalla l’enorme valigia di cartone: «Misi tutto in un unico bagaglio per non dovermene mai separare e non rischiare di perderlo. Arrivati sul binario 2, dov’era in partenza il treno per Milano, pieno come un uovo. Come fare a far salire sul treno le valigie? Dal finestrino, con l’aiuto degli altri partenti».
Così iniziò l’avventura Oltralpe di Martino che, arrivato a Neuchâtel, iniziò la sua storia di emigrante in una fabbrica dove si lavorava il ferro.
«Ogni volta per raggiungere il cantiere dal mio alloggio e tornare, mi facevo 3 chilometri a piedi all’andata ed altri tre al ritorno, dopo 10 ore di lavoro».
Tornò per la prima volta a Patù ad inizio dicembre: «In sei mesi di lavoro avevo del tutto consumato le scarpe».
Dopo 4 anni di Neuchâtel, Martino si è sposato ed ha continuato a lavorare a Zugo, capitale dell’omonimo Cantone, dove ha fatto diversi lavori per quasi nove anni.
In Svizzera ha fatto 13 stagioni, l’ultima nel 1975: «Ero stanco. Non vedevo più un futuro, restare lì era solo sopravvivenza. Così mi dissi: se riesco a partire e arrivare in Salento, in Svizzera non torno più!».
E così è stato. Tornato a casa Martino ha lavorato alla FilaInto e fatto altri lavori fino alla pensione.
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Appuntamenti
Terra di Leuca: la festa della Polizia Locale del sud Salento
Per la prima volta cerimonia ufficiale in onore del Patrono San Sebastiano. Appuntamento lunedì 20 gennaio, alle ore 10,30, presso la Chiesa della Presentazione della Beata Vergine Maria, a Specchia
L’Unione dei Comuni Terra di Leuca, sotto la guida del presidente Gabriele Abaterusso, sindaco di Patù, e del presidente del Consiglio dell’Unione, Michele Giannuzzi, consigliere comunale di Specchia, ha deciso di «dare un forte segnale di riconoscimento e valorizzazione alla Polizia Locale del Sud Salento».
Per la prima volta, infatti, sarà organizzata una cerimonia ufficiale in onore di San Sebastiano, patrono della Polizia Locale, coinvolgendo i comuni membri dell’Unione (Alessano, Castrignano del Capo, Corsano, Gagliano del Capo, Miggiano, Montesano Salentino, Morciano di Leuca, Patù, Salve, Specchia e Tiggiano) ed estendendo l’invito anche ad altre amministrazioni del territorio.
La celebrazione si terrà lunedì 20 gennaio, alle ore 10,30, presso la Chiesa della Presentazione della Beata Vergine Maria, in via Umberto I a Specchia.
La Santa Messa sarà officiata da mons. Vito Angiuli, Vescovo della Diocesi di Ugento-Santa Maria di Leuca, e concelebrata dall’Arciprete di Specchia, Don Antonio Riva, conferendo alla cerimonia un importante valore spirituale e comunitario.
La giornata rappresenterà un’occasione per riflettere sull’impegno e sul ruolo fondamentale svolto dalla Polizia Locale nei territori del Sud Salento.
Durante l’evento, le autorità presenti avranno l’opportunità di prendere la parola per un breve saluto istituzionale, sottolineando il legame tra istituzioni e cittadinanza. Inoltre, la Polizia Locale illustrerà le attività svolte durante l’anno, evidenziando il lavoro costante al servizio della comunità.
«Questa celebrazione non è solo un momento di festa, ma un’occasione per ribadire il valore del servizio reso dalla Polizia Locale ai cittadini», ha dichiarato il presidente del Consiglio dell’Unione, Giannuzzi, «è un riconoscimento doveroso verso chi ogni giorno opera con dedizione per la sicurezza e il benessere del nostro territorio».
L’evento si preannuncia come un appuntamento per rafforzare il senso di comunità e di appartenenza territoriale, sottolineando il ruolo fondamentale delle istituzioni locali.
La partecipazione è aperta a tutti.
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