Approfondimenti
Tricase: il Giubileo dell’Ospedale “Panico”
Proseguono le iniziative per celebrare il 50° anniversario del nosocomio. La cronaca della giornata salentina del Card. Pietro Parolin, segretario di Stato di Papa Francesco
Com’è stato annunciato, durerà tutto l’anno il giubileo dell’ospedale tricasino ma gli eventi che abbiamo vissuto in questi giorni hanno avuto un’intensità in crescendo che non sarà facile uguagliare.
50 anni fa, il 4 dicembre del 1967, veniva ricoverato il primo paziente: una data memorabile che è stata ricordata con un programma straordinario. Tutti gli ambiti sono stati interessati da iniziative che hanno visto al centro il sogno del Cardinale Giovanni Panico divenuto realtà e cresciuto grazie all’amorevole, intelligente dedizione delle suore Marcelline.
L’ambito scientifico-tecnologico-organizzativo è stato il primo ad essere considerato; le tre tavole rotonde svoltesi nella gremita sala del trono a Palazzo Gallone, possiamo considerarle come originale contributo di riflessione sulle problematiche concrete che gravano oggi sulla sanità italiana e in particolare sugli ospedali cattolici “no profit classificati” come il “Panico” di Tricase. I lavori, aperti da sr. Filomena Pedone, superiora generale delle suore Marcelline, hanno visto gli interventi di relatori di prim’ordine nei campi della ricerca scientifica e dell’innovazione tecnologica in ambito sanitario. Le loro qualificate proposte potranno essere oggetto di pubblicazione e rendere ancor più meritevole la scelta del comitato organizzatore di andare oltre l’aspetto meramente celebrativo del giubileo per farlo diventare occasione di crescita e apertura di prospettive sempre più avanzate.
Nella giornata del 4 dicembre, il momento più importante è stato la presentazione del Bilancio di Mission da parte della tricasina direttrice generale dell’ospedale, dott.ssa sr. Margherita Bramato. Un ospedale dalla «crescita lenta ma costante» e aperto al futuro nonostante le difficoltà e fedele al principio, che è anche obiettivo per ogni sviluppo futuro: la solidarietà.
Il 7 dicembre, il prof. Hervé A. Cavallera ha magistralmente condotto, nella sala del trono, la mattinata dedicata al rapporto tra ospedale e territorio, chiusa con l’intervento del sindaco Carlo Chiuri. I giovani studenti, grazie alla collaborazione con gli insegnanti dei vari istituti di Tricase, sono stati protagonisti di questa iniziativa, anche con la produzione di filmati per la raccolta delle testimonianze di persone che sono state in contatto con l’ospedale.
La giornata più solenne è stata quella dell’8 dicembre con la partecipazione di S. Em. il Cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato di sua santità Papa Francesco. Il porporato, in mattinata, accompagnato dal vescovo di Ugento-S. Maria di Leuca, S.E. Mons. Vito Angiuli, si era recato pellegrino a Leuca per venerare la Vergine de finibus terrae nella Basilica pontificia. L’altra tappa del programma lo ha visto in preghiera presso la tomba di don Tonino Bello ad Alessano: «Un vescovo che è già santo nel sentimento del popolo…averlo conosciuto è un privilegio ma anche una grande responsabilità».
A pomeriggio è iniziata l’intensa giornata tricasina del Cardinale segretario di Stato vaticano. Alle 16 in punto, accompagnato da mons. Angiuli e da altri vescovi, è stato accolto all’ingresso dell’azienda ospedaliera “Card. Panico” da e sr. Margherita Bramato con le suore Marcelline, dalle autorità civili e militari. Dopo la preghiera nella cappella, sr. Margherita Bramato gli ha rivolto il saluto ufficiale presentando la congregazione e gli impegni nel campo della sanità e della formazione nei vari continenti dove le Marcelline operano. Da lei accompagnato, il Cardinale è giunto nel reparto di pediatria, dove si è soffermato a dialogare con i piccoli degenti e i genitori. Nel reparto di terapia intensiva neonatale ha visto come vengono curati i prematuri, complimentandosi col primario e col personale del reparto. Quindi è passato al blocco operatorio comprendente la sala ibrida per darle la benedizione augurale. Il direttore sanitario, dr. Pierangelo Errico, ha informato il cardinale sulle potenzialità del nuovo gioiello tecnologico di cui l’ospedale si è dotato per rispondere sempre meglio ai bisogni degli ammalati con interventi multipli endoscopici.
Dopo un caloroso discorso di ringraziamento per l’accoglienza e per tutto il bene che l’ospedale ha fatto e fa in virtù della sua connotazione di ospedale cattolico, il porporato, assistito dal cappellano, don Antonio Riva, ha benedetto la sala ibrida e il rito si è concluso con il lungo applauso di approvazione dei presenti.
Subito dopo il card. Parolin, accompagnato dal Vescovo Mons. Angiuli, è stato accolto a Palazzo Gallone dal sindaco di Tricase. Nella Sala del Trono gremita di autorità e di cittadini, Carlo Chiuri gli ha rivolto il saluto di ringraziamento della città « ricca di nobili tradizioni, di storia, patria di uomini illustri come il card. Panico e Giuseppe Pisanelli» ma afflitta dai problemi comuni a tutto il sud soprattutto riguardo al lavoro e ai giovani; infine ha chiesto al porporato di ricordarsi di Tricase nella preghiera.
Il Prefetto, Claudio Palomba, ha porto il saluto del Salento tutto, soffermandosi sulle difficoltà del nostro mondo giovanile; ha sottolineato l’azione positiva per il dialogo e la pace della “Carta di Leuca” voluta da mons. Angiuli, ed ha invitato a proseguire tutti sulle orme di don Tonino Bello «per passare dalla pace della coscienza alla coscienza della pace».
Il cardinale ha risposto ringraziando tutti per l’accoglienza avuta ed ha spronato con dolcezza ad assecondare i desideri di Papa Francesco: stare vicini con carità cristiana a coloroche hanno bisogno per aiutarli concretamente.
La visita a Tricase del card. Parolin si è conclusa con la solenne celebrazione della Messa in chiesa madre. Con lui hanno concelebrato il nostro vescovo mons. Angiuli, il salentino Card. De Giorgi, Mons. Seccia, nuovo arcivescovo metropolita di Lecce, unitamente a sacerdoti e diaconi della nostra e di altre diocesi. Al saluto iniziale del vescovo diocesano, il cardinale nell’omelia, e dopo la solenne benedizione, ha confermato i sentimenti di gratitudine per questa bella esperienza che ha fatto in mezzo a noi e della quale parlerà a Papa Francesco per informarlo sui buoni sentimenti delle nostre popolazioni e sul bene che vogliono al successore di Pietro. Ha poi parlato della pietà mariana del Cardinale Panico ed ha, infine, declinato i tre valori ai quali si deve ispirare l’azione di un ospedale cattolico e dei cristiani che vi lavorano: «socialità, sussidiarietà e solidarietà» e ha concluso incoraggiando le suore Marcelline ad andare avanti nel cammino iniziato 50 anni fa a servizio degli ammalati e del territorio.
Ercole Morciano
Approfondimenti
Mesciu Pippi, custode dell’arte edilizia
Al secolo Raimondo Giuseppe Marra, nato nel 1943 a Montesano Salentino, considerato un custode della lavorazione tradizionale e un vero e proprio maestro delle volte a stella, a squadro e a botte
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In nostro approfondimento sulla tradizione del costruire salentino si chiude con una figura storica dell’edilizia salentina.
I più attempati si ricorderanno certamente di Mesciu Pippi.
Al secolo Raimondo Giuseppe Marra, nato nel 1943 a Montesano Salentino, anche se all’anagrafe risulta Miggiano, di cui il suo paese, all’epoca, era ancora frazione. A 15 anni iniziò a lavorare in cantiere e, da allora, l’arte edile è diventata la sua vita.
Tanto da essere considerato un custode della lavorazione tradizionale e un vero e proprio maestro delle volte a stella, a squadro e a botte.
La sua storia è riportata nel libro “Il cantiere edile come biografia e memoria”, scritto dall’architetto Venanzio Marra, figlio di Raimondo Giuseppe.
Mesciu Pippi cita il suo maestro: «È stato Donato De Matteis, un abile costruttore di Montesano. Poi ho avuto tanti altri maestri, tra cui Ippazio Morciano, mesciu Pati, di Tiggiano. Dopo aver lavorato con lui, nel 1973, ho dato vita alla mia attività».
Nonostante sul finire degli anni 70 stesse cambiando il modo di costruire passando dalle strutture interamente in muratura, con copertura a volta, ai sistemi in cemento armato, con le strutture puntiformi e i solai, Mesciu Pippi è rimasto legato alla tradizione: «Il passaggio dalle costruzioni tradizionali a quelle moderne non è stato indolore. Il cantiere tradizionale veniva sostituito da un cantiere in cui l’esecuzione delle opere diveniva più veloce, aumentava la standardizzazione della componentistica edile. Ma spesso si perdeva parte della sapienza costruttiva e le maestranze diventavano sempre più dequalificate. Sin dal 1975, quando capitava di demolire una volta (per esempio a stella) per costruire una struttura moderna con i solai piani, pensavo che i nuovi edifici non sarebbero durati così a lungo. Insomma, si demolivano strutture fatte ad arte per sostituirle con altre che non davano la stessa garanzia».
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Muretti a Secco e Pajare
Costruire salentino: Dario Damiano Profico di Gagliano del Capo “riporta in vita” le pietre
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Con Dario Damiano Profico di Gagliano del Capo siamo al quarto capitolo del nostro approfondimento sulla tradizione dell’edilizia salentina (dopo l’intervento del Conservatore-Restauratore Giuseppe Maria Costantini, il Coccio Pesto e le Cementine e le Volte a Stella)
Dario ha fatto della sua passione un lavoro.
Da quasi 25 anni la sua mission è restaurare muretti a secco e pajare che, ipse dixit, «ricostruisco com’erano all’origine».
Anche Dario conferma che la «richiesta di lavori tradizionali è alta sia perché il risultato è indubbiamente bello da vedere sia perché, per questo tipo di lavori, ci sono possibilità di accedere a specifici finanziamenti. Il ripristino dei muretti a secco, in modo particolare, è molto richiesto».
Qual è in particolare il tuo lavoro?
«Riportare il tutto com’era un tempo con lo stesso tipo di lavorazione. Da non confondere con ciò che fanno taluni, utilizzando metodi non indigeni che danno un risultato finale diverso rispetto a quello che erano i muretti a secco originali del Salento, rovinandone peraltro l’estetica».
In particolare, a cosa ti riferisci?
«All’utilizzo del calcestruzzo e al mancato utilizzo della terracotta. Sia per le pajare che per i muretti ci tengo farli “a secco”, proprio come si faceva una volta. Per questo chiedo che le pietre non mi arrivino spaccate, ma esattamente come sono state scavate. In modo che io possa dare consistenza al tutto con le pietre grosse, senza utilizzare il cemento».
Il cemento non lo utilizzi affatto?
«Tendo a farne a meno. In qualche occasione sono costretto a farlo perché il committente vuol farci passare la corrente elettrica. Così, per evitare i crolli e cautelare i tubi, uso il calcestruzzo in tre strati: base, centrale e superiore perché ci metto il cordone finale a forma di “A”, per scaricare il peso al centro del muro e dare solidità a tutta la struttura».
Veniamo ai costi. Per un muretto a secco qual è il costo medio?
«Si parte da 35 euro fino ad arrivare a 90 euro a metro lineare. Dipende dalla richiesta. C’è chi vuole un muretto praticamente liscio, a fuga chiusa: in questo caso, la lavorazione richiede maggiori tempi e maggiori costi. Se uno vuole un muro che sia “uno specchio”, senza fughe, vuol dire che la pietra andrà lavorata nel minimo dettaglio e quindi il prezzo sarà più alto. Se, invece, si preferisce il metodo originale, con il minimo utilizzo del martello sulla pietra grezza locale, il costo scende».
E per le pajare? Se, ad esempio, dovessi rimetterne in piedi una di 50 metri quadri?
«Per una pajara di 50 mq, compresi gli esterni (si calcola così, NdR), occorreranno in media 8mila euro, sempre ricostruendola esattamente come era una volta, ovviamente tutta a secco».
Pajare riportate all’origine tranne che per un particolare: «Nel ricostruirla alzo l’apertura fino a due metri, due metri e 15 centimetri, perché in origine l’ingresso alla pajara era molto basso e quindi scomodo»
Qualche tempo fa Dario Profico ha fatto capolino su Rai 3:
«Erano affascinati dalla nostra storia, anche abitativa. Qualche volta è necessario che arrivino da fuori Salento per ricordarci ciò che abbiamo. Non sarebbe male stessimo più attenti a quelle che sono le nostre tradizioni».
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Volte a Stella
Costruire salentino: Donato Marra di Tricase specialista del sistema di copertura a volta
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Dopo l’introduzione storica del Conservatore-Restauratore Giuseppe Maria Costantini e il capitolo dedicato a Coccio Pesto e Cementine, (seguirà quello sul Muretti a Secco e Pajare) il nostro approfondimento prosegue con Donato Marra, imprenditore edile, 59 anni di Tricase, specialista in Volte a Stella.
Da quanti anni fa questo mestiere?
«L’azienda personale esiste da circa trent’anni, ma la prima esperienza risale a quando, adolescente, ho iniziato a lavorare con mio padre, presso la sua impresa di costruzioni. Mio padre è stato il mio mentore e maestro, un gran maestro. È lui che mi ha “iniziato” e insegnato a creare l’arte delle antiche costruzioni, delle volte antiche, quelle storiche che si possono ammirare in Salento in tante costruzioni nobiliari».
È un dato di fatto: lo stile “salentino”, volte a stella, muretti, ecc.. è sempre più richiesto. Le risulta?
«È vero, le volte, le costruzioni tipiche salentine sono sempre più richieste. Per parte mia, una volta appresa la bellezza dell’arte salentina, ho voluto metterla a frutto: tutto quello che mi avevano insegnato l’ho restituito creando e consegnando bellezza nelle mani dei clienti. Vorrei aggiungere, però, che spesso l’eccessivo costo di queste costruzioni non è alla portata e per la tasca di tutti. Inoltre, la terra del Capo di Leuca è piena di vincoli e questo non permette di costruire molte case tipiche in campagna».
Considerata la sua esperienza, cosa le chiede maggiormente la sua clientela?
«Devo dire che sono tante le ristrutturazioni che effettuiamo, anche grazie all’arrivo dei tanti stranieri che comprano in Salento. Loro, per fortuna, sono molto attenti al recupero ed alla ristrutturazione di case, masserie o ville antiche: desiderano soprattutto che i lavori vengano eseguiti con una fedeltà all’antico maniacale e che sempre sia più vicina alla costruzione che è stata, e, aggiungo, questo è un bene per noi e per il nostro Salento».
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