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Ruffano verso le amministrative. Chi sfiderà la vice sindaco?
Mentre la maggioranza uscente sembra puntare tutto sulla vice sindaco Maria Rosaria Orlando, ritenuta l’erede naturale di Carlo Russo, dall’altra parte si registrano prove di dialogo tra il Partito Democratico e le altre componenti dell’opposizione. Su il Gallo cartaceo in distribuzione l’approfondimento
Mentre la maggioranza uscente sembra puntare tutto sulla vice sindaco Maria Rosaria Orlando, ritenuta l’erede naturale di Carlo Russo, giunto alla fine dei suoi due mandati, dall’altra parte si registrano prove di dialogo tra il Partito Democratico e le altre componenti dell’opposizione.
Tutto il gruppo che ha sostenuto Carlo Russo dovrebbe essere confermato in lista tranne un paio di eccezioni.
All’opposizione, intanto si “annusano” Anna Rita Picci, segretaria del Circolo di Ruffano del Pd e la coppia Antonio Cavallo – Franco De Vitis, entrambi dell’area dei Conservatori e Riformisti di Raffaele Fitto.
Nel caso in cui i tre trovassero l’accordo su una linea comune potrebbero provare a spodestare gli uscenti con una lista unica, altrimenti ci sarà il rischio che i candidati sindaco possano essere più di due. Su una cosa però il circolo del Pd non transige, la condivisione di un codice etico contro la malapolitica. Anna Rita Picci non ha dubbi: “Per contrastare pericolose derive criminali e per evitare che le anomalie amministrative del presente possano ripetersi nel futuro, il circolo del PD Ruffano e Torrepaduli, già dalle prossime amministrative, si farà promotore della proposta di adozione di un codice etico da parte del Comune di Ruffano. La proposta elettorale che presentiamo ai cittadini, e che estendiamo a tutte le forze politiche presenti a Ruffano, riguarda l’adozione, già dal primo nuovo consiglio comunale, della Carta di Avviso Pubblico, un’associazione nata nel 1996 con l’intento di collegare ed organizzare gli amministratori pubblici che concretamente si impegnano a promuovere la cultura della legalità democratica nella politica, nella Pubblica amministrazione e sui territori da essi governati. La Carta è un codice etico vincolante per gli amministratori e finalizzato a rafforzare la trasparenza e la legalità nella pubblica amministrazione, ponendo dei seri paletti contro la corruzione, l’infiltrazione mafiosa e il clientelismo”.
Redatta da un gruppo di lavoro di esperti, giuristi, funzionari pubblici e amministratori locali, coordinato dal Prof. Alberto Vannucci, si compone da 23 articoli, attraverso i quali viene indicato concretamente come un buon amministratore può declinare nella quotidianità i principi di trasparenza, imparzialità, disciplina e onore previsti dagli articoli 54 e 97 della Costituzione: contrasto al conflitto di interessi, al clientelismo, alle pressioni indebite, trasparenza degli interessi finanziari e del finanziamento dell’attività politica, scelte pubbliche e meritocratiche per le nomine interne ed esterne alle amministrazioni, piena collaborazione con l’autorità giudiziaria in caso di indagini e obbligo a rinunciare alla prescrizione, ovvero obbligo di dimissioni in caso di rinvio a giudizio per gravi reati (mafia e corruzione).
Sono queste alcune previsioni della Carta di Avviso Pubblico, “un codice etico”, sottolinea la Picci, “fatto non tanto di buoni propositi e belle intenzioni, ma un documento che prevede anche divieti (come non ricevere regali superiori ai 100 euro in un anno) e sanzioni, che vanno dalla censura pubblica sino alle dimissioni”.
Riguardo al resto la Picci sottolinea come “nel nostro territorio a causa di una pericolosa disaffezione della politica, purtroppo, non sono presenti, oltre a noi del locale Pd, quei partiti rientranti nell’area moderato-progressista, con cui poter aprire un dialogo programmatico sulle prossime amministrative. Questo è un aspetto grave che corre il rischio di lasciare ancora più libertà di manovra a comitati affaristico-elettorale, poco interessati al bene comune. Il nostro è un partito che ha senz’altro una vocazione di governo, e non ci sottrarremo alle nostre responsabilità, garantendo a Ruffano un governo condiviso con tutte quelle forze e intelligenze che avranno la volontà di costruire un progetto alternativo all’attuale maggioranza. Un progetto costruito non con il fine ultimo di mera alleanza elettorale e spartizione di cariche ma concepito sulle priorità che necessita il territorio e che esprimeranno i cittadini. Cercheremo con tutte le nostre forze la più ampia condivisione possibile, senza voler mortificare le ambizioni e aspirazioni di chicchessia. Abbiamo già avviato un dibattito interno sulla rifinitura di una piattaforma programmatica da poter successivamente condividere con gruppi sociali consolidati e personalità del territorio che si riconosceranno nei valori che il Pd esprime. In questi anni, dall’esterno del consiglio comunale”, specifica la segretaria del Pd, “abbiamo combattuto delle battaglie su argomenti fondamentali e di interesse per i cittadini, contrapponendoci a scelte dell’attuale amministrazione che ritenevamo ingiuste e in taluni casi vessatorie (“vedi l’approssimazione con cui è stato amministrato il paese, il rincaro delle tasse comunali, i tanti nodi da sciogliere circa la tassa sui rifiuti, le varie vicende giudiziarie che hanno coinvolto l’attuale giunta, ecc.”), ponendoci sempre dalla parte dei più deboli. Saranno delle sfide ambiziose quelle che metteremo al centro di una futura attività di governo, e per poterle vincere”, conclude, “ci sarà bisogno di persone capaci, competenti e interessate a dare un concreto sviluppo al nostro paese, da troppo tempo immobilizzato dalla malapolitica”.
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Mesciu Pippi, custode dell’arte edilizia
Al secolo Raimondo Giuseppe Marra, nato nel 1943 a Montesano Salentino, considerato un custode della lavorazione tradizionale e un vero e proprio maestro delle volte a stella, a squadro e a botte
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In nostro approfondimento sulla tradizione del costruire salentino si chiude con una figura storica dell’edilizia salentina.
I più attempati si ricorderanno certamente di Mesciu Pippi.
Al secolo Raimondo Giuseppe Marra, nato nel 1943 a Montesano Salentino, anche se all’anagrafe risulta Miggiano, di cui il suo paese, all’epoca, era ancora frazione. A 15 anni iniziò a lavorare in cantiere e, da allora, l’arte edile è diventata la sua vita.
Tanto da essere considerato un custode della lavorazione tradizionale e un vero e proprio maestro delle volte a stella, a squadro e a botte.
La sua storia è riportata nel libro “Il cantiere edile come biografia e memoria”, scritto dall’architetto Venanzio Marra, figlio di Raimondo Giuseppe.
Mesciu Pippi cita il suo maestro: «È stato Donato De Matteis, un abile costruttore di Montesano. Poi ho avuto tanti altri maestri, tra cui Ippazio Morciano, mesciu Pati, di Tiggiano. Dopo aver lavorato con lui, nel 1973, ho dato vita alla mia attività».
Nonostante sul finire degli anni 70 stesse cambiando il modo di costruire passando dalle strutture interamente in muratura, con copertura a volta, ai sistemi in cemento armato, con le strutture puntiformi e i solai, Mesciu Pippi è rimasto legato alla tradizione: «Il passaggio dalle costruzioni tradizionali a quelle moderne non è stato indolore. Il cantiere tradizionale veniva sostituito da un cantiere in cui l’esecuzione delle opere diveniva più veloce, aumentava la standardizzazione della componentistica edile. Ma spesso si perdeva parte della sapienza costruttiva e le maestranze diventavano sempre più dequalificate. Sin dal 1975, quando capitava di demolire una volta (per esempio a stella) per costruire una struttura moderna con i solai piani, pensavo che i nuovi edifici non sarebbero durati così a lungo. Insomma, si demolivano strutture fatte ad arte per sostituirle con altre che non davano la stessa garanzia».
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Muretti a Secco e Pajare
Costruire salentino: Dario Damiano Profico di Gagliano del Capo “riporta in vita” le pietre
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Con Dario Damiano Profico di Gagliano del Capo siamo al quarto capitolo del nostro approfondimento sulla tradizione dell’edilizia salentina (dopo l’intervento del Conservatore-Restauratore Giuseppe Maria Costantini, il Coccio Pesto e le Cementine e le Volte a Stella)
Dario ha fatto della sua passione un lavoro.
Da quasi 25 anni la sua mission è restaurare muretti a secco e pajare che, ipse dixit, «ricostruisco com’erano all’origine».
Anche Dario conferma che la «richiesta di lavori tradizionali è alta sia perché il risultato è indubbiamente bello da vedere sia perché, per questo tipo di lavori, ci sono possibilità di accedere a specifici finanziamenti. Il ripristino dei muretti a secco, in modo particolare, è molto richiesto».
Qual è in particolare il tuo lavoro?
«Riportare il tutto com’era un tempo con lo stesso tipo di lavorazione. Da non confondere con ciò che fanno taluni, utilizzando metodi non indigeni che danno un risultato finale diverso rispetto a quello che erano i muretti a secco originali del Salento, rovinandone peraltro l’estetica».
In particolare, a cosa ti riferisci?
«All’utilizzo del calcestruzzo e al mancato utilizzo della terracotta. Sia per le pajare che per i muretti ci tengo farli “a secco”, proprio come si faceva una volta. Per questo chiedo che le pietre non mi arrivino spaccate, ma esattamente come sono state scavate. In modo che io possa dare consistenza al tutto con le pietre grosse, senza utilizzare il cemento».
Il cemento non lo utilizzi affatto?
«Tendo a farne a meno. In qualche occasione sono costretto a farlo perché il committente vuol farci passare la corrente elettrica. Così, per evitare i crolli e cautelare i tubi, uso il calcestruzzo in tre strati: base, centrale e superiore perché ci metto il cordone finale a forma di “A”, per scaricare il peso al centro del muro e dare solidità a tutta la struttura».
Veniamo ai costi. Per un muretto a secco qual è il costo medio?
«Si parte da 35 euro fino ad arrivare a 90 euro a metro lineare. Dipende dalla richiesta. C’è chi vuole un muretto praticamente liscio, a fuga chiusa: in questo caso, la lavorazione richiede maggiori tempi e maggiori costi. Se uno vuole un muro che sia “uno specchio”, senza fughe, vuol dire che la pietra andrà lavorata nel minimo dettaglio e quindi il prezzo sarà più alto. Se, invece, si preferisce il metodo originale, con il minimo utilizzo del martello sulla pietra grezza locale, il costo scende».
E per le pajare? Se, ad esempio, dovessi rimetterne in piedi una di 50 metri quadri?
«Per una pajara di 50 mq, compresi gli esterni (si calcola così, NdR), occorreranno in media 8mila euro, sempre ricostruendola esattamente come era una volta, ovviamente tutta a secco».
Pajare riportate all’origine tranne che per un particolare: «Nel ricostruirla alzo l’apertura fino a due metri, due metri e 15 centimetri, perché in origine l’ingresso alla pajara era molto basso e quindi scomodo»
Qualche tempo fa Dario Profico ha fatto capolino su Rai 3:
«Erano affascinati dalla nostra storia, anche abitativa. Qualche volta è necessario che arrivino da fuori Salento per ricordarci ciò che abbiamo. Non sarebbe male stessimo più attenti a quelle che sono le nostre tradizioni».
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Volte a Stella
Costruire salentino: Donato Marra di Tricase specialista del sistema di copertura a volta
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Dopo l’introduzione storica del Conservatore-Restauratore Giuseppe Maria Costantini e il capitolo dedicato a Coccio Pesto e Cementine, (seguirà quello sul Muretti a Secco e Pajare) il nostro approfondimento prosegue con Donato Marra, imprenditore edile, 59 anni di Tricase, specialista in Volte a Stella.
Da quanti anni fa questo mestiere?
«L’azienda personale esiste da circa trent’anni, ma la prima esperienza risale a quando, adolescente, ho iniziato a lavorare con mio padre, presso la sua impresa di costruzioni. Mio padre è stato il mio mentore e maestro, un gran maestro. È lui che mi ha “iniziato” e insegnato a creare l’arte delle antiche costruzioni, delle volte antiche, quelle storiche che si possono ammirare in Salento in tante costruzioni nobiliari».
È un dato di fatto: lo stile “salentino”, volte a stella, muretti, ecc.. è sempre più richiesto. Le risulta?
«È vero, le volte, le costruzioni tipiche salentine sono sempre più richieste. Per parte mia, una volta appresa la bellezza dell’arte salentina, ho voluto metterla a frutto: tutto quello che mi avevano insegnato l’ho restituito creando e consegnando bellezza nelle mani dei clienti. Vorrei aggiungere, però, che spesso l’eccessivo costo di queste costruzioni non è alla portata e per la tasca di tutti. Inoltre, la terra del Capo di Leuca è piena di vincoli e questo non permette di costruire molte case tipiche in campagna».
Considerata la sua esperienza, cosa le chiede maggiormente la sua clientela?
«Devo dire che sono tante le ristrutturazioni che effettuiamo, anche grazie all’arrivo dei tanti stranieri che comprano in Salento. Loro, per fortuna, sono molto attenti al recupero ed alla ristrutturazione di case, masserie o ville antiche: desiderano soprattutto che i lavori vengano eseguiti con una fedeltà all’antico maniacale e che sempre sia più vicina alla costruzione che è stata, e, aggiungo, questo è un bene per noi e per il nostro Salento».
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