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Essere salentini. Per noi vuol dire…

Cosa vuol dire essere salentini oggi? Il dibattito continua. Gli interventi del presidente del Lecce Saverio Sticchi Damiani, del regista Edoardo Winspeare, dell’attore e regista teatrale Marco Romano e del chitarrista Salvatore Cafiero

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SAVERIO STICCHI DAMIANI, PRESIDENTE DEL LECCE


«Tifare Lecce il modo più intenso e profondo di esprimere la propria salentinità»


«In questi sette anni da presidente del Lecce ho potuto constatare di persona che cosa vuol dire essere salentini».


Non credo di sbagliarmi se dico che il modo più bello, più intenso, più profondo di essere salentini è tifare per il Lecce. Si vive un senso di appartenenza unico: essere tifosi giallorossi va oltre la cittadinanza, oltre il territorio: accomuna l’intero popolo salentino sparso per il mondo.


Tutti i tifosi che vivono nel nord Italia e nel resto d’Europa, che spesso incontro in occasione delle trasferte, in quel momento vivono appieno ed intensamente la loro salentinità.


Quella giornata nel settore ospiti, a supporto della loro squadra di calcio, al fianco dei loro compaesani, per loro rappresenta un “viaggio” a casa: un modo intenso, il più intenso possibile, di vivere la propria salentinità, pur non trovandosi nel Salento.


Ecco, questo mi ha fatto capire che la salentinità più piena, più profonda, si può vivere anche e soprattutto attraverso il sentimento di amore e di passione verso la squadra che rappresenta il proprio territorio.


Il mio modo di sentirmi salentino è stato ed è quello di essere presidente della squadra non per business, non per apparire o per altre finalità.


Vivo il mio ruolo come una sorta di rappresentante del territorio, del popolo salentino.


Dico sempre che la squadra non va in campo solo in quei 90 minuti della partita domenicale, sarebbe troppo poco. La squadra deve stare in campo tutti i giorni, mettendosi a disposizione del territorio, del sociale, delle iniziative di solidarietà.


Abbiamo il dovere di essere presenti negli ospedali, favorire iniziative sociali, andare da chi è ammalato ed è solo.


Non potete immaginare che compagno di vita sia il Lecce per la gente che è sola o ammalata.


Ho scoperto che tanti, grazie al Lecce, trovano un motivo per sorridere e distrarsi dalla solitudine e dalla sofferenza.


Proprio tutti questi fattori, il Lecce come elemento di salentinità, la solidarietà, la compagnia a chi è solo ed ammalato, mi hanno ulteriormente spinto e stimolato in questi anni a fare le cose seriamente.


Sono cosciente del ruolo sociale mio e di tutto il mondo giallorosso: non sono solo il presidente di una squadra di calcio, rappresento un simbolo che unisce e stimola forti sentimenti. Per questo mi sento moralmente obbligato a fare le cose per bene e farle nell’interesse della gente e dell’intero Salento».


Saverio Sticchi Damiani



EDOARDO WINSPEARE, REGISTA


«Salento terza isola d’Italia. Ci si sente accolti e coccolati»


Edoardo Winspeare sul set di Didì il nuovo film in lavorazione


«Il Salento è la mia Heimat (casa, piccola patria) come si dice in tedesco. Patria è l’Italia, meglio l’Europa, ma la mia Patria del cuore, è il Salento. È la terza isola d’Italia: è una penisola ma è come se fosse un’isola, perché staccata dal resto dello Stivale.


Soprattutto il Capo di Leuca è il luogo dove la gente ti saluta ancora con «buona vespra a signurìa».


In me non vi è una goccia di sangue salentino, né pugliese, ma mi sento salentino al 100%! Qui ci si sente accolti e coccolati. Forse non si guadagna bene; il territorio è imbruttito dallo scarso rispetto ambientale, c’è immondizia dappertutto; la Xylella ha massacrato i nostri olivi; e poi per quell’isolamento di cui parlavamo prima, ci si arriva con estrema difficoltà…


Nonostante tutto, c’è una dolcezza, una mancanza di aggressività, che noto e mi manca soprattutto quando sono fuori.


È tutto oggettivamente molto diverso dal resto della Puglia, a cominciare dall’idioma che è un siciliano dolce: addirittura più bello del siciliano.


Vi è qualcosa di retorico, come le definizioni che ci caratterizzano: “lu sule, lu mare, lu ientu”, o “simu tutti salentini”, “ballati la pizzica”…


Tutti elementi che fanno parte della rinascita salentina alla quale anche io credo di aver contribuito. Negli anni ’90 era importante l’identità del territorio, partendo dalla storia antica, dalle caratteristiche linguistiche, storico-culturali e gastronomiche. Una volta acquisite, bisognerebbe andare oltre l’autoproclamazione e cominciare a prenderci cura del territorio per meritare la propria salentinità, che vuol dire anche essere cittadini meritevoli di questa Terra.


Essere salentino per me è molto importante: l’identità di Patria è un concetto concentrico che parte dalla “mia” piccola Depressa per poi abbracciare una comunità sempre più ampia: il Salento, la Puglia, il Meridione, l’Italia, l’Europa e, infine, il mondo.


La nostra è anche una terra di grandissimi uomini, a partire dal padre della letteratura latina, quel Quinto Ennio (III secolo a.C.) che si definiva “Tria Corda”, tre cuori, per la sua conoscenza di ben tre lingue: il latino, il greco e l’osco. Se ci pensate bene la letteratura latina è nata qui: Pacuvio di Brindisi, Livio Andronico di Taranto e Quinto Ennio di Lecce.


Il Salento era il ponte naturale, geografico, culturale fra il mondo greco e quello latino. E poi i miei miti: Don Tonino Bello, Carmelo Bene ed Eugenio Barba. Con il loro non-conformismo, il non seguire il gregge, la loro originalità.

In questo si avverte la loro insularità. Perché, in fondo, il Salento è un’isola e, speriamo, possa anche essere felice».


Edoardo Winspeare


MARCO ANTONIO ROMANO, SCRITTORE, ATTORE E REGISTA TEATRALE


«È un caso se siamo nati qui, ma non è un caso se siamo rimasti»


«Sono in auto. Forse sono un salentino atipico, mi dico mentre guido e rifletto: cosa può significare per me essere salentini oggi?


Bell’interrogativo. Penso che, per assolvermi, scriverò che la condanna di ogni essere umano è, forse, quella di poter vedere il mondo dallo spazietto di vetro rotto che la finestra della vita gli concede: la soggettività.


I grandi uomini magari hanno campi visivi ampi, cosicché sanno cogliere la vita in più ampi orizzonti; invece quelli come me ripiegano guardando la realtà dallo sghimbescio del proprio strabismo che confonde i piani e da dietro un astigmatismo che sfuma i contorni alle cose. Dunque parlerò solo a titolo personale, armeggiando con questa mia soggettività sfocata e obliqua, senza scomodare l’Einsicht di Heidegger che tanto diede filo da torcere al me studente di Filosofia di qualche decennio fa.


Sono un salentino atipico se non sono particolarmente fanatico del mio Salento? Non lo so.


Se non lo sventolo come un vessillo davanti al turista o allo straniero, o quando sono io extra fines; se ci sono posti notissimi del Salento che non conosco, se non sono un appassionato nemmeno della squadra del Lecce?


Sono atipico se non ascolto la pizzica, e men che meno la ballo? Se non ho a casa un tamburello? Ma nun è ca su ieu? Ma non è che iti chiestu alla persona sbaiata? Mentre penso così, mi accorgo che sto pensando in dialetto.


E lì realizzo: ecco, la lingua! La strada dei miei pensieri è lastricata del mio dialetto salentino. E intanto che penso ho parcheggiato davanti al mare e mi si apre il cuore sul ponte del Ciolo.


Ecco perché, forse, sono rimasto e non sono mai andato via, dal Salento. Perché sono figlio di parole antiche che risuonano dentro di me e di un mare che c’era prima di quelle parole, da prima ancora di dirci salentini.


Allora, forse, essere salentini oggi è essere capaci di conservare luoghi come questi che ho davanti agli occhi e parole che li abitano. Perché è un caso se siamo nati qui, ma non è un caso se siamo rimasti, per diventare ciò che siamo: salentini.


È contendere al futuro globale, che spiana i dettagli e le identità, un passato pizzuto come gli scogli di mare, nnudacato come gli ulivi e le schiene dei vecchi.


È sapere restare, oppure sapere tornare, qui, nello scirocco d’Italia. Per non correre il rischio di essere, a breve, intelligenze artificiali. Senza radici, come ogni tecnologia.


E in fondo ogni tanto anche io chiedo “Cci ha fattu lu Lecce osci? Ha persu o ha vintu?”. E pure io mi incanto a guardare una mano che scrive col sangue su un tamburello il dolore di un ragno che balla.


Tiro il fiato, forse sono ancora un salentino: non abbastanza esaltato da credere che après nous le déluge, non così poco da dimenticare che come noi, che siamo l’abbraccio di due mari, esistiamo solo noi».


Marco Antonio Romano


SALVATORE CAFIERO, CHITARRISTA


«Abbiamo una marcia in più»


Salvatore Cafiero, di Miggiano, chitarrista di Raf e Grignani con
moltissime altre collaborazioni (Elodie, Tiromancino, Dolcenera, ecc.), due volte sul palco di Sanremo e attivo
in vari tour e in studio recording


«Essere Salentini? Per me tutto si racchiude nell’avere una marcia in più e vi spiego il perché.


Siamo nati e cresciuti in una terra dove regna la bellezza in tutte le sue forme, la bellezza del mare, del clima, della natura, del cibo. Ed anche la bellezza dei sentimenti tramandati, intrisi di passionalità e legami di sangue che vanno oltre il senso più poetico immaginabile.


Tutto questo nei pregi ma anche nei “difetti” di questa terra, difetti intesi come limiti.


Per esempio, e lo dico per esperienza diretta, la lontananza dai centri nevralgici delle “opportunità”.


Un aspetto che diventa nel tempo, attraverso il sacrificio, un punto di forza: ci si concentra ad accrescere il proprio talento, allenandolo fino a farlo diventare tagliente come una lama.


Perché sai che è l’unica arma che può farti arrivare lontano, superando il limite geografico. Il valore del sacrificio, dell’impegno, contribuisce a creare bellezza, a tutelare il bene prezioso della famiglia ed anche (e soprattutto) ad alimentare il desiderio di riscatto, non solo per sé stessi ma per tutta la propria terra, così lontana, spesso abbandonata dalla politica che conta e vessata, umiliata, dalla cultura del pregiudizio».


Salvatore Cafiero


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Come eravamo: il Carnevale a Tricase negli anni ’30

I ricordi delle masciate di un tempo, raccontati da chi le ha vissute in prima persona

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di Ercole Morciano

L’ultima domenica di Carnevale quest’anno è stata domenica 2 marzo.

L’ultimo giorno sarà invece martedì prossimo: “martedia rassu”, Martedì Grasso: lo dicevano i nostri antenati e lo si dice ancora oggi parlando il dialetto tricasino.

Le prime notizie certe sul Carnevale Tricasino del passato ce le ha tramandate Giuseppe Pisanelli nel suo libro “Notizie su uomini, cose e immagini di Tricase” pubblicato nel 1990 con le edizioni del Grifo di Lecce.

Apprendiamo così che a Carnevale “un’antica tradizione voleva che gruppi di appassionati della recitazione, per lo più artigiani, organizzassero lavoretti teatrali che seralmente andavano a recitare nelle famiglie. In quell’occasione chi disponeva di una stanza più grande delle altre invitava parenti, amici e compari per gustare lo spettacolo”.

Alla fine delle recite e del canto dei vari stornelli composti per l’occasione, il padrone di casa offriva almeno un bicchiere di vino; altrimenti, se di famiglia agiata, oltre al vino, “si offrivano frittelle di vario tipo, rosolio, ecc. Così i nostri maggiori vivevano il carnevale. Tali usanze rimasero in vita fino agli anni Trenta” e oltre.

Un formidabile organizzatore fu Antonio Scarascia, “mesciu ‘Ntunucciu Russu”.

Egli “si cimentò nelle manifestazioni carnevalesche pubbliche e, grazie ad esse, il Carnevale Tricasino era noto in tutta la provincia. Non si trattò di mute sfilate in costume o di carri allegorici inanimati. Si trattò di rievocazione di eventi nazionali importanti come La guerra Italo-Turca, La trasvolata atlantica di Italo Balbo, Il carro di Tespi e tante altre“.

In particolare, Giuseppe Pisanelli descrive nei dettagli la parodia della “Guerra Italo-Turca”, combattuta dall’Italia negli anni 1911-1912 per sottrarre la Libia all’Impero Ottomano.

Ricorda in particolare lo sparo dei fucili grazie alla collaborazione della ditta “Rosati”, ovvero “Mesciu Lia”, conduttore della fabbrica di fuochi pirotecnici.

L’altra descrizione riguarda “La trasvolata” per la quale furono fabbricati gli aerei in legno e cartone “installandoli su biciclette.

Il trimotore a due posti del Comandante, ovviamente ‘Ntunucciu Russu, era fissato su una moto guidata da Toto Galati”, scherzoso autista di autobus.

Dopo il giro per le vie del paese, la squadriglia giungeva in una gremitissima piazza Vittorio Emanuele (ora Pisanelli, vedi foto in alto) per la lettura del discorso d’occasione da parte di mesciu ‘Ntunucciu.

Il Carnevale finiva poi la domenica successiva al martedì delle ceneri, detta della “Pentolaccia”.

E qui Giuseppe Pisanelli ricorda due indimenticabili pentolacce organizzate da mesciu Antunucciu negli anni ‘30.

Il Carnevale Tricasino non aveva dunque una maschera propria come “Titoru” (Gallipoli), “Paulinu” (Lecce e paesi della provincia), “Sciacuddrhuzzi” (Aradeo), “Mielina” (Melendugno), ecc.

La sua specificità era rappresentata dalle “squadre di masci”.

Rimasero in voga fino agli anni ’60 e io, avendoli visti sin da ragazzino, ricordo che ogni squadra era composta da 10-15 “masci”, tutti uomini ma alcuni vestiti e pesantemente truccati da donne, che passavano per le vie di Tricase suonando strumenti veri e strumenti di fortuna e che ogni tanto entravano nelle case per recitare, suonare e cantare stornelli inventati da loro e spesso legati alle canzoni più popolari di quel tempo o a personaggi locali.

Ricordo in particolare una strofa, completa di motivo musicale:

Pisanelli, Pisanelli

Cucinati cu’lla paja

Unu zzumpa, l’otru balla

Nn’otru sona la chitarra

L’otru sona lu mandulinu

Nu ‘nne sciamu de ‘qquai

Se nu ‘nne dati ‘nnu bicchieri de vinu.

Ricordo che ogni squadra (ora chiamata ‘masciata’ con un neologismo dialettale) prendeva il nome dal suo capo, ovvero dal suo organizzatore.

C’era la squadra “de mesciu Alfredu Russu” (Alfredo Scarascia, figlio di maestro Antonuccio), “du Ciccillu” (Francesco Ippati), “du Roccu Surge” (Rocco Di Domenico) e, come mi suggerisce l’ultranovantenne Rocco Musio, c’era anche la squadra di Gino Merico, il figlio del direttore didattico.

Per la squadra cui apparteneva il giovanissimo Donato Valli (futuro professore universitario di Letteratura Italiana e poi Rettore) era lui che scriveva i testi e gli stornelli da musicare; peccato che siano andati persi.

Allora la strada che si riempiva di maschere, a gruppi o singole, era soprattutto la via Stella d’Italia, dove lo strato di coriandoli si alzava da terra per vari centimetri.

Tale prassi durò per gli anni ’60 poi andò scemando.

Gerardo Forte ricorda che intorno agli anni ’70, la Pro Loco di Tricase, con a capo Michelino Morciano e Cosimo De Benedetto, si fece promotrice di un bando per il Carnevale Tricasino.

Parteciparono parecchi gruppi formati da numerosi ragazzi.

Il nostro gruppo“, continua Gerardo, “era capeggiato da Donato Bonalana (sarto), oggi quasi novantenne. Oltre al nostro parteciparono anche altri gruppi: uno di S. Eufemia (Gino Cazzato, Donato Elia, Franco Baglivo ed altri), “mesciu Alfredu Russu” e altri gruppi di cui non ricordo il nome. Dopo un paio d’anni, svanì tutto“.

Un vero e proprio revival del Carnevale Tricasino si ebbe nei primi anni ‘80-’90 dello scorso secolo.

Durante il periodo carnevalesco si esibiva nelle case, secondo l’antica tradizione, il gruppo “Maielana Band”. Animatore principale era Andrea De Carlo; tra i componenti vi erano la moglie Lilo, i fratelli Stefano, Marcello e Carlo, ai quali si aggiungevano altri parenti ed amici.

Le rappresentazioni erano il frutto di un intenso lavoro di squadra per le ideazioni dei testi e per le parti musicali.

Le recite riuscivano ad appagare e divertire un pubblico variegato, ma sempre attento a cogliere l’armonia tra testi, musica e fatti legati ironicamente agli eventi amministrativi di quegli anni in cui i partiti tradizionali andavano tramontando e il nuovo faticava ad affermarsi.

I testi, ispirati ai classici, erano molto curati e avevano titoli come “La Divina Commedia” (1988), “Giulio Cesare” (1989), “Ulisse” (1994).

Non ricordo se le commedie in dialetto dirette in quegli anni da Angelo De Carlo e recitate da attori e attrici in gamba, fossero inserite, oppure no, nel carnevale tricasino, ma questa è un’altra nostra e interessante storia che merita un ricordo a parte.

Nella foto in alto: piazza Vittorio Emanuele (ora Pisanelli), “Trasvolata Atlantica 1932” di Antonuccio Scarascia (Foto di G. Pisanelli).
Nelle foto in basso: via Stella d’Italia, ingresso villa “Barbara ora Vitalone”, “Mascherata carnevalesca 1953” (Foto Fam. Michelino Dell’Abate).
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Masci: Lu Titoru, anche quest’anno, si soffoca con una polpetta

Anche Gallipoli, Casarano, Racale e Ugento si preparano a far festa…

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GALLIPOLI

È una delle feste più attese dell’anno in tutto il Salento: il Carnevale di Gallipoli, uno degli eventi più suggestivi, capace di unire tradizione, divertimento e cultura popolare.

I giorni stabiliti per le sfilate di quest’anno sono domenica 23 febbraio e domenica 2 marzo, quando lungo Corso Roma sfileranno i caratteristici carri allegorici in cartapesta, tra i quali alcuni rappresentano scene tipiche della cultura e della storia della città, e gruppi mascherati, attirando visitatori da tutta la Puglia.

Il gran finale si terrà martedì 4 marzo nel centro storico, con la rappresentazione della celebre maschera di Lu Titoru, simbolo del carnevale gallipolino.

La leggenda narra che Teodoro fosse un giovane militare gallipolino, che, al ritorno dalla leva, chiese alla madre un piatto di polpette, il suo cibo preferito, prima di entrare nel digiuno quaresimale.

Ma nella fretta di mangiarle, Teodoro si soffocò con una polpetta.

Nel corteo mascherato, viene rappresentato il giovane morto, la madre e un gruppo di “comari”, chiamate chiangimorti, che piangono.

La madre di Teodoro, la Caremma, è la figura che rappresenta la Quaresima e accompagna il giovane in questa macabra ma anche folkloristica tradizione.

La maschera di Lu Titoru ha un viso bicolore, giallo e rosso, proprio come la bandiera della città di Gallipoli, che è il simbolo della festa.

RACALE

Tutto pronto per il Carnevale Racalino 2025.

Sabato 1° marzo maschere, gruppi e carri sfileranno con le loro allegria e simpatia.

Partenza sfilata alle 15 da viale dello Stadio e arrivo stimato per le 16,30 in piazza Beltrano Giardini del Sole.

Qui si accenderà la festa: dalle 17 esibizione dei carri allegorici, gruppi mascherati e maschere singole. Intrattenimento con Andrea Scorrano Dj.

Verranno consegnati i premi: al carro più originale; alla maschera effetto wow; al carro più stravagante; il premio speciale Fidas Racale.

Le iscrizioni sono aperte fino a lunedì 24 febbraio, presso il comune di Racale: tutte le mattine, presso l’ufficio InfoPoint; possibile iscriversi anche il martedì e il venerdì pomeriggio, dalle 17 alle 19, presso la sede FIDAS in via Vespucci n. 3.

Per informazioni, contattare il numero 0833 902324.

CASARANO

Il Carnevale Casaranese quest’anno si consumerà il 1° marzo.

In fase di organizzazione la Pro Loco ha tenuto conto della eventuale difficoltà ad attraversare la città e raggiungere molte piazze del centro, causa cantieri aperti e lavori in corso.

Così ha optato per un maxi-raduno in piazza Indipendenza che culminerà con il live show Kawabonga.

Quindi, sabato 1° marzo tutti in piazza: giovani e meno giovani, di Casarano e dei paesi vicini, si ritroveranno dalle 17 per una grande festa in maschera.

Dalle 19,30 il clou della festa con lo spettacolo esplosivo e travolgente di Kawabonga (ingresso gratuito) con musica e sorprese.

UGENTO

Sono due gli appuntamenti da segnare in rosso sul calendario per il Carnevale Ugentino.

Il primo domenica 2 marzo, presso l’Associazione culturale “Mare Blu” in viale don Tonino Bello, si svolgerà il “Ballo in maschera” (quinta edizione). A partire dalle 15,30 balli di gruppo, baby dance, tiro alla fune, corsa con i sacchi e tante altre attività per il divertimento di bambini, ragazzi e famiglie.

È prevista anche la premiazione della maschera più bella. La sfilata, organizzata dalla ProLoco Ugento e Marine, è in programma lunedì 3 marzo: “Il Carnevale arriva ad Ugento!” alle ore 16.

Il corteo chiassoso e colorato attraverserà Ugento partendo da Largo Pretura (via F.lli Mille), fino ad arrivare in piazza San Vincenzo dove fare festa tra musica e divertimento.

Una giuria decreterà il gruppo e la maschera più belli.

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Come fare acquisti su eBay risparmiando e proteggendosi

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Acquisti Sicuri

Acquistare online è un’abitudine consolidata per chi desidera un’ampia scelta di prodotti a prezzi competitivi e eBay si presenta da molti anni ormai come uno dei mercati virtuali più completi in circolazione.

Il portale rende possibile accedere a un catalogo enorme di articoli, sia nuovi che usati, spesso introvabili altrove. È sufficiente avviare una ricerca mirata o partecipare alle aste online per trovare buone occasioni, ma non tutti sanno come ottimizzare il proprio budget ed evitare potenziali raggiri. La capacità di distinguere le vere promozioni dalle inserzioni sospette aiuta a evitare acquisti avventati. Ma vediamo insieme alcuni consigli utili sull’argomento.

Strategie e consigli

Per risparmiare su eBay è possibile usare piattaforme dedicate che raccolgono e offrono codici sconto e coupon. Questi siti aggregano le migliori offerte disponibili, permettendo agli utenti di accedere a sconti esclusivi e promozioni temporanee, e funzionano semplicemente cercando e selezionando il codice desiderato, che può essere applicato al momento del pagamento su eBay.

Inoltre, fungendo da veri e propri comparatori di prezzi, aiutano a risparmiare proponendo le migliori offerte ai clienti interessati su una vasta gamma di prodotti, venduti da portali differenti, autorevoli e affidabili.

Utilizzare un codice sconto eBay attraverso queste piattaforme è un modo semplice per ottenere ulteriori riduzioni sui prezzi già competitivi offerti dal sito.

Come funziona il sito e come risparmiare

I potenziali acquirenti possono anche affidarsi alle varie soluzioni che la piattaforma eBay mette a disposizione. Prima di tutto, vale la pena familiarizzare con le opzioni di acquisto disponibili:

  • Compralo Subito, che fissa un costo immediato;
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Trovare un articolo a un prezzo concorrenziale non è però sufficiente: ridurre le spese di spedizione risulta altrettanto importante, soprattutto se si effettua più di un acquisto dal medesimo venditore. In questo caso, la spedizione combinata permette di ricevere diversi oggetti in un unico pacco, abbattendo i costi aggiuntivi.

Se invece si intende puntare sulle aste online si possono sfruttare alcuni piccoli accorgimenti, come:

  1. Osservare l’andamento dell’offerta;
  2. Attendere la fase finale dell’asta prima di inserire il rilancio;
  3. Impostare un limite massimo per non superare il proprio budget.

In aggiunta a tutto questo, è bene ricordare la funzionalità “Oggetti che osservi”, che risulta molto utile per monitorare le fluttuazioni di prezzo nel tempo. Se il valore dell’articolo desiderato cala inaspettatamente o il venditore propone un ribasso, giungerà una notifica che permetterà di approfittare dell’occasione.

È vero che è possibile effettuare acquisti su eBay anche come utente ospite, ma la registrazione all’interno della piattaforma permette di avere ulteriori vantaggi di risparmio, come la possibilità di partecipare e fare offerte in aste online, inviare proposte d’acquisto o contattare più semplicemente i venditori.

Come tutelarsi dalle frodi durante l’acquisto

Tra i rischi più comuni per chi acquista su eBay figurano gli annunci ingannevoli o i pacchi mai consegnati.

Il feedback dei venditori rappresenta un’ottima bussola per evitare questi pericoli: valutare il numero di recensioni presenti e i commenti degli acquirenti aiuta a riconoscere i profili più affidabili. In caso di valutazioni negative, infatti, conviene sempre verificare la natura dei reclami, che potrebbero riguardare tempi di spedizione elevati o articoli non conformi.

Un segnale d’allarme emerge quando il venditore chiede di completare la transazione al di fuori di eBay, per esempio via e-mail o con metodi di pagamento non consentiti dalle regole ufficiali.

Concludere un acquisto esternamente significa rinunciare alle tutele e alle garanzie di rimborso previste dalla piattaforma, esponendosi a potenziali truffe. Per lo stesso motivo, bisogna evitare di condividere dati sensibili con contatti sconosciuti, restando sempre nei canali ufficiali del sito.

Un’ulteriore forma di inganno consiste nel fornire un codice di tracciamento falso o incompleto, lasciando l’acquirente senza possibilità di monitorare la spedizione. Se non si riceve l’oggetto entro i tempi previsti, si consiglia di consultare la pagina dell’ordine e inviare un messaggio al venditore.

Se non si ottiene una risposta soddisfacente, eBay offre un sistema di protezione che prevede la richiesta di assistenza per ordini non ricevuti. Analogamente, è disponibile una procedura per effettuare il reso o chiedere il rimborso nel caso in cui l’articolo arrivi danneggiato o non corrisponda alla descrizione.

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