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Approfondimenti

Nuovo Eurospin Tricase: zitti e buoni!

La sensazione forte , acre, è che, ancora una volta, da indomiti cucuzzari, siamo stati trattati alla stregua degli indiani d’America…

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Sta prendendo forma l’edificio che ospiterà in via Pirandello il nuovo punto vendita dell’Eurospin. Contemporaneamente trovano conferma alcuni dei nostri sospetti, mai fugati per la volontà dei committenti di non comunicare con il territorio.


Nel cuore della città dovremo sorbirci lo spettacolo (si fa per dire) di questa bruttura di cemento rivestita di mattoni che mal si confà con ogni sentimento di buon gusto e nulla ci azzecca con la storia, la tradizione, l’architettura salentina e tricasina in particolare, riportando semmai a quelle costruzioni seriali di alcuni quartieri di città operaie inglesi, proliferati ai tempi delle miniere.


Questo al netto del prevedibile aumento del traffico in quella zona e della cronica assenza di parcheggi su via Pirandello, già oggi ingolfata e per la quale non basterà il poco spazio dedicato (si dice 38 parcheggi) nella struttura in fase di realizzazione.


Quindi più traffico, più smog e estetica che lascia a desiderare (eufemismo).


A che scopo? (Si dice) Per qualche posto di lavoro, forse. Beneficio (si, ma per chi? Con quale criterio?) compensato dal segno meno di tutti quei negozi di vicinato che vedranno calare il loro volume d’affari e che, stretti nella morsa della concorrenza del colosso della grande distribuzione, rischiano anche di dover abbassare definitivamente la saracinesca della loro bottega.

L’argomento è diventato virale, più che sui social tra i capannelli di tricasini che, grazie a Dio, con il Covid che un po’ sta mollando la presa, sono tornati a riformarsi (sempre con la mascherina, come da normativa) nelle piazze e negli angoli nevralgici del paese.


Salvo rare eccezioni, chi si occupa di politica a vari livelli ha fatto spallucce: qualche dichiarazione melliflua quando sono iniziati i lavori e abbiamo sollevato la polemica, alcuni interventi di comodo e poco altro.


Allora lo diciamo noi, senza peli sulla lingua: la sensazione forte , acre, è che, ancora una volta, da indomiti cucuzzari, siamo stati trattati alla stregua degli indiani d’America: i conquistadores approfittando della loro ingenuità, donavano degli oggetti, degli specchi, dei monili senza valore e, in cambio, gli toglievano tutto.

Sospetti, sensazioni, “si dice”… Per il manuale del bravo giornalista il tutto potrebbe non essere abbastanza per un articolo che si regga sulle sue gambe (a parte la questione estetica, perché quel capannone mattonato proprio non si può guardare, e questo è oggettivo).


In effetti è come aver lasciato in sospeso tante domande senza risposte o quantomeno la cosiddetta difesa di parte. Questo, però, non è certo dipeso dalla nostra volontà.

I committenti dei lavori (Eurospin Puglia Spa) hanno preferito il silenzio e, anche se contattati in diverse occasioni e a diversi livelli, non si sono degnati di darci alcuna risposta.

Così le domande restano in sospeso.


Alla Eurospin avremmo voluto riportare i dubbi dei cittadini, chiedere del paventato rischio idrogeologico, della battaglia legale con la Redo Srl (“l’altro Eurospin”), delle polemiche sul titolo unico per la concessione edilizia.

Avremmo voluto chiedere se è vero che «Eurospin Italia si è mossa per scongiurare l’arrivo di un altro competitor (come sostenuto da Andrea Musio, sempre de “l’altro Eurospin”), a costo di far chiudere chi sul territorio ha già sposato il marchio».


Avremmo voluto chiedere anche il perché della vigilanza notturna nei pressi del cantiere…


Dal colosso della grande distribuzione, a parte l’assordante silenzio che legittima tutti i sospetti, anche quelli più strampalati, e non fuga i dubbi, solo una laconica risposta con cui da Eurospin Puglia Spa ci informavano di aver «girato la vostra mail all’ufficio competente che se lo ritiene opportuno vi contatterà».

Evidentemente non lo ha ritenuto opportuno…


Snobbare noi, ben inteso, vuol dire mancare di rispetto e fregarsene di tutti i cittadini che hanno diritto ad avere delle spiegazioni su quello che accade in casa loro. Invece solo silenzio. Il pensiero verosimilmente è stato quello di tirare dritto ad ogni costo nel nome dell’unico interesse che è il profitto: zitti e buoni, tanto alla fine si costruisce lo stesso, il nuovo punto vendita entrerà in funzione e, col passare del tempo, nessuno ne parlerà più…


Invece noi, statene ben certi, continueremo a parlarne. Con o senza contradditorio.


Giuseppe Cerfeda


Approfondimenti

Mesciu Pippi, custode dell’arte edilizia

Al secolo Raimondo Giuseppe Marra, nato nel 1943 a Montesano Salentino, considerato un custode della lavorazione tradizionale e un vero e proprio maestro delle volte a stella, a squadro e a botte

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In nostro approfondimento sulla tradizione del costruire salentino si chiude con una figura storica dell’edilizia salentina.

I più attempati si ricorderanno certamente di Mesciu Pippi.

Al secolo Raimondo Giuseppe Marra, nato nel 1943 a Montesano Salentino, anche se all’anagrafe risulta Miggiano, di cui il suo paese, all’epoca, era ancora frazione. A 15 anni iniziò a lavorare in cantiere e, da allora, l’arte edile è diventata la sua vita.

Tanto da essere considerato un custode della lavorazione tradizionale e un vero e proprio maestro delle volte a stella, a squadro e a botte.

La sua storia è riportata nel libro “Il cantiere edile come biografia e memoria”, scritto dall’architetto Venanzio Marra, figlio di Raimondo Giuseppe.

Mesciu Pippi cita il suo maestro: «È stato Donato De Matteis, un abile costruttore di Montesano. Poi ho avuto tanti altri maestri, tra cui Ippazio Morciano, mesciu Pati, di Tiggiano. Dopo aver lavorato con lui, nel 1973, ho dato vita alla mia attività».

Nonostante sul finire degli anni 70 stesse cambiando il modo di costruire passando dalle strutture interamente in muratura, con copertura a volta, ai sistemi in cemento armato, con le strutture puntiformi e i solai, Mesciu Pippi è rimasto legato alla tradizione: «Il passaggio dalle costruzioni tradizionali a quelle moderne non è stato indolore. Il cantiere tradizionale veniva sostituito da un cantiere in cui l’esecuzione delle opere diveniva più veloce, aumentava la standardizzazione della componentistica edile. Ma spesso si perdeva parte della sapienza costruttiva e le maestranze diventavano sempre più dequalificate. Sin dal 1975, quando capitava di demolire una volta (per esempio a stella) per costruire una struttura moderna con i solai piani, pensavo che i nuovi edifici non sarebbero durati così a lungo. Insomma, si demolivano strutture fatte ad arte per sostituirle con altre che non davano la stessa garanzia».

PER L’INTERVENTO DEL CONSERVATORE – RESTAURATORE GIUSEPPE MARIA COSTANTINI CLICCA QUI

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Muretti a Secco e Pajare

Costruire salentino: Dario Damiano Profico di Gagliano del Capo “riporta in vita” le pietre

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Con Dario Damiano Profico di Gagliano del Capo siamo al quarto capitolo del nostro approfondimento sulla tradizione dell’edilizia salentina (dopo l’intervento del Conservatore-Restauratore Giuseppe Maria Costantini, il Coccio Pesto e le Cementine e le Volte a Stella)

Dario ha fatto della sua passione un lavoro.

Da quasi 25 anni la sua mission è restaurare muretti a secco e pajare che, ipse dixit, «ricostruisco com’erano all’origine».

Anche Dario conferma che la «richiesta di lavori tradizionali è alta sia perché il risultato è indubbiamente bello da vedere sia perché, per questo tipo di lavori, ci sono possibilità di accedere a specifici finanziamenti. Il ripristino dei muretti a secco, in modo particolare, è molto richiesto».

Qual è in particolare il tuo lavoro?

«Riportare il tutto com’era un tempo con lo stesso tipo di lavorazione. Da non confondere con ciò che fanno taluni, utilizzando metodi non indigeni che danno un risultato finale diverso rispetto a quello che erano i muretti a secco originali del Salento, rovinandone peraltro l’estetica».

In particolare, a cosa ti riferisci?

«All’utilizzo del calcestruzzo e al mancato utilizzo della terracotta. Sia per le pajare che per i muretti ci tengo farli “a secco”, proprio come si faceva una volta. Per questo chiedo che le pietre non mi arrivino spaccate, ma esattamente come sono state scavate. In modo che io possa dare consistenza al tutto con le pietre grosse, senza utilizzare il cemento».

Il cemento non lo utilizzi affatto?

«Tendo a farne a meno. In qualche occasione sono costretto a farlo perché il committente vuol farci passare la corrente elettrica. Così, per evitare i crolli e cautelare i tubi, uso il calcestruzzo in tre strati: base, centrale e superiore perché ci metto il cordone finale a forma di “A”, per scaricare il peso al centro del muro e dare solidità a tutta la struttura».

Veniamo ai costi. Per un muretto a secco qual è il costo medio?

«Si parte da 35 euro fino ad arrivare a 90 euro a metro lineare. Dipende dalla richiesta. C’è chi vuole un muretto praticamente liscio, a fuga chiusa: in questo caso, la lavorazione richiede maggiori tempi e maggiori costi. Se uno vuole un muro che sia “uno specchio”, senza fughe, vuol dire che la pietra andrà lavorata nel minimo dettaglio e quindi il prezzo sarà più alto. Se, invece, si preferisce il metodo originale, con il minimo utilizzo del martello sulla pietra grezza locale, il costo scende».

E per le pajare? Se, ad esempio, dovessi rimetterne in piedi una di 50 metri quadri?

«Per una pajara di 50 mq, compresi gli esterni (si calcola così, NdR), occorreranno in media 8mila euro, sempre ricostruendola esattamente come era una volta, ovviamente tutta a secco».

Pajare riportate all’origine tranne che per un particolare: «Nel ricostruirla alzo l’apertura fino a due metri, due metri e 15 centimetri, perché in origine l’ingresso alla pajara era molto basso e quindi scomodo»

Qualche tempo fa Dario Profico ha fatto capolino su Rai 3:

«Erano affascinati dalla nostra storia, anche abitativa. Qualche volta è necessario che arrivino da fuori Salento per ricordarci ciò che abbiamo. Non sarebbe male stessimo più attenti a quelle che sono le nostre tradizioni».

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Volte a Stella

Costruire salentino: Donato Marra di Tricase specialista del sistema di copertura a volta

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Dopo l’introduzione storica del Conservatore-Restauratore Giuseppe Maria Costantini e il capitolo dedicato a Coccio Pesto e Cementine, (seguirà quello sul Muretti a Secco e Pajare) il nostro approfondimento prosegue con Donato Marra, imprenditore edile, 59 anni di Tricase, specialista in Volte a Stella.

Da quanti anni fa questo mestiere?

«L’azienda personale esiste da circa trent’anni, ma la prima esperienza risale a quando, adolescente, ho iniziato a lavorare con mio padre, presso la sua impresa di costruzioni.  Mio padre è stato il mio mentore e maestro, un gran maestro. È lui che mi ha “iniziato” e insegnato a creare l’arte delle antiche costruzioni, delle volte antiche, quelle storiche che si possono ammirare in Salento in tante costruzioni nobiliari».

È un dato di fatto: lo stile “salentino”, volte a stella, muretti, ecc.. è sempre più richiesto. Le risulta?

«È vero, le volte, le costruzioni tipiche salentine sono sempre più richieste. Per parte mia, una volta appresa la bellezza dell’arte salentina, ho voluto metterla a frutto: tutto quello che mi avevano insegnato l’ho restituito creando e consegnando bellezza nelle mani dei clienti. Vorrei aggiungere, però, che spesso l’eccessivo costo di queste costruzioni non è alla portata e per la tasca di tutti. Inoltre, la terra del Capo di Leuca è piena di vincoli e questo non permette di costruire molte case tipiche in campagna».

Considerata la sua esperienza, cosa le chiede maggiormente la sua clientela?

«Devo dire che sono tante le ristrutturazioni che effettuiamo, anche grazie all’arrivo dei tanti stranieri che comprano in Salento. Loro, per fortuna, sono molto attenti al recupero ed alla ristrutturazione di case, masserie o ville antiche: desiderano soprattutto che i lavori vengano eseguiti con una fedeltà all’antico maniacale e che sempre sia più vicina alla costruzione che è stata, e, aggiungo, questo è un bene per noi e per il nostro Salento».

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