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Soleto

Soleto: il dramma del fotovoltaico selvaggio

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“Terribile è il dramma del fotovoltaico selvaggio che si sta abbattendo sul feudo di Soleto, città simbolo dell’antica Messapia e cuore della Grecìa Salentina; l’assenza di una locale regolamentazione e il lassismo”, denunciano le locali associazioni, “con cui l’Amministrazione locale sta rispondendo alle richieste degli imprenditori di istallare impianti industriali di fotovoltaico sul suo territorio, stanno facendo divenire Soleto l’eldorado per quanti vogliano speculare installando sui suoli agricoli, “pratica immorale”, impianti fotovoltaici della potenza di 1 Mega watt. Per questi non serve ricevere dalla Regione, dopo un lungo iter burocratico, la cosiddetta autorizzazione unica, ma basta depositare una DIA (Dichiarazione di Inizio Attività) presso il Comune, per poter procedere all’istallazione in assenza di diniego da parte dell’Amministrazione comunale”. E questo diniego non sta avvenendo a Soleto, come ha lamentato la locale associazione Nuova Messapia, durante un incontro del Forum Ambiente e Salute a Lecce, punto di riferimento insieme al Coordinamento Civico di Maglie per tantissime associazioni culturali e ambientaliste del Grande Salento. Alfredo Melissano di Nuova Messapia ha espresso tutta la sua amarezza per quanto sta avvenendo nel suo Comune: “Circa 40 impianti di 1MW l’uno di fotovoltaico si apprestano a nascere; circa in tutto 120 ettari di suolo agricolo e prezioso pascolo rischiano di sparire nella più totale connivenza delle autorità locali. Già alcuni uliveti secolari son stati intaccati paesaggisticamente da alcuni impianti e per questi si chiede l’intervento forte e urgente della Provincia e della Polizia Provinciale!”. Nuova Messapia da anni si occupa della valorizzazione, tutela, studio e promozione delle ricchezza culturali e ambientali della Città di Soleto, quanto sta avvenendo mortifica e vanifica l’attività di anni! “L’ubicazione dei pannelli fotovoltaici nei campi, nelle aree di naturalità e nei preziosi pascoli ricchissimi di biodiversità, è un attentato all’identità e all’anima del Salento, un reato la cui gravità etica va al di là di qualsiasi attuale tentativo di giustificazione legislativa”, ha detto Oreste Caroppo, presidente del movimento per “La Rinascita del Salento” e membro del Coordinamento Civico di Maglie, “se da un lato una iniqua legge regionale sta consentendo questa follia, dall’altro i comuni hanno il dovere di difendersi con regolamenti e imponendo il divieto di ubicazione di pannelli nei campi e pascoli, e tra gli uliveti. Il fotovoltaico va istallato su superfici biologicamente morte, come i tetti dei capannoni industriali, di case, edifici pubblici e privati, scuole, edifici sportivi e caserme, tettoie di parcheggi; al suolo, solo in aree industriali. Il carico in termini di inquinamento elettromagnetico, causa di tumori, provocato da tutti questi impianti industriali d’energia rinnovabile e dagli elettrodotti e cabine elettriche di trasformazione ad essi collegati, rappresenta un fattore di rischio volutamente e criminosamente sottaciuto, così i danni di desertificazione e al locale clima, che la sostituzione dei nostri prati, colture e pascoli erbosi, con diserbati sabbiosi deserti di pannelli, provocherà, costituiscono una violenza che nessun buon salentino può tollerare e avallare oltre! Est modus in rebus, “ci vuole misura nelle cose” dicevano i latini, così anche per un uso sano delle energie rinnovabili, ma nella solitudine della Città di Soleto, e del Salento tutto, questa misura si è smarrita del tutto! Dobbiamo tutti insieme, e al più presto, ritrovarla!”.

Cronaca

Soleto e Galatina, il Biometano della discordia

Opposizioni e ambientalisti si inalberano. Il sindaco Graziano Vantaggiato: «Allarmismo e illazioni, per noi ambiente è priorità». Mal di pancia anche a Galatina

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A Soleto (ed anche a Galatina) non si dormono sonni tranquilli da quando è salito all’ordine del giorno il progetto per la realizzazione di un impianto di digestione anaerobica per il trattamento di rifiuti speciali non pericolosi per la produzione di biometano.

Una struttura da ubicarsi nella zona industriale dei due comuni (per la precisione sul territorio soletano) per la lavorazione di 40mila tonnellate annue del cosiddetto FORSU (Frazione Organica del Rifiuto Solido Urbano).

Il tema è oggi dibattutissimo nei due centri, paradossalmente in un momento in cui la possibilità di vederlo sorgere è minata da una scadenza già non rispettata.

Per ripartire dal principio (quantomeno dal punto di vista burocratico) dobbiamo tornare indietro sino allo scorso anno.

È il 12 dicembre quando il CdA dell’ASI (Area di Sviluppo Industriale) delibera la preassegnazione alla ditta Forenergy srl dei lotti richiesti per la realizzazione dell’impianto, per un totale di 41mila metri quadrati (lotto nr. 143, 145, 148, 149, 159, 160, 161 e 209).

Nel documento viene indicato un termine di sei mesi per acquisire parere del servizio tecnico e rilascio dei relativi nullaosta, trascorsi i quali la preassegnazione decade.

La scadenza non viene rispettata e passa quasi un anno, ma pubblicamente ancora non se ne parla fino a quando, poche settimane fa, l’8 ottobre scorso, viene convocata in Provincia una Conferenza dei Servizi sul tema.

La polveriera esplode mentre al tavolo di Palazzo dei Celestini, con le autorità competenti, siedono (in modalità telematica) la Forenergy srl; Arpa Puglia, l’Asl di Lecce, l’ASI di Lecce, il sindaco ed il vicesindaco di Soleto e, in qualità di uditore, l’Associazione “Coordinamento Civico Ambiente e Salute della provincia di Lecce”. Manca il Comune di Galatina che aveva inviato, vanamente, una diffida per non essere stato invitato, ritenendosi “comune interessato”: in linea d’aria, i lotti sono più vicini all’abitato galatinese che a quello soletano.

A dare fuoco alle polveri è la sezione del PD di Soleto che diffonde un volantino in cui informa la cittadinanza della seduta.

Parte qui l’escalation di preoccupazione, accentuata dal silenzio che nei mesi trascorsi avrebbe fatto da contorno all’iter: le comunità di Soleto e Galatina si allarmano mentre iniziano le schermaglie tra il sindaco di Soleto Graziano Vantaggiato e la minoranza del consiglio comunale. A quattro consiglieri di quest’ultimo si uniscono sei consiglieri di minoranza di Galatina, per firmare una nota con cui chiedono all’ASI la decadenza dalla preassegnazione e dall’autorizzazione alla realizzazione dell’impianto.

I cittadini, intanto, si interrogano sull’opportunità dell’opera (è necessaria? Che vantaggi porta? È sovradimensionata?) e sui potenziali rischi che comporterebbe (dalle emissioni di polveri a quelle odorifere, passando per le ricadute legate al transito dei mezzi ed agli scarti da essi trasportati).

La popolazione, già vessata negli anni dalla mal digerita presenza di altri grandi stabilimenti in zona (uno su tutti il caso del cementificio Colacem, da sempre oggetto di grandi battaglie ambientalistiche), ripone grande attenzione sul tema.

Lo racconta il consiglio comunale monotematico di Soleto, seguito con grande interesse dalla cittadinanza.

Dal canto suo, la nascita dell’impianto porterebbe alla tanto agognata e quasi mai realizzata chiusura del ciclo dei rifiuti in loco.

Prima però, chiedono le minoranze, si approfondisca. Intanto, la Conferenza dei Servizi di ottobre è stato un passaggio dirimente ma non risolutivo. Mancano una mezza dozzina di pareri degli enti preposti prima di potersi attendere nuovi passi avanti.

«OPERA SOVRADIMENSIONATA»

Missiva indirizzata all’ASI, i dieci firmatari (Ancora, De Pascalis, E. Miceli e G. Miceli di Soleto, con Amante, Antonaci, A. Antonica , S. Antonica, Mariano e Tundo di Galatina) hanno chiesto che «si valuti la possibilità di non procedere con celerità e a deliberare un’ulteriore nuova preassegnazione fino a che le comunità di Galatina e Soleto non abbiano compiuto un democratico coinvolgimento dei cittadini, delle associazioni e degli altri eventuali stakeholders».

Così il capogruppo di minoranza di Soleto Gabriele Miceli, candidato sindaco dell’ultima tornata elettorale con Soleto si può: «Non condividiamo questo agire politico. Noi abbiamo sempre messo in primo piano trasparenza e partecipazione. Il dibattito deve essere quanto più ampio possibile, dove ognuno può e deve fare la sua parte. Progetti del genere richiedono programmazione, in modo da discutere tutti insieme sulle reali opportunità e soprattutto su alternative più sostenibili. Crediamo che questo sia un impianto sovradimensionato, che va ben oltre il fabbisogno locale. È un’opera imprenditoriale che ruota attorno al digestato prodotto e alla produzione di energia. Non sono questi i modelli di sostenibilità ambientale sul tema dei rifiuti».

Una frecciatina poi al sindaco Vantaggiato: «Grazie al consiglio monotematico da noi richiesto è emerso che la posizione dell’attuale amministrazione è confusa, poco chiara e non perfettamente allineata».

Il riferimento è (anche) alla decisione del consigliere Remo Cagnazzo che, pur restando nella maggioranza, dopo aver appreso della presenza del sindaco alla Conferenza dei Servizi ha rassegnato le sue dimissioni da capogruppo di Per Soleto.

L’Assise di Soleto del 29 ottobre: seduta straordinaria per l’impianto di digestione anaerobica per il trattamento di rifiuti e produzione di biometano

«ALLARMISMO E ILLAZIONI»

Il sindaco di Soleto Graziano Vantaggiato

Da qui ripartiamo nel parlare della questione col primo cittadino di Soleto, Graziano Vantaggiato.

Sindaco, che lettura dà della decisione del consigliere Cagnazzo?

«È una chiave di lettura che ha voluto dare ai suoi elettori, mandando loro un segnale politico forte, vista la loro posizione ben strutturata sull’impianto. Ma con la maggioranza non vi è alcun problema: ha preso parte alle sedute successive e vi resta a tutti gli effetti».

Cosa si sente di dire, invece, a coloro che manifestano preoccupazione per la realizzazione dell’impianto?

«Partirei innanzitutto dalla chiarezza. La documentazione sin qui vagliata parla di impianto di compostaggio, mentre la dialettica spesso ha messo in gioco termini non appropriati, come “discarica”, “inceneritore”, “termovalorizzatore” o “biomasse”. Sono realtà ben differenti e confonderle può generare allarmismo».

Pensa che la minoranza stia utilizzando anche questa strada?

«La presa di posizione della minoranza è priva di motivazioni tecniche, pertanto al momento è assolutamente strumentale. Basti pensare che alcuni anni fa avevano proposto loro un impianto di questo tipo, dimostrandosi quindi più che favorevoli alla sua realizzazione».

Non concorda con l’idea che il mancato coinvolgimento della cittadinanza in un iter di questo tipo possa creare dei sospetti coni d’ombra?

«I coni d’ombra sono accuse senza fondamento. Illazioni che non posso accettare. Anche perché tutti potevano e dovevano sapere della proposta progettuale, che non era nascosta a nessuno. Detto ciò, sulla questione oggi non c’è ancora nulla da discutere pubblicamente. È chiaro si possano avere pensieri divergenti in merito e che, nel caso in cui questo progetto andasse avanti, si dovrebbe lavorare per trovare un giusto equilibrio tra l’idea del proponente e le necessità del territorio. Ma al momento esiste solo una proposta progettuale, la cui approvazione ed autorizzazione non è peraltro responsabilità del Comune di Soleto».

Se il progetto andasse in porto, quali sarebbero i benefici che ne potrebbe trarre questo territorio?

«Qualora fosse realizzato, andando quindi a rispettare tutte le condizioni di sicurezza di natura ambientale, un impianto del genere dovrebbe necessariamente avere delle ricadute positive. Tre su tutte: in primis l’abbassamento dei costi di conferimento dei rifiuti; in termini ambientali, poi, porterebbe alla chiusura in loco del ciclo dei rifiuti; sul piano dell’impiego, infine, porterebbe senz’altro dei posti di lavoro sul territorio. Al netto di ciò, la priorità resta il rispetto dell’ambiente. Su questo vigileremo: sappiamo bene di non poter sacrificare questo principio per dei benefici di natura economica».

LE PERPLESSITÀ DEGLI AMBIENTALISTI

Tra i contrari alla realizzazione dell’impianto vi sono comitati ed associazioni ambientaliste del territorio. Coordinamento Civico Ambiente e Salute Prov. di Lecce, NoiAmbiente e Beni Culturali di Noha e Galatina, Nuova Messapia, Associazione Italiana Medici per l’Ambiente – ISDE Italia – sez. di Lecce, Naturalmente No Rifiuti e Galatone Bene Comune hanno risposto alle nostre sollecitazioni, raccogliendo le loro perplessità in una nota congiunta.

«La provincia di Lecce presenta da anni una situazione ambientale e sanitaria di estrema gravità emersa da asseverati studi epidemiologici, dall’Istituto Superiore di Sanità e dai dati pubblicati dal Registro Tumori Puglia Salute, che riguardano la Provincia di Lecce, in particolare il Distretto di Galatina definita “Area cluster”, tanto da risultare, la città con i picchi di patologie tumorali più alti rispetto agli altri comuni del circondario.

In Provincia di Lecce si sono registrate, negli ultimi anni, svariate autorizzazioni da parte degli enti preposti per impianti di trattamento dei rifiuti speciali, con capacità complessiva di gran lunga superiore alle necessità locali, tali da connotare il Salento leccese come un grosso polo di rifiuti speciali e pericolosi.

Tra Galatina/Soleto, si concentrano numerosi opifici industriali insalubri. La quantità dei rifiuti ad oggi in gestione, giunge a circa 800.000 t/anno creando impatti cumulativi non approfonditi a dovere incidendo pesantemente sulle matrici ambientali, acqua, aria, terra e, quindi, sulla salute dei cittadini.

In questo quadro sconfortante si aggiungono le richieste di nuovi impianti industriali per la produzione di biogas da rifiuti organici e speciali. Come, per esempio, e non ancora l’ultimo Forenergy srl, che presenta forti criticità già nella fase progettuale come evidenziato con osservazioni da parte delle associazioni: scorrendo gli elaborati appare subito evidente come non tratti solo di “rifiuti solidi urbani”, provenienti cioè dalla raccolta differenziata urbana, ma anche da una nutrita serie di rifiuti speciali; nel progetto emerge una forte indeterminazione dei rifiuti destinati all’impianto. Il rischio concreto è che dall’autorizzazione ottenuta per un impianto di trattamento della FORSU (rifiuti urbani), si giunga poi a gestire, a discrezione, unicamente rifiuti speciali. Aggravando la già pesante connotazione del comprensorio di Galatina quale concentrazione di impianti di gestione dei rifiuti speciali. Questo in una annosa carenza di una corretta programmazione regionale.

Il biogas, poi, non è “economia circolare” che, com’è noto, definisce un complesso di relazioni produttive in cui i prodotti di scarto o rifiuto di una attività diventano materia prima di un’altra. Infatti, proprio la Comunità Europea con la Direttiva 2008/98/CE stabilisce che il recupero di materia sia prioritario rispetto al recupero di energia. Il trattamento anaerobico ha come attività prevalente il recupero energetico e questo è dimostrato dalle analisi dei bilanci di massa standard di un impianto anaerobico. Venendo ai rischi per la salute, va ricordato che il digestato fatto di rifiuti fermentati in questi impianti attraverso la “digestione anaerobica” (in assenza d’aria) è risaputo avere potenzialmente impatti significativi sull’ambiente e sulla salute umana in relazione al possibile contenuto di sostanze tossiche. In particolare, si possono trovare concentrazioni pericolose di metalli pesanti, che verrebbero trasferiti ai campi coltivati con relative conseguenze sanitarie. Va detto infine che, se l’obiettivo è gestire la frazione organica domestica dei rifiuti, le alternative ci sono e sono adottabili sin da subito, dal compostaggio domestico e agricolo alla compostiera di comunità aerobica. L’esempio eclatante è la compostiera di comunità attiva da qualche anno a Melpignano».

Lorenzo Zito

* Impianto di biometano: l’immagine in evidenza è puramente indicativa e realizzata con l’ausilio dell’intelligenza artificale

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Approfondimenti

Costruire salentino, come eravamo

Giuseppe Maria Costantini, Conservatore-Restauratore di Beni Culturali: dalle coperture ai soffitti interni, dagli intonaci ai pavimenti interni ed esterni, dalla “suppinna” alla “loggia”: i caratteri tradizionali tipizzanti dell’edilizia salentina

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di Giuseppe Maria Costantini

(Conservatore-Restauratore di Beni Culturali)

Mi si chiede: «Se qualcuno volesse costruire un’abitazione secondo i canoni della tradizione salentina cosa dovrebbe fare? Quali sono gli aspetti più caratteristici e tipizzanti?».

Le abitazioni del Salento sono sempre state alquanto eterogenee in relazione alla condizione socio-economica e culturale dei loro abitanti, così caratterizzando i vari paesi e quartieri urbani, anche vicinissimi tra loro, inoltre, sono molto cambiate nel corso dei secoli, anche in breve tempo quando ce ne fosse un’importante condizionamento esterno.

Basti considerare che nel Salento, almeno fino al sedicesimo secolo, tutte le coperture degli edifici erano costituite da tetti spioventi e tegole in terracotta, come nel resto d’Italia.

Tra l’altro, la copertura esterna a spioventi corrispondeva largamente a soffitti interni in legno, sia lasciati a vista sia nascosti da incannucciate ricoperte da intonaci a stucco, come nel resto d’Italia.

Tale lunghissima “stagione dei tetti” vedeva anche pavimenti interni che, dove non fossero un umile battuto di terra, erano frequentemente in legno, nudo o variamente rifinito, oppure in terracotta, nuda o financo maiolicata; l’impiantito in pietra era destinato in prevalenza agli spazi esterni, o aperti, nonché a rimesse e opifici.

Tornando alla questione posta: come e più del resto d’Italia, nel Salento il consumo del suolo, dal secondo dopoguerra del Novecento a oggi, è stato enormemente maggiore che dalla preistoria allo stesso secondo dopoguerra; pertanto, non si dovrebbe più consumare neppure un metro-quadrato di terreno agricolo o naturale per costruire checchessia.

Ciò detto, innumerevoli edifici dell’ultimo secolo, privi di particolari valenze storiche o artistiche, necessiterebbero di importanti interventi “di costruzione”.

Si tratta di edifici variamente inefficaci in fatto di materiali di cui sono costituiti, di caratteri strutturali-statici, oppure affatto indecenti in termini di funzionalità, e/o di forma e di aspetto.

In altre parole, le tante costruzioni inadeguate e brutte che ci circondano dovrebbero essere radicalmente demolite e, ove necessario, ricostruite in termini idonei, o, se possibile e opportuno, parzialmente manomesse, recuperandone quanto già idoneo e sostituendone quanto inidoneo.

Che siano totali o parziali, è essenziale che tali auspicabili rigenerazioni tengano nella massima considerazione i caratteri tradizionali e tipizzanti del Salento, anzi, in particolare, che siano armoniche al centro abitato, o alla località di campagna, cui appartengono.

Il nostro grande intellettuale e poeta Vittorio Bodini, in Foglie di tabacco (1945-47), tipizza fantasticamente un carattere cardinale delle abitazioni pugliesi e salentine: « le case di calce da cui uscivamo al sole come numeri dalla faccia di un dado».

Tuttavia, neppure l’imbiancatura in bianco vale per ogni località: molti centri abitati, costieri e no, erano caratterizzati da prevalenti imbiancature di calce addizionata a pigmento, fino a ottenerne colori pastello, rosa, ocra gialla, azzurro, turchese, verde, ne era un esempio emblematico Gallipoli.

Perchè spellare le case?

Ne parlo al passato perché negli ultimi decenni è invalsa la deleteria moda di spellare le nostre abitazioni, fino a mostrarne l’orditura muraria in pietra, come si trattasse di un edificio non terminato.

Infatti, restando ai caratteri tradizionali tipizzanti: le abitazioni salentine, dalla più umile al palazzo nobiliare, quando edificate fino a conclusione, all’esterno e all’interno, erano immancabilmente intonacate o, comunque, rifinite con uno strato superficiale, quale rivestimento tradizionale del materiale lapideo costruttivo, con valenze funzionali ed estetiche, e ciò riguardava persino cantine e stalle.

Oltre alle coperture esterne a terrazza, destinate a convogliare le acque piovane nelle cisterne, un altro carattere tipizzante delle nostre abitazioni era la presenza di spazi interni aperti: ortali, giardini, cortili al piano terreno; al piano superiore: terrazze complanari, terrazze soprastanti, spesso dotate di suppinna o attico, nonché verande, balconi e balconcini.

In particolare, le facciate, anche quando di dimensioni contenute, tendevano ad avere uno spazio aperto protetto: portico, loggia, o loggetta a serliana.

Il colore degli infissi

Similmente alle murature, che dovrebbero mostrarsi sempre vestite, anche gli infissi, secondo tradizione, non mostrano mai il loro legno a vista, neppure quando pregiato.

Il colore degli infissi, come quello delle imbiancature tradizionali, era largamente condizionato dalla tradizione della località.

Certamente per le porte e i portoni, o le persiane, il colore più tipizzante era il verde (in infinite tonalità locali, più o meno scure), o, soprattutto per le località costiere, l’azzurro; seguono le tonalità del bruno-grigio.

A ogni modo, lontano dall’avere svolto questo interessante e poliedrico tema, spero di avere stimolato la vostra attenzione e rispetto per la conservazione e il recupero delle nostre tradizioni costruttive e del nostro bel paesaggio.

GIUSEPPE MARIA COSTANTINI

Conservatore-Restauratore di Beni Culturali.

Possiede numerose specializzazioni, tra cui superfici dell’architettura.

Lungamente ricercatore e docente di Restauro per l’Università di Bologna, oltreché per altri prestigiosi enti nazionali.

Su diretto invito del dirigente Arch. Piero Cavalcoli (Urbanista), ha partecipato all’elaborazione del DRAG della Regione Puglia (Schema di Documento Regionale di Assetto Generale).

*Nella foto in alto, Specchia da “I Borghi più belli d’Italia”

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Cronaca

Impianto biometano: consiglio comunale monotematico a Soleto

Il sindaco Graziano Vantaggiato ha disposto la convocazione dell’assise in seduta pubblica straordinaria. Sarà presente anche una delegazione del M5S, con in testa il deputato galatinese e coordinatore regionale Leonardo Donno

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Mobilitazione per l’annunciato progetto di un impianto di gestione anaerobica per il trattamento di rifiuti speciali non pericolosi con produzione di biometano, da realizzare nella zona industriale Galatina-Soleto.

Il sindaco di Soleto Graziano Vantaggiato

Intanto il sindaco di Soleto Graziano Vantaggiato ha disposto la convocazione del Consiglio comunale in seduta pubblica straordinaria.

La questione sta destando non poche polemiche sia a Soleto che a Galatina con molte associazioni che stanno provando mettersi di traverso, ritenendo quell’impianto non sicuro.

L’assise è stata convocata per domani, martedì 29 ottobre, alle 19.

Sarà presente una delegazione del Movimento 5 Stelle con il deputato e coordinatore regionale Leonardo Donno, il consigliere regionale Cristian Casili, il coordinatore provinciale Iunio Valerio Romano, il consigliere provinciale Antonio Tramacere, il consigliere comunale di Galatina Antonio Antonaci, la rappresentante del Gruppo Territoriale di Galatina e Aradeo Stefania Notaro.

Il M5S contesta la «poca trasparenza» e si oppone, al fianco dei cittadini e delle associazioni di Galatina e Soleto, all’istallazione di «questo nuovo stabilimento che, con la sua presenza ed il suo impatto ambientale, si andrebbe a cumulare a quelli già gravanti sul territorio e alle emissioni prodotte da altri stabilimenti industriali».

«Il nostro territorio», sottolineano, «deve evolvere verso la creazione e l’implementazione di attività produttive che esaltino le peculiarità e impieghino le risorse del territorio stesso, in maniera ecosostenibile e rispettosa dell’ambiente e della salute delle persone».

 

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