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Attualità

Cappilli calcestruzzi, 50 anni e non sentirli

Rocco Cappilli: “Fino al 2006/2007 il fatturato globale era di dieci milioni di euro circa, oggi è più o meno la metà. I dipendenti erano 45, oggi sono 25”. Comunque numeri importanti.

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ESCLUSIVA


L’azienda ora produce e commercializza anche manufatti per l’edilizia conformi alle normative vigenti, per garantire durevolezza nel tempo e alta resistenza ai carichi statici. Alla ditta è stata conferita la certificazione FPC ovvero il Sistema di Controllo del Processo Produttivo, come riconoscimento della notevole professionalità con cui da sempre opera e sempre con grande attenzione nell’ambito della sicurezza.


Vasta è la gamma di articoli che l’impresa propone, tra cui: il calcestruzzo beton, a resistenza e preconfezionato, il cemento armato, i prodotti di cava, gli inerti e i materiali chimici per le costruzioni. La ricca offerta comprende, altresì, i manufatti in fibrocemento, le forniture per i lavori pubblici, i pavimenti in calcestruzzo e di tipo industriale.


Un’equipe aziendale esperta e qualificata si pone a completa disposizione dei clienti per accogliere le loro richieste e per suggerire le soluzioni che meglio soddisfano le loro esigenze. A settembre l’azienda si occuperà anche della distribuzione di materiali ferrosi, mattoni incremento, travi per poter offrire ai clienti il prodotto completo per la costruzione di una casa. L’azienda è un importante punto di riferimento non solo per i privati, ma anche per le società operanti nel settore edilizio che cercano un interlocutore serio, affidabile e in grado di fornire materiali di elevata qualità. Alla A. Cappilli Calcestruzzi ci si può rivolgere, inoltre, per richiedere servizi di betonaggio e di pompaggio di calcestruzzo in cantiere.


L’intervista


L’azienda”, ripercorre la storia Rocco Cappilli, “è nata ufficialmente nel 1967. Prima, come si usava fare all’epoca, si individuava un sito e si iniziava a lavorare. Poi quando arrivava la “guardia” ti dava i famosi sessanta giorni di tempo per mettersi a posto”. Una burocrazia quasi fai da te ben diversa da quello che impone oggi.


L’avvio ufficiale dell’attività però”, ribadisce Cappilli, “è quello del 1967. Iniziò mio nonno Luigi insieme al mio papà Antonio che, nonostante fosse giovanissimo, dovette in pratica portare avanti la baracca perché il nonno, classe 1899, era in guerra ed è stato anche prigioniero in Africa. Ha iniziato con un compressore a scavare pozzi e cisterne, poi si è comprato un camion e, come un moderno autotrasportatore, caricava tufi meloni e quant’altro gli venisse richiesto. Quando mio nonno è tornato dalla guerra, insieme hanno individuato la cava (di circa 30 ettari) sulla via di Acquarica del Capo dove è iniziata e prosegue la storia della Cappilli Calcestruzzi”.

Ovviamente a quei tempi non vi erano tutti gli strumenti a disposizione oggi e “quando incontro alcuni dei vecchi dipendenti”, sorride Rocco, “mi raccontano come da ragazzini avessero scavato con le mani, la mazzetta e il piccone. All’inizio erano 4-5 dipendenti per una produzione di due-tre traini di sabbia e breccia al giorno (oggi la produzione media è di circa 900 metri cubi al giorno). Anche le pietre venivano macinate manualmente. Nel corso degli anni papà ha iniziato ad investire e, poiché, è molto tenace ha sempre raggiunto gli obiettivi che si è prefissato”.


L’azienda ha proseguito a crescere con la nuova generazione: “Siamo quattro figli”, racconta Rocco, “io sono il primogenito, poi ci sono i miei fratelli Ippazia, Fiorenzo e Lucia. Papà ha voluto che a noi maschietti, finito il ciclo di studi, toccasse portare avanti le sorti dell’azienda, mentre Ippazia e Lucia hanno proseguito gli studi universitari e proseguito per una via diversa”. Sino al 2004 l’azienda era ancora una ditta individuale “poco consona alle dimensioni raggiunte è così abbiamo deciso di trasformarla in una Srl, con un capitale di tre milioni di euro interamente versarti. In quell’occasione papà ha ritenuto di affidare il 45% dell’azienda al sottoscritto, un altro 45% a mio fratello e tenere per se il 10% e il ruolo di amministratore”.


Circa tre mesi fa l’ulteriore svolta con la nascita della Callservice, “un nuovo ramo dell’azienda che si occupa esclusivamente del trasporto del materiale. Ora in pratica sotto la Cappilli Calcestruzzi ci sono la Callservice e la Cappilli Cave, tutte facenti capo dello stesso gruppo ma ognuna con delle specifiche responsabilità ed una vita propria”.


Nello scorso mese di maggio si è registrata anche una scissione: “Nel gruppo vi era anche la Cappilli Immobiliare. Ritenevamo difficile da gestire insieme le due cose. Così, anche su indicazione di mio padre, si è deciso che il sottoscritto rilevasse la Cappilli Calcestruzzi lasciando a mio fratello tutte le quote dell’immobiliare (“Tramite uno scambio di quote e un esborso a compensare”). Da quel momento detengo il 90% della Cappilli Calcestruzzi, il restante 10% è invece in carico a mio figlio Antonio Junior in seguito alla donazione del nonno”. Antonio Junior, 29 anni, insieme alla sorella minore Carolina, sono già pronti a continuare la tradizione di famiglia: entrambi, infatti, sono impegnati con profitto nella parte commerciale dell’azienda insieme agli altri collaboratori, Vito e Massimo.


Ovviamente anche la Cappilli Calcestruzzi ha risentito di quella che è stata la crisi economica che ha messo in ginocchio tante aziende nell’ultimo decennio. Senza però farsi fiaccare: “Fino al 2006/2007 il fatturato globale era di dieci milioni di euro circa, oggi è più o meno la metà. I dipendenti erano 45, oggi sono 25”. Comunque numeri importanti.


Papà Antonio oggi ha 86 anni ed ha chiaramente gran parte del merito nella costruzione della cinquantenaria azienda. Rocco però prima di congedarsi vuole ricordare la figura di mamma Carolina Settembrini, originaria di Ruffano e scomparsa da cinque anni: “Una donna forte, colonna portante della famiglia e vera e propria economa. Oltre ad occuparsi della casa e dei figli aveva in mano il “portafogli”. Papà pensava a lavorare e lei a far quadrare i conti. Ricordo ancora come la domenica io e papà andassimo comunque alla cava e all’ora di pranzo arrivava lei con il resto della famiglia, portava da mangiare e il nostro pranzo si consumava lì tutti insieme prima di riprendere a lavorare”.


Attualità

Ruffano, Città della Domenica improvvisamente off limits: cosa sta succedendo

Malcontento in paese per i cancelli chiusi: ne restano fuori (anche) decine di ragazzi e sportivi. Dopo ore di tensione, giungono i primi chiarimenti

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di Lorenzo Zito

Ventiquattrore di trambusto a Ruffano attorno alla Città della Domenica per un caso che, auspichiamo, potrebbe sgonfiarsi appena poco dopo esser nato.

È iniziato tutto al principio di questa settimana, quando i cancelli di questo splendido luogo, immerso nel verde e collocato su una delle colline del paese, sono stati improvvisamente chiusi, impedendo l’accesso al pubblico.

La Città della Domenica è uno spazio della Diocesi, divenuto negli anni un luogo simbolo per la comunità ruffanese (ne parliamo nell’intervista a Don Nino Santoro in occasione dei suoi 40 anni di sacerdozio, che potete leggere cliccando qui). Un posto che oggi, oltre ad una chiesa ed all’antica masseria Mariglia, accoglie i campi da tennis ed il campo da padel dove quotidianamente dozzine di persone (soprattutto ragazzi) praticano attività sportiva.

Come dicevamo, a turbare gli animi ad inizio settimana una improvvisa chiusura dei cancelli, accompagnata dall’assenza di spiegazioni.

Silenzio che ha fatto subito serpeggiare in paese il disappunto palesatosi, in un batter d’occhio, anche sui social. Più d’uno i post di protesta pubblicati da privati cittadini tra lunedì e martedì mattina (alcuni dei quali presto improvvisamente “scomparsi”), accomunati dagli interrogativi e dalle perplessità.

Sui cancelli chiusi è anche spuntato un cartello (nella foto in evidenza) con cui qualche genitore ha voluto esternare tutta la sua rabbia. “Lasciate che i bambini vengano a me, anzi no andate a giocare altrove”, recitava il foglio, con provocatorio riferimento alle sacre scritture.

Il mal di pancia deriva da un dato incontrovertibile: presso la Città della Domenica, in questi anni, si è distinto l’operato del Circolo Tennis di Ruffano. Una realtà che ha ridato vita a quei campi che erano stati col tempo abbandonati, ricreando un luogo divenuto per tante persone un punto di partenza per la pratica e la passione sportiva.

Ben 70 ragazzi frequentano tutte le settimane la scuola di tennis che è stata aperta ormai 5 anni fa, grazie ad un percorso esplicitamente (ed in maniera condivisa) intrapreso senza fini di lucro.

A tramutarsi in delusione, quindi, è stata l’indeterminatezza improvvisamente rimbalzata in decine di famiglie circa la sorte della scuola e dei campi da essa utilizzati: “Dove andranno ora i nostri bambini?” è la domanda che tutti si sono posti.

A tutto ciò si aggiunga che questo episodio sorge in un momento storico delicato per la comunità di Ruffano, già scossa in queste settimane dall’inchiesta che ha interessato il primo cittadino (recentemente dimessosi) Antonio Cavallo. Un contesto, questo, che non ha fatto che accentuare le ricadute d’animo ed accrescere i punti interrogativi. I tanti occhi puntati in questo momento su Ruffano hanno avuto un ruolo anche in questa circostanza?

Le rassicurazioni del parroco

L’orizzonte sembra però fortunatamente in queste ore schiarirsi. Ieri sera si è tenuto un incontro tra le parti in cui il parroco, don Nino Santoro, ha fornito dei primi chiarimenti.

Raggiunto questa mattina dalla nostra Redazione, don Nino ha confermato quanto trapelato in queste ore: “La chiusura è legata a questioni di natura esclusivamente tecnica che riguardano la struttura. Aspetti che andranno risolti prima di poter riprendere l’attività sportiva“.

Anche i tempi per una risoluzione, quindi, sono da definirsi tecnici, e pertanto lo stesso parroco ammette di non poter fare previsioni. Ma rassicura: “Come ho fatto sin qui in questi 43 anni a Ruffano, molte volte anche a mie spese, farò di tutto affinché, con la divina provvidenza, questa questione possa dirimersi“.

È atteso ora, a stretto giro, un nuovo incontro, stavolta presso la Diocesi. L’intento, insomma, sarebbe comune: restituire quanto prima alla comunità questo prezioso luogo. Saranno i fatti a restituirci non solo l’effettiva bontà delle intenzioni, ma anche la portata della vicenda.

Intanto le spiegazioni fornite danno quantomeno risposta (formale) ai sospetti più sibillini di qualcuno: dietro alla chiusura, non vi sono ragioni politiche, né dissidi.

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Il sindaco sul porto di Leuca: “Minoranza vuole intorpidire le acque”

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Il primo cittadino di Castrignano del Capo Franco Petracca interviene sulla questione porto di Leuca, sollevata dai consiglieri di minoranza con un esposto a Procura della Repubblica, Corte dei Conti e Prefettura (leggi qui).

Le parole del sindaco: “I Consiglieri firmatari pensano di intorpidire delle acque che, mai come in questo periodo, sono state così limpide e trasparenti nel Porto di Leuca.

Non c’è stato nessun cambiamento né contraddizione nell’azione amministrativa di questo Sindaco sempre volta a consentire al Comune di Castrignano del Capo di divenire unico azionista della Porto Turistico Marina di Leuca S.p.A.

La modalità tecnico-giuridica ed economica con cui ciò possa avvenire – e che i consiglieri firmatari evidentemente ignorano dal momento che non ne fanno cenno se non in termini di mero “desiderata”- è al vaglio dei professionisti incaricati dall’Ente, che si stanno occupando anche della valutazione della partecipazione azionaria della Igeco Costruzioni S.p.A. in fallimento.

E’ questo il lavoro che ci sta impegnando e a cui tutti, all’unisono, dovremmo tendere, non certamente insinuando dubbi o interrogativi che hanno in questo momento il sapore della mera strumentalizzazione politica volta a distrarre o, peggio ancora, allontanare il perseguimento di un risultato storico per lo sviluppo della nostra comunità e del nostro territorio: il completamento del porto ed una nuova gestione chiamata a rispondere esclusivamente ad esigenze ed obiettivi di pubblico interesse.

A valle di esposti, manifesti e note congiunte alla ricerca di like mi sia consentito osservare che, a meno che non si abbia qualcosa di interessante da dire, in momenti come questi il silenzio è d’oro”.

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RSA Capece, assistenza qualificata e cure amorevoli

Per una terza età di qualità. Saper scegliere la struttura giusta non è mai facile. A Nociglia garantito uno stile di vita attivo per pazienti con malattie neurodegenerative

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COME E QUANDO SCEGLIERE

Uno dei momenti più delicati e difficili per una famiglia è quando si deve scegliere e saper gestire l’ingresso di un anziano all’interno di una residenza sanitaria assistenziale.

Il timore è che il proprio caro non riesca ad ambientarsi nella nuova situazione e che possa soffrire il cambio di abitudini di vita e la lontananza dai propri familiari.

Offrire adeguati comfort e un clima attento all’assistenza sanitaria, al supporto psicologico della persona, saper scegliere la struttura giusta in un momento così difficile, è fondamentale per continuare a garantire all’anziano un buono standard di qualità della vita.

Nel Salento, a Nociglia, c’è una struttura in cui si è sicuri di poter fare affidamento su cure amorevoli e su un’assistenza medico-sanitaria trasparente e qualificata: è la residenza sanitaria assistenziale Casa per Anziani Capece: la struttura, diretta dall’amministratore unico Luana Pataleo, ha una capienza di 41 posti letto, con servizio mensa e personale altamente qualificato, composto da infermieri, operatori socio-sanitari, assistente sociale, psicologo, fisioterapista e responsabile sanitario.

Tutto lo staff sanitario collabora con i medici di base in sinergia e con le competenze della rispettiva professione, garantendo cura, sostegno e sollievo per la persona anziana ricoverata.

I SERVIZI DELLA RSA

I servizi della RSA sono destinati a persone con varie condizioni psicofisiche, che possono variare nel tempo con l’avanzare dell’età, in quanto effetto del progredire di malattie neuro-degenerative, come Alzheimer, Parkinson, malattie neurologiche, deficit intellettivo, disturbi a livello motorio, diabete e altre tipologie di patologie.

Ciascun ospite ha una propria cartella sanitaria, sulla quale sono riportate le visite cliniche, i controlli periodici di varia natura, il piano terapeutico individuale, l’anamnesi clinica e il decorso dello stato di salute della persona. Inoltre, per ognuno di essi è redatta anche una cartella psicologica, sociale e di riabilitazione, nella quale vengono inseriti gli aspetti specifici dedicati a ciascuna competenza. Per esempio, al suo interno sono riportati i colloqui svolti dal personale di cura per conoscere la persona, comprenderla e aiutarla ad affrontare la situazione o avvenimenti che possono incidere sulla sua vita.

Come spiega la dottoressa Pataleo: «Ogni giorno la struttura garantisce condizioni favorevoli per rendere l’ambiente di vita accogliente, in modo da garantire all’anziano un vissuto positivo a medio e lungo termine, grazie a un’assistenza sanitaria e sociale ottimali, la nostra attenzione è rivolta al nostro ospite attraverso progetti individuali volti a garantire una migliore qualità della vita, nonostante la lontananza dal proprio contesto abitativo e familiare. Obiettivo fondamentale è cercare di assicurare all’anziano uno stile di vita attivo, in base anche alle sue capacità residue, in modo da potenziare l’autonomia e l’autostima».

UNA SECONDA CASA SICURA PER GLI OSPITI

Gli ospiti della Rsa Cpaf, di Nociglia, si devono sentire sicuri e supportati, in modo che mantengano un ruolo sociale e raggiungano obiettivi di sviluppo: a tal fine, la struttura ha elaborato una serie di progetti di animazione personalizzati, attraverso i quali operare sulla complessità della persona anziana, sul suo rapporto con gli altri utenti e con l’ambiente che lo circonda.

Pilastri fondanti della forma di animazione adottata dalla struttura sono lo scambio e l’interazione tra anziano e mondo circostante.

GLI OBIETTIVI DEL PROGETTO E I LABORATORI

– Aumentare gli stimoli per favorire l’autonomia;

– Promuovere occasioni di svago e socializzazione;

– recuperare le capacità residue;

– migliorare la percezione che gli anziani hanno della soddisfazione dei propri bisogni;

– Fortificare le risorse presenti;

– Garantire la stimolazione cognitiva e migliorare l’autostima e la partecipazione di sé stessi come valore.

Ciascun laboratorio consta di incontri di lettura e comprensione del testo, di cruciverba, di giochi di parole, quiz, di giochi di tavolo carte e tombola.

Inoltre, grande apprezzamento riscuote il laboratorio di musica, in quanto rappresenta un’attività sociale che facilita la comunicazione e l’integrazione tra il gruppo: gli anziani hanno così la possibilità di allacciare legami significativi e, inoltre, la musica costituisce uno strumento importante per chi soffre della malattia di Alzheimer.

E poi, il laboratorio pittorico-fotografico e quello di orto terapia, che svolge il prezioso compito di contrasto del disturbo depressivo.

Inoltre, all’interno della struttura si celebra periodicamente la Santa Messa e gli ospiti possono ricevere la comunione.

I laboratori svolgono una funzione aggregante e di stimolo: questo è dimostrato dal fatto che, con la partecipazione alla creazione del presepe, per due volte si sono aggiudicati il secondo posto.

Ora, stiamo lavorando per la Pasqua.

Al fine di garantire un clima sicuro sotto il profilo sanitario, i familiari e i parenti possono accedere alla struttura e visitare il proprio caro sempre muniti di mascherina.

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