Approfondimenti
Xylella, un altro studio appena pubblicato
Lo studio del prof. Bruno propone il protocollo NuovOlivo® come strategia per consentire la coesistenza tra Xylella e la produzione di olive e olio extravergine di oliva della Cellina di Nardò e dell’Ogliarola Salentina
speciale agricoltura
Uno studio, pubblicato di recente, del prof. Giovanni Luigi Bruno (il secondo), ricercatore del Dipartimento di Scienze del suolo, della pianta e degli alimenti dell’Università di Bari, sulla “Coesistenza tra Xylella fastidiosa Subsp. pauca e piante di olivo sensibili nella penisola salentina” (vedi a pagina 24), ci ha spinto ad approfondire ancora una volta da queste colonne quello che è stato un cambiamento epocale per il Salento, con la morte di quegli ulivi che per millenni hanno caratterizzato il nostro territorio e che per decenni sono stati al centro dell’economia della sua gente.
La sindrome del disseccamento rapido dell’olivo associata a Xylella fastidiosa è una delle malattie più distruttive degli olivi, in particolare sulle cultivar Cellina di Nardò e Ogliarola Salentina.
Lo studio del prof. Bruno propone il protocollo NuovOlivo® come strategia per consentire la coesistenza tra Xylella e la produzione di olive e olio extravergine di oliva della Cellina di Nardò e dell’Ogliarola Salentina: «Trentadue oliveti privati colpiti da OQDS e coltivati seguendo le tecniche agronomiche in uso nella zona sono stati esaminati durante le stagioni olivicole 2019-2023.
Sono state considerate le cultivar Cellina di Nardò, Ogliarola Salentina, Coratina, Ascolana Tenera, Nociara, Leccino e Bella di Cerignola. All’inizio dell’applicazione del protocollo, le piante sensibili mostravano una gravità dei sintomi OQDS del 40-80% e non producevano olive o olio, mentre le cultivar resistenti(?)/tolleranti mostravano una produzione di olive inferiore a 1-2 kg/pianta.
Dopo la rimozione dei rami secchi a gennaio-febbraio, le piante sono state irrorate due volte all’anno (preferibilmente a marzo e ottobre) con NuovOlivo®, una miscela di estratti botanici in acqua esterificati con oli vegetali in presenza di idrossido di sodio e attivati al momento dell’uso con bicarbonato di sodio. In tutti gli oliveti è stato distribuito un concime a lento rilascio e le erbe infestanti controllate mediante falciatura o triturazione.
Gli olivi trattati hanno prodotto nuova vegetazione, ricostruito la chioma, ridotto i sintomi di OQDS e prodotto infiorescenze e drupe. La produzione di olive è stata da 6,67 a 51,36 kg per pianta, con una resa media del 13,19% in olio extravergine di oliva (acidità libera 0,01–0,2%)».
Secondo il ricercatore, «anche il paesaggio e l’economia pugliese, basati sulla presenza e la produzione di olivi, potrebbero essere salvaguardati».
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Un vivaista di Racale: «La prevenzione ammazza i vivai»
“Ci è stato imposto il divieto di piantumazione di lavanda, rosmarino, hibiscus, alloro, vinca e dimorfoteca. Piante molto richieste dalla nostra clientela…”…
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Pietro Caputo, di Salento Piante di Racale, ci racconta la sua prospettiva da titolare di vivaio che ha subìto le conseguenze indirette della Xylella, per via delle misure di contenimento della diffusione del batterio.
«Ci è stato imposto il divieto di piantumazione di lavanda, rosmarino, hibiscus, alloro, vinca e dimorfoteca. Piante molto richieste dalla nostra clientela e che per il nostro commercio sono vitali.
Lo stesso dicasi per i gerani. Possono essere commercializzati solo quelli da zone indenni e, paradossalmente, ci è stato detto anche che le piante devono essere vendute a stretto giro, come se le tempistiche di vendita dipendessero da noi.
Trovo, peraltro, assurdo che si imponga questa restrizione qui in provincia di Lecce, dove la diffusione del batterio ha già procurato danni ormai irreparabili.
In questo modo, non si fa che allargare a macchia d’olio il problema, colpendo anche il settore vivaistico.
Per giunta, il nostro è un commercio al dettaglio, prettamente locale: anche qualora ospitassero il batterio, che danno può arrecare la vendita di queste piante su un territorio già falcidiato dalla xylella e che si è ormai riorientato su piante resistenti al batterio?».
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Xylella 15 anni dopo: a che punto siamo?
Il Salento ha assistito alla distruzione della filiera olivicola da parte della Xylella, filiera che per secoli ha avuto una notevole importanza sia economica che sociale. Il danno è stato enorme e molti, in particolare gli abitanti delle città e i politici, sembrano non averne pienamente contezza così che, in attesa che la “Scienza” trovi un rimedio, ben pochi, anche tra i ricercatori, agiscono o propongono attività di buon senso.
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IL FUTURO DEL SALENTO DOPO LA XYLELLA
Prof. Luigi de Bellis
Ci sono prospettive per una agricoltura Salentina post-Xylella?
Lo abbiamo chiesto al prof. Luigi De Bellis del Dipartimento di Scienze e Tecnologia Biologiche ed Ambientali dell’Università del Salento.
«Il Salento ha assistito alla distruzione della filiera olivicola da parte della Xylella, filiera che per secoli ha avuto una notevole importanza sia economica che sociale. Il danno è stato enorme e molti, in particolare gli abitanti delle città e i politici, sembrano non averne pienamente contezza così che, in attesa che la “Scienza” trovi un rimedio, ben pochi, anche tra i ricercatori, agiscono o propongono attività di buon senso.
Ultimamente si assiste a proposte molto contraddittorie quali, ad esempio, la sponsorizzazione – perché di sponsorizzazione si tratta, non di divulgazione scientifica – di prodotti curativi quasi “magici”, la cessazione delle procedure fitosanitarie di abbattimento delle piante potenzialmente ospiti del batterio nel raggio di 50 metri da una pianta infetta, o l’introduzione di piattaforme tecnologiche che forniscano all’agricoltore cose che conosce già, come le colture che possono essere coltivate (moltissime, eccetto quelle che hanno un fabbisogno di freddo invernale o molte specie tropicali) insieme alle caratteristiche del suolo e dell’acqua che ha a disposizione.
RITORNO ALLA CURA
Unica iniziativa di buon senso, portata avanti da alcuni potatori ed esperti di olivicoltura, quella di un ritorno alla “cura” – stavolta intesa non come terapia ma come gestione accorta e razionale dei bisogni agronomici – degli olivi salentini affetti da Xylella ma ancora vivi, attraverso potature dei rami che manifestano i primi sintomi, il controllo dell’insetto vettore (la ormai ben nota “sputacchina”), la difesa da altri patogeni, la corretta gestione dell’acqua e delle concimazioni, che certamente non potranno garantire la produttività e la vitalità degli olivi per molti anni, ma che sembrano, rispetto agli oliveti abbandonati, condurre a qualche rallentamento del declino, così come avviene per gli animali o le persone: chi è ben curato vive più a lungo di chi non riceve alcuna assistenza.
Allo stesso tempo si assiste al reimpianto di oliveti superintensivi, strategia potenzialmente efficace sotto il profilo della sostenibilità economica come sembra indicare anche l’esperienza spagnola, realizzati soprattutto con la cultivar Favolosa, che richiedono, però, ogni anno una significativa quantità di acqua per ettaro, acqua che è sempre stato un fattore limitante nel Salento e lo sarà sempre di più (o avrà costi proibitivi o sarà necessaria una desalinizzazione su larga scala).
La conseguenza è che occorre un aiuto per mantenere una agricoltura degna di questo nome nel Salento.
Aiuto che deve venire soprattutto dai decisori politici a livello nazionale e regionale e da parte dei sindaci del Salento che vedono il loro territorio degradare, così da continuare a supportare la ricerca e proporre il finanziamento (e successivamente un adeguato controllo) di progetti di filiera.
È, infatti, ben poco efficace indicare agli agricoltori cosa coltivare per poi non garantire una prospettiva di remunerazione del loro lavoro, ovvero lasciarli soli di fronte alle difficoltà del mercato; nel XXI secolo non occorre semplicemente conseguire una elevata qualità del prodotto, ma raggiungere una massa critica del prodotto stesso, accompagnata da una solida azione di promozione e marketing.
Questo può essere anche realizzato associando i produttori tra loro (OP o Distretti poco importa) così da organizzare una assistenza e formazione continua, oltre che una efficace e centralizzata promozione per una serie di filiere adatte al Salento.
Non è possibile ipotizzare un reimpianto di tutti gli oliveti affetti da Xylella, perché è risultato evidente come la quasi monocoltura di olivo abbia favorito la diffusione del batterio e i danni conseguenti, mentre sarebbe da sostenere il finanziamento di 3-4 filiere in grado di dare origine ad una agricoltura sia sostenibile che remunerativa per gli agricoltori e, in funzione economica, far ritornare i giovani nel settore.
Questo approccio si rende necessario anche per ragioni ecologiche ed ambientali: tutti gli olivi morti o in via di disseccamento hanno cessato di immagazzinare CO2 e traspirare acqua, così da non contribuire più alla riduzione degli inquinanti ambientali ed a mitigare gli effetti della temperatura, generando un poco percettibile quanto insidioso cambiamento climatico a livello locale.
Tutti i cittadini del territorio insieme agli agricoltori e politici dovrebbero discutere apertamente, senza pregiudizi, all’interno di una solida cornice fatta di conoscenze scientifiche ed analisi di dati fattuali, allo scopo di concordare iniziative per il futuro del Salento. Ciò anche alla luce di uno scenario di convivenza con il batterio Xylella nella zona infetta ed il suo andamento epidemico verosimilmente variabile: dopo la morte di decine di migliaia di olivi, la presenza del batterio potrebbe risultare ridotta, una condizione apparentemente favorevole alle attività di reimpianto ma che potrebbe essere soggetta a non perdurare con l’eventuale introduzione di piante ospiti, pur resistenti.
LE POSSIBILI SOLUZIONI
Mantenendo attive le buone pratiche agricole (lavorazioni dei terreni, taglio della vegetazione erbacea, eliminazione delle piante compromesse, lotta diretta agli insetti vettori) in grado di limitare l’impatto e la diffusione di Xylella, evitando di importare specie altamente suscettibili, semplici basi di discussione e di intervento sono:
– individuare nuove fonti irrigue (nuovi invasi, impianti di depurazione in grado di fornire acqua idonea all’agricoltura, miglioramento delle reti irrigue ecc.) così da fornire acqua agli agricoltori a basso costo, perché solo con la disponibilità di questa essenziale risorsa potrà essere sviluppata nel Salento una moderna e remunerativa agricoltura e gli imprenditori potranno scegliere liberamente cosa e come coltivare;
– analisi critica delle filiere tradizionali e dei relativi sottoprodotti, con particolare attenzione sulle filiere olivicola-olearia, viti-vinicola, e orto-frutticola;
– realizzazione di campi prova/esperienze pilota di coltivazione e/o di trasformazione per realizzazione di (nuovi) prodotti agroalimentari da sottoporre alla attenzione di imprenditori agricoli e cittadini;
– analisi economica delle potenzialità di mercato delle varie filiere così che queste possano essere supportate da finanziamenti regionali o nazionali;
– finanziamento costante negli anni della ricerca indirizzata allo studio di efficaci strumenti per il contrasto alla Xylella e l’individuazione di germoplasma resistente o tollerante ai fini della convivenza con il batterio in area infetta.
Per la filiera olivicola, che ha la maggiore necessità di un rapido intervento allo scopo di prevenire errori che il territorio potrà pagare caro negli anni futuri, è utile e necessario definire un progetto o più progetti di filiera per il territorio gestiti da Organizzazioni di Produttori (OP) o distretti del cibo riconosciuti dalla Regione Puglia con lo scopo di: garantire e migliorare la qualità dell’olio; aumentare la produzione attraverso nuovi impianti e migliore gestione degli oliveti; programmare i reimpianti con più varietà di olivo in modo da evitare la ricostituzione di una (quasi) monocoltura varietale limitando per quanto possibile impianti superintensivi che richiedono notevoli disponibilità di acqua; creare un marchio collettivo allo scopo di portare sul mercato nazionale ed estero la gran parte del prodotto del territorio così da ottenere una maggiore remunerazione; promuovere la costituzione di una Elaioteca Regionale sia fisica che di promozione e vendita “on-line” partendo da una sede a Lecce (la Legge Regionale 29 luglio 2008, n. 20 “Costituzione dell’Enoteca/Elaioteca regionale”, mai attuata, prevede una sede in ogni capoluogo di provincia della Puglia) quale vetrina dei prodotti olivicoli; promuovere contributi per l’insediamento di giovani agricoltori.
C’E’ ANCORA FUTURO
La risposta alla domanda posta è quindi positiva, a patto di partire dal fatto che la scarsa disponibilità di acqua è il fattore limitante per molte scelte aziendali e territoriali, insieme alla necessità che opportuni finanziamenti regionali o nazionali supportino e promuovano una rinnovata e sostenibile agricoltura sul territorio».
Approfondimenti
Sindaco e assessora di Cutrofiano: a domanda rispondono
Ospiti in redazione il sindaco Luigi Melissano e all’assessora alle attività produttive Alessandra Blanco in redazione. Il bilancio di 4 anni di attività amministrativa, i progetti in ballo. Il primo cittadino sull’impianto digestore anaerobico: «Se la società incaricata non procede, troveremo il modo per realizzarlo lo stesso. Avrebbe ricadute positive sia sul piano economico che ecologico»
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Da anni ospitiamo in Redazione un sindaco salentino che, periodicamente, da 28 anni a questa parte, riceve il nostro giornale perché distribuito nel suo comune.
Nell’occasione abbiamo ospitato il sindaco Luigi Melissano, di Cutrofiano, e l’assessora Alessandra Blanco, con i quali, dopo un caloroso benvenuto, abbiamo intavolato una discussione con una serie di domande che vi restituiamo, nella speranza che servano a creare una democratica discussione ed uno scambio di idee, poco prima che le urna restituiscano ai cutrofianesi la scelta di chi dovrà governarli per gli anni futuri.
ESCLUSIVA
È sindaco dal 2020: vogliamo fare un primo bilancio di questi quattro anni di amministrazione?
Il terzo anno c’è stata una ripresa delle attività ma, presto, abbiamo dovuto fare i conti con le conseguenze del conflitto tra Russia e Ucraina. Con le enormi difficoltà nella gestione dei lavori pubblici a causa dell’aumento dei prezzi di tutte le materie prime e dell’energia elettrica. Tutte le nostre forze sono state convogliate nel mettere ordine dal punto di vista economico e finanziario e per stabilizzare le finanze comunali. Quindi ci siamo preoccupati più che altro di efficientare la rete energetica, in quel momento era la cosa più importante. Tramite la partecipazione a un bando per l’efficientamento della pubblica illuminazione, abbiamo potuto stabilizzare la quota di energia elettrica da pagare. La stessa nel corso del 2023 era raddoppiata, al netto degli interventi di efficientamento».
Uffici comunali: siete sottorganico come accade in altri paesi?
Cosa vuol dire per Cutrofiano essere città della ceramica?
(Risponde l’assessora Alessandra Blanco)
«Siamo entrati nel circuito nazionale delle Città della Ceramica (AiCC – Associazione Italiana Città della Ceramica) che è riconosciuta ufficialmente dal Ministero dello Sviluppo economico. È un riconoscimento alla nostra storia. Quest’anno abbiamo organizzato la cinquantaduesima edizione della Mostra della Ceramica. Da 52 anni siamo protagonisti del settore. Prima si faceva nelle scuole, adesso è stata portata nel borgo, quindi nel centro storico. Oggi non è soltanto una mostra legata alla ceramica, coinvolge anche altri artigiani, altri espositori. In più facciamo rete con altre città pugliesi (Grottaglie, Rutigliano, San Pietro in Lama, Terlizzi e Laterza) con le quali abbiamo lanciato il marchio Pottery Of Puglia (PoP), un brand identificativo per tutte e sei le città della ceramica. Brand che abbiamo presentato a Milano, sia alla Bit che al Salone del Mobile. Il brand regionale, ovviamente, dà più forza ad ognuna delle città che fanno parte della rete».
Quindi salvaguardia della tradizione e dell’artigianato locale e anche lavoro e anche ritorno d’immagine…
«Certo! Ed anche turistico ed economico. Tanto che quest’anno, all’interno della Mostra tradizionale, abbiamo realizzato un’altra mostra con il marchio PoP, alla quale hanno partecipato tutte le città della ceramica pugliese, ognuna con la propria opera».
Quanti sono i lavoratori impegnati nella lavorazione della ceramica a Cutrofiano?
«Una cinquantina solo nelle aziende più grandi (Nuova Colì, Fratelli Colì e Benegiamo). Le altre sono aziende per lo più a conduzione familiare. In totale ci lavorano una settantina di persone».
Ovviamente c’è tutto un mondo intorno: «Accanto alle attività prettamente dedicate ai produttori, c’è il Polo Biblio Museale, il museo della ceramica dedicato, gestito ottimamente e parte integrante di tutto il movimento. Gestisce una fetta importante della Festa della Ceramica che si svolge nel borgo. Quest’anno ha ospitato anche la mostra-evento “La Santa Tavola – Cibi rituali pugliesi in mostra” a cura di Salento Km0. Un inedito viaggio nella tradizione gastronomica pugliese attraverso riproduzioni di cibi rituali realizzate dal maestro ceramista tricasino Agostino Branca. Ovviamente da non sottovalutare quello che gira intorno, dalla ricettività, al food agli spettacoli musicali».
Cutrofiano vanta anche il Campione mondiale Tecnico Maestri, con Giuseppe Colì che ha trionfato alla Mondial Tornianti Gino Geminiani, svoltosi a Faenza. L’assessora Blanco, confortata anche dal sindaco Melissano, non nasconde il desiderio di «ospitare a Cutrofiano l’edizione del prossimo anno del Mondiale. Ci stiamo muovendo in tal senso. Vedremo quel che accadrà».
Una volta Cutrofiano era famosa anche oltre provincia per essere il centro del mercato delle scarpe. Poi cosa è accaduto?
«Il mio paese ha sempre avuto una vocazione commerciale: negli anni Settanta era il centro del commercio delle automobili, poi hanno preso piede le calzature. Per acquistarle arrivavano a Cutrofiano da ogni dove. Con il progressivo mutamento a livello globale della produzione e del commercio delle calzature, quel mondo è andato scomparendo. Oggi al centro resta la ceramica, così come sono tante e floride le attività legate alla produzione del vino e all’enogastronomia in generale».
IL PNRR
A quali finanziamenti siete riusciti ad accedere? Avete già realizzato qualcosa?
«Abbiamo cercato di partecipare a tutti i bandi possibili. Attivate una serie di piccole attività legate all’informatizzazione dei servizi anagrafici e della rete interna. Abbiamo partecipato a dei bandi per le attività legate allo sport, creando un piccolo parco con attrezzatura ginnica. Lo stesso per l’efficientamento energetico per le scuole. Gli interventi più corposi già finanziati sono tre: uno di oltre due milioni di euro per il Centro Famiglia con ludoteca e spazi riservati, per cui i lavori sono già stati avviati alla periferia del paese; l’altro per il nuovo asilo nido, sempre in periferia, in via Uccio Bandello, già appaltato ed in costruzione. Accanto all’asilo nido verrà realizzata una scuola per l’infanzia. Il progetto è già stato finanziato e i lavori assegnati».
Intanto avete appena inaugurato la nuova scuola media…
Si è molto discusso dell’eventuale realizzazione di un impianto digestore anaerobico da realizzare in agro di Cutrofiano sulla Maglie-Collepasso, quasi al confine con Casarano. Qual è oggi la situazione?
«Siamo in standby. Sembra proprio, almeno a giudicare dalla totale assenza di passi concreti, che la società incaricata del progetto non abbia più intenzione di procedere. In linea di massima eravamo e siamo favorevoli. Tanto più che, se non ci saranno novità in tempi brevi, revocheremo l’incarico a quella società e valuteremo se procedere in prima persona o con l’Aro Lecce 7, di cui facciamo parte. Siamo arrivati ad un punto in cui non si può più ignorare il problema. Quell’impianto è necessario».
Quali sarebbero i vantaggi?
«Chiuderebbe il ciclo dei rifiuti. L’organico della nostra Aro viene biostabilizzato a Poggiardo e poi portato in discarica a Cavallino: è un assurdo in termini economici
ed anche ecologici.
Praticando la differenziata spinta, l’impianto diventa una necessità.
Nell’accordo abbozzato con la società, avevamo previsto che Cutrofiano potesse smaltire gratuitamente tutto l’organico con un risparmio di circa 300mila euro l’anno che ci avrebbe consentito di ridurre le tasse per i nostri concittadini».
Quali, invece, gli eventuali rischi che hanno anche agitato alcune associazioni? Il Forum del Territorio ha paventato la possibilità che giungano anche rifiuti pericolosi di provenienza industriale.
«Ovviamente vigileremmo affinché controlli e valutazioni siano seri e continui.
Questo tipo di impianti sono già funzionanti da tempo in altre parti d’Italia e non hanno mai dato problemi. Si tratta di un impianto che non emette CO2 né metalli, che vengono catturati all’origine.
Stiamo seriamente valutando l’opzione di revocare l’incarico alla società incaricata e sbloccare la situazione per poi procedere con l’Aro o da soli come comune.
Nel primo caso l’impianto avrebbe una portata più grande, altrimenti soddisferebbe solo le esigenze di Cutrofiano».
CONSORZIO DI BONIFICA, A CHE PUNTO SIAMO?
Consorzio di bonifica e gabelle non sempre giustificate dai servizi erogati. Lei che idea ha in merito?
«La proposta presentata in consiglio comunale era quella di chiudere il consorzio di bonifica, pensato per inizio secolo, quando aveva funzioni di recupero igienico-sanitario dei luoghi e di bonifica delle paludi. Poi hanno assunto la distribuzione dell’acqua per uso irriguo, funzione che non sono in grado di esercitare o, comunque, che fanno non efficientemente e a costi troppo alti. La gestione delle aree («che comunque va fatta per i canali, la rete viva, le esigenze di tutela del territorio e per prevenire gli allagamenti»), potrebbe passare alla fiscalità generale. Non può assumerla il comune perchè troppo omerosa. Purtroppo, il nostro è un territorio di natura alluvionale ed è attraversato da una rete fittissima di canali la cui gestione risulta decisamente costosa. Che i consorzi non abbiano svolto la loro funzione storica, che non eseguano servizi puntuali è palese, sacrosanto. Per quanto mi riguarda ho consigliato ai miei concittadini di pagare se la loro tariffa è sotto i 200 euro, altrimenti costerebbe di più fare ricorso».
Resta un’enorme ingiustizia…
Ultimo anno, che Cutrofiano lascia? Cosa è lecito attendersi nell’ultimo anno (o poco più) del suo mandato?
«Le attività su cui ci stiamo concentrando sono quelle in contrasto alla pericolosità geomorfologica e idrogeologica, alla pianificazione di bacino e urbanistica.
Abbiamo messo su una grande opera di programmazione. In ballo c’è un progetto sulla sicurezza idraulica, finanziata dal Ministero con mezzo milione di euro, per arginare il rischio idrogeologico a cui il nostro territorio è esposto. Quel finanziamento è propedeutico ad altri in arrivo. È il presupposto per ambire a nuovi finanziamenti, concessi solo per un progetto organico di intervento sul territorio, anche se finanziato a stralci. Subito dopo presenteremo un Piano particolareggiato per il bacino. Tra sicurezza, pericolosità idraulica legata alla rete di smaltimento delle acque, pericolosità geomorfologica e 800 ettari con cavità ipogee, dovute all’estrazione della calcarenite, siamo paralizzati dai vincoli. Così ci stiamo sforzando di portare avanti il Piano particolareggiato e avviare l’attività estrattiva in quelle zone soggette a dissesto.
Il tutto tramite quel meccanismo che si chiama scavo virtuoso, altrimenti queste zone rimarrebbero di pericolosità geomorfologica PG3, il che significherebbe che non si potrà immaginare alcunché per il futuro. Ci piacerebbe poi arrivare all’adozione di un Piano Urbanistico Generale (a Cutrofiano detta legge ancora un piano di fabbricazione del 1977) con tutta la pianificazione urbanistica. Non so se ce la faremo a completare tutto entro la fine del mandato, ma siamo in dirittura d’arrivo, almeno per quanto riguarda la prima parte del PUG. Non è più il tempo di pensare alla programmazione urbanistica come strumento di espansione, perché siamo in fase di decremento. Però, un elemento di pianificazione del territorio a Cutrofiano serve perché, altrimenti, il fenomeno dell’abbandono degli stabili potrebbe divenire irreversibile. Fenomeno che dilaga se non ci sono regole certe che consentano la sostenibilità dello sfruttamento degli immobili esistenti».
ALLE PROSSIME ELEZIONI
Ha intenzione di ricandidarsi?
«Dipende dai risultati che avremo ottenuto. Se riusciremo a chiudere in maniera positiva tutte le attività di cui abbiamo parlato potrei anche avere quell’ambizione. Altrimenti sarebbe giusto cedere il passo».
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