Taurisano
Antonio Scarlino: “Operazione rilancio”
Candidato al “con Monti per l’Italia”: “Se eletto, rappresenterò il Basso Salento e i suoi bisogni. Amo questa terra, qui sono le mie radici e il mio futuro, qui voglio continuare a vivere, a lavorare, a dare lavoro”
Come mai hai scelto di candidarti?
Sono un imprenditore e provengo da una meravigliosa e numerosa famiglia di Taurisano, che conta 120 nipoti e dà lavoro a più di 600 persone. Siamo fortemente radicati sul territorio e da sempre impegnati a creare valore. Io conosco questa terra e le problematiche del lavoro e dell’economia che la riguardano. Sono problematiche che ho vissuto sulla pelle mia e dei miei operai. Oggi vedo il Paese impoverito e che necessita di un rilancio. Ho maturato, operando in Confindustria, esperienze e competenze di alto livello nel campo socio-economico, e penso che questo sia il momento per me di spenderle affrontando la situazione e dando il mio contributo.
Cosa ti ha convinto della lista Monti?
Mi sono reso conto che c’è bisogno di un taglio netto nel modo di gestire la vita del Paese. Mi piace la prospettiva di sottrarre la Cosa pubblica ai politicanti di mestiere e di affidarla a persone oneste, competenti, che abbiano capacità di visione e orizzonti ampi.
In che modo ritieni utile per il Salento la tua presenza in Parlamento?
Io sono salentino, qui sono cresciuto e mi sono formato a stretto contatto con operai e imprenditori, dei quali conosco e condivido difficoltà e aspettative. La mia attività lavorativa mi ha portato anche a confrontarmi con altre realtà imprenditoriali in Italia e all’estero. Ho maturato competenza e consapevolezza di ciò che occorre al sistema Paese per consentire l’internazionalizzazione delle attività produttive nel rispetto dei localismi. Se voi voterete la Lista Monti, e io sarò eletto, rappresenterò il Basso Salento e i suoi bisogni. D’altronde io sono uno dei due soli candidati del Basso Salento. Amo questa terra, qui sono le mie radici e il mio futuro, qui voglio continuare a vivere, a lavorare, a dare lavoro. Qui voglio far crescere mia figlia, Giulia, appena nata, e i figli di tutti i salentini, in condizioni di benessere e di equità sociale.
Cosa credi di poter fare concretamente per il Salento?
Farò delle proposte che saranno utili al Salento e all’Italia tutta. Ritengo prioritaria la riduzione del prelievo fiscale complessivo, in particolare quello che grava su lavoratori e impresa. Naturalmente la mia attenzione è rivolta prevalentemente al Salento. Noi siamo penalizzati dalla nostra marginalità territoriale e dalla carenza di infrastrutture. Credo sia necessaria, per superare questi ostacoli, l’introduzione di alcuni automatismi, come il credito di imposta. Gli imprenditori salentini non vogliono finanziamenti o contributi, non vogliono assistenzialismo: chiedono solo di poter lavorare alle stesse condizioni di quelli che operano in centro e nord Italia. Assumere dei dipendenti e poter utilizzare in modo automatico il credito previsto dalla legge, senza necessità di intermediazioni, già basterebbe a ridare slancio all’economia.
Consapevole che il mio territorio, il Salento, è un luogo a vocazione turistica, perseguirò l’adozione di normative che tutelino e incrementino il nostro patrimonio artistico, paesaggistico e culturale, integrato con l’enogastronomia e le tipicità locali, in modo da rendere più allettante la nostra offerta turistica. Un’altra questione che mi sta a cuore è la disparità di finanziamenti tra le Università. Proporrò che si definisca un contributo standard, uguale per tutti gli studenti meritevoli, indipendentemente dall’ubicazione dell’Ateneo e dal suo contributo “storico”, parametri che favoriscono alcuni Atenei e penalizzano quelli, come l’Università del Salento, di più recente istituzione.
Qual è il tuo personale appello agli elettori della Puglia?
Proposte, non proteste. Dobbiamo cambiare, vogliamo cambiare. So di poter contribuire a questo cambiamento. Se credete che io possa essere utile, votate Scelta civica. Porterete in Parlamento un salentino capace e soprattutto onesto.
Cronaca
Ancora un doppio incendio d’auto a Taurisano
Due vetture distrutte dalle fiamme attorno alle 4:30. Si indaga
È successo ancora: altre due auto sono state distrutte nottetempo dalle fiamme a Taurisano.
Un altro episodio di sospetto dopo a distanza di appena una settimana.
Poco prima dell’alba di oggi, attorno alle 4:30, si è reso necessario l’intervento del Distaccamento dei Vigili del Fuoco di Tricase per domare l’incendio che ha avvolto due auto parcheggiate in contrada Marasculi, periferia del paese, ad una distanza l’una dall’altra di pochi metri.
È la violenza del rogo ad insospettire: le macchine, una Fiat Bravo ed una Fiat Punto, sono andate completamente distrutte.
Lo scorso 11 novembre, sempre in orario notturno, furono date alle fiamme altre due vetture, in quel caso la distanza tra i due incendi era di circa un chilometro ma di pochi minuti sulla linea temporale.
Un fenomeno purtroppo non nuovo in paese su cui le forze dell’ordine indagano. Stanotte, sul posto, sono intervenuti i poliziotti del locale Commissariato.
Cronaca
Due incendi d’auto nel giro di pochi minuti a Taurisano
Distrutte tre auto da due roghi distanti un chilometro tra loro
Nella mattinata di oggi, 11 novembre, due squadre dei Vigili del Fuoco del Comando Provinciale di Lecce, provenienti dai distaccamenti di Tricase e Gallipoli, sono intervenute per due distinti incendi che hanno coinvolto un totale di tre autovetture nel comune di Taurisano, a distanza di pochi minuti.
Il primo, attorno alle ore 04:20, ha interessato una Fiat Panda e una Renault Clio, parcheggiate in via Sandro Pertini, ad una distanza di circa 20 cm l’una dall’altra.
Poco dopo, alle ore 04:30, un secondo incendio ha coinvolto una Fiat Multipla parcheggiata in via G. Caracciolo. Le fiamme si sono propagate fino al portone d’ingresso e al balcone del primo piano dell’abitazione adiacente.
I due luoghi distano poco meno di un chilometro, pochi minuti di strada in macchina. Ma al momento non è dato sapere se la presunta mano dietro l’accaduto sia la stessa in entrambi in casi.
L’azione dei Vigili del Fuoco ha impedito ulteriori danni a persone e cose, garantendo la sicurezza dell’area circostante.
Sul posto sono intervenuti anche i Carabinieri della stazione di Taurisano e il personale del 118 per prestare soccorso ad una persona colta da malore.
Approfondimenti
Costruire salentino, come eravamo
Giuseppe Maria Costantini, Conservatore-Restauratore di Beni Culturali: dalle coperture ai soffitti interni, dagli intonaci ai pavimenti interni ed esterni, dalla “suppinna” alla “loggia”: i caratteri tradizionali tipizzanti dell’edilizia salentina
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di Giuseppe Maria Costantini
(Conservatore-Restauratore di Beni Culturali)
Mi si chiede: «Se qualcuno volesse costruire un’abitazione secondo i canoni della tradizione salentina cosa dovrebbe fare? Quali sono gli aspetti più caratteristici e tipizzanti?».
Le abitazioni del Salento sono sempre state alquanto eterogenee in relazione alla condizione socio-economica e culturale dei loro abitanti, così caratterizzando i vari paesi e quartieri urbani, anche vicinissimi tra loro, inoltre, sono molto cambiate nel corso dei secoli, anche in breve tempo quando ce ne fosse un’importante condizionamento esterno.
Basti considerare che nel Salento, almeno fino al sedicesimo secolo, tutte le coperture degli edifici erano costituite da tetti spioventi e tegole in terracotta, come nel resto d’Italia.
Tra l’altro, la copertura esterna a spioventi corrispondeva largamente a soffitti interni in legno, sia lasciati a vista sia nascosti da incannucciate ricoperte da intonaci a stucco, come nel resto d’Italia.
Tale lunghissima “stagione dei tetti” vedeva anche pavimenti interni che, dove non fossero un umile battuto di terra, erano frequentemente in legno, nudo o variamente rifinito, oppure in terracotta, nuda o financo maiolicata; l’impiantito in pietra era destinato in prevalenza agli spazi esterni, o aperti, nonché a rimesse e opifici.
Tornando alla questione posta: come e più del resto d’Italia, nel Salento il consumo del suolo, dal secondo dopoguerra del Novecento a oggi, è stato enormemente maggiore che dalla preistoria allo stesso secondo dopoguerra; pertanto, non si dovrebbe più consumare neppure un metro-quadrato di terreno agricolo o naturale per costruire checchessia.
Ciò detto, innumerevoli edifici dell’ultimo secolo, privi di particolari valenze storiche o artistiche, necessiterebbero di importanti interventi “di costruzione”.
Si tratta di edifici variamente inefficaci in fatto di materiali di cui sono costituiti, di caratteri strutturali-statici, oppure affatto indecenti in termini di funzionalità, e/o di forma e di aspetto.
In altre parole, le tante costruzioni inadeguate e brutte che ci circondano dovrebbero essere radicalmente demolite e, ove necessario, ricostruite in termini idonei, o, se possibile e opportuno, parzialmente manomesse, recuperandone quanto già idoneo e sostituendone quanto inidoneo.
Che siano totali o parziali, è essenziale che tali auspicabili rigenerazioni tengano nella massima considerazione i caratteri tradizionali e tipizzanti del Salento, anzi, in particolare, che siano armoniche al centro abitato, o alla località di campagna, cui appartengono.
Il nostro grande intellettuale e poeta Vittorio Bodini, in Foglie di tabacco (1945-47), tipizza fantasticamente un carattere cardinale delle abitazioni pugliesi e salentine: «… le case di calce da cui uscivamo al sole come numeri dalla faccia di un dado».
Tuttavia, neppure l’imbiancatura in bianco vale per ogni località: molti centri abitati, costieri e no, erano caratterizzati da prevalenti imbiancature di calce addizionata a pigmento, fino a ottenerne colori pastello, rosa, ocra gialla, azzurro, turchese, verde, ne era un esempio emblematico Gallipoli.
Perchè spellare le case?
Ne parlo al passato perché negli ultimi decenni è invalsa la deleteria moda di spellare le nostre abitazioni, fino a mostrarne l’orditura muraria in pietra, come si trattasse di un edificio non terminato.
Infatti, restando ai caratteri tradizionali tipizzanti: le abitazioni salentine, dalla più umile al palazzo nobiliare, quando edificate fino a conclusione, all’esterno e all’interno, erano immancabilmente intonacate o, comunque, rifinite con uno strato superficiale, quale rivestimento tradizionale del materiale lapideo costruttivo, con valenze funzionali ed estetiche, e ciò riguardava persino cantine e stalle.
Oltre alle coperture esterne a terrazza, destinate a convogliare le acque piovane nelle cisterne, un altro carattere tipizzante delle nostre abitazioni era la presenza di spazi interni aperti: ortali, giardini, cortili al piano terreno; al piano superiore: terrazze complanari, terrazze soprastanti, spesso dotate di suppinna o attico, nonché verande, balconi e balconcini.
In particolare, le facciate, anche quando di dimensioni contenute, tendevano ad avere uno spazio aperto protetto: portico, loggia, o loggetta a serliana.
Il colore degli infissi
Similmente alle murature, che dovrebbero mostrarsi sempre vestite, anche gli infissi, secondo tradizione, non mostrano mai il loro legno a vista, neppure quando pregiato.
Il colore degli infissi, come quello delle imbiancature tradizionali, era largamente condizionato dalla tradizione della località.
Certamente per le porte e i portoni, o le persiane, il colore più tipizzante era il verde (in infinite tonalità locali, più o meno scure), o, soprattutto per le località costiere, l’azzurro; seguono le tonalità del bruno-grigio.
A ogni modo, lontano dall’avere svolto questo interessante e poliedrico tema, spero di avere stimolato la vostra attenzione e rispetto per la conservazione e il recupero delle nostre tradizioni costruttive e del nostro bel paesaggio.
GIUSEPPE MARIA COSTANTINI
Conservatore-Restauratore di Beni Culturali.
Possiede numerose specializzazioni, tra cui superfici dell’architettura.
Lungamente ricercatore e docente di Restauro per l’Università di Bologna, oltreché per altri prestigiosi enti nazionali.
Su diretto invito del dirigente Arch. Piero Cavalcoli (Urbanista), ha partecipato all’elaborazione del DRAG della Regione Puglia (Schema di Documento Regionale di Assetto Generale).
*Nella foto in alto, Specchia da “I Borghi più belli d’Italia”
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