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“Sentenza Crocefisso: spazzati via i punti oscuri”

La recente sentenza della Gran Camera della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) riguardante l’esposizione del crocifisso, coinvolge valori essenziali come

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La recente sentenza della Gran Camera della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) riguardante l’esposizione del crocifisso, coinvolge valori essenziali come la laicità dello Stato, l’istruzione e la libertà di culto. Volendo brevemente ripercorre la vicenda processuale, è necessario ricordare che il tutto ha avuto origine dal ricorso della Sig.ra Soile Loutsi, la quale, non volendo far partecipare i suoi due figli alle lezioni elementari in aule dov’era presente il crocifisso, si è rivolta al Tar del Veneto prima e al Consiglio di Stato poi, contro l’esposizione del crocifisso, in quanto in contrasto con il principio costituzionale di laicità dello Stato e con il diritto ad una educazione imparziale. Il ricorso non ha mai trovato accoglimento ed è stato oggetto di una esemplare sentenza del Consiglio di Stato, nella quale si è affermato che il crocifisso è un simbolo in grado di richiamare i valori laici di tolleranza, libertà della persona, solidarietà, uguaglianza “che connotano la civiltà italiana e soggiacciono ed ispirano il nostro ordine costituzionale”. Nel 2009, sovvertendo le precedenti decisioni, la Corte di Strasburgo ha stabilito che l’esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche “va al di là dell’uso di simboli in specifici contesti storici” tanto da contrastare “con il diritto dei genitori di educare i loro figli secondo le proprie convinzioni e con il diritto dei bambini secolarizzati di credere o di non credere”. Dopo questa sentenza siamo stati a lungo contornati da un coro (quasi osannante) che riscopriva il ruolo dell’Europa come tutrice dei diritti individuali, sino ad ergerla a paladina della laicità planetaria. Rispetto a queste ovazioni, in verità la sentenza lasciava dietro di sè diverse ombre. Oggi i punti oscuri sono stati finalmente spazzati via dalla recente sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo che ha ristabilito la permanenza del crocifisso nelle aule scolastiche, grazie al ricorso presentato dall’Italia e all’intervento in giudizio di 43 parlamentari europei, 9 associazioni non governative e 10 Stati. Solo per porre l’accenno su alcune delle questioni che la precedente sentenza lasciava aperte, mi permetto di richiamare solo due precedenti. Nel 2007 i giudici della CEDU avevano svolto un’analisi del sistema scolastico norvegese, che aveva accordato la prevalenza dello studio della religione luterano-evangelica. Ebbene il collegio giudicante non ha messo in discussione le scelte culturali norvegesi, facenti parte dell’autonomia legislativa dello Stato, ma ha constatato una violazione del diritto dei genitori ad un’educazione non contrastante con i propri convincimenti perché non era stata prevista la possibilità di esonero totale da tali insegnamenti per gli alunni che non avessero voluto parteciparvi. Cosa che, invece, è espressamente sancita dal nostro ordinamento per l’insegnamento della religione cattolica! Altro caso è quello della studentessa turca che aveva fatto ricorso ai giudici europei perché si era vista esclusa dai corsi per aver indossato il velo in classe. I magistrati hanno affermato che ogni normativa che riguardi la libertà di esporre dei simboli religiosi risente dello specifico contesto nazionale, così affermando che ogni cultura ha delle proprie consolidate tradizioni da rispettare. Alla luce di questi e di altri precedenti giurisprudenziali, la sentenza della Gran Camera della CEDU che sancisce la permanenza del crocifisso nelle aule scolastiche era da tempo auspicata ed attesa. Non ho mai creduto, infatti, ai richiami di coloro i quali interpretano la laicità come una sorta di neutralità dello Stato, quasi che il rispetto per gli altri debba passare per una tabula rasa della cultura nazionale, per l’azzeramento dei segni identitari, in modo da creare una condizione più simile ad una camera asettica anzichè ad un luogo dove vive e vivifica la comunità nazionale. Né tantomeno mi ha mai convinto l’esterofilìa di chi richiama la normativa straniera. Ogni Paese ha delle proprie peculiarità culturali che non possono essere sradicate con un’opera di ingegneria normativa che prende pezzi di legislazioni straniere e le impianta in un altro ordinamento, come fosse un organismo geneticamente modificato. Per assurdo, se dovessimo applicare forzatamente questo prototipo di laicità a livello universale, allora dovremmo forse ritenere illegittime le parole dell’inno nazionale inglese che, invocando l’aiuto di Dio per salvare la Regina, potrebbe configurare una lesione della neutralità dello Stato? O ancora, lo scorso 17 marzo tutti noi saremmo stati colpevoli di attacco alla laicità per il solo fatto di aver cantato l’inno nazionale che invita il popolo italiano ad unirsi perché “l’unione e l’amore rivelano ai popoli le vie del Signore”? Da tutto questo possiamo trarre la conclusione che non vi è un paradigma assoluto che affermi la laicità dello Stato. Proprio per le peculiarità sociali, politiche, culturali e costituzionali che innervano il nostro Paese, il crocifisso rimane nelle aule scolastiche in quanto è simbolo che va ben al di là della sola percezione religiosa, assurgendo, come ha affermato il Consiglio di Stato, ad una funzione “altamente educativa, a prescindere dalla religione professata dagli alunni perché è in grado di rappresentare e di richiamare in forma sintetica immediatamente percepibile ed intuibile (al pari di ogni simbolo) valori civilmente rilevanti”.


Carlo Ciardo

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Saggio di Natale a Nardò

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Domenica 22 dicembre si è svolto al palazzetto dello sport Andrea Pasca di Nardò, il primo saggio di Natale della scuola di ballo Anastasia Dance: Jingle dance.

Non solo ballo ma anche attrazioni natalizie per tutti i bambini: Anna ed elsa, elfi, zucchero filato per tutti, babbo natale con la buca lettere per le letterine, angolo scenografico. Tante coreografie che hanno visto esibirsi 50 ballerini della scuola Anastasia Dance dei maestri Francesca Paglialunga e Salvatore Vacca.

L’evento è stato patrocinato dal Comune di Nardò, grazie alla preziosa collaborazione del presidente del Consiglio comunale con delega allo sport Antonio Tondo e del presidente della Consulta dello sport Tony De Paola.

Le iscrizioni per il nuovo anno sono aperte e i maestri vi aspettano in via due Aie, 67 a Nardò.

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Annuo Nuovo, una “buona vecchia abitudine: il bagno a mare

Sono tanti i salentini che nonostante l’estate sia solo uno sbiadito ricordo, continuano a “calare” i propri corpi nelle fredde e chiare acque di mare: una usanza, forse; una ricetta per la longevità, sostiene qualcun altro

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Anche questo 2025 si è palesato con il volto e gli usi di altri inverni, un deja vù, insomma.

Sono tanti i salentini che nonostante l’estate sia solo uno sbiadito ricordo, continuano a “calare” i propri corpi nelle fredde e chiare acque di mare: una usanza, forse; una ricetta per la longevità, sostiene qualcun altro; un modo per curare la forma e l’anima; una sorta di rito propiziatorio, ci confidano, un po’ come fare il bagno nelle acque del Gange (per gli indù c’è la convinzione che effettuando il bagno nel fiume si possa ottenere il perdono dei peccati e un aiuto per raggiungere la salvezza).

Pertanto anche quest’anno a Capodanno passeggiando per le nostre coste, da OtrantoS. Cesarea a Castro, passando per Tricase e Leuca, era facile scorgere alcuni coraggiosi e volenterosi che iniziavano l’anno con il “solito” rito propiziatorio: il bagno a mare.

 

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Marittima: in Bottega l’ultimo appuntamento con le degustazioni

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Riceviamo e pubblichiamo

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