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Il Salento che “imposta” il turismo

Il contributo che pagano i turisti ai nostri Comuni per ogni pernottamento, da Otranto a Ugento

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Viaggiare non è più solo una passione o un hobby. Il turismo, complici i tempi che corrono, sta diventando un lusso che sempre meno fortunati si possono permettere. Spesso chi parte, tira grossomodo le somme prima ancora di far le valigie. E sa di dover fare i conti, in sempre più città del mondo, con le tasse di soggiorno che governi locali o nazionali chiedono al turista.


Ma quanti di noi salentini, sempre più popolo ospitante che di vacanzieri, sanno che anche alcuni dei nostri Comuni, alla stregua di grandi capitali e città d’arte, richiedono una tassa sul pernottamento? In Puglia, è il caso di 35 località, in cui rientrano anche Santa Cesarea Terme, Otranto, Castrignano del Capo, Patù, Salve ed Ugento.


tasse tassa monete guadagni introitiQuesti Comuni si sono avvalsi della facoltà di introdurre una imposta di soggiorno, concessa dalla legge sul federalismo fiscale del 2011. In realtà, tassare il turismo non è un’idea del terzo millennio: già in passato in Italia esisteva questo tipo di imposta e la nostra Santa Cesarea, da sempre nota meta termale, è tra le prime in Puglia ad averla introdotta nel lontano 1923, salvo poi doverla eliminare quando il Governo centrale, agli albori degli anni ’90, decise di abolirla.


Non tutti i Comuni possono però richiedere questo contributo al turista, e soprattutto non possono farlo in maniera del tutto libera. Possono pretenderla solo capoluoghi di provincia, unioni di Comuni e Comuni inclusi negli elenchi regionali delle località turistiche o citta d’arte. Inoltre, il tetto massimo dell’imposta, che si misura per pernottamento (e prevede una serie di esenzioni, dai portatori di handicap, alle forze dell’ordine, dagli autisti di autobus alle scolaresche, ecc) è di 5 euro a persona a notte.


La filosofia di questo tipo di tassa si basa sulla convinzione che il turista debba contribuire alle spese che il Comune affronta per garantire servizi di cui fruisce. L’esistenza di questo dazio moderno è però tutt’altro che condivisa: Federalberghi e Hotrec (l’Associazione Europea degli hotel e dei ristoratori) su tutte, sostengono il malcontento delle strutture ricettive che vedono in questa imposta un rischio di perdere potenziali clienti. La principale motivazione addotta nella ferma lotta che portano avanti, sta nell’indotto che il turista porta con sé anche senza la necessità di contribuire in maniera diretta: dall’acquistare un caffè ed un quotidiano, sino al fruire di un parcheggio pubblico a pagamento, si creano introiti che, in un modo o nell’altro, portano soldi nelle casse del Comune.


La verità, quasi sempre, sta nel mezzo. Se è vero, come è vero, che turismo è sinonimo di maggior impiego, maggior reddito e via dicendo, è anche innegabile che per i nostri Comuni, in ricorrente affanno, una fonte di sostegno in più non guasta. L’utilizzo degli introiti derivanti dalla tassa sul pernotto, tra l’altro, è vincolato proprio alla sfera turistica. È il d.lgs. 23/2011 a prevederlo, destinando l’imposta al finanziamento di interventi in materia di turismo, che però, secondo i detrattori, esulano troppo spesso in generiche attività di manutenzione o recupero di beni culturali che, più che con l’accoglienza e la valorizzazione del territorio, hanno a che fare con il risanamento di bilanci in rosso.


Se è questo il caso dei nostri Comuni, non ci è dato saperlo, ma ci siamo comunque chiesti a cosa va incontro il turista che sceglie le nostra località sottoposte a questo tipo di contributo e quanto l’imposta di soggiorno frutti ai nostri paesi.


L’imposta di soggiorno nei nosti Comuni


Santa Cesarea Terme come nel 1923


Oltre ad essere, come detto in precedenza, tra le prime località pugliesi ad aver introdotto l’imposta, Santa Cesarea presenta un’altra singolarità: è tra i Comuni il cui territorio non è interamente inteso dalla Regione a vocazione turistica. Nonostante quindi i 13,5 km di litorale, vi devono corrispondere la tassa solo i turisti che pernottano nel centro storico o nelle frazioni di Vitigliano e Cerfignano.


santa cesareaIl “contributo alla bellezza del territorio” è richiesto, a persona, solo per i primi 5 giorni e varia, a seconda del tenore della struttura scelta, da un minimo di 1 euro ad un massimo di 1,50. Oltre alle esenzioni previste dalla legge, non pagano i minori di 14 anni e la tassa si versa dal 1° aprile al 30 ottobre. Un mese in più rispetto al 2014 (anno in cui è stata reintrodotta) che ha contribuito alla crescita degli introiti di circa 20mila euro: nel 2015, dai 49mila dell’anno prima, si è saliti a 69mila euro. Le strutture in cui si versa la tassa di pernottamento sono in aumento: un anno fa erano 34, quest’anno se ne prevedono a breve 36, anche grazie alla nascita di un nuovo hotel a 4 stelle. Il Comune garantisce al turista sconti e vantaggi e, come indicato dalla legge, reinveste questi fondi in ambito turistico. Tra le altre cose, realizzando eventi per la stagione estiva e garantendo un servizio navetta da e per le frazioni.


Il milione di Otranto


Con la sua storia, la sua bellezza e il suo appeal, Otranto è tra le mete più gettonate del Salento e per questo anche tra le più ricche. Alla città più a est d’Italia, la tassa di soggiorno nel 2015 ha fruttato 700mila euro, arrivati nelle casse del Comune dalle 200 strutture ricettive registrate, che offrono ai viaggiatori circa 20mila posti letto.


OtrantoChi sceglie Otranto, o i suoi 24 km di costa in cui ricadono anche meravigliose località come Porto Badisco, paga, dal 1° aprile al 30 settembre, un contributo che va da 1 a 3 euro e varia, oltre che a seconda della struttura, anche in funzione del periodo. Dal settimo giorno in poi, si è esentati dal pagamento. Mentre lo sono sempre, oltre alle categorie protette, anche minorenni e tutti coloro che pernottano presso ostelli della gioventù. Nell’estate 2015 Otranto ha contato circa 750mila presenze registrate che, se sommate a chi ci arriva da ospite da amici e parenti, con tutta probabilità sforano il milione.


Numeri già in crescita che il Comune prova ad incrementare ulteriormente nell’unico modo possibile: davanti alla saturazione della città nei periodi più caldi, si punta alla destagionalizzazione del turismo. A chiunque è tenuto a versare l’imposta, inoltre, è garantita la “Otranto Card”, che consente di fruire a prezzi scontati o gratuitamente di alcuni servizi pubblici e di beneficiare anche di uno sconto pari al 10% presso alcuni esercizi commerciali convenzionati.


Castrignano del Capo: De Finibus Tributi

Santa Maria di Leuca - PortoStorica meta di villeggiatura, nostrana e forestiera, Santa Maria di Leuca fa le fortune del Comune di Castrignano del Capo. Le migliaia di turisti che ogni anno raggiungono il Santuario e pernottano tra Punta Ristola, Punta Meliso e Castrignano, pagano al Comune dai 50 centesimi fino ai 2 euro a notte, a seconda del tipo di struttura scelta. Castrignano è, tra i Comuni presi in analisi, quello dove la tassa va pagata più a lungo: non si è esentati prima del decimo pernottamento consecutivo.


Qui l’imposta è stata introdotto il 22 maggio del 2014 e non è richiesta ai minori di 12 anni, ai malati ed ai loro accompagnatori, ed alle categorie indicate dal decreto legislativo istituente la tassa. I numeri su presenze, strutture ricettive e benefici tratti dal Comune mediante l’imposta, non ci sono stati forniti.


Patù: gabella da un anno


Anche Patù ha scelto di valorizzare le sue bellezze introducendo l’imposta di soggiorno.


San GregorioChi sceglie di pernottare qui, godendo del meraviglioso mare di San Gregorio o della spiaggia di Felloniche, deve corrispondere un contributo per le prime 7 notti. La misura dell’imposta va dai 50 centesimi di camper e campeggi ai 2 euro delle strutture alberghiere di lusso a 5 stelle.


Esenti i minori di 12 anni, mentre alcune categorie, come gli sportivi sotto i 16 anni, godono di uno sconto del 30%. Il Consiglio Comunale di Patù (appena rinnovato dalle recenti amministrative) l’ha introdotta un anno fa, con una delibera del 27 maggio 2015. Dati sulle presenze e sugli introiti derivanti dalla tassa, però, non sono al momento disponibili.


Salve e le spiagge…d’oro


Con le spiagge di Posto Vecchio, Pescoluse, Torre Pali e, in piccola parte, Lido Marini, il Comune di Salve è sempre più amato dai turisti di tutto il mondo.Salve - PescoluseOtto chilometri di costa e di attività ricettive che attirano in media 140mila presenze (con pernottamento) all’anno. Qui, per un massimo di 7 giorni consecutivi, si pagano dai 90 centesimi ad 1,80 euro a notte (con portatori di handicap ed altre categorie previste dal decreto legislativo, sono esentati anche tutti i minori di 18 anni). Contributi che la scorsa estate hanno portato nelle casse comunali 65mila euro.


Non fondi da capogiro, ma per un piccolo Comune come Salve sostegno importante al mantenimento delle bellezze di località che, in passato, hanno più volte raccolto anche il massimo riconoscimento delle “5 Vele” di Legambiente.


Ugento: 1,5 milioni in 4 stagioni


I 13km di costa di Lido Marini, Torre Mozza e Torre San Giovanni, sono da sempre per Ugento un valore aggiunto alla cittadina, il cui odierno centro è la trasposizione nei secoli di uno dei principali insediamenti messapici e municipi d’epoca romana della penisola salentina.


lido mariniIl turismo, oggi, nella città della Diocesi del Capo di Leuca, è una delle principali fonti di introito. Il Comune, dalle 61 strutture ricettive, ha ricavato, lo scorso anno, 380mila euro. In linea con le tre estati precedenti in cui, dall’istituzione dell’imposta nel 2012, sono entrati rispettivamente 370, 390 e 370mila euro.


Per massimo 7 giorni consecutivi, tra il 15 giugno e il 15 settembre, i maggiori di 13 anni pagano dai 50 centesimi ai 2 euro a notte, a seconda del livello di accoglienza in cui è classificata la struttura scelta.


Lorenzo Zito


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Mesciu Pippi, custode dell’arte edilizia

Al secolo Raimondo Giuseppe Marra, nato nel 1943 a Montesano Salentino, considerato un custode della lavorazione tradizionale e un vero e proprio maestro delle volte a stella, a squadro e a botte

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In nostro approfondimento sulla tradizione del costruire salentino si chiude con una figura storica dell’edilizia salentina.

I più attempati si ricorderanno certamente di Mesciu Pippi.

Al secolo Raimondo Giuseppe Marra, nato nel 1943 a Montesano Salentino, anche se all’anagrafe risulta Miggiano, di cui il suo paese, all’epoca, era ancora frazione. A 15 anni iniziò a lavorare in cantiere e, da allora, l’arte edile è diventata la sua vita.

Tanto da essere considerato un custode della lavorazione tradizionale e un vero e proprio maestro delle volte a stella, a squadro e a botte.

La sua storia è riportata nel libro “Il cantiere edile come biografia e memoria”, scritto dall’architetto Venanzio Marra, figlio di Raimondo Giuseppe.

Mesciu Pippi cita il suo maestro: «È stato Donato De Matteis, un abile costruttore di Montesano. Poi ho avuto tanti altri maestri, tra cui Ippazio Morciano, mesciu Pati, di Tiggiano. Dopo aver lavorato con lui, nel 1973, ho dato vita alla mia attività».

Nonostante sul finire degli anni 70 stesse cambiando il modo di costruire passando dalle strutture interamente in muratura, con copertura a volta, ai sistemi in cemento armato, con le strutture puntiformi e i solai, Mesciu Pippi è rimasto legato alla tradizione: «Il passaggio dalle costruzioni tradizionali a quelle moderne non è stato indolore. Il cantiere tradizionale veniva sostituito da un cantiere in cui l’esecuzione delle opere diveniva più veloce, aumentava la standardizzazione della componentistica edile. Ma spesso si perdeva parte della sapienza costruttiva e le maestranze diventavano sempre più dequalificate. Sin dal 1975, quando capitava di demolire una volta (per esempio a stella) per costruire una struttura moderna con i solai piani, pensavo che i nuovi edifici non sarebbero durati così a lungo. Insomma, si demolivano strutture fatte ad arte per sostituirle con altre che non davano la stessa garanzia».

PER L’INTERVENTO DEL CONSERVATORE – RESTAURATORE GIUSEPPE MARIA COSTANTINI CLICCA QUI

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Muretti a Secco e Pajare

Costruire salentino: Dario Damiano Profico di Gagliano del Capo “riporta in vita” le pietre

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Con Dario Damiano Profico di Gagliano del Capo siamo al quarto capitolo del nostro approfondimento sulla tradizione dell’edilizia salentina (dopo l’intervento del Conservatore-Restauratore Giuseppe Maria Costantini, il Coccio Pesto e le Cementine e le Volte a Stella)

Dario ha fatto della sua passione un lavoro.

Da quasi 25 anni la sua mission è restaurare muretti a secco e pajare che, ipse dixit, «ricostruisco com’erano all’origine».

Anche Dario conferma che la «richiesta di lavori tradizionali è alta sia perché il risultato è indubbiamente bello da vedere sia perché, per questo tipo di lavori, ci sono possibilità di accedere a specifici finanziamenti. Il ripristino dei muretti a secco, in modo particolare, è molto richiesto».

Qual è in particolare il tuo lavoro?

«Riportare il tutto com’era un tempo con lo stesso tipo di lavorazione. Da non confondere con ciò che fanno taluni, utilizzando metodi non indigeni che danno un risultato finale diverso rispetto a quello che erano i muretti a secco originali del Salento, rovinandone peraltro l’estetica».

In particolare, a cosa ti riferisci?

«All’utilizzo del calcestruzzo e al mancato utilizzo della terracotta. Sia per le pajare che per i muretti ci tengo farli “a secco”, proprio come si faceva una volta. Per questo chiedo che le pietre non mi arrivino spaccate, ma esattamente come sono state scavate. In modo che io possa dare consistenza al tutto con le pietre grosse, senza utilizzare il cemento».

Il cemento non lo utilizzi affatto?

«Tendo a farne a meno. In qualche occasione sono costretto a farlo perché il committente vuol farci passare la corrente elettrica. Così, per evitare i crolli e cautelare i tubi, uso il calcestruzzo in tre strati: base, centrale e superiore perché ci metto il cordone finale a forma di “A”, per scaricare il peso al centro del muro e dare solidità a tutta la struttura».

Veniamo ai costi. Per un muretto a secco qual è il costo medio?

«Si parte da 35 euro fino ad arrivare a 90 euro a metro lineare. Dipende dalla richiesta. C’è chi vuole un muretto praticamente liscio, a fuga chiusa: in questo caso, la lavorazione richiede maggiori tempi e maggiori costi. Se uno vuole un muro che sia “uno specchio”, senza fughe, vuol dire che la pietra andrà lavorata nel minimo dettaglio e quindi il prezzo sarà più alto. Se, invece, si preferisce il metodo originale, con il minimo utilizzo del martello sulla pietra grezza locale, il costo scende».

E per le pajare? Se, ad esempio, dovessi rimetterne in piedi una di 50 metri quadri?

«Per una pajara di 50 mq, compresi gli esterni (si calcola così, NdR), occorreranno in media 8mila euro, sempre ricostruendola esattamente come era una volta, ovviamente tutta a secco».

Pajare riportate all’origine tranne che per un particolare: «Nel ricostruirla alzo l’apertura fino a due metri, due metri e 15 centimetri, perché in origine l’ingresso alla pajara era molto basso e quindi scomodo»

Qualche tempo fa Dario Profico ha fatto capolino su Rai 3:

«Erano affascinati dalla nostra storia, anche abitativa. Qualche volta è necessario che arrivino da fuori Salento per ricordarci ciò che abbiamo. Non sarebbe male stessimo più attenti a quelle che sono le nostre tradizioni».

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Volte a Stella

Costruire salentino: Donato Marra di Tricase specialista del sistema di copertura a volta

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Dopo l’introduzione storica del Conservatore-Restauratore Giuseppe Maria Costantini e il capitolo dedicato a Coccio Pesto e Cementine, (seguirà quello sul Muretti a Secco e Pajare) il nostro approfondimento prosegue con Donato Marra, imprenditore edile, 59 anni di Tricase, specialista in Volte a Stella.

Da quanti anni fa questo mestiere?

«L’azienda personale esiste da circa trent’anni, ma la prima esperienza risale a quando, adolescente, ho iniziato a lavorare con mio padre, presso la sua impresa di costruzioni.  Mio padre è stato il mio mentore e maestro, un gran maestro. È lui che mi ha “iniziato” e insegnato a creare l’arte delle antiche costruzioni, delle volte antiche, quelle storiche che si possono ammirare in Salento in tante costruzioni nobiliari».

È un dato di fatto: lo stile “salentino”, volte a stella, muretti, ecc.. è sempre più richiesto. Le risulta?

«È vero, le volte, le costruzioni tipiche salentine sono sempre più richieste. Per parte mia, una volta appresa la bellezza dell’arte salentina, ho voluto metterla a frutto: tutto quello che mi avevano insegnato l’ho restituito creando e consegnando bellezza nelle mani dei clienti. Vorrei aggiungere, però, che spesso l’eccessivo costo di queste costruzioni non è alla portata e per la tasca di tutti. Inoltre, la terra del Capo di Leuca è piena di vincoli e questo non permette di costruire molte case tipiche in campagna».

Considerata la sua esperienza, cosa le chiede maggiormente la sua clientela?

«Devo dire che sono tante le ristrutturazioni che effettuiamo, anche grazie all’arrivo dei tanti stranieri che comprano in Salento. Loro, per fortuna, sono molto attenti al recupero ed alla ristrutturazione di case, masserie o ville antiche: desiderano soprattutto che i lavori vengano eseguiti con una fedeltà all’antico maniacale e che sempre sia più vicina alla costruzione che è stata, e, aggiungo, questo è un bene per noi e per il nostro Salento».

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