Dai Comuni
Tricase: quella chiesa del diavolo…
Ad appena un anno dalla ristrutturazione della cosiddetta “chiesa dei diavoli” e dall’inaugurazione del parco adiacente, la zona sta ricadendo nell’oblio e nel degrado, vittima della vegetazione selvatica e delle erbacce

La chiesa della Madonna di Costantinopoli, a Tricase, è nota a tutti come la “chiesa dei diavoli”. La sua insolita pianta ottagonale e l’ubicazione, lontana dal centro abitato, le hanno fatto apporre anche il nome di “chiesa Nova”, e, soprattutto, l’hanno circondata da sempre di un fascinoso alone di mistero. Costruita sul finire del 17esimo secolo, ha vissuto anni di splendore e di grande importanza per Tricase, in quanto meta di culto a portata dei numerosi contadini che lavoravano, fino a qualche decennio fa, nella zona.
Negli ultimi decenni però, la Chiesa dei diavoli, si è resa nota tanto per il suo totale abbandono, complice anche l’allontanamento dei tricasini dalle campagne, quanto per le numerose leggende che le ruotano attorno e che narrano di un patto tra il principe di Tricase e il diavolo, il quale costruì la chiesa in una notte per poi scaraventare su di essa una maledizione in seguito al mancato mantenimento degli accordi da parte del signore del paese.
Tra i forzieri mai ritrovati, i racconti di chi giura di aver visto il diavolo e di chi sostiene di aver sentito le campane da esso gettate nel canale del Rio, la chiesa ha vissuto, fino al marzo dell’anno scorso, anni di abbandono, decadenza e depredazioni. Poi, un anno fa appunto, con il “Parco Costa Otranto Santa Maria di Leuca e bosco di Tricase” partner del progetto, si è conclusa la restaurazione non solo dell’edificio ma anche della zona antistante, con la creazione di un piccolo parco con tanto di aiuole, impianti di irrigazione, sentieri e illuminazione notturna a fare da cornice a quelle che avrebbero dovuto essere le manifestazioni, gli eventi, le feste e quant’altro. Il tutto per la gioia dei tricasini di riveder vivere un patrimonio della cultura popolare a cui la cittadinanza, giovane e non, si dichiara da sempre legata.
Ma come sempre, dopo i buoni propositi e le belle parole, il rischio delusione è dietro l’angolo. Lo stato in cui versa oggi il parco creato dinanzi alla chiesa è tutt’altro che accogliente e degno di un’attrazione turistica. Altro che diavoli, oggi a farla da padrone sono le erbacce che hanno ricoperto quasi ogni angolo del posto.
Si fa spazio tra le sterpaglie, ancora per poco, il sentiero che conduce verso la chiesa. Ai suoi lati, completamente sepolto dalla vegetazione selvatica, quello che sembra essere un impianto di illuminazione interrato e, lungo il muretto, una fila di faretti, ormai nascosti anche alla vista, che la sera si accendono invano.
Alla fine del vialetto, davanti alla Chiesa, altre erbacce ci attendono sugli scalini d’ingresso. Mentre nelle aiuole, complete anche di impianti di irrigazione, la vegetazione selvatica ha preso il posto di quello che era stato piantato.
Insomma, ad oggi la chiesa dei diavoli è tutt’altro che un fiore all’occhiello per la città, così come lo si era immaginato. Sarà pur vero che d’inverno forse in pochi vi si sarebbero recati, in attesa di un clima più favorevole alle passeggiate e alle escursioni, ma questo non giustificherebbe comunque lo stato di abbandono in cui versa la zona.
Qualcuno se ne ricorderà in tempo? Perlomeno prima delle vacanze pasquali, prima che la bella stagione inizi a portare con sé i primi turisti, non sarebbe il caso di far recuperare al luogo una parvenza di quello che si era creato un anno fa?
Chi aveva preso l’incarico di ridare vita alla zona avrebbe già dovuto attivarsi per restituire presentabilità alla Chiesa e al parco, se non per evitare che cada nuovamente nell’oblio e nell’incuria, quantomeno per tener fede alle parole spese un anno fa e per non darci un motivo in più di mandare…al diavolo i responsabili dell’amministrazione dei fondi della nostra comunità.
Lorenzo Zito
Cronaca
Incredibile grandinata su Martano

Incredibile grandinata a Martano nella serata di oggi.
Sul Comune griko si è ritrovato ricoperto di bianco all’ora del tramonto. Le foto che circolano sul web raccontano quanto accaduto in pochi sorprendenti minuti.




Cronaca
Narcotraffico da e per il Salento, arrestato latitante
Si tratta del 53enne Antonio Alvaro Montinari, nel 2024 sfuggito alla cattura durante l’operazione che aveva portato all’arresto di 34 persone legate al clan Pepe – Briganti, Gruppo Penza della Sacra Corona Unita

La Polizia di Stato, in esecuzione alla misura cautelare emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Lecce su richiesta della locale Direzione Distrettuale Antimafia, ha tratto in arresto Antonio Alvaro Montinari, 53 anni di Lendinuso (marina di Torchiarolo, a Brindisi), gravemente indiziato a vario titolo di aver fatto parte di un’associazione finalizzata al traffico di ingenti quantitativi di sostanze stupefacenti.
L’uomo, a novembre del 2024, era riuscito a sfuggire alla cattura durante l’operazione di Polizia Giudiziaria che ha portato all’arresto di altre 34 persone.
Grazie a metodologie investigative tradizionali, tipiche ed atipiche, fatte di pedinamenti, servizi di osservazione e analisi di sistemi di videosorveglianza, gli investigatori sono riusciti a stringere il cerchio attorno ai luoghi in cui il 53enne aveva trovato appoggio e rifugio.
Nel corso del fine settimana, l’interessato si è recato a prendere un veicolo posto a sua disposizione e che avrebbe dovuto garantirgli spostamenti discreti, ma al suo arrivo ad attenderlo vi erano gli agenti della Sezione Criminalità Organizzata della Squadra Mobile di Lecce che l’hanno bloccato e tratto in arresto.
Montinari, condotto preso la Questura di Lecce, al termine delle formalità di rito è stato accompagnato in carcere, mentre sono in corso approfondimenti sulla rete di favoreggiatori che per ben tre mesi hanno consentito all’indagato di eludere l’arresto.
L’operazione di fine 2024 aveva interessato, tra i principali indagati di rango apicale, anche alcuni esponenti della criminalità organizzata, già condannati per aver fatto parte della Sacra Corona Unita (clan Pepe – Briganti, Gruppo Penza), storicamente radicata nel capoluogo salentino, ma con ramificazioni in diversi centri della provincia.
Le attività investigative hanno avuto origine da una intensa attività di cooperazione internazionale grazie alla quale sono stati acquisiti – per mezzo di Ordini Europei d’Indagine – una serie di chat scambiate dagli indagati attraverso l’utilizzo di piattaforme criptate di comunicazione quali “Encrochat” e “Sky Ecc”, che consentivano lo scambio di messaggi o conversazioni utilizzando criptofonini in grado di cifrare i dati trasmessi ed impedire qualsiasi intercettazione.
Gli investigatori hanno disvelato la presenza di una strutturazione capillare, in cui vi era una precisa ripartizione di compiti tra i sodali, una disponibilità di enormi quantità di denaro contante, telefonini criptati, veicoli dotati di appositi nascondigli oltre che depositi sicuri in cui occultare il materiale illecito.
La caratura degli indagati si è altresì espressa attraverso la capacità di curare rapporti con trafficanti di droga calabresi e altri sodalizi criminali operativi sul territorio nazionale ed all’estero (tra cui albanesi e spagnoli).
Numerosi e ingenti sono stati i sequestri di sostanze stupefacenti in costanza di indagine.
A tal riguardo si segnala l’arresto avvenuto il 7 agosto 2020 di due persone intente a trasportare su un natante, bloccato a ridosso dell’area di Castro, oltre 150 chili di marijuana e 25 kg di hashish provenienti dall’Albania; il 10 giugno 2021, a Napoli, veniva tratto in arresto un altro uomo trovato in possesso di circa 45 chili di cocaina occultata in un doppio fondo di un autocarro specializzato strutturalmente modificato; il 4 giugno 2021 a Lecce veniva arrestato un altro sodale trovato in possesso di 11 chili di eroina occultati in un doppio fondo dell’autovettura ed una pistola. Centinaia di migliaia di euro le somme movimentate in contanti.
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Cronaca
Furti in chiesa. Rubati gli ori della Madonna del Rosario
A darne notizia durante l’omelia, dell’opera scellerata ed empia commessa da sconosciuti, è stato anche don Pino Pedone, parroco della parrocchia.

Con un comunicato ufficiale il Comitato Festa Madonna SS del Rosario di Vignacastrisi, frazione di Ortelle, “esprime sgomento e profondo dispiacere per quanto accaduto presso la nostra parrocchia. Siamo vicini a tutta la cittadinanza per quanto accaduto”.
Lo sgomento è riferito al sacrilego furto occorso in chiesa. Giorni fa, infatti, si legge in un altro post di un fedele su Facebook: “Un fatto di incredibile gravità è accaduto a Vignacastrisi. Sono stati rubati gli ori della nostra amatissima Madonna del Rosario, evidentemente custoditi in forma insicura. Se n’è avuta notizia ieri sera. Un momento veramente bruttissimo per la nostra comunità, come accadde nel 1962, quando la statua della Beata Vergine prese fuoco”.
A darne notizia durante l’omelia, dell’opera scellerata ed empia commessa da sconosciuti, è stato anche don Pino Pedone, parroco della parrocchia.
Il bottino della refurtiva, frutto negli anni della devozione alla Madonna, sembra si aggiri intorno ad un paio di kg di oro.
Indagano i carabinieri.
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