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Dopo la strage di Lampedusa: “I cristiani ora agiscano”
La Fondazione don Tonino Bello, se non altro per quello che era lo spirito che animava il Vescovo della Pace non poteva tacere dopo la vergognosa strage di migranti nelle acque siciliane. Di seguito il documento diffuso dalla Fondazione.
La Fondazione don Tonino Bello, se non altro per quello che era lo spirito che animava il Vescovo della Pace non poteva tacere dopo la vergognosa strage di migranti nelle acque siciliane. Di seguito il documento diffuso dalla Fondazione.
I morti di Lampedusa, a partire dagli ultimi, che hanno suscitato il grido di dolore di Papa Francesco “Vergogna!” richiamano lo sdegno evangelico per ogni mercimonio e esigono la radicalità frequentemente dismessa dai “cristiani di pasticceria”.
Non si può più, ed è già colpevolmente tardi, tacere né semplicemente spettacolarizzare il cimitero di Lampedusa, rimuoverlo subito dopo gli incessanti servizi televisivi.
È, piuttosto, tempo di dare senso concreto alla nostra etichetta, di uomini di buona volontà e di battezzati, che deve tradursi in irrinunciabile pratica quotidiana. Siamo quella discendenza di Abramo che non conosce resa se non al compimento, dinanzi al Padre, della vocazione temporale.
Vale, come ha fatto don Renato Sacco, coordinatore nazionale di quella Pax Christi che fu nel cuore e nei passi di don Tonino, riproporre le parole del Vescovo della Chiesa del grembiule, al ritorno da Sarajevo, nel dicembre1992: “Poi rimango solo e sento per la prima volta una grande voglia di piangere. Tenerezza, rimorso e percezione del poco che si è potuto seminare e della lunga strada che rimane da compiere”.
Abbiamo scelto il mandato di non far sentire più solo né don Tonino, che ci cammina accanto, né il più piccolo fratello ovunque sia nel mondo, che dobbiamo cercare e non attendere di imbatterci in lui già privato della vita. Dobbiamo fare corona attorno a Papa Francesco, come comunità di credenti corroborati e rinfrancati dalla sua grandiosa umiltà ma anche come persone responsabili e cittadini di una diversa, accogliente polis retta dalla fratellanza.
Nella “lunga strada che rimane da compiere” dobbiamo sapere individuare alcune priorità:
1. A livello di comunità parrocchiali, dobbiamo promuovere una profonda revisione di vita, attraverso momenti concrete pratiche di fraternità: diamo conto che “charitas” è conquista spirituale di amore vissuto, di comunione intensa, di incondizionata compassione, che si traducono altresì nell’organizzazione della vita civile, nella costruzione di una rete inarrestabile, forza trainante di democrazia e di rappresentanza partecipata. Ciascuno in pace con se stesso perché vinca la pace.
2. A livello di paese, occorre sostenere le risorse individuali e dei diffusi organismi associativi, a partire da Pax Christi e dalla Comunità di Sant’Egidio, dal Cortile dei Gentili alla Tavola della Pace, a Unicef e Shave the Children, che ne rappresentano parzialmente la galassia, affinché si rimetta mano alla legislazione civile e degna sui migranti. Fino che questo non avvenga nella sostanza, utilizziamo ogni occasione per essere ‘complici’ nel sostegno dei migranti. La persona al centro di ogni atto responsabile dei politici, come esige la nostra Costituzione.
3. Il Governo si impegni su due fronti di sua competenza. In primo luogo operi in maniera intransigente, e il prossimo semestre di Presidenza italiana è occasione irrinunciabile, perché l’Agenzia Europea FRONTEX risponda, non più sentinella armata contro i diseredati e gli afflitti linea di confine a spazi e opportunità di un Europa accogliente. Incentivi poi, a livello nazionale e lo promuova a livello europeo e internazionale, un Servizio Civile nei paesi di origine dei migranti. È la vera forza di contrasto alle persecuzioni e agli eccidi, agli scafisti e ai corrotti e ai mercanti di uomini, donne e bambini.
4. Si avvii, come Chiesa ad ogni livello, una profonda riflessione antropologica e teologica sulla cristiana vocazione alla fratellanza, ritrovandone i contenuti sulla visione ecumenica e sulla conciliazione tra le fedi, che superi ogni separatezza e ricomponga le visioni ultime della religiosità come legame che vive nella storia e fa riconoscere le persone nel tempo della globalizzazione.
“Nel corso del 2011, ogni giorno 5/6 migranti provenienti dall’Africa hanno perso la vita nel mare Mediterraneo, nel tentativo di raggiungere le coste dell’Italia e dell’Europa”, ammonisce Presidente della Commissione speciale per la tutela dei diritti umani a Palazzo Madama. Circa 20.000 morti negli ultimi 10 anni ma ne dovrebbe bastare uno solo per dimettere ogni nostro fariseismo, per non negare il presente e il futuro dell’umanità. Spendiamoci per dare vita all’ONU dei popoli e della fratellanza, preconizzato da don Tonino.
Nei giorni dell’ultima tragedia, Papa Francesco è ad Assisi, com’è stato a Lampedusa, l’icona della speranza che è la nostra bisaccia, il viatico per il nostro entusiasmo.
Con il sindaco di Lampedusa, donna semplice che restituisce senso quotidiano a quello che, invece di essere definito eroismo, traduce la santità degli atti che rendono vera la vita, riposizioniamo con la nostra riflessione la croce salvifica in quel che oggi appare come cimitero dell’umano, riaffidiamo al Dio dei nomi propri quanti possono valersi del nostro essere “ala di riserva”.
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Saggio di Natale a Nardò
Domenica 22 dicembre si è svolto al palazzetto dello sport Andrea Pasca di Nardò, il primo saggio di Natale della scuola di ballo Anastasia Dance: Jingle dance.
Non solo ballo ma anche attrazioni natalizie per tutti i bambini: Anna ed elsa, elfi, zucchero filato per tutti, babbo natale con la buca lettere per le letterine, angolo scenografico. Tante coreografie che hanno visto esibirsi 50 ballerini della scuola Anastasia Dance dei maestri Francesca Paglialunga e Salvatore Vacca.
L’evento è stato patrocinato dal Comune di Nardò, grazie alla preziosa collaborazione del presidente del Consiglio comunale con delega allo sport Antonio Tondo e del presidente della Consulta dello sport Tony De Paola.
Le iscrizioni per il nuovo anno sono aperte e i maestri vi aspettano in via due Aie, 67 a Nardò.
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Annuo Nuovo, una “buona vecchia abitudine: il bagno a mare
Sono tanti i salentini che nonostante l’estate sia solo uno sbiadito ricordo, continuano a “calare” i propri corpi nelle fredde e chiare acque di mare: una usanza, forse; una ricetta per la longevità, sostiene qualcun altro
Anche questo 2025 si è palesato con il volto e gli usi di altri inverni, un deja vù, insomma.
Sono tanti i salentini che nonostante l’estate sia solo uno sbiadito ricordo, continuano a “calare” i propri corpi nelle fredde e chiare acque di mare: una usanza, forse; una ricetta per la longevità, sostiene qualcun altro; un modo per curare la forma e l’anima; una sorta di rito propiziatorio, ci confidano, un po’ come fare il bagno nelle acque del Gange (per gli indù c’è la convinzione che effettuando il bagno nel fiume si possa ottenere il perdono dei peccati e un aiuto per raggiungere la salvezza).
Pertanto anche quest’anno a Capodanno passeggiando per le nostre coste, da Otranto– S. Cesarea a Castro, passando per Tricase e Leuca, era facile scorgere alcuni coraggiosi e volenterosi che iniziavano l’anno con il “solito” rito propiziatorio: il bagno a mare.
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