News & Salento
Il geco e la coccinella
Scorrendo queste righe, provi, il volenteroso lettore, a immaginare di trovarsi di fronte, misteriosamente ma armonicamente assemblati, tre piccoli squarci ispiratori: di favola, di racconto, di vita reale. Si è a ridosso del litorale adriatico dell’alto Salento, contraddistinto da incantevoli arenili e masse d’acqua dai colori vivi e cangianti. Appena più indietro, brevi macchie di pini mediterranei e, subito dopo, sconfinate distese di oliveti, dalle chiome argentee che brillano sotto i riverberi del sole e che, nelle fasi crepuscolari, assumono invece nuance così tenere, delicate e riposanti, da conquistare appieno il cuore di visitatori e di passanti.
Scorrendo queste righe, provi, il volenteroso lettore, a immaginare di trovarsi di fronte, misteriosamente ma armonicamente assemblati, tre piccoli squarci ispiratori: di favola, di racconto, di vita reale.
Certo, la prima reazione potrebbe essere: “Ma come è possibile una roba del genere?”. Però, se non avrà fretta e si sforzerà di immedesimarsi nello scritto, arriverà da solo a fornirsi rassicurazioni in merito.
La scena di ambientazione del testo che segue coincide con un comprensorio turistico residenziale, vasto ma elegante e raffinato, un sito di vacanza per gente d’élite (almeno, così dovrebbe essere).
Si è a ridosso del litorale adriatico dell’alto Salento, contraddistinto da incantevoli arenili e masse d’acqua dai colori vivi e cangianti. Appena più indietro, brevi macchie di pini mediterranei e, subito dopo, sconfinate distese di oliveti, dalle chiome argentee che brillano sotto i riverberi del sole e che, nelle fasi crepuscolari, assumono invece nuance così tenere, delicate e riposanti, da conquistare appieno il cuore di visitatori e di passanti.
Il comprensorio appare punteggiato da tante ville, grandi e piccole, edificate con un certo stile e gusto, circondate da bei giardinetti ombreggiati e impreziositi con praticelli vezzosi e curati, alcune dotate anche di piscina.
Nelle stradine interne del complesso, contraddistinta dal n. 32, ecco la residenza, ampia e sontuosa, che si pone al centro della presente narrazione.
Corre un periodo fuori stagione, il silenzio e la quiete risultano assoluti o pressappoco, si avverte solamente lo scricchiolio di leggere foglie che saltellano e ricadono fra terra e aria, lo sciabordio cortese di flussi non distanti, il cinguettio di nugoli di passeri e di qualche pettirosso. Come per incanto, siffatto scenario-palcoscenico viene ad animarsi per via dell’apparizione di due minuscoli animaletti: l’uno differente dall’altro, eppure destinati, come si sentirà appresso, a socializzare e addirittura di più, vale a dire ad aprire vicendevolmente i forzieri delle loro confidenze e dei rispettivi segreti, vicini e lontani.
Disteso, ma contemporaneamente ben aggrappato ad una parete della villa quasi in concomitanza della volta, si staglia un geco (comune esemplare dei “geconidi”) dal colore giallastro tendente al beige, con la pelle a scagliette, gli occhietti emergenti e dai lesti riflessi, gli arti che terminano con curiosi palmi a stella, mediante i quali l’animaletto riesce a trattenersi anche su superfici lisce e a strapiombo.
Appoggiata, invece, su un quadrato di prato del giardino, ecco una minuscola, giovane e carinissima coccinella, con quella sua sagoma tondeggiante e a guscio, di una tinta calda e, insieme, discreta, macchiata con naturale ordine da una sequenza, sette per la precisione, di puntini neri, le zampette anch’esse scure di cui l’animaletto si avvale per i suoi lenti e timidi movimenti, alternando in tal modo l’uso delle alette, che inalbera allorquando deve compiere spostamenti significativi.
Una coppia di creature così diverse, si diceva: la prima, dall’aspetto non spiccatamente piacevole a guardarsi, ma comunque rassicurante; l’altra, naturalmente graziosa e suscitante tenerezza in chiunque si trovi a rimirarla.
Prodigiosamente, appena qualche volata di tempo dopo che le due creaturine si sono accorte di stazionare insieme nel medesimo sito, si innesta fra loro un bel dialogo: in virtù di un misterioso comune idioma originale che consente di parlare ed intendersi senza problemi, viene vinta la diversità della specie.
Il geco riferisce all’occasionale compagna di soggiorno di essere giunto in quel posto abbastanza da lontano, da una località sempre di mare, ma caratterizzata da profili costieri di altro genere. Precisa, comunque, di non essersi affatto reso conto del percorso coperto, quasi che una sorta di propulsione interiore avesse reso lieve il suo cammino; o meglio, alla stregua che il richiamo di qualcosa o di qualcuno lo avesse fatto approdare giusto in quel villaggio di vacanza tutto d’un fiato: inoltre, è trascorso pochissimo tempo dall’arrivo, eppure a lui sembra di essere stato sempre lì.
Relaziona, ancora, l’amico geco, di averne viste a iosa di sfaccettature nell’arco della sua vita, di essersi trovato a compiere innumerevoli incontri e conoscenze, di aver raggiunto traguardi e goduto gioie, senza però restare indenne, qua e là, da delusioni: è un po’ come se, rispetto a tutto, potesse far sua la classica affermazione “Già visto!”.
Ciononostante, confida, si sente tuttora inappagato, la ricerca di altro e di nuovo non lo abbandona un attimo, ogni sguardo e ogni sorriso che gli si parino innanzi costituiscono per lui un continente inesplorato, una méta da scalare, per poi, finalmente, potersi sciogliere nella dolcezza della soddisfazione e dell’appagamento.
Aggiunge il geco che, secondo lui, sino all’ultimo risveglio, non bisogna mai smettere di sentirsi positivi, di esprimersi, di esporsi, di mettersi in discussione, di confrontarsi: a patto soltanto che ciascun atto sia improntato alla sincerità e alla lealtà.
Dare, e poi ancora dare, di sé agli altri, si rivela valevole ben al di là del fermarsi ad attendere di ricevere.
A questo punto, il dialogo passa alla piccola coccinella che, frattanto, se n’è stata tutta ferma ad ascoltare le argomentazioni del geco.
L’animaletto esordisce dicendo di sentirsi, in confronto al suo coinquilino della villa con giardino, ancora più piccola di quel che appare, e ciò per il semplice fatto che la sua è un’età giovane, sebbene già piena e anzi ricca di esperienze.
Confessa, la coccinella, che le sette macchie brune sul suo dorso a modo di guscio rappresentano il riverbero di altrettante passioni amorose che, una dopo l’altra, la hanno segnata per poi, miseramente tutte, scemare e svanire. Sottolinea, nondimeno, che non si tratta di vere e proprie ferite interiori, ma unicamente di pennellatine di colore su colore, insomma senza alcun marchio in profondità.
La coccinella aggiunge di sapere, o perlomeno così spera, che copiosi altri sogni siano ad attenderla e che potrà incontrarli agevolmente. E non è affatto detto che, in ogni occasione, debba esserci l’epilogo della macchiolina bruna che arrivi a spruzzare il suo piccolo mantello rosso-ocra.
Indubbiamente, si colloca la coccinella nell’ambito di una specie privilegiata, potremmo definirla come una sorta di principessina del regno animale.
Ricca dentro e pure coraggiosa in rapporto alla giovane età: difatti, senza esitare e pensarci su due volte, arriva a proporre al più stagionato geco, che la ammira incantato dalla sua elevata postazione, di tenerle compagnia a tempo indeterminato.
Al che, il geco sembra sorridere e dice subito sì con un particolare strabuzzamento dei suoi occhietti sporgenti.
In quella villa segnata dal n. 32 in una stradina del comprensorio turistico, viene così alla luce uno straordinario sodalizio, spontaneo e molto bello.
Ora, resta soltanto da riprendere l’accenno alla lingua d’origine comune ai personaggi generati dalla fantasia di chi scrive: in realtà, il geco e la coccinella di queste righe erano, tanto e tanto tempo addietro, un uomo e una donna; poi, hanno subito una radicale metamorfosi nella loro natura, la qual cosa, se si pensa bene, su dimensioni e per effetti più ridotti, si va invero verificando da sempre anche nel corso delle cose di questo mondo.
In fine, a voler idealizzare e tingere di rosa i lustri futuri, si potrebbe arrivare, in quella villa, al miracolo di una nuova metamorfosi, esattamente in senso contrario rispetto alla prima anzi detta.
Rocco Boccadamo
News & Salento
Saggio di Natale a Nardò
Domenica 22 dicembre si è svolto al palazzetto dello sport Andrea Pasca di Nardò, il primo saggio di Natale della scuola di ballo Anastasia Dance: Jingle dance.
Non solo ballo ma anche attrazioni natalizie per tutti i bambini: Anna ed elsa, elfi, zucchero filato per tutti, babbo natale con la buca lettere per le letterine, angolo scenografico. Tante coreografie che hanno visto esibirsi 50 ballerini della scuola Anastasia Dance dei maestri Francesca Paglialunga e Salvatore Vacca.
L’evento è stato patrocinato dal Comune di Nardò, grazie alla preziosa collaborazione del presidente del Consiglio comunale con delega allo sport Antonio Tondo e del presidente della Consulta dello sport Tony De Paola.
Le iscrizioni per il nuovo anno sono aperte e i maestri vi aspettano in via due Aie, 67 a Nardò.
News & Salento
Annuo Nuovo, una “buona vecchia abitudine: il bagno a mare
Sono tanti i salentini che nonostante l’estate sia solo uno sbiadito ricordo, continuano a “calare” i propri corpi nelle fredde e chiare acque di mare: una usanza, forse; una ricetta per la longevità, sostiene qualcun altro
Anche questo 2025 si è palesato con il volto e gli usi di altri inverni, un deja vù, insomma.
Sono tanti i salentini che nonostante l’estate sia solo uno sbiadito ricordo, continuano a “calare” i propri corpi nelle fredde e chiare acque di mare: una usanza, forse; una ricetta per la longevità, sostiene qualcun altro; un modo per curare la forma e l’anima; una sorta di rito propiziatorio, ci confidano, un po’ come fare il bagno nelle acque del Gange (per gli indù c’è la convinzione che effettuando il bagno nel fiume si possa ottenere il perdono dei peccati e un aiuto per raggiungere la salvezza).
Pertanto anche quest’anno a Capodanno passeggiando per le nostre coste, da Otranto– S. Cesarea a Castro, passando per Tricase e Leuca, era facile scorgere alcuni coraggiosi e volenterosi che iniziavano l’anno con il “solito” rito propiziatorio: il bagno a mare.
News & Salento
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