Alessano
Don Tonino è Venerabile!
L’annuncio del vescovo di Ugento S.maria di Leuca, mons. Vito Angiuli. Riconosciute le virtù eroiche del vescovo pugliese, passo importante verso la gloria degli altari. Nel 2018 il Papa aveva pregato sulla sua tomba
Per Don Tonino Bello, il vescovo della “Chiesa con il grembiule” un passo importante verso la gloria degli altari. Incontrando il prefetto della Congregazione delle cause dei santi, il cardinale Marcello Semeraro, il Papa ha autorizzato la promulgazione del decreto che riconosce le virtù di monsignor Antonio Bello (1935-1993).
L’ufficialità della Venerabilità di don Tonino è arrivata dal Vescovo di Ugento – S. Maria di Leuca, Mons. Vito Angiuli: «Cari fratelli e sorelle, con gioia vi annuncio che il 25 novembre 2021 Papa Francesco ha ratificato i voti positivi espressi dai Consultori Teologi della Congregazione delle Cause dei Santi e dai Cardinali e Vescovi, dichiarando: «Sono provate le virtù teologali della Fede, della Speranza e della Carità verso Dio e verso il prossimo, nonché le virtù cardinali della Prudenza, Giustizia, Fortezza e Temperanza e annesse in grado eroico del Servo di Dio don Antonio Bello, Vescovo di Molfetta – Ruvo – Giovinazzo – Terlizzi, nel caso e per il fine di cui si tratta».
Il Venerabile mons. Antonio Bello è stato persona intelligente e geniale, cristiano esemplare, educatore dei seminaristi e dei giovani, parroco infaticabile, vescovo generoso e appassionato.
Profondamente innamorato di Gesù, della Chiesa, dell’umanità e dei poveri, ha compiuto scelte forti e coraggiose. In qualità di Presidente di «Pax Christi» è stato un instancabile promotore della giustizia sociale, della salvaguardia del creato e testimone di pace. Comunione, evangelizzazione e scelta degli ultimi sono stati i perni su cui ha sviluppato la sua testimonianza di fede invocando per tutti “un’ala di riserva” per volare con il Signore, avendo ogni uomo come compagno di volo. Associato alla passione redentrice del Cristo Crocifisso, ha fatto del suo letto di dolore un «altare scomodo» da cui ha continuato a esortare, incoraggiare il suo popolo a confidare con sentimenti di speranza in Cristo Risorto. A Maria, invocata come Madre premurosa e accogliente, ha consegnato la sua persona sul letto di morte. Facendo memoria del paterno appello di Papa Francesco, pellegrino sulla tomba del Servo di Dio, il 20 aprile 2018, imitiamo il suo esempio e incamminiamoci sulla via della santità, per ritrovarci insieme a lodare il Signore “mirabile nei suoi santi».
Il Vescovo col grembiule
Antonio Bello nasce ad Alessano il 18 marzo 1935 venendo battezzato il 15 aprile. Entra nel Seminario Minore di Ugento dove nel 1948 consegue la licenza di Scuola Media, per poi scegliere il liceo classico frequentato dal 1950 al 1953 presso il Pontificio Seminario Regionale “Pio XI” di Molfetta. Nel settembre 1953 si trasferisce a Bologna nel Seminario dell’Onarmo per i Cappellani del lavoro, frequentando i corsi di Teologia presso il Pontificio Seminario regionale “Benedetto XV” a Bologna. Ordinato sacerdote, l’8 dicembre 1957 ad Alessano, il 26 settembre di due anni dopo consegue la licenza in Teologia presso la Facoltà Teologia di Venegono e il 3 luglio 1965 si laurea in teologia alla Pontificia Università Lateranense. Il 30 settembre 1976 è nominato rettore del Seminario vescovile di Ugento e il giorno successivo vicario episcopale per la cultura. Parroco della Natività di Maria in Tricase dal 1° gennaio 1979, il 10 agosto 1982 è nominato vescovo di Molfetta, Giovinazzo e Terlizzi e il 30 settembre anche di Ruvo di Puglia ricevendo l’ordinazione episcopale il 30 ottobre successivo. Il 23 novembre 1982 riceve l’incarico presso la Conferenza episcopale pugliese (Cep) per “la Pastorale del turismo”, cui segue l’anno successivo il ruolo di “vigilanza nella formazione spirituale e la disciplina” nella Commissione episcopale di vigilanza del Pontificio Seminario Regionale “Pio XI” di Molfetta e il 12 dicembre 1984 quello di responsabile della “Pastorale del lavoro e dell’emigrazione”.
Dal 1985 presidente di Pax Christi Italiana, il 12 maggio 1987 viene incaricato nella Cep del settore pastorale della “giustizia e pace”. Muore a Molfetta il 20 aprile 1993. È sepolto nel Cimitero di Alessano.
L’iter per la sua beatificazione si è aperto a livello diocesano il 30 aprile 2010 con la prima seduta pubblica nella Cattedrale di Molfetta. Oggi, infine, il via libera del Papa al decreto che ne riconosce le virtù eroiche. Monsignor Antonio Bello diventa venerabile.
Pastore poeta sempre dalla parte degli ultimi
Un amico, un compagno di viaggio, un pastore. Semplicemente un uomo. Monsignor Antonio Bello, per tutti don Tonino, è stato tante vite in una sola, unificate dall’amore a Dio e alla Chiesa, nel segno dell’attenzione privilegiata ai poveri, così come insegna il Vangelo. Apostolo della Chiesa con il grembiule, secondo una felice definizione, la sua anima sensibile e profonda si è tradotta in articoli giornalistici di forte impatto sociale, in preghiere nata dalla vita quotidiana, in poesie di struggente dolcezza spesso dedicate alla Vergine. Ma se chiedete a chi l’ha conosciuto vi dirà che di lui colpiva soprattutto la semplicità, il condividere l’esistenza comune della gente “normale”, l’avere la porta sempre aperta. Prima di casa, poi di parrocchia, infine in episcopio. Ci si rivolgeva a lui per un aiuto, per una parola di conforto, per avere un cuore aperto cui spalancare il proprio, dando un volto e un nome alle proprie angosce, cui don Tonino opponeva il Vangelo dell’antipaura quello che verrà letto domenica prossima, prima di Avvento: “Alzatevi… Levate il capo” (Lc 21, 25-28.34-36). Un richiamo che era un invito costante ad amare sempre l’uomo, ogni uomo, a partire dalla sua fragilità, dalle sue manchevolezze. «Capire i poveri era per lui vera ricchezza – disse papa Francesco il 20 aprile 2018 ad Alessano davanti al cimitero in cui è stato sepolto monsignor Bello –. Aveva ragione, perché i poveri sono realmente ricchezza della Chiesa». Un insegnamento da non dimenticare, soprattutto oggi «di fronte alla tentazione ricorrente di accodarci dietro ai potenti di turno, di ricerca privilegi, di adagiarci in una vita comoda». Quella che il “fratello vescovo” rifiutava, come sottolineò nei suoi famosi “auguri scomodi”. La forza per non cedere, per imparare a leggere la realtà con gli occhi del Padre la trovava nella tante ore in preghiera, nella celebrazione del Pane di vita, nell’amore all’Eucaristia. Pane spezzato, disse ancora papa Francesco sempre tre anni fa ma a Molfetta, che diventava pane di pace. Don Tonino sosteneva che «la pace non viene quando uno si prende solo il suo pane e va a mangiarselo per conto suo. […] La pace è qualche cosa di più: è convivialità». È «mangiare il pane insieme con gli altri, senza separarsi, mettersi a tavola tra persone diverse», dove «l’altro è un volto da scoprire, da contemplare, da accarezzare». Nel rispetto della diversità di ciascuno, diventando così convivialità delle differenze, immagine divenuta nel tempo riferimento anche per il dialogo ecumenico e interreligioso. Tuttavia nel giorno in cui la Chiesa riconosce la venerabilità del vescovo pugliese, passo importante nel cammino verso gli altari, non si può dimenticare le polemiche che accompagnarono tante sue scelte.
Come il pellegrinaggio del 1992, quando, già malato di cancro, il 7 dicembre si imbarcò da Ancona insieme a 500 pacifisti per arrivare a Spalato e da qui raggiungere a piedi Sarajevo, da diversi mesi sotto assedio serbo in una sanguinosa guerra civile. La strada per la pace è «la nonviolenza attiva – disse in un cinema illuminato dalle candele perché mancava l’elettricità – gli eserciti di domani saranno questi: uomini disarmati». Un paradosso, un’iperbole d’amore che trova radice nella Parola e nella sua traduzione in una vita, piena, riuscita come quella di chi si affida al Signore. Io – scriveva don Tonino Bello sono «un buono a nulla. Ma capace di tutto, perché consapevole che, quanto più ci si abbandona a Dio, tanto più si riesce a migliorare la gente che ci sta attorno».
Giuseppe Cerfeda
Alessano
“Vi voglio bene”, un libro essenziale per raccontare don Tonino e la sua storia
Monsignor Vito Angiuli: “Scritti e documenti inediti per scoprire l’intera vocazione pastorale da sacerdote e da vescovo. Guardate con simpatia alle persone e agli avvenimenti della storia, per testimoniare a tutti la gioia del Vangelo”
di Luca De Santis
Vi voglio bene, Continuità e sviluppo nel ministero sacerdotale ed episcopale di don Tonino Bello è l’ultima fatica data alle stampe dal vescovo di Ugento – Santa Maria di Leuca, mons. Vito Angiuli. Il nuovo libro ha visto la luce nel mese di ottobre 2024, per le edizioni Il pozzo di Giacobbe. Quest’ultima si colloca in continuità con le precedenti pubblicazioni frutto di interessanti studi che Angiuli ha compiuto sul sacerdote della diocesi ugentina divenuto vescovo di Molfetta.
Il sottotitolo dell’opera ci fornisce le giuste delucidazioni riguardo a quelle che sono le intenzioni dell’autore: Continuità e sviluppo nel ministero sacerdotale ed episcopale di don Tonino Bello. Il testo è composto da una corposa introduzione dove l’autore pone e spiega la sua tesi riguardo a un’inscindibile armonia e continuità presente tra il ministero sacerdotale ed episcopale di don Tonino.
Nel primo capitolo, Ordinazione episcopale, sono stati curati una serie di scritti in cui il futuro vescovo di Molfetta mette in evidenza un forte attaccamento alla sua terra natia e le motivazioni che lo hanno condotto ad accettare l’ordinazione episcopale. Il secondo capitolo, Don Tonino saluta la Chiesa ugentina, raccoglie alcune omelie di saluto che don Tonino ha pronunciato prima della sua partenza per Molfetta, dove traspare in modo palpabile il suo amore per la Diocesi di Ugento che ha servito per 25 anni.
All’interno dell’ultimo capitolo troveremo invece degli scritti inediti da datarsi secondo Angiuli tra il 1960 e il 1980. La gran parte di essi pur non avendo una data o la firma, possono tranquillamente essere definiti autentici, tenendo conto della calligrafia di don Tonino. L’ordine cronologico è dato dal Curatore sulla base delle tematiche che in questi scritti vengono a essere trattate.
La maggior parte di questi risale al periodo in cui don Tonino svolgeva il suo ministero presso la Diocesi di Ugento.
Questi scritti contengono in modo germinale quelle tematiche che durante gli anni di episcopato don Tonino tratterà in modo più approfondito, in base alle sollecitazioni di quel contesto storico. Tenendo conto di quanto abbiamo rilevato è possibile dire che il libro si lascia leggere in modo molto scorrevole dimostrandosi adatto persino per coloro che non hanno avuto una conoscenza dettagliata di colui che la Chiesa Cattolica ha dichiarato Venerabile.
Il vescovo Angiuli ha deciso di intitolare questo suo ultimo libro con un’espressione che don Tonino lungo il suo ministero sacerdotale ed episcopale ha utilizzato spesso: Vi voglio bene.
Quest’ultima non ha solo la funzione di comunicare i suoi sentimenti, quanto la simpatia con cui si poneva nei confronti di quella porzione di popolo che era stata affidata alle sue cure pastorali, ma anche nei confronti della storia a lui contemporanea in cui l’umanità era immersa.
Il vi voglio bene di don Tonino
Il vi voglio bene di don Tonino – ci aiuta a comprendere l’autore – trova significato in una delle più belle espressioni da lui spesso utilizzate e contenute nella Costituzione Conciliare Gaudium et spes al n. 1: «Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore».
Le motivazioni ministeriali di don Tonino nelle varie fasi dei suoi incarichi sia nella diocesi ugentina che in quella di pastore della Chiesa di Molfetta hanno mantenuto le medesime fondamenta che hanno da sempre configurato la sua fede: coltivare la preghiera, meditare la Parola, adorare Gesù eucarestia. Prendiamo atto che gli anni del ministero episcopale hanno oscurato il periodo sacerdotale, ma quegli aspetti che hanno reso il vescovo Bello conosciuto in campo nazionale e oltre, ciò per cui è stato amato nella Diocesi a lui affidata, erano già presenti nel ministero svolto nell’estremo lembo d’Italia, in quel Capo di Leuca, durante il suo lungo ministero sacerdotale come professore e vice-rettore presso il Seminario vescovile, come parroco a Ugento e Tricase, nei vari incarichi pastorali.
Cade in grave errore chi sostiene che l’episcopato, in particolar modo la presidenza di Pax Christi, abbia segnato una svolta ministeriale in don Tonino, una conversione verso le tematiche sociali, in particolar modo quella della pace e della non violenza. A tal proposito Angiuli nell’Introduzione del libro è perentorio nel sostenere il fatto che non vi è nessuna discontinuità di pensiero tra il don Tonino sacerdote e vescovo, e che pensare il contrario significherebbe mistificare la realtà.
Quest’ultimo durante il suo percorso di studio ha consolidato un ottimo utilizzo del metodo deduttivo tramite la sua formazione filosofica e teologica, così come una padronanza del metodo induttivo nel confrontarsi e padroneggiare le scienze moderne: sociologia, psicologia, diritto del lavoro, legislazione sociale, all’interno delle quali venne introdotto durante gli anni seminariali a Bologna presso l’ONARMO.
La cultura sessantottina
Accanto a coloro che sostengono una discontinuità ministeriale di don Tonino, vi sono quelli che manifestano una certa antipatia nei confronti del suo ministero, sostenendo come quest’ultimo sia il prodotto di quella cultura sessantottina che ha avuto i suoi risvolti più nefasti all’interno degli anni ’70 del secolo scorso. A costoro risponde il decreto che sancisce la Venerabilità di don Tonino, definendolo come un ottimo interprete delle istanze conciliari.
L’aspetto, forse il più deleterio, è rappresentato da coloro che del ministero di mons. Bello prendono in considerazione e ne propagano solo i temi sociali (pace, giustizia e salvaguardia del creato), dandone una lettura ideologica.
Costoro affrontano i temi sociali senza tener conto di quelli etici (divorzio, aborto, eutanasia), quest’ultimi aspetti non possono essere separati dai primi ed è chiaro come don Tonino gli abbia mantenuti sempre insieme. Proseguire su questa linea – sostiene Angiuli – significa trovarsi dinanzi a un Giano Bifronte dove diviene molto difficile cogliere, per esempio, la profondità teologica di alcune immagini eloquenti che don Tonino ci ha lasciato come quella della Convivialità delle differenze e della Chiesa del grembiule.
Ciò che mons. Bello esprime nel periodo molfettese, affonda le sue radici nel basso Salento e nella formazione bolognese. Nello specifico va considerata l’impronta ministeriale di mons. Ruotolo, il vescovo di Ugento che ha ordinato presbitero don Tonino e con cui quest’ultimo ha molto collaborato: l’amore all’eucarestia, la devozione mariana, l’impegno ad attuare gli orientamenti pastorali scaturiti dal Concilio Vaticano II, la programmazione per gli itinerari di formazione per i laici, l’attenzione alle problematiche sociali presenti in questa parte del Salento.
Un particolare merito del libro lo si riscontra nel III Capitolo Scritti vari.
In questa sezione si trovano, come già detto, degli scritti inediti di don Tonino, i quali pur non avendo lo stesso spessore o valore di quelli pubblicati da lui stesso, hanno il merito di contenere quelle tematiche che rappresentano la continuità ministeriale che Angiuli, a ragione, evidenzia.
Quest’opera è imprescindibile per chi ha un serio interesse a conoscere la sensibilità e le radici in grado di nutrire il ministero pastorale di don Tonino dal punto di vista teologico e sociale.
Il grande merito di Angiuli consiste nell’averci consegnato un testo che in continuità con le altre sue pubblicazioni su mons.
Bello, ci dona una chiarezza, una verità, che non può essere tralasciata e non considerata, un atteggiamento contrario significherebbe alterare il suo pensiero, oscurare aspetti essenziali e sostanziali della sua santità.
Alessano
La speranza nel dono
Ad Alessano una serata di testimonianze e letture sulla forza dei pazienti. Domani 18,30, presso la Casa della Convivialità in via Corte Vittorio Emanuele. Fulcro della serata la presentazione del libro “Mi racconto a voi”, realizzato da sei ex pazienti e un team di professionisti del settore medico
Si rinnova l’annuale appuntamento intitolato “La speranza nel dono”.
L’evento rappresenta un’importante occasione per condividere le esperienze e i racconti di pazienti che hanno affrontato il difficile percorso di cura e guarigione dai tumori del sangue.
L’evento è in programma per domani, martedì 19 novembre, dalle 18,30, presso la Casa della Convivialità in via Corte Vittorio Emanuele, ad Alessano.
I saluti istituzionali apriranno l’evento.
Seguiranno gli interventi del dottor Nicola Di Renzo (Direttore UOC Ematologia e Trapianti Cellule Staminali all’Ospedale Vito Fazzi di Lecce), della dottoressa Anna Mele (Direttore UOC Ematologia e Trapianti Cellule Staminali all’Ospedale Cardinale Panico di Tricase) e del dottor Mario Tarricone (Presidente di AIL Lecce ODV e Referente nazionale del Gruppo Pazienti Linfomi AIL-FIL).
Il fulcro della serata sarà la presentazione del libro “Mi racconto a voi”, realizzato grazie alla collaborazione di sei ex pazienti e un team di professionisti del settore medico, tra cui i dottori Di Renzo, Mele, Dargenio, De Giorgi, De Risi, G. Greco, C. Greco e la dottoressa S. Sibilla.
Il progetto, nato per dare voce ai vissuti personali dei pazienti e delle loro famiglie, intende sensibilizzare il pubblico e promuovere una maggiore empatia e comprensione verso chi affronta queste sfide.
Attraverso la narrazione, l’obiettivo è migliorare la comunicazione medico-paziente, rendendo più evidente l’importanza di comprendere e rispondere alle esigenze individuali.
Durante l’evento, Elisea Ciardo e Valerio Melcarne interpreteranno le storie ed emozioni dei sei protagonisti, ripercorrendo il loro cammino dalla diagnosi alla guarigione con letture profonde e toccanti.
A concludere la serata, il dottor Vincenzo Pavone dell’Ospedale Cardinale Panico di Tricase offrirà un intervento riassuntivo e riflessivo.
La serata sarà moderata dalla giornalista Silvia Cazzato.
Il volume e l’iniziativa si inseriscono nel contesto della Medicina Narrativa, una disciplina che ha iniziato a diffondersi negli anni ’90 e che dal 2015 ha trovato il supporto dell’Istituto Superiore di Sanità, che ne ha pubblicato le linee di indirizzo per l’uso nelle malattie croniche e rare.
La Medicina Narrativa si distingue per l’adozione di una metodologia comunicativa che riconosce il valore della narrazione come strumento fondamentale per integrare i punti di vista di tutti gli attori del processo di cura.
“La speranza nel dono” è un evento che invita alla riflessione e all’ascolto, sottolineando che dietro ogni numero e statistica c’è una persona con un vissuto unico e prezioso.
Partecipare significa contribuire a costruire una comunità più consapevole e solidale.
Alessano
Tragedia ad Alessano: 26enne muore nel giorno del suo compleanno
Il giovane potrebbe essere deceduto a causa dell’utilizzo dei cosiddetti balloons, dei palloni contenenti un gas aspirato per godere degli effetti esilaranti
Una festa finita in tragedia nel Capo di Leuca dove un ragazzo è deceduto nel giorno del suo compleanno.
È quanto accaduto nelle scorse ore ad Alessano dove ha perso la vita un 26enne del posto.
Il giovane era in compagnia di alcuni suoi amici per il suo giorno di festa. All’improvviso le celebrazioni si sono trasformate in dramma: per il ragazzo si è reso necessario l’intervento d’urgenza del 118, tra lo sgomento dei suoi amici.
Il giovane è irrimediabilmente deceduto nel giro di pochi minuti. A provocarne la morte, con tutta probabilità, secondo le prime ricostruzioni, l’utilizzo dei cosiddetti balloons, dei palloncini contenenti protossido d’azoto.
Una pratica in voga secoli fa tra i giovani britannici e tornata, purtroppo, di moda ai nostri giorni: inspirare il cosiddetto gas esilarante per godere degli effetti che provoca, una sorta di sballo esilarante.
Pratica che, purtroppo, può avere anche conseguenze letali. I carabinieri, intervenuti sul luogo della tragedia, sono al lavoro in queste ore per ricostruire nel dettaglio l’accaduto.
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