Lecce
Ilva di Taranto: ambiente e salute svenduti”
Il MoVimento 5 Stelle sull’affaire Ilva: dibattito presso la sede leccese in Corte dei Romiti, sabato 1 dicembre.
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Gli attivisti del MoVimento 5 Stelle di Lecce, con la collaborazione dei referenti di Taranto, cercheranno di ricostruire le tappe dell’affaire Ilva, interrogandosi su quali saranno le conseguenze per la comunità della città jonica e per tutto il Salento. E’ noto, infatti, che il problema del siderurgico investe, indirettamente, anche la provincia di Lecce. Il tema cardine sarà il tentativo di conciliazione della dicotomia diritto alla salute e diritto al lavoro.
Cittadini e giornalisti sono invitati a partecipare al dibattito che si terrà presso la sede leccese del MoVimento. L’appuntamento è in Corte dei Romiti, sabato 1 dicembre, a partire dalle ore 16.30.
Per contattarci, MoviLine: 389-9330368
ILVA, UNA FAVOLA NERA / Il post di BeppeGrillo.it
C’era una volta un presidente del Consiglio, Jumbolo, che vendette una grande industria a un signore, Creso. L’industria, che produceva acciaio, fu comprata a buon prezzo, a un ottimo prezzo. Jumbolo era famoso per la sua generosità. Creso ricompensò negli anni i partiti, gli elettori di Jumbolo, con ricche regalie e persino con omaggi personali, come accadde a Gargamella. Creso divenne così sempre più ricco. La grande industria funzionava infatti a meraviglia, tutta ricavi e senza costi. Gli investimenti per fare funzionare la Grande Macchina non erano necessari, li aveva fatti tutti Jumbolo con i soldi dei suoi sudditi. E’ vero che altri, urgenti investimenti per la salute dovevano essere fatti, ma nessuno controllava il veleno prodotto per incuria e per guadagno dalla grande industria nella città e nelle campagne, neppure il Gran Ciambellano dell’Ambiente, Peste Nera, che non mosse un dito per più di vent’anni. Le persone si ammalavano, le sostanze maligne si depositavano sulle macchine, nelle strade, nei terrazzi, nell’erba mangiata dagli animali, nei polmoni delle persone. Le famiglie degli Schiavi Inconsapevoli che lavoravano per Creso iniziarono a morire. I padri diventarono costruttori di morte, il frutto del loro lavoro uccideva i figli. I Feudatari locali e i Finti Rappresentanti degli Schiavi Inconsapevoli fecero opera di rassicurazione, sedarono, sopirono, fecero mirabolanti promesse. Il lavoro doveva venire prima di ogni cosa, anche della morte. Creso aumentava i suoi profitti, la gente continuava a morire. Come avveniva spesso nel Paese del Mai, dovettero intervenire i giudici che condannarono Creso e suo figlio per aver inquinato con coscienza e volontà a scopo di profitto, calpestando le più elementari regole di sicurezza. La Grande fabbrica venne chiusa. Gli immensi profitti di Creso non vennero però sequestrati per risarcire le famiglie dei morti e lui, insieme al figlio prediletto, scontò la pena nella sua magnifica villa circondato dai servitori e omaggiato dai politici. Nelle strade della città ci furono scontri tra gli Schiavi Inconsapevoli che non volevano perdere il lavoro e gli ammalati di Peste che non volevano morire. Vennero allora da Roma i ministri per offrire la loro solidarietà protetti dalle scorte e poi ripartirono. Gli Schiavi, ora più Consapevoli, occuparono la Grande Fabbrica, per non morire di fame. Chiesero, senza avere risposta, che i profitti di Mida fossero usati per risanare la Grande Fabbrica e ripulire il mare. Il nuovo presidente del Consiglio di fronte al rischio di una rivolta popolare che avrebbe fatto impallidire quella di Spartaco chiese udienza al Vecchio della Montagna. E trovarono la soluzione. Fu fatto un decreto per riaprire la fabbrica. I giudici non potevano eliminare il lavoro a loro piacimento. Gli Schiavi ritornarono nella Grande Fabbrica a inquinare, nonostante un tornado di dimensioni bibliche, e i loro figli a morire. Creso mantenne i suoi immensi tesori e fu scarcerato dal suo Palazzo e, finalmente, si cominciò a parlare d’altro.
Attualità
Incendi d’estate, sindaci avvisati
Il Prefetto Nicolino Manno raccomanda ad ogni amministrazione, organismo ed ente coinvolto nell’Attività di pianificazione, prevenzione e lotta agli incendi boschivi e di interfaccia di mettere in atto le misure previste
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Dopo l’incontro in Prefettura, il Prefetto Nicolino Manno “avvisa” gli amministratori e si raccomanda affinché vengano prese tutte le misure necessarie previste nell’Attività di pianificazione, prevenzione e lotta attiva agli incendi boschivi e di interfaccia.
«In attesa dell’individuazione del periodo di grave pericolosità da parte della Regione», premette il Prefetto, «si richiamano i compiti, le responsabilità e le iniziative che ogni amministrazione, organismo ed ente, coinvolti a vario titolo nelle attività di pianificazione, prevenzione e lotta attiva agli incendi boschivi e di interfaccia, devono assumere al fine di una più efficace attività di mitigazione del rischio incendi.
Al riguardo, si rinnovano le raccomandazioni di seguito riportate, oggetto dell’incontro operativo che ha visto il coinvolgimento delle amministrazioni comunali, di enti e organismi scientifici, tra i quali il Dipartimento di Ingegneria delI’Università del Salento e la Fondazione CMCC di Lecce, dei Rappresentanti della Protezione Civile Regionale e dei vertici delle Forze di Polizia e Forze Armate presenti sul territorio».
In particolare, è emersa la «necessità di una maggiore attenzione da parte delle amministrazioni comunali per tutte le attività preventive e di pianificazione che devono essere attuate entro il prossimo mese di maggio e comunque prima dell’inizio della stagione estiva e delle alte temperature».
Si fa riferimento a «tutte le attività di pulizia dei fondi rurali, dei terreni incolti e/o abbandonati e, conseguentemente, alle attività di controllo ed eventuale sanzionamento con ordinanza “in danno”, rivalendosi sui proprietari privati inadempienti».
Inoltre, come raccomandato da FS Security, «si sollecitano le amministrazioni comunali ad emettere le ordinanze sindacali contingibili e urgenti, con obbligo a carico dei privati cittadini proprietari di terreni confinanti con la sede ferroviaria, affinché provvedano a tutte le attività di pulizia e sfalcio dei relativi terreni evitando, in tal modo, criticità al sistema dei trasporti su rotaia e pericolo per la pubblica e privata incolumità».
È, altresì, «necessaria ogni altra attività post-incendio riguardante l’aggiornamento del catasto incendi e dei Piani Urbanistici Generali, anche al fine di evitare l’elusione della prescrizione normativa di divieto assoluto di edificabilità sui terreni percorsi dal fuoco per i successivi dieci anni».
È anche fondamentale che ogni amministrazione provveda con cadenza periodica all’aggiornamento dei “Piani comunali o intercomunali di Protezione civile”, «con l’elaborazione di specifici “Piani di emergenza” per gli insediamenti, le infrastrutture e gli impianti turistici, anche temporanei, prossimi ad aree boschive o di vegetazione suscettibile di innesco e propagazione dell’incendio».
Anche «le iniziative di informazione e formazione rivolte alla cittadinanza, al fine di garantire la conoscenza dei comportamenti da seguire e delle aree di raccolta della popolazione in caso di evacuazione, risultano avere un ruolo chiave nella gestione delle emergenze da incendi».
Il Prefetto richiama, inoltre, l’attenzione sulla «necessità della preventiva comunicazione, da parte delle amministrazioni comunali al Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco, riguardante l’esatta collocazione dei punti di rifornimento idrico, da garantire sempre in efficienza mediante una continua attività manutentiva».
Le fonti idriche possono individuarsi in vasche, piscine, riserve idriche a cielo aperto oppure in tratti di acquedotto allestiti con attacchi di prelievo di adeguate caratteristiche e prestazioni idrauliche, così come raccomandato dal Comando Provinciale Vigili del Fuoco di Lecce.
Non meno importante risulta essere la continua azione di prevenzione e contrasto con le squadre di Volontari di Protezione Civile, che nei territori comunali devono essere «immediatamente operative e debitamente formate al rischio per una efficace azione di controllo e pronto intervento».
Allo stesso modo, una particolare attenzione è da riservare alle aree boscate adibite a parcheggio pungo i litorali e le località turistico-balneari le quali «devono essere presidiate da operatori di protezione civile formati e dotati di strumenti e mezzi utili a garantire un immediato intervento».
Il Prefetto Manno rinnova l’invito a sindaci e commissari, nella loro qualità di autorità territoriali di protezione civile, ad «eseguire ogni opportuna attività volta alla mitigazione del rischio incendi nonché a vigilare, nell’ambito dei rispettivi territori, su ogni potenziale situazione di rischio» ed a «disporre, per il tramite della Polizia Locale e dei competenti Uffici comunali, ogni adempimento necessario a far sì che anche i privati proprietari di terreni insistenti sul territorio comunale di rispettiva competenza effettuino le opere di bonifica necessarie a mitigare il rischio».
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Cronaca
Continuavano a spacciare ai domiciliari, mamma e figlio in carcere
Lei 62 anni, lui 20. Spacciavano nel centro storico leccese dalla loro abitazione trtasformata in vero vero e proprio minimarket della droga
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Attività preventiva e repressiva finalizzata al contrasto delle cosiddette piazze di spaccio, servizi di controllo dei soggetti sottoposti a misure restrittive presso il proprio domicilio, quali possono essere la detenzione domiciliare o gli arresti domiciliari nonché la lotta ai reati predatori.
Sono servizi che quotidianamente vengono svolti dai carabinieri del Comando Provinciale di Lecce ed è proprio in tale ambito che rientra l’operazione portata a termine nell’operazione dei Carabinieri del Nucleo Operativo e Radiomobile della Compagnia di Lecce che hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di madre e figlio, responsabili di attività di spaccio nel quartiere Giravolte del centro storico leccese.
Si tratta di una donna 62enne e del figlio 20enne, già sottoposti alla misura cautelare personale degli arresti domiciliari dopo essere stati arrestati, in flagranza di reato, per spaccio di sostanze stupefacenti, lo scorso 20 dicembre. In quella circostanza, a seguito di perquisizione personale e domiciliare, erano stati trovati in possesso di un congruo e variegato quantitativo di sostanze stupefacenti, un bilancino di precisione, materiale vario per il confezionamento e denaro contante probabile provento dell’attività di spaccio.
A seguito di tale episodio, madre e figlio erano stati, quindi, sottoposti agli arresti domiciliari.
Tuttavia, le indagini proseguite da parte dei militari dell’Arma, hanno rivelato che, nonostante la misura restrittiva, i due continuavano a gestire l’attività, sebbene sottoposti al vincolo presso la propria abitazione.
L’attività d’indagine, coordinata dalla Procura della Repubblica di Lecce, ha permesso di raccogliere elementi determinanti grazie anche all’attività info-investigativa condotta dai carabinieri e caratterizzata, tra l’altro, da osservazioni e pedinamenti di soggetti, noti quali probabili assuntori di stupefacenti, nonché da sviluppi investigativi in seguito alle tante segnalazioni da parte di numerosi cittadini.
I servizi posti in essere dai militari che hanno monitorato l’abitazione degli arrestati adibita a vero e proprio minimarket della droga, ha permesso di individuare, bloccare e controllare i vari acquirenti che quotidianamente, in particolare nei fine settimana e in orario notturno, dopo essersi appena riforniti dai due, venivano trovati in possesso di hashish, marjuana e cocaina.
I riscontri investigativi hanno portato il Tribunale di Lecce – Sezione del G.I.P. – presso cui i militari dell’Arma hanno avanzato richiesta, a decidere per l’aggravamento della misura cautelare, disponendo la revoca degli arresti domiciliari e la contestuale detenzione in carcere per entrambi.
Conclusi gli adempimenti previsti, in ottemperanza al provvedimento dell’Autorità Giudiziaria, i due sono stati arrestati e condotti presso la Casa Circondariale di Borgo San Nicola di Lecce.
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Cronaca
Lecce – Inter, daspati otto tifosi nerazzurri
Per un anno niente stadio. Lanciarono ordigni contro la polizia dal furgono utilizzato per ragiungere il Salento e con il quale dovevano tornare in Lombardia
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Non potranno accedere agli impianti sportivi per un anno gli 8 tifosi che il 26 gennaio scorso hanno posto in essere condotte violente e pericolose che hanno messo in pericolo sia l’incolumità fisica delle forze dell’ordine che la sicurezza pubblica.
Gli episodi si sono verificati al termine dell’incontro predetto quando i tifosi della squadra ospite venivano scortati dalle forze dell’ordine verso la via di deflusso più immediata per raggiungere l’aeroporto di Brindisi per evitare eventuali contatti e scontri con la tifoseria locale.
Durante queste fasi, da un minivan col portellone laterale aperto, venivano lanciati diversi ordigni esplodenti verso le pattuglie della Polizia di Stato impegnate sulle intersezioni per il blocco della tifoseria locale.
Due di questi ordigni hanno raggiunto gli agenti provocando loro delle lesioni.
Il mezzo su cui viaggiavano gli otto tifosi, tutti provenienti dalla Lombardia, responsabili delle condotte violente e pregiudizievoli per l’incolumità, per l’ordine e la sicurezza pubblica è stato subito fermato ed i responsabili identificati ed in considerazione degli avvenimenti verificatisi è seguita l’emissione da parte del Questore della provincia di Lecce di 8 provvedimenti DASPO nei confronti dei responsabili, finalizzati a prevenire la reiterazione di condotte simili.
Il DASPO vieta ad ognuno di loro per un anno l’ingresso negli impianti sportivi del territorio nazionale e quindi la partecipazione ai match sportivi.
Sono in corso indagini per l’adozione di altri provvedimenti DASPO nei confronti di altri tifosi responsabili di condotte violente.
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