Approfondimenti
Ruffano: pandemonio eolico
Tolti i sigilli al parco eolico agli Occhiazzi. Rocco Toma: “Il Sindaco si dimetta”. Nicola Fiorito: “Il Parco eolico non centra, volevano colpire me”
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Dopo una lunga battaglia, durata quasi 7 anni, e non ancora finita, sono stati tolti i sigilli al parco eolico di Ruffano, di proprietà dell’Antonio Srl, società facente capo all’imprenditore locale Rocco Fulvio Toma. Dopo un lungo iter giudiziario e infinite battaglie politiche, la Cassazione ha annullato le condanne a Toma, Nicola Fiorito (allora Sindaco) e Claudio D’Ippolito (ex Segretario comunale).
Il progetto prevedeva (e prevede) la realizzazione di 11 pale eoliche alte circa 80 metri, da installare a 350 metri di distanza l’una dall’altra, in località Occhiazzi, alle porte di Ruffano.
“Oggi”, commenta l’imprenditore, “dopo una battaglia durata anni, rimane l’ultimo scoglio da superare: il contenzioso al Consiglio di Stato tra noi e la Regione Puglia”. Da poco, intanto è stata ritirata l’autorizzazione ad operare perché scaduti i termini. “Bravi!”, tuona Toma, “Tre anni per ultimare i lavori… Come potevamo procedere se il sequestro è durato sette anni privandoci della facoltà d’uso del cantiere?”. Prova ne è “la certificazione emessa dal Tribunale Penale di Lecce, che dichiara che il sequestro è durato dal 05/07/2009 al 19/01/2015, e sul cantiere non è stata concessa la facoltà d’uso per il prosieguo dei lavori”. Secondo Toma quello della scadenza dei termini sarebbe stato un “suggerimento Sel… vaggio di qualche politico da strapazzo di caratura nazionale”.
Toma insiste sulla “battaglia politica, perché gli amministratori locali mi hanno ostacolato in ogni modo lecito e non, anche producendo o facendo produrre ad altri atti falsi. Un accanimento perpetrato nei riguardi miei e della mia azienda e di conseguenza alla mia famiglia. Spero davvero che la Procura possa accertare quanto da me esposto affinché venga a galla la verità dei fatti. Malgrado più volte io abbia scritto alla Procura di Lecce, per essere ascoltato, e far luce su come la stessa Procura stava prendendo un abbaglio sull’intero iter penale lontano anni luce dalle accuse, prive di fondamento di Gaetani, testimone assolutamente inattendibile come già dichiarato in altri processi dai giudici del Tribunale di Lecce e dalla Suprema Corte di Cassazione di Roma”.
Da noi sollecitato, Toma spiega anche alcuni aspetti della vicenda “che è importante chiarire: era pronto un investimento di 30 milioni di Euro con una significativa ricaduta in termini economici e di posti di lavoro tra cantiere, gestione delle pale ed indotto. Al Comune di Ruffano sarebbero andati dai 3 ai 5 centomila euro l’anno di royalties: in questi sette anni avrebbe già incassato da un minimo di 2,1 milioni ad un massimo di 3,5 milioni di Euro a beneficio della comunità, per mense gratis alle scuole e servizi sociali. Invece, al momento di inizio lavori noi, come da convenzione, abbiamo versato 44mila euro, una tantum ed a fondo perduto. E, a quanto mi risulta, questi soldi invece di spenderli a beneficio della comunità o per le persone bisognose sono stati usati contro la stessa azienda pagando le parcelle dei legali”.
Toma, rivolgendosi a coloro che hanno sollevato la questione ambientale, spiega: “Da sette anni pago 2 polizze obbligatorie, per il ripristino dei luoghi”. Vale a dire? “Chi installa le pale eoliche ha l’obbligo, dopo 20 anni, di smontare gli impianti e riportare il tutto esattamente come era prima. In pratica, la polizza obbligatoria è una sorta di fidejussione che garantisce la Regione Puglia ed il Comune di Ruffano in caso di mancanze della società investitrice. Intanto sarebbero già passati sette anni, tra 13 avrei smontato tutto e, nel frattempo abbiamo perso tante occasioni di crescita sociale e di cultura d’impresa”.
Rocco Toma è deciso anche a rivolgersi alla Corte di Giustizia europea “perché sono stati violati molteplici diritti alla base della libera imprenditoria. Il Sindaco del mio paese (Carlo Russo, NdA)”, punta il dito l’imprenditore, “ha ribadito che i ruffanesi avrebbero potuto dormire sonni tranquilli perché il parco eolico non sarebbe mai arrivato a compimento. Esulta perchè uccide la libera impresa locale? Oltre al senso della misura ha perso anche quello del ridicolo? Il sonno dei ruffanesi è agitato per la sua cattiva e disastrosa amministrazione che ha caricato i cittadini di tasse come nessun altro Comune d’Italia. Piuttosto dovrebbe vergognarsi”, attacca Toma, “per aver bloccato un imprenditore locale con un progetto che avrebbe portato delle ricadute importanti per il paese, lustro alla nostra comunità e beneficio per tutti ”.
C’è anche chi dice che l’imprenditore ha “pagato” l’amicizia con l’ex sindaco Nicola Fiorito: “Orgoglioso di essere suo amico, avessimo politici del genere sia a livello locale che nazionale”, replica deciso, “assurdo che si riduca tutto ad una questione politica. Dopo tutto quello che è accaduto, come faccio a guardare in faccia i miei figli e continuare a dire loro dell’importanza di valori come lealtà, giustizia e lavoro?”.
Fiorito: “Sono diventato la loro ossessione”
La sentenza della Cassazione ha ribaltato quella di primo e secondo grado. Niente più condanna, quindi, anche per l’ex sindaco Nicola Fiorito. “Quanto avvenuto”, dichiara Fiorito, “ha del clamoroso. La Cassazione con la sua sentenza ha ammonito i giudici di primo e secondo grado, sottolineando come non ci fossero i termini per una condanna: si sono basati solo su dichiarazioni di Pasquale Gaetani (facente parte dell’attuale maggioranza e “nemico storico” di Fiorito) non suffragate da prove concrete. Avrebbero dovuto far rifare il processo ma intanto è pervenuta la prescrizione”. La condanna nei precedenti gradi di giudizio faceva riferimento ad un assegno di 6mila euro intestato proprio a lei da Rocco Toma. “Ero il suo commercialista e, come avvenuto per gli altri clienti, una volta diventato Sindaco ho rinunciato all’incarico e incassato i sospesi, così come da regolare fattura. Questa era la prova che secondo i giudici di primo e secondo grado mi inchiodava…”. Secondo lei perché questa disparità tra primi gradi di giudizio e Cassazione? “Abbiamo assistito ad una strumentalizzazione di tipo politico corredata da accuse gravissime a miei danni: concussione, corruzione, ecc. Tutte accuse dalle quali sono stato assolto con formula piena nel febbraio del 2013 con la sentenza che ha rimarcato come tutto sia nato da un astio particolare del Gaetani nei miei confronti”.
Pasquale Gaetani ha tutta questa influenza sulla Magistratura? “Non lui direttamente, ma i suoi mentori politici. Nella fattispecie Alfredo Mantovano, allora sottosegretario agli Interni, che si prese la briga di sottoscrivere un’interrogazione con richiesta di risposta scritta al Ministero dell’Interno su un ricorso presentato dai Consiglieri di minoranza, tra cui Gaetani, per un concorso ad un posto di Vigile urbano. Vale la pena ricordare che a quel concorso, svoltosi molto tempo prima, aveva fatto domanda di partecipazione la moglie di un assessore che poi, per opportunità, non si presentò. Se un Sottosegretario all’Interno, nonostante i mille pensieri, si preoccupa di una cosa del genere…”. Lei continua, quindi, a pensare ad un complotto ai suoi danni. “Un complotto che ha avuto il suo culmine con la mia rimozione perchè ritenuto elemento pericoloso per il paese, per una presunta vicinanza ad una persona in odore di mafia”. E questo ci riporta ad una vecchia condanna. “Nei primi anni del nuovo secolo Ruffano non era ancora fornita di fogna dinamica: c’era una vecchia discarica fatta costruire dall’allora sindaco Rocco Stradiotti sul suolo di questo personaggio in odore di mafia a cui era affidata la gestione. La discarica in seguito fu chiusa ma, in un periodo di serrata dei depuratori, vivevamo una situazione di emergenza e, per evitare situazioni di pericolo, come massima autorità di igiene pubblica del paese, mi assunsi la responsabilità, insieme al sindaco di Supersano, Pino Stefanelli, di far riaprire in via del tutto eccezionale la discarica di cui sopra. Mi denunciarono, si è svolto il processo e pur riconoscendo l’urgenza, mi condannarono a cinque mesi al pari del sindaco Stefanelli, mentre la posizione di Stradiotti fu stralciata per prescrizione. Per questa vicenda mi hanno tacciato di avere rapporti mafiosi, dimenticando che qualche tempo prima avevo impedito allo stesso soggetto di partecipare ad una gara pubblica e per questo mi hanno bruciato per due volte la casa in campagna e più volte minacciato; per lo stesso motivo l’assessore Franco Margarito fu tenuto sotto scacco per una notte insieme alla famiglia sotto la minaccia di un mitra e gli furono bruciate due auto; così come, ad Antonio Cavallo, allora mio Assessore, bruciarono lo studio. Se quella era un’Amministrazione in combutta con la mafia…”. Lei comunque è stato rimosso addirittura con un decreto del Presidente della Repubblica. “Alle 9 del mattino del 28 maggio 2009, era un sabato, mi è arrivata a casa la comunicazione di Napolitano con la quale mi si diceva che costituivo un grave pericolo per il mantenimento dell’ordine pubblico a Ruffano. Questo perché avevo delle indagini in corso… Ora, però, che dopo sette anni sono stato assolto con formula piena, chi mi riabilita? Resta solo la mia convinzione che sia stata portata a compimento una strategia ben precisa per togliermi di mezzo”.
Scusi la provocazione: il Sindaco di Ruffano è così importante da richiedere una mobilitazione a certi livelli? “Forse semplicemente scomodo, perché non sono mai sottostato ai giochini politici sia che venissero dai miei avversari che dalla mia stessa parte. Oggi si parla di Patto del Nazareno: nessuno ricorda la mia Amministrazione che aveva al suo interno espressioni che andavano da Forza Italia a Rifondazione? Io cacciai dal mio ufficio il segretario provinciale di un partito che voleva impormi il nome di un Assessore…”. Torniamo alla vicenda del Parco eolico di Toma: secondo lei volevano farla pagare a Fiorito? “Certo. La loro ossessione sono io. Come se le pale eoliche fossero le mie… In quel periodo la mia Amministrazione approvò due progetti di eolico, prima quello della FRI-EL di Bolzano e poi quello di Toma. Avevo un progetto complessivo per Ruffano che prevedeva una disponibilità economica per il Comune di almeno 6-7centomila euro l’anno. Dopo aver installato impianti fotovoltaici su tutti i tetti degli edifici pubblici, era prevista, oltre ai parchi eolici, una “public company”, una sorta di azionariato popolare, per la produzione di energia attraverso la dissociazione molecolare dei rifiuti. Allora lo si faceva solo in Islanda (nella città di Húsavík), ora in Italia se ne vantano, giustamente, a Peccioli (Pisa) ed a Sondrio. È un impianto che consente di smaltire tutto il cosiddetto “tal quale”, vale a dire i rifiuti così come sono, attraverso un processo chimico che scompone la materia e produce energia, rilasciando solo vapore acqueo che, ovviamente, non ha alcun effetto collaterale. Per di più c’era anche il risparmio di quei soldi che oggi paghiamo per il conferimento in discarica… Io ci ero arrivato tanti anni fa ma non se ne fece nulla”. Come mai? “L’impianto costava all’epoca una cinquantina di milioni di euro ma avrebbe fruttato almeno 5 milioni l’anno con i benefici che si possono immaginare. Mi accusarono di fare tutto per interessi personali e scatenarono il pandemonio. Allora lasciai perdere…”. Riguardo al Parco eolico? “Nessuno disse alcunchè sulla FRI-EL, mentre l’impianto progettato da Toma era visto come fumo negli occhi. Sarebbe stato il primo imprenditore salentino a realizzare un Parco eolico in provincia di Lecce. Evidentemente preferiamo lasciare tutto in mano alle multinazionali…”. Qual era il motivo del contendere? “Gli oppositori ritenevano che le pale avrebbero avuto un impatto devastante per le Serre Salentine. Invece l’area in questione non interessa le Serre Salentine, né trattasi di zona di pregio ma solo di un terreno incolto che, tra l’altro, l’imprenditore, dopo vent’anni, avrebbe dovuto obbligatoriamente riportare allo stato dei luoghi. Però c’era Fiorito di mezzo e allora bisognava creare problemi… La richiesta di Toma fu accolta perché non c’erano vincoli particolari ma solo quelli generici di natura “B”. Il documento, sottoscritto da me e dal Segretario, fu inviato in Regione insieme al progetto e ai PUTT (Piano Urbanistico Territoriale Tematico). Puntuale arrivò la denuncia perché a loro dire avevo omesso di indicare il vincolo di tipo faunistico e per questo avremmo prodotto un falso… Come se non ci fossero state due Conferenze dei servizi della Regione con tanto di tecnici esperti a valutare ed approvare il tutto. La Regione, consultando i PUTT allegati fece notare che tre pale dovessero essere eliminate e, infatti, fu indetta una seconda conferenza dei servizi che approvò il progetto modificato. Nonostante tutti questi passaggi hanno mobilitato la Magistratura e bloccato i lavori per sette anni”. Con un’altra beffa: la Regione, quando Toma è tornato a bussare, ha risposto che erano scaduti i termini per eseguire i lavori e che quindi era necessario riprendere daccapo tutto l’iter. “Ecco perché si andrà al Consiglio di Stato. Toma è stato fermo perché la Magistratura ha bloccato tutto in attesa del processo e se avesse ignorato i sigilli avrebbe violato la legge”.
Giuseppe Cerfeda
Approfondimenti
Masci: Lu Titoru, anche quest’anno, si soffoca con una polpetta
Anche Gallipoli, Casarano, Racale e Ugento si preparano a far festa…
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GALLIPOLI
È una delle feste più attese dell’anno in tutto il Salento: il Carnevale di Gallipoli, uno degli eventi più suggestivi, capace di unire tradizione, divertimento e cultura popolare.
I giorni stabiliti per le sfilate di quest’anno sono domenica 23 febbraio e domenica 2 marzo, quando lungo Corso Roma sfileranno i caratteristici carri allegorici in cartapesta, tra i quali alcuni rappresentano scene tipiche della cultura e della storia della città, e gruppi mascherati, attirando visitatori da tutta la Puglia.
Il gran finale si terrà martedì 4 marzo nel centro storico, con la rappresentazione della celebre maschera di Lu Titoru, simbolo del carnevale gallipolino.
La leggenda narra che Teodoro fosse un giovane militare gallipolino, che, al ritorno dalla leva, chiese alla madre un piatto di polpette, il suo cibo preferito, prima di entrare nel digiuno quaresimale.
Ma nella fretta di mangiarle, Teodoro si soffocò con una polpetta.
Nel corteo mascherato, viene rappresentato il giovane morto, la madre e un gruppo di “comari”, chiamate chiangimorti, che piangono.
La madre di Teodoro, la Caremma, è la figura che rappresenta la Quaresima e accompagna il giovane in questa macabra ma anche folkloristica tradizione.
La maschera di Lu Titoru ha un viso bicolore, giallo e rosso, proprio come la bandiera della città di Gallipoli, che è il simbolo della festa.
RACALE
Tutto pronto per il Carnevale Racalino 2025.
Sabato 1° marzo maschere, gruppi e carri sfileranno con le loro allegria e simpatia.
Partenza sfilata alle 15 da viale dello Stadio e arrivo stimato per le 16,30 in piazza Beltrano Giardini del Sole.
Qui si accenderà la festa: dalle 17 esibizione dei carri allegorici, gruppi mascherati e maschere singole. Intrattenimento con Andrea Scorrano Dj.
Verranno consegnati i premi: al carro più originale; alla maschera effetto wow; al carro più stravagante; il premio speciale Fidas Racale.
Le iscrizioni sono aperte fino a lunedì 24 febbraio, presso il comune di Racale: tutte le mattine, presso l’ufficio InfoPoint; possibile iscriversi anche il martedì e il venerdì pomeriggio, dalle 17 alle 19, presso la sede FIDAS in via Vespucci n. 3.
Per informazioni, contattare il numero 0833 902324.
CASARANO
Il Carnevale Casaranese quest’anno si consumerà il 1° marzo.
In fase di organizzazione la Pro Loco ha tenuto conto della eventuale difficoltà ad attraversare la città e raggiungere molte piazze del centro, causa cantieri aperti e lavori in corso.
Così ha optato per un maxi-raduno in piazza Indipendenza che culminerà con il live show Kawabonga.
Quindi, sabato 1° marzo tutti in piazza: giovani e meno giovani, di Casarano e dei paesi vicini, si ritroveranno dalle 17 per una grande festa in maschera.
Dalle 19,30 il clou della festa con lo spettacolo esplosivo e travolgente di Kawabonga (ingresso gratuito) con musica e sorprese.
UGENTO
Sono due gli appuntamenti da segnare in rosso sul calendario per il Carnevale Ugentino.
Il primo domenica 2 marzo, presso l’Associazione culturale “Mare Blu” in viale don Tonino Bello, si svolgerà il “Ballo in maschera” (quinta edizione). A partire dalle 15,30 balli di gruppo, baby dance, tiro alla fune, corsa con i sacchi e tante altre attività per il divertimento di bambini, ragazzi e famiglie.
È prevista anche la premiazione della maschera più bella. La sfilata, organizzata dalla ProLoco Ugento e Marine, è in programma lunedì 3 marzo: “Il Carnevale arriva ad Ugento!” alle ore 16.
Il corteo chiassoso e colorato attraverserà Ugento partendo da Largo Pretura (via F.lli Mille), fino ad arrivare in piazza San Vincenzo dove fare festa tra musica e divertimento.
Una giuria decreterà il gruppo e la maschera più belli.
Approfondimenti
Come fare acquisti su eBay risparmiando e proteggendosi
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Acquistare online è un’abitudine consolidata per chi desidera un’ampia scelta di prodotti a prezzi competitivi e eBay si presenta da molti anni ormai come uno dei mercati virtuali più completi in circolazione.
Il portale rende possibile accedere a un catalogo enorme di articoli, sia nuovi che usati, spesso introvabili altrove. È sufficiente avviare una ricerca mirata o partecipare alle aste online per trovare buone occasioni, ma non tutti sanno come ottimizzare il proprio budget ed evitare potenziali raggiri. La capacità di distinguere le vere promozioni dalle inserzioni sospette aiuta a evitare acquisti avventati. Ma vediamo insieme alcuni consigli utili sull’argomento.
Strategie e consigli
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Un’ulteriore forma di inganno consiste nel fornire un codice di tracciamento falso o incompleto, lasciando l’acquirente senza possibilità di monitorare la spedizione. Se non si riceve l’oggetto entro i tempi previsti, si consiglia di consultare la pagina dell’ordine e inviare un messaggio al venditore.
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Approfondimenti
Una volta i salentini emigravano, ma poi tornavano
Andata e ritorno. Come tanti Ulisse che dopo numerose peripezie tornavano alla loro Itaca. Per costruire, edificare, migliorare sé stessi e il paese, per una vita migliore per tutti
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Un problema che riguarda il nostro presente è una massiccia immigrazione che in questi ultimi anni ha inciso non poco sulla vita delle nostre città ed è un fenomeno che ci ha colti quasi inaspettatamente perché in fondo, specialmente nel Meridione, ci si sentiva una terra di emigranti e non di “accoglienti”.
Sotto tale aspetto gli studiosi sono d’accordo a dividere la vicenda della emigrazione italiana, dall’Unità (1861) ad oggi, in tre periodi: la grande emigrazione che arriva sino all’avvento del fascismo; l’emigrazione europea che va dai primi anni ’50 alla fine degli anni ’70; la nuova emigrazione che inizia col secolo corrente.
LA GRANDE EMIGRAZIONE
La prima emigrazione, causata dalle condizioni miserevoli in cui viveva buona parte della nazione, peraltro analfabeta, riguardò uno spostamento dei nostri verso altri continenti come l’Africa del nord, ma soprattutto l’America settentrionale e meridionale.
Il fascismo rallentò in parte il processo di emigrazione anche per le numerose opere pubbliche del periodo che furono peraltro utili per impegnare una notevole quantità di manodopera.
Con il dopoguerra, ci fu una consistente emigrazione verso Paesi europei come Germania, Svizzera, Belgio, Francia. L’emigrazione del presente – certamente minoritaria come numero complessivo – riguarda per lo più giovani laureati che cercano una maggiore fortuna all’estero.
Si tratta di una storia complessa che meriterebbe una lunga trattazione, ma chi ha potuto osservare la seconda fase, quella appunto dell’emigrazione in Europa, non può che far venire alla mente particolari annotazioni.
Se l’emigrazione verso le Americhe, infatti, rappresentò per gli italiani del tempo un distacco definitivo, tanto che oggi molti noti personaggi statunitensi si trovano a “scoprire” antenati nella nostra Penisola, l’emigrazione europea, pur scaturita dalle difficoltà economiche derivate dalla guerra, ebbe da subito la caratteristica di uno spostamento relativamente temporaneo.
Innanzitutto ci si spostava in un continente di cui ci si sentiva di far parte e non vi era l’oceano a rendere ben difficile il ritorno, anche temporaneo, per rivedere e salutare familiari e amici; era inoltre una partenza vissuta non con lo spirito d’avventura, sia pure sofferta, come accadeva alla fine dell’Ottocento o ai primi del Novecento, ma con la certezza di un inserimento nel mondo del lavoro che avrebbe consentito quanto meno una tranquillità economica e quindi una serenità familiare.
NEL DOPOGUERRA
Stati come la Svizzera e la Germania, in effetti, erano disposti ad accogliere nostri conterranei in funzione del loro bisogno esistente di manodopera. Quindi l’inserimento nel mondo del lavoro era garantito.
D’altra parte erano gli anni del boom economico e vi fu una forte emigrazione da quella parte della Penisola prevalentemente agricola (il Mezzogiorno appunto) non solo all’estero, ma anche verso le città italiane più industrializzate.
Basti ricordare il cosiddetto “triangolo industriale”, ossia l’area compresa tra Torino (sede della Fiat), Milano (con tutto il suo sviluppo immobiliare, industriale e commerciale) e Genova (il grande porto commerciale).
In tale dinamica, apparve subito chiaro che i rapporti con i paesi di origine erano mantenuti. Non solo: la stabilità economica acquisita all’estero (ma anche in alta Italia) consentiva di poter mettere da parte del denaro in modo da aiutare i familiari che erano rimasti nel paese natio o da utilizzare per loro lecito profitto in vista di un ritorno.
Chi ormai non è più giovane ricorda molto bene tanti emigrati che, come laboriose formiche, raccoglievano denaro che poi investivano nella propria terra per costruirsi una casa ove risiedere una volta tornati dall’estero o dall’Italia del nord.
Il paese di origine rimaneva un po’ come il luogo della nostalgia di una giovinezza lontana e degli affetti troncati, un luogo dove trascorrere gli anni una volta pensionati.
E si può constatare l’ampliamento dei nostri paesi con la nascita di nuovi quartieri, anche se con una urbanistica non sempre soddisfacente in quanto ognuno ha edificato su ciò che aveva e le amministrazioni comunali non hanno sempre adeguatamente considerato lo sviluppo della viabilità in funzione della crescita dei mezzi di comunicazione.
Sotto tale profilo, spesso è mancata una visione d’insieme dell’espansione delle varie cittadine, ma questa è un’altra storia e non riguarda gli emigranti, bensì gli amministratori.
Quello che va ricordato è invece il forte attaccamento alla terra natale, sì da ritornarci non solo periodicamente, a Natale, a Pasqua e durante le ferie estive, ma al termine del proprio percorso lavorativo. E c’era in quei volti un senso di soddisfazione.
IL RICHIAMO DELLA PROPRIA TERRA
Erano partiti poveri e molte volte senza casa ed ora tornavano in una casa di loro proprietà; avevano del denaro e una pensione dignitosa.
spesso utilizzavano, per darsi delle arie umanamente comprensibili, un tedesco o un francese approssimativi per far vedere a coloro che non avevano mai viaggiato che essi, invece, conoscevano il mondo e le lingue.
Ma quello che soprattutto può oggi sorprendere è che tornavano a voler essere quello che sentivano di essere: dei cittadini salentini, che dovevano risiedere nel proprio paese di nascita.
In questo si rivelava un attaccamento alla propria origine che può essere spiegato particolarmente dalla natura degli affetti.
Altrove avevano avuto quella fortuna economica che il paese natale non aveva loro consentito, ma essi percepivano che la loro origine e il senso della loro esistenza erano proprio in quel contesto da dove erano dovuti espatriare e a cui non potevano sottrarsi: erano come tanti Ulisse che dopo numerose peripezie tornavano alla loro Itaca.
E tornavano per costruire, per edificare, per migliorare sé stessi e il paese: per una vita migliore per tutti. E si mandavano i figli a scuola, per far loro conseguire un diploma o una laurea.
Con il ritorno degli emigrati i paesi crescevano e in vario modo si arricchivano, e le generazioni si ritrovavano e si intesseva e si rafforzava una comunità.
Ed è una lezione che oggi, in un tempo in cui spesso si cede al proprio individualismo, non bisogna in alcun modo dimenticare, bensì sottolineare se non si vuole svanire nel dimenticatoio di una realtà senza storia e senza affetti.
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