Approfondimenti
Surano-Chinatown, Gli investitori: “Qui le giuste garanzie”
Come mai hai deciso di investire a Surano: “Garanzie giuste per riuscire nell’impresa”. Totò Piccinni: “Sono davvero mortificato, mi hanno circondato, mi auguro che questa leggerezza non mi costringa a licenziare qualcuno”
Già i primi giorni di apertura l’Hong Kong Market ha registrato il pienone e molti degli avventori giurano che il rapporto qualità prezzo è davvero conveniente. Ci sono anche prodotti “Made in China”, ma hanno il marchio italiano esattamente come in tanti altri negozi che frequentiamo abitualmente. Ci riceve con un sorriso l’amministratore Hu Vei Bing, per tutti semplicemente Fabio. Parlare con lui smonta subito tanti luoghi comuni sui cinesi che vengono in Italia: non pare affatto chiuso e timoroso nei confronti di chi fa domande, parla un italiano pressoché perfetto, l’unico fattore in linea con la tradizione e la tipica “elle” cinese al posto della “erre”. Fabio ha 40 anni, da 18 è nel Belpaese, ha già lavorato nel commercio, in particolare nell’abbigliamento: a Venezia, poi a Rovigo, a Gioia del Colle, a Brindisi, fino al Salento, a Surano, dove prova a mettere a frutto la propria esperienza aprendo l’Hong Kong Market, oltre 2mila metri quadrati, 13 dipendenti in gran parte italiani.
Come mai hai deciso di investire a Surano?: “Io sono l’amministratore, chi ha investito è soprattutto mio cognato che ha già gestisce punti vendita in linea con questo. Abbiamo pensato che il luogo desse le giuste garanzie per riuscire nell’impresa”.
Luogo comune vuole in cinesi in Italia chiusi in un clan quasi silenziosi nel segno di meno ci si nota meglio è. Tu invece sembri perfettamente integrato e poi, altra singolarità, salta subito agli occhi che la maggior parte delle persone che lavorano qui sono italiane. “Ho vissuto più in Italia che in Cina, sono qui da 20 anni e mi sento italiano a tutti gli effetti, anche nel modo di ragionare”. Intanto anche mentre parliamo con Fabio continua la “processione” di persone che arrivano per chiedere un lavoro. Fabio di schernisce con un sorriso: “Mi piacerebbe assumerli tutti ma dobbiamo stare attenti a far quadrare i conti; vediamo come va, poi valuteremo se fare altre assunzioni. La nostra politica è vendere la merce ad un prezzo accessibile anche se con poco margine di guadagno, quindi dobbiamo fare bene i nostri conti”.
Domanda d’obbligo: il personale (per l’80% italiano) è assunto regolarmente? “Tutto in regola, tutto in regola, siamo i primi a voler dormire sonni tranquilli”.
Accanto ai simboli che caratterizzano i negozi cinesi, sventola il Tricolore italiano… “Ci sembrava giusto anche per festeggiare degnamente la festa della Repubblica caduta in coincidenza proprio con la cerimonia di inaugurazione. E poi, come ho già detto, io mi sento italiano a tutti gli effetti”.
Totò Piccinni: “Sull’apertura di “Hong Kong Market” e su quella (prossima) di “Casa Felice”, Totò Piccinni, titolare dell’omonimo grande magazzino nel parco commerciale di Surano (oltre a punti vendita anche a Tricase e Depressa), non nasconde minimente di essere “rimasto male, anzi malissimo per quanto sta accadendo. Avrei voluto almeno essere interpellato. Non voglio commentare ulteriormente, dico solo che sono davvero mortificato”. Poi, però, Piccinni ci prega di chiarire che non si tratta di un problmea di provenienza etnica dei nuovi investitori: “Cinesi, arabi, americani o italiani non fa differenza. Il punto è un altro, mi hanno circondato con un grande magazzino alla sinistra del mio capannone ed un altro appena dietro. Su Surano ho fatto un investimento non indifferente dando anche posti di lavoro, mi aspettavo come minimo di essere interpellato prima che fosse presa una decisione in merito”. Tutto quanto sta venendo potra avere ripercussioni? “Mi auguro che questa leggerezza non mi costringa a licenziare qualcuno. La mia non vuole essere né una minaccia né un dispetto, ma se i conti non dovessero più tornare…”.
Approfondimenti
Mesciu Pippi, custode dell’arte edilizia
Al secolo Raimondo Giuseppe Marra, nato nel 1943 a Montesano Salentino, considerato un custode della lavorazione tradizionale e un vero e proprio maestro delle volte a stella, a squadro e a botte
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In nostro approfondimento sulla tradizione del costruire salentino si chiude con una figura storica dell’edilizia salentina.
I più attempati si ricorderanno certamente di Mesciu Pippi.
Al secolo Raimondo Giuseppe Marra, nato nel 1943 a Montesano Salentino, anche se all’anagrafe risulta Miggiano, di cui il suo paese, all’epoca, era ancora frazione. A 15 anni iniziò a lavorare in cantiere e, da allora, l’arte edile è diventata la sua vita.
Tanto da essere considerato un custode della lavorazione tradizionale e un vero e proprio maestro delle volte a stella, a squadro e a botte.
La sua storia è riportata nel libro “Il cantiere edile come biografia e memoria”, scritto dall’architetto Venanzio Marra, figlio di Raimondo Giuseppe.
Mesciu Pippi cita il suo maestro: «È stato Donato De Matteis, un abile costruttore di Montesano. Poi ho avuto tanti altri maestri, tra cui Ippazio Morciano, mesciu Pati, di Tiggiano. Dopo aver lavorato con lui, nel 1973, ho dato vita alla mia attività».
Nonostante sul finire degli anni 70 stesse cambiando il modo di costruire passando dalle strutture interamente in muratura, con copertura a volta, ai sistemi in cemento armato, con le strutture puntiformi e i solai, Mesciu Pippi è rimasto legato alla tradizione: «Il passaggio dalle costruzioni tradizionali a quelle moderne non è stato indolore. Il cantiere tradizionale veniva sostituito da un cantiere in cui l’esecuzione delle opere diveniva più veloce, aumentava la standardizzazione della componentistica edile. Ma spesso si perdeva parte della sapienza costruttiva e le maestranze diventavano sempre più dequalificate. Sin dal 1975, quando capitava di demolire una volta (per esempio a stella) per costruire una struttura moderna con i solai piani, pensavo che i nuovi edifici non sarebbero durati così a lungo. Insomma, si demolivano strutture fatte ad arte per sostituirle con altre che non davano la stessa garanzia».
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Muretti a Secco e Pajare
Costruire salentino: Dario Damiano Profico di Gagliano del Capo “riporta in vita” le pietre
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Con Dario Damiano Profico di Gagliano del Capo siamo al quarto capitolo del nostro approfondimento sulla tradizione dell’edilizia salentina (dopo l’intervento del Conservatore-Restauratore Giuseppe Maria Costantini, il Coccio Pesto e le Cementine e le Volte a Stella)
Dario ha fatto della sua passione un lavoro.
Da quasi 25 anni la sua mission è restaurare muretti a secco e pajare che, ipse dixit, «ricostruisco com’erano all’origine».
Anche Dario conferma che la «richiesta di lavori tradizionali è alta sia perché il risultato è indubbiamente bello da vedere sia perché, per questo tipo di lavori, ci sono possibilità di accedere a specifici finanziamenti. Il ripristino dei muretti a secco, in modo particolare, è molto richiesto».
Qual è in particolare il tuo lavoro?
«Riportare il tutto com’era un tempo con lo stesso tipo di lavorazione. Da non confondere con ciò che fanno taluni, utilizzando metodi non indigeni che danno un risultato finale diverso rispetto a quello che erano i muretti a secco originali del Salento, rovinandone peraltro l’estetica».
In particolare, a cosa ti riferisci?
«All’utilizzo del calcestruzzo e al mancato utilizzo della terracotta. Sia per le pajare che per i muretti ci tengo farli “a secco”, proprio come si faceva una volta. Per questo chiedo che le pietre non mi arrivino spaccate, ma esattamente come sono state scavate. In modo che io possa dare consistenza al tutto con le pietre grosse, senza utilizzare il cemento».
Il cemento non lo utilizzi affatto?
«Tendo a farne a meno. In qualche occasione sono costretto a farlo perché il committente vuol farci passare la corrente elettrica. Così, per evitare i crolli e cautelare i tubi, uso il calcestruzzo in tre strati: base, centrale e superiore perché ci metto il cordone finale a forma di “A”, per scaricare il peso al centro del muro e dare solidità a tutta la struttura».
Veniamo ai costi. Per un muretto a secco qual è il costo medio?
«Si parte da 35 euro fino ad arrivare a 90 euro a metro lineare. Dipende dalla richiesta. C’è chi vuole un muretto praticamente liscio, a fuga chiusa: in questo caso, la lavorazione richiede maggiori tempi e maggiori costi. Se uno vuole un muro che sia “uno specchio”, senza fughe, vuol dire che la pietra andrà lavorata nel minimo dettaglio e quindi il prezzo sarà più alto. Se, invece, si preferisce il metodo originale, con il minimo utilizzo del martello sulla pietra grezza locale, il costo scende».
E per le pajare? Se, ad esempio, dovessi rimetterne in piedi una di 50 metri quadri?
«Per una pajara di 50 mq, compresi gli esterni (si calcola così, NdR), occorreranno in media 8mila euro, sempre ricostruendola esattamente come era una volta, ovviamente tutta a secco».
Pajare riportate all’origine tranne che per un particolare: «Nel ricostruirla alzo l’apertura fino a due metri, due metri e 15 centimetri, perché in origine l’ingresso alla pajara era molto basso e quindi scomodo»
Qualche tempo fa Dario Profico ha fatto capolino su Rai 3:
«Erano affascinati dalla nostra storia, anche abitativa. Qualche volta è necessario che arrivino da fuori Salento per ricordarci ciò che abbiamo. Non sarebbe male stessimo più attenti a quelle che sono le nostre tradizioni».
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Approfondimenti
Volte a Stella
Costruire salentino: Donato Marra di Tricase specialista del sistema di copertura a volta
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Dopo l’introduzione storica del Conservatore-Restauratore Giuseppe Maria Costantini e il capitolo dedicato a Coccio Pesto e Cementine, (seguirà quello sul Muretti a Secco e Pajare) il nostro approfondimento prosegue con Donato Marra, imprenditore edile, 59 anni di Tricase, specialista in Volte a Stella.
Da quanti anni fa questo mestiere?
«L’azienda personale esiste da circa trent’anni, ma la prima esperienza risale a quando, adolescente, ho iniziato a lavorare con mio padre, presso la sua impresa di costruzioni. Mio padre è stato il mio mentore e maestro, un gran maestro. È lui che mi ha “iniziato” e insegnato a creare l’arte delle antiche costruzioni, delle volte antiche, quelle storiche che si possono ammirare in Salento in tante costruzioni nobiliari».
È un dato di fatto: lo stile “salentino”, volte a stella, muretti, ecc.. è sempre più richiesto. Le risulta?
«È vero, le volte, le costruzioni tipiche salentine sono sempre più richieste. Per parte mia, una volta appresa la bellezza dell’arte salentina, ho voluto metterla a frutto: tutto quello che mi avevano insegnato l’ho restituito creando e consegnando bellezza nelle mani dei clienti. Vorrei aggiungere, però, che spesso l’eccessivo costo di queste costruzioni non è alla portata e per la tasca di tutti. Inoltre, la terra del Capo di Leuca è piena di vincoli e questo non permette di costruire molte case tipiche in campagna».
Considerata la sua esperienza, cosa le chiede maggiormente la sua clientela?
«Devo dire che sono tante le ristrutturazioni che effettuiamo, anche grazie all’arrivo dei tanti stranieri che comprano in Salento. Loro, per fortuna, sono molto attenti al recupero ed alla ristrutturazione di case, masserie o ville antiche: desiderano soprattutto che i lavori vengano eseguiti con una fedeltà all’antico maniacale e che sempre sia più vicina alla costruzione che è stata, e, aggiungo, questo è un bene per noi e per il nostro Salento».
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