Connect with us

Calimera

Il Salento plaude al Leone d’Oro ad Alvaro Siza

Siza, che tra l’altro è cittadino onorario di Calimera, è legato da un rapporto di affetto alla nostra provincia, rapporto che ha avuto inizio nel 2008, quando l’artista portoghese ha realizzato ad Acaja e a Lecce nelle splendide location del Castello e di San Francesco della Scarpa la mostra “ALVARO SIZA – l’architetto che voleva essere scultore

Pubblicato

il




Alvaro Siza




Álvaro Siza ha ricevuto, nel corso della cerimonia di inaugurazione della 13° Mostra Internazionale di Architettura, nei Giardini della Biennale di Venezia, il Leone d’Oro alla carriera.


Gabellone: “Gioia ed orgoglio per il nostro territorio”


La notizia del prestigioso riconoscimento che la Biennale di Architettura di Venezia ha tributato ad Alvaro Siza”, ha detto felice il Presidente della Provincia di Lecce, Antonio Gabellone, “riempie di gioia e di orgoglio il nostro territorio. Siza, che tra l’altro è cittadino onorario di Calimera, è legato da un rapporto di affetto alla nostra provincia, rapporto che ha avuto inizio nel 2008, quando l’artista portoghese ha realizzato ad Acaja e a Lecce nelle splendide location del Castello e di San Francesco della Scarpa la mostra ALVARO SIZA –  l’architetto che voleva essere scultore.


Da allora, dopo aver tenuto una memorabile Lectio Magistralis al Politeama Greco, ha continuato a vivere quasi in un rapporto di simbiosi intellettuale con il Salento: si è innamorato della pietra leccese, ha partecipato al concorso – vincendolo – per la riqualificazione delle cave di Marco Vito a Lecce, continua in prima persona o tramite suoi assistenti ad interessarsi della nostra terra.


E’ innegabile che la nascita dapprima dell’Osservatorio Urbanistico “Tekné” e da ultimo dell’Osservatorio “PAAS_Paesaggio, Arte, Architettura Salento” si innestino nel grande respiro culturale rivolto all’attenzione per il territorio che Siza ha sempre profuso nella sua attività.


La creatività è il problema numero uno della nuova architettura”, ha detto con una provocazione Paolo Baratta, Presidente della Biennale di Venezia; il genio artistico di Siza ha saputo aprire proprio con la chiave della creatività le porte della nostra quotidiana contemporaneità.

Piace immaginare che il tributo che Venezia gli ha concesso”, ha concluso Gabellone, “poggi in parte sulla base solida che il nostro Salento più di un lustro fa volle dare all’attività del maestro “ .



Mazzei (Teknè): “Che orgoglio!”



La notizia”, ha detto Luigi Mazzei, Direttore dell’Osservatorio Urbanistico Tekné, “non può che riempirci di enorme orgoglio e soddisfazione perché conferma l’impegno profuso negli anni dall’Osservatorio Urbanistico Tekné  che ha tentato, grazie allo slancio progettuale ed ideale, non solo di dare grande visibilità alle eccellenze urbanistiche salentine ma anche di inserire l’intera provincia in una rete di scambi proficuamente sinergici con i grandi maestri dell’architettura contemporanea che, dopo aver partecipato alle mostre organizzate e dopo aver visitato personalmente il Salento, stanno cominciando a lasciare il segno del loro tratto geniale nei centri urbani del nostro territorio. Già nel 2008 quando l’architetto Siza inaugurò, per la prima volta in Italia e nel Salento, una mostra personale, si era capito che si trattava di un evento che avrebbe scritto una pagina storica dell’architettura contemporanea italiana.  A ciò ha fatto seguito, la scelta della città capoluogo, candidata a divenire Capitale della Cultura nel 2019, di affidare all’architetto portoghese il progetto di riqualificazione delle Cave di Marco Vito che darà uno slancio internazionale ad una città che è già città del mondo ma che sempre di più si impreziosisce di interventi mirati a darle un respiro cosmopolita.


Ci piace l’idea che un piccolo Osservatorio Urbanistico provinciale abbia avuto, qualche anno fa, l’intuizione di  lanciare questo lembo di terra racchiuso tra due mari sulla scena internazionale, in una magnifica competizione a suon di prestigiose mostre e iniziative culturali, che sa guardare al futuro con sapienza e pazienza.  Nel catalogo “Alvaro Siza – l’architetto che voleva essere scultore”  con l’allora Presidente dell’Istituto di Culture Mediterranee della Provincia di lecce, Luigi Pisanò scrivevo: “l’architettura ha dato forma e concretezza alle civiltà del mediterraneo. La pietra, come dice Pedrag Matvejevic, è uno degli elementi identitari della cultura mediterranea; attraverso l’architettura contemporanea, l’osservatorio Tekné, insieme all’ICM, intende portare avanti la sua mission istituzionale basata sulla cooperazione culturale tra i paesi del Mediterraneo”.


È proprio della nostra pietra si innamorò Alvaro Siza, “chiedendoci”, racconta Mazzei “di visitare varie aziende del territorio che si occupano della lavorazione della pietra leccese così capace di assorbire luce e di lasciarsi lavorare dalle idee di chi ce l’ha di fronte, lasciandoci in dono due meravigliose sculture frutto della sua arte poliedrica.


L’incontro che Siza ebbe al Politeama Greco di Lecce il 28 ottobre del 2008 con la nostra provincia in una memorabile Lectio Magistralis sancì ancora di più un vincolo d’unione con questo territorio che non è cessato al punto che Carlos Castanheira, suo principale collaboratore trascorre ritualmente le sue vacanze nel Salento. Il leone d’Oro alla Carriera che riceve oggi, seppur in dimensioni di scala enormemente più grandi”, conclude il direttore di Teknè, “si riflette sul cammino che l’Osservatorio Urbanistico ha l’orgoglio e l’onore di aver avviato. Tutto ciò ci spinge con ancora maggiore entusiasmo all’organizzazione della VIII edizione del Premio Tekné, che si svolgerà a Calimera, domenica 9 settembre 2012”.


La gioia di Calimera, città adottiva di Siza



La notizia del conferimento del Leone d’oro alla carriera all’architetto Alvaro Siza”, dice invece Gaetano Cuppone, Assessore all’Urbanistica del Comune di Calimera, “riempie d’orgoglio la comunità di Calimera essendo, dal 28 ottobre del 2008, cittadino onorario del nostra città.  Talvolta capita che piccole realtà periferiche diventino centri propulsori di iniziative culturali emerite che scavalcano i confini della mera località. Così ci sentiamo in merito alle iniziative che sin dalla sua nascita ha posto in essere l’Osservatorio Urbanistico Tekné, pensato e voluto dalla nostra amministrazione e che è stato in grado di portare alla pubblica attenzione territoriale archistar quali Tesar, Holl, Dieste e Siza. Le mostre organizzate da questi grandi  maestri, l’attività assiduamente svolta dall’Osservatorio nella difesa e tutela del territorio e tutte le iniziative culturali che fanno da corollario, sono la manifestazione più grande del tentativo riuscito della nostra città di aprirsi agli impulsi più fervidi che provengono dall’esterno senza mai rinunciare a dare il proprio contributo di valori e di identità


Appuntamenti

“Tutto sta nei venti e nelle nuvole” a Calimera

Presso Casa dei Kalimeriti la presentazione del nuovo libro di Roberta Pappadà, edito Kurumuny

Pubblicato

il

Venerdì 22 novembre 2024, a partire dalle ore 19 presso Casa dei Kalimeriti (via Mayro, 28, a Calimera) presentazione del libro di Roberta Pappadà Tutto sta nei venti e nelle nuvole, edito da Kurumuny. Dialogherà con l’autrice Gianluca Palma.

Un viaggio letterario che si intreccia con un’analisi lucida e profonda delle dinamiche che caratterizzano l’attuale crisi climatica. È così che Roberta Pappadà nelle pagine de Tutto sta nei venti e nelle nuvole (edito da Kurumuny) evidenzia, con uno stile ricco di immagini evocative e dettagliate, il ritardo cronico con cui governi e istituzioni affrontano la questione climatica, un problema che coinvolge tutti i Paesi del mondo.

In particolare, il lavoro di Pappadà pone l’accento sull’estrema lentezza nel prendere decisioni, una lentezza che si manifesta soprattutto nei contesti delle grandi conferenze internazionali come la Cop29 in corso a Baku, in Azerbaijan. Qui, malgrado le buone intenzioni, le risoluzioni spesso faticano a tradursi in interventi concreti ed efficaci, lasciando il rischio che le politiche climatiche non incidano mai realmente.

Tutto sta nei venti e nelle nuvole nasce da un senso di urgenza profondo, un “I care” che spinge l’autrice e molte persone del nostro tempo a riflettere sul futuro del pianeta e sulla necessità di agire. Con una scrittura che intreccia poesiaanalisi critica e denuncia, Pappadà offre al lettore uno strumento unico: non una semplice antologia, ma un progetto articolato che incita a guardare al domani con maggiore consapevolezza e responsabilità.

Tutto sta nei venti e nelle nuvole non è soltanto un libro da leggere, ma un atto d’amore verso la Terra e le generazioni future e che invita lettrici e lettori a immergersi nella sua visione con mente aperta e spirito attento, trasformando ogni pagina in uno stimolo per un impegno condiviso e per un cambiamento necessario.

L’appuntamento è per venerdì 22 novembre 2024, a partire dalle ore 19 presso Casa dei Kalimeriti (via Mayro, 28, a Calimera) per la presentazione del libro di Roberta Pappadà Tutto sta nei venti e nelle nuvole, edito da Kurumuny. Dialogherà con l’autrice Gianluca Palma

L’autrice

Roberta Pappadà è nata a Calimera (Le). Vive e insegna materie letterarie a Roma. Laureata in Storia contemporanea presso l’Università di Bologna, i suoi studi e interessi incrociano il teatro, l’arte terapia, la storia e la letteratura. Si occupa di progetti di prevenzione del disagio giovanile e d’integrazione sociale, in contesti didattici professionali e ricreativi; collabora all’organizzazione di mostre fotografiche e installazioni artistiche.

Continua a Leggere

Attualità

Finanzieri salvano falco ferito

Il piccolo rapace, stremato e disidratato, aveva provato più volte a riprendere il volo senza riuscirci. Due uomini della Guardia di Finanza di Otranto lo hanno raccolto e portato al C.R.A.S. Salento di Calimera

Pubblicato

il

Solitamente tiriamo in ballo le forze dell’ordine solo in presenza di fatti di cronaca.

Questa volta vogliamo segnalare l’apprezzabile slancio dei due uomini della pattuglia della Guardia di Finanza di Otranto che hanno dato un lieto fine ad una brutta disavventura, capitata ad un gheppio, volatile appartenente alla famiglia dei falchi, specie protetta.

Le Fiamme Gialle hanno notato la presenza del volatile selvatico sul ciglio della strada.

Il piccolo rapace, stremato e disidratato, aveva provato più volte a riprendere il volo senza riuscirci.

I due finanzieri in servizio lo hanno prontamente soccorso e messo in sicurezza, per poi trasferirlo per le necessarie cure presso il C.R.A.S. Salento, “Centro Territoriale di Accoglienza della Fauna Selvatica Omeoterma in Difficoltà del Salento” di Calimera.

Ricevute le cure necessarie, il giovane esemplare di gheppio si è completamente ristabilito ed è stato, poi, liberato e reinserito in natura dai finanzieri che lo hanno salvato.

La liberazione è avvenuta con una sorta di celebrazione, molto partecipata, organizzata dalla Cooperativa “Naturalia”, che gestisce il museo, in collaborazione con “Il Dado Gira società cooperativa sociale”, impegnata in progetti di animazione culturale e sociale rivolti ad ogni fascia d’età e, in particolar modo, ai soggetti deboli.

Proprio grazie all’intervento dei finanzieri, il gheppio è tornato a volteggiare con le sue eleganti ali nei cieli salentini.

Tutto è bene quel che finisce bene e complimenti ai due finanzieri, che non si sono girati dall’altra parte per evitare eventuali fastidi.

📍 Segui il GalloLive News su WhatsApp 👉 clicca qui

Continua a Leggere

Approfondimenti

Xylella: Il fuoco invisibile

Lo scrittore del libro tra i 12 finalisti del Premio Strega 2024, Daniele Relli: «Necessario ricostruire la fiducia fra mondo scientifico, istituzioni e popolazione Con un po’ più di fiducia nei ricercatori, forse, non saremmo arrivati a questo punto»

Pubblicato

il

📍 Segui il GalloLive News su WhatsApp 👉 clicca qui

Un dramma ecologico e sociale raccontato in un incalzante romanzo a più voci.

È quello che fa Daniele Rielli in “Il fuoco invisibile” (tra i 12 finalisti del Premio Strega 2024), cercando di capire cosa è accaduto agli ulivi della sua famiglia originaria di Calimera, ricostruendo le vicende legate all’arrivo della Xylella, il batterio che ha causato la più grave epidemia delle piante al mondo.

Tutto inizia a Gallipoli, quando gli ulivi cominciano a seccare e morire in un modo mai visto prima. Si mette in moto un vortice di avvenimenti che prende velocità fino a diventare inarrestabile.

Almeno 21 milioni di ulivi, tra cui molti alberi secolari e millenari, un patrimonio insostituibile, sono morti.

È come se l’intero Salento fosse stato bruciato da un gigantesco fuoco invisibile.

Daniele Rielli

Nell’incipit della nostra intervista Daniele Rielli racconta come è nata l’esigenza di scrivere “Il fuoco invisibile”: «Mio nonno a Calimera era un olivicoltore. All’arrivo della Xylella mio padre, anche se di mestiere ha fatto altro dopo essersi traferito al nord ed aver conosciuto mia madre, ne è rimasto assai turbato. Così il dramma che ha colpito tutto il Salento è stato vissuto anche nella nostra casa su al nord».

Ecco spiegato cosa ha spinto lo scrittore, nato a Bolzano e residente a Roma, ad occuparsi di quanto avveniva nel Salento.

Quali sono i temi de “Il fuoco invisibile”?

«Il libro racconta la storia di quello che è successo attraverso, in primis, la nostra vicenda familiare. Poi il racconto si espande ai vari protagonisti della vicenda. Quindi ai ricercatori, che hanno scoperto la malattia e sono stati ingiustamente accusati per alcuni anni di averla diffusa. Accusa pesante e, ovviamente, non vera ma che, sulle loro vite, ha avuto un effetto molto, molto grave. Lo racconto perché sono persone che ho conosciuto in questi anni: persone per bene ed anche molto brave nel loro lavoro. Questa è una pagina nera della giustizia in Italia. Ho conosciuto anche tante persone che hanno cercato di fare qualcosa per contrastare l’emergenza. Penso, ad esempio, a Giovanni Melcarne, di Gagliano del Capo, uno dei produttori d’eccellenza del Salento che ha sempre cercato di portare l’opinione pubblica su posizioni un po’ più vicine alla scienza. Questo, quando, all’inizio, sia tra la popolazione che tre le istituzioni, si sosteneva che la malattia non fosse così grave o che, addirittura, non esistesse affatto, che fosse un complotto. Giovanni è una di quelle persone che, invece, ha sempre tenuto la barra dritta e ha cercato di trovare soluzioni concrete. Melcarne è uno dei protagonisti del libro così come tanti altri. Ho cercato di fare un po’ la geografia umana di questo disastro, dando voce a tanti che non avevano avuto occasione di parlare. Tanto hanno, invece, parlato i politici, che spesso, però, non hanno detto le cose giuste. Mentre persone più capaci non hanno avuto voce in capitolo».

Hai parlato di processo alle streghe… 

«Una delle reazioni tipiche nella storia dell’uomo è quella di cercare qualcuno a cui dare la colpa di fronte alle epidemie, alle malattie inaspettate. Questo è quello che nel Salento è successo con gli scienziati a livello collettivo prima che giudiziario. Tali credenze, diffuse prima sui social e poi tra la popolazione, hanno ricordato un po’ la caccia alle streghe. Alla fine, per fortuna, è stato dimostrato che i ricercatori avevano fatto solo il loro lavoro ed anche bene».

Dopo aver ascoltato le parti in causa, gli addetti ai lavori, che idea ti sei fatto personalmente di tutta questa vicenda? 

«Sicuramente è stata un’occasione persa. Ora esiste un programma di contenimento che costa anche tanti soldi, ma è giusto che ci sia. Il fatto è che, ormai, su un territorio talmente diffuso diventa difficile pensare di contenere l’epidemia in maniera efficace mentre, all’inizio, si trattava di un territorio molto ristretto, tra l’altro circondato su tre lati dal mare, e si poteva tentare seriamente di contenere e di debellare la malattia. Questo non è stato fatto per una serie di errori umani ed è un peccato perchè l’Italia avrà che fare nei prossimi decenni con questo batterio che ha causato tanti danni e continuerà a causarne. Cosa che si poteva evitare».

Come pensi finirà tutta questa storia? 

«Per il Salento è già finita e bisogna pensare al capitolo successivo: piantare delle varietà resistenti e ricostruire, almeno in parte, l’agricoltura. Poi diversificare perché la monocoltura, dal punto di vista ambientale, non è il massimo e, soprattutto, espone a dei rischi. Aver avuto due sole cultivar, la “Cellina” di Nardò e la “Ogliarola Salentina”, sul 60% del territorio, ha posto un problema di biodiversità e l’arrivo di un patogeno, che ha attaccato quelle due varietà, ha messo in ginocchio tutto il Salento. Non sarebbe accaduto se ci fossero state coltivazioni diverse. Ora si dovrà recuperare una parte di olivicoltura per mantenere viva una tradizione secolare, al contempo, cercare nuove culture da affiancare all’ulivo. Questo per quanto riguarda il Salento.  Per il resto della Puglia e, in prospettiva, il resto d’Italia, bisogna cercare di contenere seriamente, nella speranza che arrivi al più presto una cura definitiva contro questo batterio. Prima o poi si arriverà, bisogna solo capire quando».

Oggi si discute del fatto che il Leccino, la varietà resistente alla Xylella su cui si sta puntando, a differenza degli ulivi nostri di una volta, necessiti di tanta acqua, che noi non abbiamo…

«Con le coltivazioni storiche d’ulivo salentine, era problematico fare un olio di qualità perché erano alti e molto grandi. Quindi era difficile raccogliere le olive dall’albero o, meglio, era molto costoso. Quindi si tendeva a produrre un olio lampante, aspettando che le olive cadessero, a discapito della qualità dell’olio. Con quegli alberi era difficile fare diversamente. Ora, con delle piante più piccole, con delle coltivazioni impostate in maniera diversa, sarà più facile produrre olio di qualità anche se, effettivamente, consumano più acqua… Si guadagna da un lato, si perde dall’altro. Da considerare anche che se per la produzione precedente occorrevano 90mila ettari, oggi con delle piante giovani si può arrivare alla stessa produzione e di qualità migliore con 20-25mila ettari».

Daniele Rielli si congeda con un auspicio per il futuro: «L’eredità di questa storia dovrebbe essere un rapporto migliore tra opinione pubblica e comunità scientifica. Spero si sia capito, ad esempio, che quello che può dire un ricercatore in pensione, non è necessariamente l’opinione dell’intera comunità scientifica. Bisogna andare a vedere qual è il consenso diffuso su un argomento. Quello sulla Xylella è sempre stato lo stesso, sin dall’inizio.  Purtroppo, sono stati molti amplificati i pareri di pochissime persone che davano delle false speranze, sostenendo tesi non fondate. E questo ha avuto un costo importante. A mio avviso è necessario ricostruire la fiducia fra mondo scientifico, istituzioni e popolazione. Con un po’ più di fiducia nei ricercatori, forse, non saremmo arrivati a questo punto».

Giuseppe Cerfeda

Continua a Leggere
Pubblicità

Più Letti