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Miggiano

“Terra di Leuca Bis”: finanziamento di 2 milioni di euro

L’Unione dei Comuni “Terra di Leuca bis”, presieduta da Giovanni Damiano, sindaco di Miggiano, composta dalle Amministrazioni Comunali di Miggiano, Montesano Salentino, Ruffano e Specchia

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L’Unione dei Comuni “Terra di Leuca bis”, presieduta da Giovanni Damiano, sindaco di Miggiano, composta dalle Amministrazioni Comunali di Miggiano, Montesano Salentino, Ruffano e Specchia, ha ottenuto un finanziamento di 2 milioni di Euro, con un cofinanziamento del 3%, per la realizzazione del progetto “Rigenerazione Urbana dell’Unione Terra di Leuca bis”, nell’ambito della Legge Regionale “Norme per la rigenerazione urbana”, la quale finanzia la rigenerazione di parti di città e sistemi urbani in coerenza con strategie comunali e intercomunali finalizzate al miglioramento delle condizioni urbanistiche, abitative, socio-economiche, ambientali e culturali degli insediamenti umani e mediante strumenti di intervento elaborati con il coinvolgimento degli abitanti e di soggetti pubblici e privati interessati.


I principali ambiti d’intervento sono le aree urbane periferiche e marginali interessate da carenza di attrezzature e servizi, degrado degli edifici e degli spazi aperti e processi di esclusione sociale, ivi compresi i contesti urbani storici interessati da degrado del patrimonio edilizio e degli spazi pubblici e da disagio sociale; i contesti urbani storici interessati da processi di sostituzione sociale e fenomeni di terziarizzazione; le aree dismesse, parzialmente utilizzate e degradate. Il progetto redatto dai tecnici: Arch. Augusto Merico, Arch. Gabriella Sticchi e Arch. Serena Petranca, che vede l’Ing. Antonio Cavallo come Responsabile Unico del Procedimento, riguarda un intervento di riqualificazione edilizia e funzionale in ciascuno dei quattro Comuni dell’Unione e più precisamente: nella zona antistante il “Santuario di San Donato” a Montesano Salentino, in località “Verardo” a Specchia, nella zona di “Santa Marina” a Miggiano e nel centro storico di Ruffano e più esattamente nella zona “Porta Mare-Porta Terra”. Nell’ambito del progetto saranno attivate dei collegamenti tra i diversi centri storici e le zone di scambio per la mobilità (stazione ferroviaria e degli autobus, ecc.), attraverso la valorizzazione delle reti ecologiche esistenti, delle reti infrastrutturali per la mobilità lenta e sostenibile, dei sentieri turistici, didattici e museali, attuando una politica di valorizzazione comune, d’incremento della dotazione della mobilità lenta, attraverso parcheggi d’interscambio e il recupero dei percorsi abbandonati. Grazie al progetto si intende attivare passeggiate a piedi e in bicicletta attraverso cui valorizzare la naturale bellezza delle campagne e delle serre salentine ricche di piante della memoria (ulivi) e opere di ingegneria naturalistica (muretti a secco). Snodo cruciale degli interventi previsti, risulterà la Stazione Ferroviaria Sud-Est, ubicata nella periferia di Miggiano, la cui riqualificazione urbana risulterà strategica per tutta l’Unione dei Comuni. Da questo sito, andranno a diramarsi vari percorsi, in quanto la struttura edilizia, sarà ristrutturata trasformandola a luogo dove affittare la bicicletta e punto di ricovero ed altro ancora.

I collegamenti tra tutte le aree permetteranno di rendere strategica e funzionale la realizzazione di ciascun intervento comunale, valorizzandolo e dando attuazione reale al recupero sostenibile con la conseguenza importante di poter realizzare e offrire un turismo consapevole e sostenibile, soprattutto, lento. Al fine di valorizzare al meglio tutti i singoli progetti comunali, sarà realizzato un circuito unico di collegamento tra tutte le zone interessate, dalle quali proseguire per i relativi centri storici, finendo il tour nelle campagne ricche di “memoria storica” per poi raggiungere le vicine Serre Salentine ed ammirare il territorio circostante da un’altra prospettiva. Attraverso la realizzazione del progetto “Rigenerazione Urbana dell’Unione Terra di Leuca bis”, i quattro Comuni andranno a realizzare un circuito unico caratterizzato da quattro percorsi tematici, i quali hanno tutti una loro specificità territoriale: Percorso del Ferro – Percorso delle Paludi – Percorso della Memoria  – Percorso delle Radici. I collegamenti saranno realizzati attraverso dei percorsi ciclabili di tipo promiscuo, che collegherà la stazione ferroviaria oggetto dell’intervento grazie ad un servizio di bike sharing, con le quattro zone comunali riqualificate, con gli stessi centri storici dei Comuni coinvolti, per poi raccordare questi tra di loro attraverso i quattro percorsi specifici. Lungo i percorsi, saranno posizionati cartelloni illustrativi della zona che si sta visitando, delle peculiarità del territorio e di tutto quello che il paesaggio può offrire al turista-fruitore. Saranno realizzate aree di sosta attrezzate con panche e tavoli in legno, cestini porta rifiuti, rastrelliere per biciclette, alberature di alto e medio fusto per creare zone di ombra. Inoltre, in ogni intervento comunale, sarà installata una stazione di monitoraggio ambientale, la quale trasmetterà i dati sul sito internet dell’Unione dei Comuni, oltre che sui singoli siti internet dei quattro Comuni.


Approfondimenti

Mesciu Pippi, custode dell’arte edilizia

Al secolo Raimondo Giuseppe Marra, nato nel 1943 a Montesano Salentino, considerato un custode della lavorazione tradizionale e un vero e proprio maestro delle volte a stella, a squadro e a botte

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In nostro approfondimento sulla tradizione del costruire salentino si chiude con una figura storica dell’edilizia salentina.

I più attempati si ricorderanno certamente di Mesciu Pippi.

Al secolo Raimondo Giuseppe Marra, nato nel 1943 a Montesano Salentino, anche se all’anagrafe risulta Miggiano, di cui il suo paese, all’epoca, era ancora frazione. A 15 anni iniziò a lavorare in cantiere e, da allora, l’arte edile è diventata la sua vita.

Tanto da essere considerato un custode della lavorazione tradizionale e un vero e proprio maestro delle volte a stella, a squadro e a botte.

La sua storia è riportata nel libro “Il cantiere edile come biografia e memoria”, scritto dall’architetto Venanzio Marra, figlio di Raimondo Giuseppe.

Mesciu Pippi cita il suo maestro: «È stato Donato De Matteis, un abile costruttore di Montesano. Poi ho avuto tanti altri maestri, tra cui Ippazio Morciano, mesciu Pati, di Tiggiano. Dopo aver lavorato con lui, nel 1973, ho dato vita alla mia attività».

Nonostante sul finire degli anni 70 stesse cambiando il modo di costruire passando dalle strutture interamente in muratura, con copertura a volta, ai sistemi in cemento armato, con le strutture puntiformi e i solai, Mesciu Pippi è rimasto legato alla tradizione: «Il passaggio dalle costruzioni tradizionali a quelle moderne non è stato indolore. Il cantiere tradizionale veniva sostituito da un cantiere in cui l’esecuzione delle opere diveniva più veloce, aumentava la standardizzazione della componentistica edile. Ma spesso si perdeva parte della sapienza costruttiva e le maestranze diventavano sempre più dequalificate. Sin dal 1975, quando capitava di demolire una volta (per esempio a stella) per costruire una struttura moderna con i solai piani, pensavo che i nuovi edifici non sarebbero durati così a lungo. Insomma, si demolivano strutture fatte ad arte per sostituirle con altre che non davano la stessa garanzia».

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Approfondimenti

Costruire salentino, come eravamo

Giuseppe Maria Costantini, Conservatore-Restauratore di Beni Culturali: dalle coperture ai soffitti interni, dagli intonaci ai pavimenti interni ed esterni, dalla “suppinna” alla “loggia”: i caratteri tradizionali tipizzanti dell’edilizia salentina

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di Giuseppe Maria Costantini

(Conservatore-Restauratore di Beni Culturali)

Mi si chiede: «Se qualcuno volesse costruire un’abitazione secondo i canoni della tradizione salentina cosa dovrebbe fare? Quali sono gli aspetti più caratteristici e tipizzanti?».

Le abitazioni del Salento sono sempre state alquanto eterogenee in relazione alla condizione socio-economica e culturale dei loro abitanti, così caratterizzando i vari paesi e quartieri urbani, anche vicinissimi tra loro, inoltre, sono molto cambiate nel corso dei secoli, anche in breve tempo quando ce ne fosse un’importante condizionamento esterno.

Basti considerare che nel Salento, almeno fino al sedicesimo secolo, tutte le coperture degli edifici erano costituite da tetti spioventi e tegole in terracotta, come nel resto d’Italia.

Tra l’altro, la copertura esterna a spioventi corrispondeva largamente a soffitti interni in legno, sia lasciati a vista sia nascosti da incannucciate ricoperte da intonaci a stucco, come nel resto d’Italia.

Tale lunghissima “stagione dei tetti” vedeva anche pavimenti interni che, dove non fossero un umile battuto di terra, erano frequentemente in legno, nudo o variamente rifinito, oppure in terracotta, nuda o financo maiolicata; l’impiantito in pietra era destinato in prevalenza agli spazi esterni, o aperti, nonché a rimesse e opifici.

Tornando alla questione posta: come e più del resto d’Italia, nel Salento il consumo del suolo, dal secondo dopoguerra del Novecento a oggi, è stato enormemente maggiore che dalla preistoria allo stesso secondo dopoguerra; pertanto, non si dovrebbe più consumare neppure un metro-quadrato di terreno agricolo o naturale per costruire checchessia.

Ciò detto, innumerevoli edifici dell’ultimo secolo, privi di particolari valenze storiche o artistiche, necessiterebbero di importanti interventi “di costruzione”.

Si tratta di edifici variamente inefficaci in fatto di materiali di cui sono costituiti, di caratteri strutturali-statici, oppure affatto indecenti in termini di funzionalità, e/o di forma e di aspetto.

In altre parole, le tante costruzioni inadeguate e brutte che ci circondano dovrebbero essere radicalmente demolite e, ove necessario, ricostruite in termini idonei, o, se possibile e opportuno, parzialmente manomesse, recuperandone quanto già idoneo e sostituendone quanto inidoneo.

Che siano totali o parziali, è essenziale che tali auspicabili rigenerazioni tengano nella massima considerazione i caratteri tradizionali e tipizzanti del Salento, anzi, in particolare, che siano armoniche al centro abitato, o alla località di campagna, cui appartengono.

Il nostro grande intellettuale e poeta Vittorio Bodini, in Foglie di tabacco (1945-47), tipizza fantasticamente un carattere cardinale delle abitazioni pugliesi e salentine: « le case di calce da cui uscivamo al sole come numeri dalla faccia di un dado».

Tuttavia, neppure l’imbiancatura in bianco vale per ogni località: molti centri abitati, costieri e no, erano caratterizzati da prevalenti imbiancature di calce addizionata a pigmento, fino a ottenerne colori pastello, rosa, ocra gialla, azzurro, turchese, verde, ne era un esempio emblematico Gallipoli.

Perchè spellare le case?

Ne parlo al passato perché negli ultimi decenni è invalsa la deleteria moda di spellare le nostre abitazioni, fino a mostrarne l’orditura muraria in pietra, come si trattasse di un edificio non terminato.

Infatti, restando ai caratteri tradizionali tipizzanti: le abitazioni salentine, dalla più umile al palazzo nobiliare, quando edificate fino a conclusione, all’esterno e all’interno, erano immancabilmente intonacate o, comunque, rifinite con uno strato superficiale, quale rivestimento tradizionale del materiale lapideo costruttivo, con valenze funzionali ed estetiche, e ciò riguardava persino cantine e stalle.

Oltre alle coperture esterne a terrazza, destinate a convogliare le acque piovane nelle cisterne, un altro carattere tipizzante delle nostre abitazioni era la presenza di spazi interni aperti: ortali, giardini, cortili al piano terreno; al piano superiore: terrazze complanari, terrazze soprastanti, spesso dotate di suppinna o attico, nonché verande, balconi e balconcini.

In particolare, le facciate, anche quando di dimensioni contenute, tendevano ad avere uno spazio aperto protetto: portico, loggia, o loggetta a serliana.

Il colore degli infissi

Similmente alle murature, che dovrebbero mostrarsi sempre vestite, anche gli infissi, secondo tradizione, non mostrano mai il loro legno a vista, neppure quando pregiato.

Il colore degli infissi, come quello delle imbiancature tradizionali, era largamente condizionato dalla tradizione della località.

Certamente per le porte e i portoni, o le persiane, il colore più tipizzante era il verde (in infinite tonalità locali, più o meno scure), o, soprattutto per le località costiere, l’azzurro; seguono le tonalità del bruno-grigio.

A ogni modo, lontano dall’avere svolto questo interessante e poliedrico tema, spero di avere stimolato la vostra attenzione e rispetto per la conservazione e il recupero delle nostre tradizioni costruttive e del nostro bel paesaggio.

GIUSEPPE MARIA COSTANTINI

Conservatore-Restauratore di Beni Culturali.

Possiede numerose specializzazioni, tra cui superfici dell’architettura.

Lungamente ricercatore e docente di Restauro per l’Università di Bologna, oltreché per altri prestigiosi enti nazionali.

Su diretto invito del dirigente Arch. Piero Cavalcoli (Urbanista), ha partecipato all’elaborazione del DRAG della Regione Puglia (Schema di Documento Regionale di Assetto Generale).

*Nella foto in alto, Specchia da “I Borghi più belli d’Italia”

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Cronaca

«Il Santone di Miggiano non è un Testimone di Geova»

La Congregazione Cristiana dei Testimoni di Geova: «Il signor Kadir e le persone descritte nell’articolo non sono Testimoni di Geova né lo sono mai stati. Noi non imponiamo ad alcuno le nostre convinzioni, non pratichiamo né incoraggiamo l’occultismo o l’esoterismo»

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Sia sull’edizione cartacea che sul nostro sito abbiamo riportato alcune indiscrezioni che riferivano di «nuove scoperte che svelerebbero la fede degli adepti. Alla base della setta del santone Kadir, ci sarebbero testi di esoterismo e dei Testimoni di Geova».

Sulla vicenda ha voluto mettere i puntini sulle “i” e sbaragliare il campo da ogni possibile equivoco la Congregazione Cristiana dei Testimoni di Geova.

«A prescindere dagli sviluppi e da come procederanno le eventuali indagini su questo fatto di cronaca», scrive in una nota la Congregazione, «ci preme chiarire alcuni aspetti che hanno coinvolto direttamente e in modo errato la nostra confessione religiosa. Seppur in forma dubitativa, gli articoli in oggetto propongono un accostamento tra la confessione cristiana dei Testimoni di Geova e il fenomeno dei cosiddetti “santoni” che manipolerebbero i loro adepti. Questo accostamento è inesatto e fuorviante per i lettori. Pur riconoscendo il pieno diritto di cronaca e di esprimere opinioni, riteniamo che effettuare il collegamento tra sette, guru, santoni, movimenti occulti di dubbia legalità e i Testimoni di Geova rappresenti un grave attacco contro la nostra confessione religiosa basato su stereotipi, informazioni inesatte e diffamatorie. Seppure possano esistere fenomeni sociali che destano allarme, tutto ciò non ha alcuna relazione con i Testimoni di Geova».

La Congregazione Cristiana dei Testimoni di Geova tiene a precisare anche che «il signor Kadir e le persone descritte nell’articolo non sono Testimoni di Geova né lo sono mai stati».

«I Testimoni di Geova», continuano, «sono una confessione riconosciuta che conta in Italia circa 500mila persone tra fedeli e simpatizzanti, e rappresentano la seconda religione cristiana per numero di cittadini italiani. Non impongono ad alcuno le loro convinzioni, non praticano né incoraggiano l’occultismo o l’esoterismo e sono noti per l’impegno nell’insegnare tramite la Bibbia i sani valori cristiani di rispetto e amore del prossimo. Nessuna delle loro pubblicazioni ha assolutamente nulla a che fare con esoterismo, misticismo, guarigioni psichiche o temi simili».

 

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