Attualità
“Stay hungry, stay foolish. Cari giovani…”
La scuola sta per ricominciare ed il Vescovo di Ugento – Santa Maria di Leuca, Mons Vito Angiuli, scrive ai giovani salentini
Cari giovani, all’inizio del nuovo anno scolastico 2018-2019, ho pensato di inviarvi una lettera per intavolare con voi un dialogo fraterno, ascoltando attentamente le vostre domande e conversando con franchezza sui problemi della vostra età. Mi piacerebbe che questa nostra conversazione rinnovasse il dialogo che Papa Francesco ha tenuto l’11 agosto al Circo Massimo, a Roma, con i giovani italiani ivi convenuti.
Cosa dicono di voi
Partiamo dalla considerazione dell’attuale condizione giovanile così come viene descritta in molti studi pubblicati da diversi analisti. Richiamo sinteticamente alcune loro indagini che considero come provocazioni perché siano prese da noi in seria considerazione e, magari, criticate e smentite dai fatti.
Secondo una ricerca europea, voi giovani assomigliereste a dei “nomadi”. Circolate e moltiplicate le vostre esperienze, senza trovare mai un centro che dia stabilità al vostro percorso.
Vivete in mezzo a una grande quantità e diversità di informazioni, ma con una povertà di formazione. Apparite dispersi e dubbiosi davanti a impegni definitivi. Cercate autonomia e indipendenza ad ogni costo, ma in realtà vi lasciate omologare dall’ambiente socio-culturale.
Altri asseriscono che voi siete “lattanti psichici” (Luigi Zoja). Ciò che vi caratterizzerebbe è l’estrema fragilità affettiva. Nella vostra sensibilità sembra prevalere la dimensione emotiva,
relazionale, immaginaria. Il primato viene dato all’emozione e alla relazione. Il ragionamento non è lineare e causale, ma avviene a partire da un’immagine, da una vibrazione, da un’impressione, da una sollecitazione dei sensi. Anche la pratica sessuale è vissuta in modo epidermico e superficiale. Manca la dimensione dell’intimità. Vi assale la paura di scegliere e di coinvolgervi in un rapporto unico e duraturo.
Non manca chi vi immagina come giovani “sdraiati” (Michele Serra). L’impossibilità di far fronte adeguatamente al problema dell’identità vi porterebbe a non porvi troppi problemi, ma ad aderire alla vita quotidiana, ad accettare il ritmo del vivere alla giornata, in una sorta di ridimensionamento delle attese che si produce in conseguenza di una situazione generale di annebbiamento (Franco Garelli).
C’è poi chi vi considera “giovani muti” (Aldo Masullo). La vostra condizione di “nativi digitali” vi farebbe ritenere estranea la parola e preferire la comunicazione più con i segni che con i simboli come le parole. La parola, infatti, esige tempi troppo lunghi ed è faticosa da costruire.
Richiede il lavoro del pensiero e, ancora più gravosa, la elaborazione dei sentimenti. Invece i segni elettronici sono fulminei e sempre già pronti. Il loro uso non comporta sentimenti elaborati, ma semplici ed elementari come le vibrazioni emotive. Queste, in certi casi, possono addirittura essere catastrofiche, brevissime e violente come esplosioni, talvolta perfino omicide, come le cronache non poche volte registrano.
Un grande sociologo recentemente scomparso (Zigmunt Bauman) vi ha definito “nati liquidi”. Prendendo in considerazione alcuni aspetti caratterizzanti il vostro mondo, egli analizza alcuni nodi problematici: la modifica del corpo, i tatuaggi, la chirurgia estetica, la barba, le dinamiche dell’aggressività (bullismo), il web, le trasformazioni amorose. A suo giudizio, in un mondo diventato liquido, «le relazioni hanno una scadenza come il latte». Tutto diventa effimero, fragile e inconsistente come quando cerchiamo di trattenere l’acqua con la mano.
Infine, secondo Umberto Galimberti, sradicati dalla grande tradizione del passato, voi giovani sareste ammalati di nichilismo. L’ospite inquietante avrebbe preso stabile dimora nella vostra casa. La vostra persona assomiglierebbe a una landa desolata, ove il vuoto, il non senso, l’aridità emozionale, l’incapacità di stabilire rapporti significativi con gli altri, l’indifferenza nei confronti della generazione dei padri, delle tradizioni trasmesse e dell’ordinamento sociale, l’assenza di qualsivoglia progetto che vada al di là del vivere alla giornata, rimbombano drammaticamente, spingendovi ad adottare qualunque soluzione che allevi l’insostenibile angoscia di essere nessuno.
Cercatori curiosi e sognatori folli
Il quadro delineato sembra problematico. Ma le cose stanno proprio così? Non bisogna, infatti, dimenticare che l’attuale condizione giovanile è lo specchio del profondo cambiamento sociale e culturale che si è operato in questi ultimi decenni. D’altra parte, le analisi fotografano la situazione generale che non sempre coincide con le singole persone. In tutti i casi, si tratta di un fenomeno che richiede una presa di coscienza di tutti, giovani e adulti. Sulla scorta di due testimoni del nostro tempo, a me piace pensare che voi giovani siete e dovete sempre più diventare cercatori curiosi e sognatori folli”. Sono parole queste che riprendo da due discorsi di Steve Jobs e di Papa Francesco, figure profondamente differenti tra di loro, ma accomunate dal fatto che la loro vita e le loro parole contengono messaggi significativi ed efficaci che danno a pensare. La vita del geniale e creativo Steve Jobs, cofondatore di Apple, si può riassumere nel motto «stay hungry, stay foolish», messaggio finale del memorabile discorso tenuto nel 2005 all’Università di Stanford nella cerimonia di laurea degli studenti di quell’anno. Queste le sue testuali parole: «Il tempo a vostra disposizione è limitato, non sprecatelo vivendo una vita che va bene per altri, ma non vi appartiene. Non lasciatevi condizionare, non lasciate che il rumore delle opinioni altrui copra la voce che avete dentro. Ma soprattutto abbiate il coraggio di seguire quello che avete nel cuore, lasciatevi guidare dall’intuito. Non smettete mai di avere fame, non smettete mai di essere folli».
Con immediatezza ed efficacia, l’espressione invita a non perdere la voglia di imparare, a essere sempre curiosi, a non smettere di cercare in modo folle e non convenzionale, a non pensare di avere imparato tutto, ma ad essere pronti a mettersi in gioco per continuare a cercare. La frase è, dunque, un monito a non perdere la curiosità, l’ambizione di cambiare il mondo con un pizzico di sana follia facendo tesoro anche degli insuccessi e di scelte che potrebbero sembrare sbagliate, ma che poi si rivelano apportatrici di novità. Occorre, dunque, essere curiosi cercatori. In altri termini occorre avere sete di verità, d’amore e di giustizia. E dopo aver trovato qualche risposta continuare a cercare.
Anche Papa Francesco, nel recente incontro al Circo Massimo, ha invitato i giovani ad essere sognatori.
«I sogni – ha detto il Pontefice – sono importanti. Tengono il nostro sguardo largo, ci aiutano ad abbracciare l’orizzonte, a coltivare la speranza in ogni azione quotidiana. E i sogni dei giovani sono i più importanti di tutti. Un giovane che non sa sognare è un giovane anestetizzato; non potrà capire la vita, la forza della vita. I sogni ti svegliano, ti portano in là, sono le stelle più luminose, quelle che indicano un cammino diverso per l’umanità. Ecco, voi avete nel cuore queste stelle brillanti che sono i vostri sogni: sono la vostra responsabilità e il vostro tesoro. Fate che siano anche il vostro futuro! E questo è il lavoro che voi dovete fare: trasformare i sogni di oggi nella realtà del futuro, e per questo ci vuole coraggio. Certo, i sogni vanno fatti crescere, vanno purificati, messi alla prova e vanno anche condivisi. Ma vi siete mai chiesti da dove vengono i vostri sogni? I miei sogni, da dove vengono? Sono nati guardando la televisione? Ascoltando un amico? Sognando ad occhi aperti? Sono sogni grandi oppure sogni piccoli, miseri, che si accontentano del meno possibile? I sogni della comodità, i sogni del solo benessere: “No, no, io sto bene così, non vado più avanti”. Ma questi sogni ti faranno morire, nella vita! Faranno che la tua vita non sia una cosa grande! I sogni della tranquillità, i sogni che addormentano i giovani e che fanno di un giovane coraggioso un giovane da divano. E’ triste vedere i giovani sul divano, guardando come passa la vita davanti a loro. I giovani – l’ho detto altre volte – senza sogni, che vanno in pensione a 20, 22 anni: ma che cosa brutta, un giovane in pensione! Invece, il giovane che sogna cose grandi va avanti, non va in pensione presto […]. I sogni grandi includono, coinvolgono, sono estroversi, condividono, generano nuova vita. E i sogni grandi, per restare tali, hanno bisogno di una sorgente inesauribile di speranza, di un Infinito che soffia dentro e li dilata. I sogni grandi hanno bisogno di Dio per non diventare miraggi o delirio di onnipotenza. Tu puoi sognare le cose grandi, ma da solo è pericoloso, perché potrai cadere nel delirio di onnipotenza. Ma con Dio non aver paura: vai avanti. Sogna in grande».
Ecco, cari giovani, il messaggio su cui vi invito a riflettere: essere curiosi cercatori e sognatori folli. Follia, in questo caso, non va intesa nel senso dello sballo o nel mettere coscientemente e volutamente la propria vita e quella degli altri in situazioni di pericolo o nell’abbandonarsi all’inedia e all’apatia. La follia di cui parlo è vivere l’esistenza come una meravigliosa avventura, da esplorare con creatività per cercare una felicità piena e duratura, andando, se è necessario, controcorrente, senza lasciarsi risucchiare dalle mode passeggere ed effimere.
Questa follia produce un cambiamento di sé e del mondo che ci circonda. Come avvenne nella vita del “folle di Cristo” Basilio, santo a cui è intitolata la bellissima Chiesa che si ammira nella piazza rossa di Mosca. La tradizione attribuisce a san Basilio la seguente impresa. Durante le terribili rappresaglie alle quali lo zar, Ivan il Terribile, sottopose la città di Novgorod, Basilio, il “folle di Cristo”, invitò a casa sua lo zar e gli apparecchiò della carne cruda, offrendogli da bere del sangue fresco. Quando quello rifiutò, gli mostrò le anime degli innocenti assassinati che salivano in cielo. Lo zar, atterrito, ordinò di sospendere i massacri. Allora la carne cruda e il sangue si trasformarono in dolce cocomero e buon vino.
Non è una proposta interessante prendere in considerazione le parole di questi due testimoni e sperimentare la gioia di essere “curiosi cercatori e sognatori folli”? Per rafforzare la vostra decisione, mi viene quasi la voglia di cantare con voi le parole di una recente canzone di Renato Zero che recita: Non abbandonare / i sogni, se puoi. / Dagli forza / e consistenza… E poi/ lascia sian loro / a prenderti / e a portarti un’altra volta / via di qui… Ti andrebbe di cambiare / il mondo con me?
Il vostro vescovo
+ Vito
Attualità
Dipendenza da smartphone, cosa fare
Una serie di professionisti in prima linea coi club Rotary Tricase – Capo di Leuca, Nardò e Galatina, Maglie e Terre d’Otranto per supportare la protezione della salute dei più giovani
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Riunire le competenze per sensibilizzare su un tema delicato e di grande attualità.
Il Rotary Club Tricase – Capo di Leuca, con i Club Nardò Galatina, Maglie e Terre d’Otranto, insieme per informare, famiglie e neogenitori, sulla dipendenza da smartphone, e fornire strumenti utili per proteggere la salute dei propri figli.
Un progetto realizzato in collaborazione con ASL Lecce e SIMPE, e che ha visto la partecipazione di diversi professionisti: Luigia Morciano (pediatra e genetista – responsabile Malattie Rare), Maria Rosaria Filograna (presidente SIMPE Puglia e pediatra Asl Lecce), Maria Rita De Donno (insegnante di scuola primaria), Domenico Fabio Cuzzola (direttore ff UOC SerD Asl Lecce), Salvatore Della Bona (direttore Dipartimento Dipendenze Patologiche Asl Lecce) ed Angelo Massagli (neuropsichiatra infantile).
Si parte da un interrogativo: quello schermo dello smartphone che dovrebbe connetterci maggiormente al mondo esterno, talvolta, ci distacca da esso, cosa succede allora quando questa connessione diventa una dipendenza? Quando il bisogno di scrollare, swipeare e digitare diventa più forte del desiderio di godere del presente?
CONSAPEVOLEZZA
Si parte dall’educare alla consapevolezza e all’autodisciplina per spezzare il circolo vizioso che ci induce a controllare compulsivamente il nostro dispositivo, ma anche per acquisire le competenze per riconoscere nei nostri ragazzi i primi segni di dipendenza: nervosismo per mancato controllo delle notifiche, necessità di tenere lo smartphone sempre vicino, trascorrere molte ore al giorno davanti allo schermo.
Al tempo stesso la dipendenza da smartphone può nascondere disturbi d’ansia o depressione.
L’educazione digitale è l’obiettivo del progetto che si rivolge attraverso gli adulti ai bambini, i quali devono ancora strutturare la propria individualità e la propria personalità, per cui possono andare incontro a fenomeni sempre più frequenti: dispercezione di sé, isolamento sociale, cambiamenti comportamentali (ansia – irritabilità – aggressività – propensione a mentire), disinteresse per lo studio, dipendenza dal gioco online.
PLASTICITÀ CEREBRALE
L’infanzia e l’adolescenza sono momenti particolarmente delicati, perché sono periodi di crescita del cervello, epoche in cui esso è molto modificabile per via della cosiddetta plasticità cerebrale.
L’esposizione in questa fase di crescita a fattori traumatici e tossici può quindi alterarne lo sviluppo cognitivo.
Uno studio pilota ha evidenziato che: il 26% dei genitori permette ai figli di utilizzare i device in autonomia tra 0 e 2 anni, il 62% per la fascia 3-5 anni, 1’82% nella fascia 6-10 anni, il 95% tra gli 11-15 anni.
Una recente puntualizzazione del Bambino Gesù di Roma sottolinea che la sovraesposizione alla tecnologia al di sotto dei 12 anni può causare gravi conseguenze per lo sviluppo del bambino.
I rischi diminuiscono significativamente al di sopra dei 12 anni.
SOCIAL E RISCHI
Attenzione però, questo non significa che giunti a quell’età non si debbano temere pericoli e si possa smettere di riporre attenzione nell’utilizzo dei dispositivi.
Gli strumenti elettronici sono anche un mezzo per accedere ai social, il che comporta per il bambino e l’adolescente dei pericoli che vanno dal cyberbullismo all’emulazione di comportamenti pericolosi per la vita.
Vi sono inoltre dei siti accessibili, senza controllo, a bambini e adolescenti che incitano ai cosiddetti challenge.
Si tratta di sfide pericolose, lanciate e rese virali dal sito, in cui la persona che vi aderisce è chiamata ad agire in modo estremo, mettendo anche a repentaglio la propria vita il tutto registrato da un video, non tanto per sfidare i propri limiti, quanto per ottenere like, consensi e followers.
Tornando invece ai disturbi, che possono interessare trasversalmente per età e provenire dall’eccessivo utilizzo dello smart phone, vi sono anche: disturbi visivi; cefalea e disturbi muscolo-scheletrici; disturbi dermatologici; sedentarietà; aumento della pressione sanguigna e del ritmo cardiaco alla separazione dallo smartphone; potenziali danni alla corteccia cerebrale; rischi (al momento ancora in fase di studio) di correlazione con tumori a cervello, orecchi e ghiandole salivari; danni alla fertilità.
COME COMPORTARSI
L’uso di questi dispositivi va regolato in base all’età e accompagnato da adulti di riferimento, per le scelte dei contenuti e il tempo di esposizione agli schermi.
Vigilanza attiva e attenta da parte dei genitori sull’utilizzo che i figli fanno dei social, mediante un dialogo costruttivo che li metta al corrente dei rischi, facendo un uso improprio di questi mezzi e senza il rispetto della privacy.
Si possono mettere in atto strumenti come Parental control, account privato, gestione contenuti, controllo orario.
Soprattutto offrire loro valide alternative per trascorrere del tempo in maniera costrutti
va ed in contatto con la realtà: gioco interattivo, sport, frequentazioni di persona e non virtuali, musica ecc. Fondamentale è non privare i nostri ragazzi delle interazioni dirette, a partire da quelle con i genitori per arrivare a quelle coi coetanei.
Importantissimo, ancora, è invitarli a parlare se c’è un problema, con i genitori, gli insegnanti, i pediatri, gli amici o, se occorre, rivolgersi alle forze dell’ordine.
IL BUON ESEMPIO PAGA SEMPRE
Come affermava lo scrittore James Baldwin, “i bambini non sono mai stati molto bravi nell’ascoltare gli adulti, ma non hanno mai mancato di imitarli”.
Attualità
Industria: Tavolo Permanente Interconfederale
Costituito da Confindustria Lecce e CGIL, CISL e UIL Lecce presso la Provincia di Lecce. Gli ambiti di intervento: sviluppo industriale, politiche del lavoro, superamento crisi settoriali, salute e sicurezza luoghi di lavoro, promozione parità di genere, formazione continua e valorizzazione giovani talenti
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Confindustria Lecce e le sigle sindacali CGIL, CISL e UIL di Lecce hanno firmato un protocollo d’intesa per la costituzione del Tavolo Permanente Interconfederale per il settore Industria, che avrà sede presso la Provincia di Lecce.
L’obiettivo è quello di promuovere la collaborazione attiva tra le parti sociali, con lo scopo di affrontare le principali sfide economiche e industriali del territorio, in linea con i principi dell’Accordo nazionale del 28 febbraio 2018 che mira all’ammodernamento delle relazioni industriali, con un focus sui processi di trasformazione e digitalizzazione del sistema produttivo, promuovendo, contestualmente, lo sviluppo economico e sociale.
Il Tavolo Permanente si concentrerà su diversi ambiti di intervento, tra cui lo sviluppo industriale, le politiche del lavoro, il superamento delle crisi settoriali, la salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, la promozione della parità di genere, la formazione continua e la valorizzazione dei giovani talenti.
Il Protocollo prevede un impegno congiunto delle parti per la creazione di politiche innovative e sostenibili che possano garantire la crescita economica della provincia e il benessere dei lavoratori e delle imprese.
Il presidente della Provincia Stefano Minerva in apertura ha sottolineato come la Provincia di Lecce sia «convintamente accanto alle organizzazioni sindacali e a Confindustria Lecce, che siglano oggi questo importante Protocollo d’intesa. Ci assumiamo la responsabilità di sostenere le parti in questa sfida e ci sentiamo impegnati e pienamente ingaggiati nell’appoggiarle attivamente. A partire dal fatto che il Tavolo permanente interconfederale avrà sede proprio presso l’Amministrazione provinciale. Questa scelta è significativa, perché va a sottolineare il valore dell’iniziativa: viviamo in un territorio che ha visto i nostri nonni e le nostre nonne combattere nei campi e nelle fabbriche per ottenere i diritti, oggi siamo orgogliosi di sostenere le parti sociali e Confindustria che, per la prima volta, si mettono insieme per rilanciare e per vincere le sfide più stimolanti e urgenti dei nostri giorni. Per la prima volta non solo ci si occupa di governare insieme le crisi, ma anche di rilanciare il confronto e l’azione sui temi più attuali: il lavoro inclusivo e sostenibile, il contrasto alla violenza di genere e la promozione della parità, lo sviluppo industriale, la sicurezza sul lavoro. Ed ancora di sostenere azioni che vadano nella direzione di una formazione che sposa le esigenze del mercato del lavoro, del welfare, del sostegno e dell’investimento sui giovani talenti e sul contrasto alla fuga dei cervelli, per evitare che i nostri ragazzi vivano soddisfazioni lontani dalla loro terra».
Nel suo intervento, Valentino Nicolì, presidente di Confindustria Lecce, ha affermato che «il Protocollo rappresenta un passo fondamentale per la crescita e lo sviluppo del territorio: la collaborazione tra Confindustria Lecce e i sindacati mira, infatti, a rafforzare il tessuto economico e produttivo, attraverso azioni sinergiche presenti e future volte sia ad incrementare l’attrattività degli investimenti nella provincia di Lecce sia ad accrescere la competitività delle imprese. Solo attraverso un sistema integrato e collaborativo, difatti, è possibile alimentare un ecosistema proattivo e competitivo che dia sempre più forza al nostro territorio e alle sue aziende. Siamo fermamente convinti, come recita il denominatore comune delle nostre attività “Insieme per fare l’impresa’, che solo unendo le energie sarà possibile affrontare le sfide della trasformazione digitale e industriale in modo efficace e sostenibile, alla luce soprattutto delle attuali dinamiche economiche e sociali. Il Tavolo Permanente che abbiamo istituito presso la Provincia di Lecce sarà lo strumento attraverso cui promuovere soluzioni condivise e concrete».
Anche i rappresentanti sindacali hanno espresso la loro soddisfazione per l’accordo, evidenziando l’importanza della cooperazione per il miglioramento delle condizioni lavorative e per il rilancio del sistema industriale locale.
«Il mondo del lavoro sta affrontando, anche in provincia di Lecce, una profonda trasformazione generata principalmente dalle transizioni energetica e digitale, i cui effetti stanno incidendo anche sul sistema produttivo», hanno sottolineato Tommaso Moscara (Segretario generale della Cgil Lecce), Ada Chirizzi (Segretaria generale della Cisl Lecce) e Mauro Fioretti (Coordinatore provinciale della Uil Lecce), «in un territorio come quello salentino, sempre più caratterizzato da un inverno demografico, da una sempre più diffusa povertà, che non risparmia l’universo del lavoro, da bassi salari derivanti anche dal ricorso ai deleteri contratti pirata, un maggiore raccordo tra lavoro e produzione può fare la differenza. Il protocollo fissa nel metodo e nei contenuti le priorità da perseguire congiuntamente al fine di salvaguardare il lavoro che c’è e generarne di nuovo. Leve strategiche per il perseguimento di tali obiettivi sono la contrattazione di secondo livello e le politiche attive del lavoro, a partire da una formazione qualificata e funzionale al raggiungimento anche di quelle soft skills utili ad affrontare un mercato del lavoro in costante evoluzione. Un universo oggi dominato dall’algoritmica che deve, invece, essere positivamente indirizzata dai principi dell’algoretica. Il tavolo permanente interconfederale garantisce inoltre un’adeguata rappresentanza degli interessi di imprenditori e lavoratori, valorizzandone il protagonismo in merito allo sviluppo del territorio e dei processi produttivi e riconfermando il valore dei Contratti Collettivi Nazionali sottoscritti da CGIL, GIL CISL UIL e relative tutele salariali e accessorie».
Il Tavolo Permanente Interconfederale sarà convocato periodicamente e avrà il compito di monitorare l’attuazione del Protocollo, analizzare eventuali criticità e promuovere politiche di sviluppo che possano valorizzare le risorse umane e industriali, in un’ottica di inclusione e sostenibilità e della competitività territoriale.
L’accordo avrà una durata di quattro anni, con possibilità di rinnovo al termine del periodo.
Attualità
Una mensa sociale all’Oratorio di Ugento
Finanziata dal GAL Capo di Leuca la realizzazione della mensa per la parrocchia “San Giovanni Bosco”
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Tutto pronto per l’apertura della nuova mensa sociale della Parrocchia “San Giovanni Bosco” presso l’Oratorio di Ugento, in via Alcide De Gasperi.
Sarà un luogo di incontro e condivisione aperto alla comunità, fortemente voluto dalla parrocchia e dalla Caritas diocesana di Ugento-Santa Maria di Leuca.
Per la realizzazione della mensa sociale è stato determinante un finanziamento a fondo perduto attuato dal GAL Capo di Leuca.
Grazie al bando pubblicato dal GAL Capo di Leuca, infatti, sono state acquistate attrezzature tecnologicamente avanzate: una cucina a 4 fuochi con forno statico a gas, un tavolo in acciaio inox con ripiano e alzatina, una cappa auto aspirante a parete con regolatore di velocità, un forno a microonde con funzione grill, un lavello in acciaio inox a sbalzo con 2 vasche, una lavastoviglie, due armadi refrigerati, 4 tavoli realizzati artigianalmente in legno, e 32 sedie in legno di faggio con seduta impagliata.
La Parrocchia “San Giovanni Bosco”, nella cittadina meglio conosciuta come “l’Oratorio di Ugento“, è la più grande per estensione e numero di abitanti (circa 5mila persone, più di 1.400 famiglie) dell’intero paese, che conta 5 parrocchie. Comprende circa metà del territorio di Ugento e circa la metà della sua popolazione.
Il 18 settembre 1960 fu inaugurata la “Casa del Giovane Mons. Giuseppe Ruotolo“, data che sancisce ufficialmente il varo dell’oratorio, fortemente voluto dal primo parroco Mons. Don Leopoldo De Giorgi.
Questo luogo è stato amato anche da Don Tonino Bello, che, pur essendo impegnato nel seminario vescovile, aveva frequenti contatti con l’attività sportiva dell’oratorio.
La Parrocchia ha acquistato attrezzature, strumenti, arredi e impianti per allestire una mensa nei locali dell’oratorio a Ugento.
La riuscita del progetto sarà possibile grazie al contributo di gruppi di volontari, provenienti anche da altre parrocchie di Ugento, che permetteranno di offrire a tutti un’accoglienza calorosa e rispettosa, facendo funzionare le mense, la cucina e il magazzino al meglio.
Questo allevierà le sofferenze del prossimo, soprattutto in questo momento di crisi economica, in cui le persone fragili sono ancora più bisognose di aiuto e conforto.
Il progetto di realizzazione della mensa, oltre alla Parrocchia “San Giovanni Bosco” di Ugento, annovera altri due partner: l’Associazione Sportiva Dilettantistica Eventi e Sport di Ugento e la Società Agricola “Oro del Salento” Srl di Ugento.
La prima, attiva da circa 15 anni, ha come finalità lo sviluppo e la diffusione di varie attività sportive senza scopo di lucro.
I componenti dell’associazione si adopereranno volontariamente per cucinare e servire nella mensa della parrocchia, con particolare attenzione alla qualità dei cibi e alle azioni in contrasto allo spreco alimentare.
La Società Agricola “Oro del Salento” svolgerà anche il ruolo di fornitore di prodotti ortofrutticoli in eccesso alla mensa sociale.
“Oro del Salento” è un’azienda del Sud Salento specializzata nella trasformazione di prodotti ortofrutticoli in prodotti alimentari salentini e pugliesi tutti lavorati a mano, dalle olive alle mandorle, dalle olive al peperoncino piccante alle cime di rapa e vini tipici pugliesi.
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