Attualità
Tricase scossa dai furti: parola alla politica ed alla società civile
Scuote gli animi ed anche la pancia del paese quel che (da mesi) sta accadendo a Tricase. Bar, negozi, scuole, case, nessuno escluso. Tutti nel mirino di spensierati ladri che, nel giro di poche ore, seminano una distruzione ed uno sconforto di gran lunga più pesanti del bottino che portano a casa.
Il risveglio odierno (notizia, foto e video dei furti qui) se già di per sé non fa primavera a causa maltempo, lo fa ancor meno, a Tricase, per i fatti di cronaca. È buio pesto, è notte fonda, è tutto fuorché primavera.
La politica e la società civile non stanno a guardare.
Di seguito lasciam loro la parola.
La politica
I consiglieri di “Tricase, che fare?”, Giovanni Carità ed Antonio Baglivo scrivono:
Questa mattina la Città di Tricase si è risvegliata scoprendosi, suo malgrado, teatro di una serie allarmante di reati che vanno dal furto con scasso, alle effrazioni o tentate effrazioni di diverse attività commerciali.
Quanto accaduto non può e non deve essere più catalogato come episodio sporadico, né tantomeno si deve commettere l’errore di ricondurre tutto all’azione di pochi “ladruncoli di periferia”. I furti e le effrazioni avvenute nelle ultime due notti hanno visto interessate numerose attività commerciali e per l’ennesima volta la sede centrale del Liceo Comi.
Buona parte delle attività commerciali sono già in ginocchio a causa della pandemia da Covid-19 e, a Tricase, a questo si aggiunge la beffa del furto e dei danni da scasso.
Crediamo sia giunto il momento di pretendere un controllo più assiduo del territorio e per farlo bisogna avere la forza e la tenacia di “battere i pugni” nelle sedi istituzionalmente preposte affinché venga rafforzato il presidio e aumentato il numero di personale presso la Polizia Locale e le Forze dell’ordine.
Intervenire in tempo vuol dire avere buone probabilità di stroncare sul nascere un preoccupante fenomeno che da diversi mesi sta interessando la Città di Tricase.
Parimenti bisogna, nell’immediatezza, mettere in campo interventi economici a sostegno dei commercianti e delle famiglie che si trovano in serie difficoltà.
Per conto nostro, come abbiamo dato ancora una volta modo di dimostrare ieri partecipando responsabilmente all’invito del Sindaco, noi continueremo a dire, chiedere e scrivere pubblicamente quanto a nostro avviso oggi, più che mai, serve alla nostra città, nel tentativo comune di tirarla fuori da questo crinale pericoloso e allarmante in cui si trova.
La società civile
Riceviamo e pubblichiamo anche il commento di Salvatore Buffo.
Può essere la percezione di un osservatore esterno. Visto l’escalation in numeri, frequenza e peso degli episodi criminali, può generarsi la convinzione che a Tricase si può.
“A Tricase si può” ha la potenzialità di scatenare l’emulazione, la condivisione, l’impulso ad imitare le azioni o il comportamento d’altri, di prenderlo a modello, per non apparire inferiore ad esso.
“A Tricase si può” ha la potenzialità di far aumentare l’importazione e gli spostamenti “per lavoro” di delinquenti oriundi. Prima regola: teniamoci i nostri, li potremo monitorare meglio.
“A Tricase si può” ha la potenzialità accrescere il narcisismo dei malviventi, la loro tracotanza, la loro presunzione di essere infallibili e imprendibili.
“A Tricase si può” ha la potenzialità di accrescere il “bisogno” di sicurezza e lo stress dei soggetti deboli. Dicevo in altra occasione “Stanno alzando il tiro, si stanno dopando. E andranno sempre oltre, fino alle
estreme conseguenze, per loro o per le loro vittime”. Non voglio essere profeta in patria e spero di essere smentito, ma crescono gli episodi, compaiono le armi, le vittime sono sequestrate nelle loro proprietà. Spero
non si arrivi ai sequestri ed alle violenze in casa.
Non credo all’unica regia criminale, ad una testa pensante che abbia mosso chi ruba le birre alla Taverna del Porto o le scorrerie nel locali commerciali alla ricerca di contanti o i furti pomeridiani nelle abitazioni non presidiate o la rapina e le minacce a mano armata. A chi può giovare la crescita dell’allarme sociale o
l’aumento di precauzioni da parte delle vittime potenziali o il rischio di emulazione da parte di aspiranti attori o l’aumento della vigilanza delle forze dell’ordine? Non giova nemmeno alla criminalità organizzata, quella che vive di traffico e di spaccio, la quale ha invece tutto l’interesse per uno stato di quiete e non di allarme e non vedrà di buon occhio quello che sta succedendo. Certamente le voci girano e ne sapranno qualcosa. Non sarebbe male monitorare il sistema.
Per il resto, da quello che si legge sui quotidiani, sembra che qualcosa si muova. Il sindaco ha incontrato il comandante della compagnia di CC di Tricase. Maggioranza e opposizione affermano che l’intensificazione dei controlli, con operatori e con videosorveglianza, è ormai un’esigenza non più rinviabile e che un
coordinamento tra gli attori sociali e le istituzioni è senz’altro uno strumento utile ed efficace. A Tricase non c’è un Mattarella e un Draghi, ma chissà che, almeno per questa emergenza contingente, non sappiano
lavorare insieme.
Il Sindaco colga l’occasione perché istituzioni tutte e agenzie sociali possano in modo sinergico partorire idee, percorsi e soluzioni. Cominci col promuovere un’assemblea pubblica sull’argomento e incoraggi un brainstorming, tempesta di cervelli, foriero anche di ingenuità e fesserie, ma sicuramente portatore di idee
nuove, di creatività, di esperienze, di condivisione.
E tutto ciò “affinché Tricase sia non solo un luogo in cui ciascuno si senta sicuro e libero di programmare la propria vita e i propri investimenti nella massima sicurezza e serenità, ma anche un territorio emblema di
legalità e rispetto delle regole”.
Ho l’obbligo, infine, di aggiungere che, per quanto noto e sentito, un aspetto non è mutato: l’invisibilità dell’attività di vigilanza. Negli orari a rischio, non si vede una divisa di nessun tipo, un pattugliamento, un faro lampeggiante. Crediamo pure a quello che dice la diplomazia istituzionale sull’attività in corso, ma evidentemente la visibilità della sicurezza è un fattore trascurato.
Attualità
Ineleggibilità dei Sindaci: “Discriminatoria e antidemocratica”
Il dissenso di Anci Puglia per la norma che sancisce che “non sono eleggibili a Presidente della Regione e a Consigliere regionale i Presidenti delle Province della Regione e i Sindaci dei Comuni della Regione”
L’associazione dei Comuni pugliesi chiede la revoca della modifica alla legge elettorale regionale, denunciando una penalizzazione ingiusta per i sindaci e una limitazione della libertà di scelta degli elettori.
Anci Puglia esprime fermo dissenso nei confronti della recente modifica all’articolo 6, comma 1, della Legge Regionale 9 febbraio 2005, n. 2 – “Norme per l’elezione del Consiglio regionale e del Presidente della Giunta regionale” – approvata dal Consiglio regionale mediante emendamento.
La nuova formulazione del comma 1 stabilisce che “non sono eleggibili a Presidente della Regione e a Consigliere regionale i Presidenti delle Province della Regione e i Sindaci dei Comuni della Regione”.
Tuttavia, tale ineleggibilità viene esclusa se i soggetti interessati si dimettono dalla
carica non oltre sei mesi prima del compimento del quinquennio di legislatura, o, in caso di
scioglimento anticipato del Consiglio regionale, entro sette giorni dalla data di scioglimento.
I Sindaci di Puglia, secondo ANCI, risultano pertanto fortemente penalizzati dal vincolo di ineleggibilità alle regionali e ritengono si tratti di una norma ingiustificatamente discriminatoria e
antidemocratica: Viene così compromesso non solo il legittimo diritto, costituzionalmente garantito, a candidarsi come chiunque altro, ma anche i cittadini e le cittadine vedono limitarsi la libera scelta per l’esercizio del diritto di voto: “Il termine di 180 giorni per dimettersi risulta infatti estremamente rigido e penalizzante e determina una disparità di trattamento oggettiva tra amministratori locali e altre categorie di cittadini eleggibili.
I Sindaci sono i rappresentanti più diretti e più vicini ai cittadini; tuttavia, invece di valorizzare il loro contributo potenziale nella competizione elettorale regionale, arricchendo così il pluralismo democratico, questa norma li mortifica pesantemente.
Inoltre, priva le comunità amministrate di
una guida con largo anticipo e, ipoteticamente, anche inutilmente, qualora il Sindaco non venisse poi candidato nelle liste regionali.
Anci Puglia ha raccolto nelle ultime ore le rimostranze e la delusione di tanti Sindaci e Sindache – di ogni schieramento politico, perché la norma penalizza tutti, in modo trasversale – e sta valutando ogni più utile ed opportuna azione congiunta, anche giurisdizionale”.
Soprattutto, ANCI PUGLIA oggi chiede ai Consiglieri regionali che hanno proposto e votato l’emendamento di “ritornare sui propri passi, di cancellare quella norma assurda e discriminatoria e consentire a tutti il libero accesso al diritto di candidarsi, accettando un confronto paritario, plurale e democratico.
Al Presidente Michele Emiliano, che è stato Sindaco della Città capoluogo e ha poi voluto
interpretare la carica di Governatore come “Sindaco di Puglia”, chiediamo di fare tutto quanto in suo potere per ripristinare, in seno al Consiglio regionale, il rispetto dei princìpi sacrosanti ed inviolabili di democrazia, uguaglianza di fronte alla Legge e pluralismo”.
Approfondimenti
Inaugurata la biblioteca “Giambattista Lezzi” a Casarano
il Sindaco De Nuzzo e l’Assessore Legittimo: “Grazie alla fiducia che i cittadini ci hanno accordato”. “Avevamo la necessità di una Biblioteca “vera” aperta, fruibile. Per questo motivo abbiamo iniziato da zero”.
“Ci sono sogni destinati a rimanere tali ma che comunque aiutano a migliorarsi. Altri destinati a realizzarsi nel momento in cui si ha la possibilità di incidere”.
E’ lapidario il sindaco di Casarano, Ottavio De Nuzzo, durante l’inaugurazione della nuova Biblioteca Comunale della città.
“È grazie alla fiducia che i cittadini hanno accordato alla nostra Amministrazione che tutto è iniziato. Avevamo la necessità di una Biblioteca “vera” aperta, fruibile. Per questo motivo abbiamo iniziato da zero.
E prosegue: “Sono stati anni di lavoro: convenzione con il Polo Biblio Museale di Lecce, partecipazione al bando per il servizio civile 2025, adesione rete delle Biblioteche Regionali, censimento matricola al Ministero, progettazione e realizzazione arredi e tanto altro.
Fatica? No gioia di vedere prendere corpo e anima ad un luogo che sarà un punto di partenza da dove si propagheranno, tutto intorno, attività culturali”.
“Da quelle stanze”, sostiene l’assessore, Emanuele Leggittimo, “si sprigionerà una luce forte che passando da Palazzo De Judicibis si estenderà nel Sedile comunale per arrivare a Piazza Mercato.
Lievito di vita e di bellezza, di incontro e scambi di saperi.
Siamo contenti e orgogliosi, oggi lo possiamo dire per aver potuto inaugurare e contare su “un luogo del sapere” che è la Biblioteca Comunale “Giambattista Lezzi”.
Alessano
“Vi voglio bene”, un libro essenziale per raccontare don Tonino e la sua storia
Monsignor Vito Angiuli: “Scritti e documenti inediti per scoprire l’intera vocazione pastorale da sacerdote e da vescovo. Guardate con simpatia alle persone e agli avvenimenti della storia, per testimoniare a tutti la gioia del Vangelo”
di Luca De Santis
Vi voglio bene, Continuità e sviluppo nel ministero sacerdotale ed episcopale di don Tonino Bello è l’ultima fatica data alle stampe dal vescovo di Ugento – Santa Maria di Leuca, mons. Vito Angiuli. Il nuovo libro ha visto la luce nel mese di ottobre 2024, per le edizioni Il pozzo di Giacobbe. Quest’ultima si colloca in continuità con le precedenti pubblicazioni frutto di interessanti studi che Angiuli ha compiuto sul sacerdote della diocesi ugentina divenuto vescovo di Molfetta.
Il sottotitolo dell’opera ci fornisce le giuste delucidazioni riguardo a quelle che sono le intenzioni dell’autore: Continuità e sviluppo nel ministero sacerdotale ed episcopale di don Tonino Bello. Il testo è composto da una corposa introduzione dove l’autore pone e spiega la sua tesi riguardo a un’inscindibile armonia e continuità presente tra il ministero sacerdotale ed episcopale di don Tonino.
Nel primo capitolo, Ordinazione episcopale, sono stati curati una serie di scritti in cui il futuro vescovo di Molfetta mette in evidenza un forte attaccamento alla sua terra natia e le motivazioni che lo hanno condotto ad accettare l’ordinazione episcopale. Il secondo capitolo, Don Tonino saluta la Chiesa ugentina, raccoglie alcune omelie di saluto che don Tonino ha pronunciato prima della sua partenza per Molfetta, dove traspare in modo palpabile il suo amore per la Diocesi di Ugento che ha servito per 25 anni.
All’interno dell’ultimo capitolo troveremo invece degli scritti inediti da datarsi secondo Angiuli tra il 1960 e il 1980. La gran parte di essi pur non avendo una data o la firma, possono tranquillamente essere definiti autentici, tenendo conto della calligrafia di don Tonino. L’ordine cronologico è dato dal Curatore sulla base delle tematiche che in questi scritti vengono a essere trattate.
La maggior parte di questi risale al periodo in cui don Tonino svolgeva il suo ministero presso la Diocesi di Ugento.
Questi scritti contengono in modo germinale quelle tematiche che durante gli anni di episcopato don Tonino tratterà in modo più approfondito, in base alle sollecitazioni di quel contesto storico. Tenendo conto di quanto abbiamo rilevato è possibile dire che il libro si lascia leggere in modo molto scorrevole dimostrandosi adatto persino per coloro che non hanno avuto una conoscenza dettagliata di colui che la Chiesa Cattolica ha dichiarato Venerabile.
Il vescovo Angiuli ha deciso di intitolare questo suo ultimo libro con un’espressione che don Tonino lungo il suo ministero sacerdotale ed episcopale ha utilizzato spesso: Vi voglio bene.
Quest’ultima non ha solo la funzione di comunicare i suoi sentimenti, quanto la simpatia con cui si poneva nei confronti di quella porzione di popolo che era stata affidata alle sue cure pastorali, ma anche nei confronti della storia a lui contemporanea in cui l’umanità era immersa.
Il vi voglio bene di don Tonino
Il vi voglio bene di don Tonino – ci aiuta a comprendere l’autore – trova significato in una delle più belle espressioni da lui spesso utilizzate e contenute nella Costituzione Conciliare Gaudium et spes al n. 1: «Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore».
Le motivazioni ministeriali di don Tonino nelle varie fasi dei suoi incarichi sia nella diocesi ugentina che in quella di pastore della Chiesa di Molfetta hanno mantenuto le medesime fondamenta che hanno da sempre configurato la sua fede: coltivare la preghiera, meditare la Parola, adorare Gesù eucarestia. Prendiamo atto che gli anni del ministero episcopale hanno oscurato il periodo sacerdotale, ma quegli aspetti che hanno reso il vescovo Bello conosciuto in campo nazionale e oltre, ciò per cui è stato amato nella Diocesi a lui affidata, erano già presenti nel ministero svolto nell’estremo lembo d’Italia, in quel Capo di Leuca, durante il suo lungo ministero sacerdotale come professore e vice-rettore presso il Seminario vescovile, come parroco a Ugento e Tricase, nei vari incarichi pastorali.
Cade in grave errore chi sostiene che l’episcopato, in particolar modo la presidenza di Pax Christi, abbia segnato una svolta ministeriale in don Tonino, una conversione verso le tematiche sociali, in particolar modo quella della pace e della non violenza. A tal proposito Angiuli nell’Introduzione del libro è perentorio nel sostenere il fatto che non vi è nessuna discontinuità di pensiero tra il don Tonino sacerdote e vescovo, e che pensare il contrario significherebbe mistificare la realtà.
Quest’ultimo durante il suo percorso di studio ha consolidato un ottimo utilizzo del metodo deduttivo tramite la sua formazione filosofica e teologica, così come una padronanza del metodo induttivo nel confrontarsi e padroneggiare le scienze moderne: sociologia, psicologia, diritto del lavoro, legislazione sociale, all’interno delle quali venne introdotto durante gli anni seminariali a Bologna presso l’ONARMO.
La cultura sessantottina
Accanto a coloro che sostengono una discontinuità ministeriale di don Tonino, vi sono quelli che manifestano una certa antipatia nei confronti del suo ministero, sostenendo come quest’ultimo sia il prodotto di quella cultura sessantottina che ha avuto i suoi risvolti più nefasti all’interno degli anni ’70 del secolo scorso. A costoro risponde il decreto che sancisce la Venerabilità di don Tonino, definendolo come un ottimo interprete delle istanze conciliari.
L’aspetto, forse il più deleterio, è rappresentato da coloro che del ministero di mons. Bello prendono in considerazione e ne propagano solo i temi sociali (pace, giustizia e salvaguardia del creato), dandone una lettura ideologica.
Costoro affrontano i temi sociali senza tener conto di quelli etici (divorzio, aborto, eutanasia), quest’ultimi aspetti non possono essere separati dai primi ed è chiaro come don Tonino gli abbia mantenuti sempre insieme. Proseguire su questa linea – sostiene Angiuli – significa trovarsi dinanzi a un Giano Bifronte dove diviene molto difficile cogliere, per esempio, la profondità teologica di alcune immagini eloquenti che don Tonino ci ha lasciato come quella della Convivialità delle differenze e della Chiesa del grembiule.
Ciò che mons. Bello esprime nel periodo molfettese, affonda le sue radici nel basso Salento e nella formazione bolognese. Nello specifico va considerata l’impronta ministeriale di mons. Ruotolo, il vescovo di Ugento che ha ordinato presbitero don Tonino e con cui quest’ultimo ha molto collaborato: l’amore all’eucarestia, la devozione mariana, l’impegno ad attuare gli orientamenti pastorali scaturiti dal Concilio Vaticano II, la programmazione per gli itinerari di formazione per i laici, l’attenzione alle problematiche sociali presenti in questa parte del Salento.
Un particolare merito del libro lo si riscontra nel III Capitolo Scritti vari.
In questa sezione si trovano, come già detto, degli scritti inediti di don Tonino, i quali pur non avendo lo stesso spessore o valore di quelli pubblicati da lui stesso, hanno il merito di contenere quelle tematiche che rappresentano la continuità ministeriale che Angiuli, a ragione, evidenzia.
Quest’opera è imprescindibile per chi ha un serio interesse a conoscere la sensibilità e le radici in grado di nutrire il ministero pastorale di don Tonino dal punto di vista teologico e sociale.
Il grande merito di Angiuli consiste nell’averci consegnato un testo che in continuità con le altre sue pubblicazioni su mons.
Bello, ci dona una chiarezza, una verità, che non può essere tralasciata e non considerata, un atteggiamento contrario significherebbe alterare il suo pensiero, oscurare aspetti essenziali e sostanziali della sua santità.
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