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Attualità

I Preti ed il matrimonio, problema secolare

Il matrimonio, si sa, richiede il momento dell’attrazione e dell’innamoramento, quindi della passione…

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ESCLUSIVA


di Hervé Cavallera


Il problema del celibato ecclesiastico è assai complesso e non è sempre presente in tutte le confessioni religiose. Per quanto riguarda il Cristianesimo, esso fu affermato per tutti i chierici, come già richiedevano Ambrogio, Girolamo, Agostino, solo col Concilio Lateranense I (1123) e quindi ribadito col Concilio di Trento (1545-63) e in anni non lontani col Concilio Vaticano II (1962-65). Ora se ne è tornato a parlare e diventa opportuno fare qualche precisazione sia pure in chiave laica, con tutto il rispetto dei diversi orientamenti.


CONTATTO CON LA DIVINITA’


La figura del sacerdos è quella di colui che mette in contatto con la divinità, che fa il sacro. Ciò esprime la straordinarietà del suo ruolo. Gran parte degli esseri umani cerca la divinità o crede in essa. Tra i credenti, però, solo pochi sono riconosciuti come un ponte tra l’umano e il divino, e tra questi vi è, nel mondo cattolico, una gerarchia che vede al grado più alto il Sommo Pontefice. Certo, tutti i credenti hanno un loro rapporto col divino e lo hanno attraverso la preghiera.


Che poi la Divinità (si pensi alle apparizioni della Madonna) si possa loro rivelare o aiutarli (mediante l’intercessione dei Santi) attraverso dei miracoli è considerato un fatto eccezionale, fuori della norma. Ma se il rapporto col Sacro, per il tramite della preghiera, vale per tutti, per il presbitero vi è un momento particolare che è suo proprio e si ha quando nell’officiare la Messa il sacerdote nell’eucaristia rinnova l’evento sacrificale di Cristo, il Quale diventa di fatto presente.


Si tratta di un momento straordinario e l’officiante ha un compito di estrema importanza. Sappiamo pure che la Chiesa Cattolica sottolinea l’importanza del sacramento della Penitenza e della Riconciliazione.

Ora, confessarsi non è come andare dallo psichiatra o dallo psicoanalista, ossia da uno specialista che deve in vario ristabilire un ordine di un apparato psichico e fisiologico sconquassato. Colui che si confessa si trova a manifestare un elenco di errori, meglio di peccati, fatti sotto l’impulso, per calcolo, per quello che sia, ma sono azioni che egli riconosce sbagliate, peccaminose, nocive a sé e quindi anche agli altri e chiede pietà e perdono.

Il sacerdote perdona e invita a non peccare più e lo fa, al di là della speranza che il peccatore si ravveda davvero, non per suo conto, ma in nome della Divinità. Dio solo perdona i peccati (Mc, 2,7). Da questo punto di vista il perdono del sacerdote e l’invito alla riconciliazione sono possibili in quanto egli non è altro che il portavoce del Sacro, del Divino.

Sono sufficienti i due aspetti sopra indicati (e si potrebbe continuare, tenendo presente gli altri sacramenti) a mostrare, come se ce ne fosse bisogno, che il sacerdote, proprio per il suo esercizio, non è come gli altri credenti.


LA STRADA DEL PARADISO


Chi sceglie di divenire presbitero (sacerdote) intraprende un cammino non comune né facile che richiede una diversità di vita rispetto agli altri credenti.

Certo – sempre per rimanere all’interno del mondo dei credenti, in quanto il discorso che qui si sta facendo può non riguardare gli atei – non è detto che tutti i sacerdoti dopo la morte ascendano al Paradiso.

Possono commettere anche loro colpe più o meno gravi, come è altrettanto ovvio che anche i non sacerdoti possono diventare santi.


Ciò che qui si sta dicendo è che scegliendo (ribadisco che si tratta di una scelta, di una vocazione) si decide di compiere un tragitto particolare che distingue il presbitero dal resto dei fedeli.

Al che si potrebbe obiettare che non vi è nulla di male, come avviene tra i protestanti, che egli si formi una famiglia, anche perché il matrimonio è un sacramento e gli esseri umani si sposano e procreano, generano vita. E qui si ricade nella confusione.


Il matrimonio, si sa, richiede il momento dell’attrazione e dell’innamoramento, quindi della passione.

E poi il problema dell’educazione dei figli a cui occorre dedicarsi e il mantenere la famiglia con annessi e connessi.

Tutte cose legittime, si capisce bene, e che devono essere fatte con responsabilità.

Ma la condizione di sacerdote implica la scelta di vita consacrata al Signore, come chi si sposa sa di dovere operare per il bene della comunità familiare presente e futura.

Si tratta di due “consacrazioni” di differente natura e significato; anche per questo la Chiesa cattolica non ha accettato, diversamente dai protestanti, l’idea di un prete sposato che, oltretutto non trova riscontro nella esistenza degli Apostoli in quanto tali.


LA COMUNITA’ E’ LA SUA FAMIGLIA


Il che non vuol dire che il prete, il sacerdote non abbia una famiglia.

Ce l’ha, invece. Ed è tutta la comunità in cui presta servizio e in cui si impegna per seguirla, migliorarla. Pertanto egli deve spendere le sue energie, le sue preoccupazioni a favore dei tanti parrocchiani.

Si tratta di un aspetto fondamentale.

Il presbitero è colui che dedica sé stesso a portare alla comunità la parola del Signore e pertanto si pone fuori della logica eudemonistica di tutti coloro che aspirano ad affermarsi nel mondo, col consenso ma anche col contrasto dei propri simili.

Il presbitero non si batte per l’affermazione di sé e dei suoi, rivendicando miglioramenti economici, di grado, di posizione sociale.

Egli, come si è detto, è essenzialmente un ponte tra gli uomini e la Divinità e per questa massima funzione egli deve far sì che le sue cure, di là di quelli che sono i suoi compiti liturgici, siano indirizzate alla promozione morale della comunità in cui opera, anche aiutando, nei modi possibili e leciti, i bisognosi, i deboli, i fragili.


Sabato 7 giugno, in Duomo, l’Arcivescovo di Milano, il cardinale Angelo Scola ha ordinato 25 nuovi sacerdoti della Diocesi ambrosiana.


Vi è in questo una dimensione che i laici direbbero eroica e che invece, per i credenti, non è che la chiamata all’Ordine per cui, come ricorda il Concilio Vaticano II (Cost. Sacrosanctum Concilium e Cost. dog. Lumen gentium), il sacerdote non solo rappresenta Cristo di fronte alla comunità dei fedeli, ma agisce anche a nome della Chiesa, particolarmente quando offre il sacrificio eucaristico.


NON PIU’ IO MA NOI


Per queste ragioni la figura del presbitero è quella del padre di una comunità a cui tutti i fedeli si possono rivolgere sapendo che non vi sono preferenze e interessi personali. Il presbitero ha sacrificato il suo io al Noi rappresentato dalla Chiesa.

Tutto questo non costituisce una mera pompa, bensì, come si è detto, una chiamata ed implica una diversità di vita che comporta l’accettazione di qualcosa che per altri è un sacrificio (si pensi appunto al celibato, ma si dovrebbe altresì pensare a tutte le limitazioni a cui un buon presbitero si sottopone), comporta il divenire un esempio per la propria comunità.


È una scelta e un cammino umanamente difficili in quanto significano vivere non per sé stessi e per i propri intimi, ma per il “gregge” dei fedeli di cui si diventa benevola guida.

Il premio è la santità, che non è certamente poca cosa e che mostra inequivocabilmente come un sacerdote possa e debba fare a meno di tanti modi di essere che sono pure consueti tra i laici.


NE’ DIMINUZIO NE’ SOFFERENZA


Ciò non è né una diminutio né deve essere intesa come una sofferenza, anche se implica un impegno non lieve (non mancano per i viventi le tentazioni), ma deve essere colto come pienezza di vita che è il saper andare oltre i confini del proprio io, donandosi a tutti per far crescere tutti nel vero e nel bene. Divenuto testimone di Dio in terra, il sacerdote, come tutti i religiosi, fa della sua vita la linfa positiva della sua gente: in questo egli stessi si alimenta e pertanto vengono meno le modalità con cui i laici tendono a vivere nel loro quotidiano.


Attualità

Porto Cesareo resta Area Specialmente Protetta di Interesse Mediterraneo

Confermata la certificazione che la inserisce tra le zone marine e costiere caratterizzate da un elevato grado di biodiversità, habitat di particolare rilevanza naturalistica, specie rare, minacciate o endemiche

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L’Area Marina Protetta Porto Cesareo si conferma un’Area Specialmente Protetta di Interesse Mediterraneo (ASPIM), aggiudicandosi ancora una volta la certificazione che la inserisce tra le zone marine e costiere caratterizzate da un elevato grado di biodiversità, habitat di particolare rilevanza naturalistica, specie rare, minacciate o endemiche.

La conferma della certificazione ASPIM è giunta al termine di una tre giorni di lavori sul campo da parte della commissione internazionale composta da Leonardo Tunesi, rappresentante del Focal Point, Robert Turk e Rais Chedly esperti internazionali, Antonio Terlizzi, esperto nazionale e dal direttore dell’AMP Porto Cesareo Paolo D’Ambrosio.

L’iter per ottenere il riconoscimento come da regolamento è passato dall’attivazione di attività di studio scientifico sistematico e di monitoraggio degli habitat, che consentono di stilare gli elenchi delle specie di flora e fauna necessari per definire il grado di biodiversità del sito.

«Lo status viene mantenuto attraverso il costante monitoraggio e salvaguardia delle specie individuate negli elenchi, ed essere ASPIM aumenta la nostra responsabilità di controllo dell’ambiente, allo scopo di salvaguardare le specie e gli habitat in cui esse vivono e si riproducono», hanno affermato soddisfatti i massimi responsabili di AMP Porto Cesareo.

Il riconoscimento dello status di ASPIM viene rilasciato dal Regional Activity Centre for  Specially Protected Area (RAC-SPA), con sede a Tunisi, organismo creato nel 1995 fra i Paesi che hannostipulato nel 1976 la Convenzione di Barcellona per la protezione del Mediterraneo dall’inquinamento.

È questo centro che definisce e mantiene la lista delle ASPIM, vagliando nuove domande e promuovendo le aree protette meritevoli del riconoscimento.

Le aree marine protette italiane che detengono lo status di ASPIM sono attualmente 10.

Quattro in Sardegna tra cui Capo Carbonara, Capo Caccia-Isola Piana, Penisola del Sinis-Isola di Mal di Ventre e Tavolara-Punta Coda Cavallo.

A livello nazionale figurano poi Portofino (prima AMP italiana ad aver ottenuto il riconoscimento, nel 2005), Miramare, Plemmirio, Punta Campanella.

Per il Salento, Porto Cesareo e Torre Guaceto.

Direttore e Presidente dell’AMP esprimono la loro soddisfazione per questo «ulteriore traguardo raggiunto, a conclusione di quest’anno, che conferma le altissime performance dell’AMP Porto Cesareo, la quale si posiziona non solo tra le prime a livello Nazionale, ma anche nell’élite delle Aree Specialmente Protette di Importanza Mediterranea»

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Fitto vicepresidente Commissione Ue, arriva il via libera

La situazione si è sbloccata ieri sera con il voto favorevole di Popolari, Socialisti, Liberali, Conservatori e Sovranisti. Ma i Verdi non ci stanno e i Socialisti si spaccano. Il presidente della Camera del Commercio di Lecce, Mario Vadrucci: «Sappiamo che l’On. Fitto non dimenticherà le sue origini e aiuterà le espressioni dell’impresa e del lavoro del Salento e della Puglia ad affermarsi in un contesto continentale nel il quale i nostri operatori vogliono recitare da protagonisti»

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Alla fine, Raffaele Fitto ce l’ha fatta.

Dopo lunghi giorni di attesa, polemiche a non finire e qualche ironia social, dopo il suo intervento in un inglese non proprio fluente, è arrivato il via libera alla nomina del politico salentino.

I coordinatori delle commissioni Affari regionali dell’Eurocamera, con il quorum dei due terzi, hanno dato l’ok alla nomina di Raffaele Fitto a vicepresidente esecutivo della Commissione con delega alla Coesione.

Allo stesso tempo le commissioni Affari Economici, Industria e Ambiente hanno dato l’ok definitivo alla nomina della spagnola Teresa Ribera.

Il voto finale previsto mercoledì 27 novembre, in seno alla plenaria della Commissione europea.

L’accordo, formalizzato nella serata di ieri, ha sbloccato il voto favorevole di Popolari, Socialisti, Liberali, Conservatori e Sovranisti su Fitto, mentre Ribera ha ricevuto il sostegno anche di Verdi e Sinistra.

Non sono mancate, però, le critiche: i Verdi hanno accusato il PPE di minare la trasparenza e i principi democratici, mentre il gruppo Socialista si è spaccato, con delegazioni di paesi come Germania e Francia contrarie all’intesa.

Per molti la nomina di Fitto è inopportuna perché «rappresenta un partito contro lo Stato di diritto, l’ambiente e l’integrazione europea».

Il presidente della Camera del Commercio di Lecce Mario Vadrucci si compolimenta: «Da Italiani e soprattutto da salentini siamo particolarmente soddisfatti di come si è conclusa la vicenda connessa con il completamento della Commissione Europea, che vede Raffaele Fitto meritatamente nominato nel prestigioso incarico di vicepresidente esecutivo dell’organismo che regge politicamente e concretamente le sorti dell’Unione Europea».

«Le attestazioni di stima che, in questi giorni, da più parti politiche, sono state espresse sulla figura di Raffaele Fitto, èprosegue il presidente della Cammera del Commercio leccese, «ci fanno ben sperare in vista di un lavoro nei settori delicati cui è stato chiamato, quelli delle Riforme e della Coesione, che guardano al futuro ed alla crescita della parte meno sviluppata dei Paesi Europei».

«Sappiamo che l’On. Fitto non dimenticherà le sue origini salentine e, nel suo impegno politico per favorire la coesione europea», conclude Mario Vadrucci, «cercherà di fare gli interessi dell’Italia, aiutando anche le espressioni dell’impresa e del lavoro del Salento e della Puglia ad affermarsi in un contesto continentale nel il quale i nostri operatori vogliono recitare da protagonisti».

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Attualità

Ospedale di Casarano, «eterna emergenza»

Carenza di personale al “Ferrari”: «Sette reparti in affanno. Difficoltà a programmare i turni, rischio burnout e incapacità di gestire il paziente». Fp Cgil chiede «Subito una Commissione Sanità ad hoc»

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«Rischio burnout, disservizi, paralisi della struttura: subito una riunione monotematica della Commissione Regionale sulle sofferenze dell’ospedale di Casarano».

Sono giorni complicati in molti reparti del “Ferrari”, che vive una delle più gravi carenze di personale della sua storia.

La Fp Cgil Lecce ha scritto alla Regione (al presidente della terza Commissione e al responsabile del Dipartimento Salute) ed ai dirigenti di Asl e presidio per denunciare tutti i disagi vissuti da pazienti e lavoratori: «Il fabbisogno è talmente alto da non riuscire a garantire, in molti casi, neppure la normale turnazione».

«Dopo un’attenta ricognizione», il sindacato segnala «ben sette unità operative in sofferenza e ai limiti della capacità di gestire la salute del malato, oltre alla vicenda delle squadre antincendio».

REPARTO PER REPARTO

«In Medicina e chirurgia d’accettazione e d’urgenza per coprire i turni si ricorre alle attività aggiuntive.

Nel reparto di Anestesia e rianimazione e nel Blocco Operatorio mancano anestesisti, infermieri e operatori sociosanitari (Oss).

L’unità operativa di Patologia clinica non dispone di un numero sufficiente di biologi e tecnici di laboratorio. 

Particolarmente grave la situazione in Radiologia, dove i tecnici sono costretti a saltare il giorno di riposo e la programmazione dei turni mensili è diventata un’impresa impossibile da realizzare.

A Neurologia mancano infermieri ed Oss: qui addirittura di recente è stato richiesto al personale smontante di garantire anche il turno successivo di notte.

Nel reparto di Geriatria il turno è composto un Oss e due infermieri, ma è evidente che un solo Oss non può riuscire a soddisfare l’assistenza diretta al paziente.

Infine, nell’unità di Cardiologia mancano medici, infermieri e Oss».

 SANITASERVICE E ANTINCENDIO

«Ci sono appena quattro persone nell’organico della squadra antincendio e tra queste, una si trova in aspettativa lunga. Per garantire la copertura dei turni, si attinge al personale di Sanitaservice, che però in caso di necessità può garantire l’intervento solo al mattino. Una situazione che costringe le 3 persone in organico a lavorare costantemente di pomeriggio, di notte e nei festivi. Solo l’abnegazione e la dedizione del personale, davvero innamorato della propria professione e fedele al dovere nei confronti del paziente, garantisce l’attività in un ospedale importante come quello di Casarano», dicono Floriano Polimeno, segretario generale della Fp Cgil Lecce, e Cosimo Malorgio, coordinatore provinciale per la Fp Cgil.

«Proseguire oltre», aggiungono, «non è possibile. Il rischio burnout, ossia dello stress da lavoro-correlato, è concreto. Continuando così, poi, si va dritti verso la paralisi dell’ospedale, incapace di erogare prestazioni sanitarie. Spiace constatare che nonostante gli interventi politici e le audizioni alla Commissione regionale Sanità, nulla sta cambiando».

 

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