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Cronaca

Manifestazione a Lecce della Consulta delle Costruzioni

Alle 9, tutti al Foro Boario. Subito dopo il corteo si snoderà lungo viale De Pietro e via XXV luglio

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Uniti per sconfiggere la Crisi”, questo slogan della manifestazione di protesta degli imprenditori edili che si terrà a Lecce, venerdì 24 febbraio. Il programma: alle 9, raduno dei mezzi al Foro Boario. Subito dopo il corteo si snoderà lungo viale De Pietro e via XXV luglio. La prima sosta è fissata alle 10.30, davanti alla Prefettura. Una delegazione della Consulta consegnerà il documento unitario al prefetto, Giuliana Perrotta, e al direttore della Banca d’Italia, Sergio Magarelli. Dopo questo primo incontro, il corteo proseguirà lungo viale Lo Re e viale Gallipoli. A mezzogiorno, è prevista la seconda sosta in Camera di commercio. Nella sala convegni dell’ente camerale, si svolgerà un incontro pubblico. Prenderà la parola, per un breve saluto, il presidente di UnionCamere Puglia, Alfredo Prete. Sarà illustrato, poi, il documento unitario da parte di un rappresentante della Consulta. Di seguito il documento unitario.


“La manifestazione è un’iniziativa della Consulta Provinciale delle Costruzioni, alla quale partecipano unitariamente e pariteticamente tutte le componenti della filiera delle Costruzioni nella nostra provincia – le Associazioni Imprenditoriali, le Organizzazioni Sindacali dei lavoratori e gli Ordini professionali – per rappresentare alle Istituzioni, ai rappresentanti politici, al mondo bancario ed a tutta l’opinione pubblica la tragedia di un settore che sta letteralmente morendo. Nello scorso dicembre un imprenditore edile del padovano, noto a tutti per onestà, capacità e correttezza, stretto nella morsa di una crisi aziendale che sembrava ormai irreversibile, ha ceduto allo scoramento ed è giunto ad un gesto estremo: il suicidio. Vantava crediti per centinaia di migliaia di Euro, in gran parte nei confronti della Pubblica Amministrazione, per lavori da tempo eseguiti e mai pagati; eppure non riusciva a far fronte alle proprie scadenze. Il sistema creditizio, al quale si era rivolto, non solo gli ha negato ogni aiuto, ma gli ha richiesto di rientrare immediatamente dall’esposizione. La notizia ha occupato la cronaca nazionale per pochi giorni, dopo di che è caduta nell’oblio, senza che le istituzioni e il governo si siano preoccupati di rimuovere le cause che hanno indotto quell’imprenditore al tragico gesto. In questi giorni il Governo, di fronte al ripetersi di suicidi di detenuti, con grande tempestività si è adoperato, giustamente, per cercare di rimuoverne le cause. La stessa tempestività e la stessa determinazione ci saremmo aspettata quando il fatto ha riguardato un protagonista di una categoria sociale ed un settore economico di così rilevante importanza, come è quello delle costruzioni. Invece niente! Quanto accaduto non è un episodio isolato e a se stante: è invece la rappresentazione evidente di una crisi di sistema.


Alcuni dati nazionali sono agghiaccianti:


− secondo le previsioni, alla fine del 2012, partendo dal 2008 (anno di inizio della crisi mondiale) il livello di produzione del settore registrerà una perdita complessiva di oltre il 24%, con un picco impressionante per il comparto dell’edilizia abitativa (-40,4%), mentre per l’edilizia non abitativa il dato negativo sarà pari ad oltre il 23%;


− nel comparto dei lavori pubblici, nel quale la crisi dura ormai da otto anni, si registrerà una flessione del 44,5%;


− complessivamente nel quinquennio di crisi si stima una perdita complessiva di oltre 250 mila posti di lavoro (380 mila se si considerano i settori collegati).


E’ noto che il settore delle costruzioni, caratterizzato da un tessuto imprenditoriale costituito essenzialmente da imprese medio-piccole e da una vastissima rete di imprese artigiane, ha sempre avuto un ruolo anticiclico nel sistema economico e produttivo, consentendo al nostro Paese di affrontare e superare momenti di crisi durissima. Oggi questo ruolo fondamentale è messo a dura prova, aggravando drammaticamente la situazione complessiva. Questa dura realtà è ulteriormente aggravata nel nostro territorio, dove il limitato processo di industrializzazione rende ancora più accentuata la rilevanza del settore delle costruzioni nel sistema economico e sociale. Quali sono i fattori che hanno determinato tutto ciò? Alcuni sono noti da tempo, e sono stati ripetutamente denunciati:


− Un apparato burocratico che impedisce, o ritarda di anni, l’avvio delle poche opere cantierizzabili, che potrebbero dare ossigeno al settore.


− L’incapacità degli enti locali di utilizzare i fondi pubblici (CIPE e Comunità Europea); si pensi, per il nostro territorio, alla Strada Statale 275, alla ex Strada Regionale n. 8, alla “Strada delle sette terre”, ai fondi destinati alle Aree Vaste etc;


− Un “patto di stabilità” che porta a situazioni paradossali, con enti pubblici che, pur avendo i soldi in cassa, non possono adoperarli per pagare i crediti delle imprese; è una normativa che è stata qualche tempo fa autorevolmente definita “stupida” – lo disse l’allora ministro Tremonti – ma che nessuno si è preoccupato di rendere “intelligente”. Il ritardo nei pagamenti degli stati d’avanzamento da parte della pubblica amministrazione ha raggiunto livelli ormai intollerabili, mentre per i debiti delle imprese verso la pubblica amministrazione si esercitano azioni di recupero incalzanti e spesso ossessive. A tutto ciò si aggiunge, oggi, un sistema bancario che non esercita più il suo ruolo, fondamentale, di intermediazione del credito – raccolta dei risparmi e finanziamento al sistema produttivo, alle professioni ed alle famiglie – ma sembra più votato alle attività speculative. Non solo si negano nuovi finanziamenti all’imprenditoria ed alle professioni, ma si restringono anche i finanziamenti ai privati ed alle famiglie per l’acquisto o la ristrutturazione di abitazioni, fino a poco tempo fa considerato il “bene rifugio” per eccellenza.


Addirittura, nei confronti del sistema produttivo delle costruzioni, le Banche stanno attuando una politica di riduzione delle esposizioni, considerandolo a priori ad alto rischio di insolvenza, a prescindere da ogni valutazione di merito.


La conseguenza è una stagnazione degli investimenti in beni immobili sia da parte delle imprese sia da parte dei privati.


Ci chiediamo come sono stati usati gli ingenti finanziamenti della BCE al sistema bancario, al tasso dell’1%, per immettere liquidità sul mercato. Non se ne vede traccia ed abbiamo l’impressione che siano stati utilizzati dal sistema bancario per investimenti in titoli a tassi ben più alti. E’ evidente che la situazione descritta non riguarda solo gli imprenditori, ma ha ricadute nefaste anche nei confronti degli altri soggetti della filiera. Pensiamo alla perdita di centinaia di migliaia di posti di lavoro nel settore: lavoratori che rimangono a casa senza alcun ammortizzatore sociale, senza che nessuno muova un dito e nel silenzio degli organi di informazione, mentre quando si parla di qualche migliaio di lavoratori della grande industria da mettere in cassa integrazione, il mondo politico ed istituzionale si mobilita e i media danno ampia risonanza alla notizia. Se a ciò aggiungiamo che si tratta spesso di lavoratori ultracinquantenni, con scarse prospettive di ricollocamento e per i quali il traguardo del pensionamento si è ulteriormente allontanato, la gravità della loro situazione emerge in tutta la sua drammaticità, anche per l’inadeguatezza dell’attuale sistema di ammortizzatori sociali. Due anni fa le Associazioni Imprenditoriali ed Organizzazioni Sindacali di categoria furono protagoniste, a Roma in piazza Montecitorio, di una grande manifestazione per rappresentare al Governo ed al Parlamento, con un documento unitario, il loro disagio e per invocare interventi urgenti per il settore.


Un fatto senza precedenti e per certi versi clamoroso, che segnava una svolta anche nelle relazioni tra le parti sociali. Da allora nulla è stato fatto e la situazione si è ulteriormente aggravata.


Ed anche i professionisti del settore, Ingegneri, Architetti e Geometri subiscono gli stessi problemi:

− progetti presentati da anni che giacciono in attesa di innumerevoli pareri, visti, autorizzazioni;


− pauroso calo di nuovi incarichi professionali, sia pubblici sia privati;


− parcelle per progetti già eseguiti che giacciono inevase per mesi, se non per anni;


− spazi di attività per i giovani che si affacciano all’esercizio della professione ridotti al lumicino.


Lo diciamo con grande chiarezza: se salta il sistema delle costruzioni, salta l’intero sistema economico e sociale. La filiera delle costruzioni, infatti, coinvolge numerosi altri settori produttivi, la cui sopravvivenza dipende da essa: impiantistica, produzione e commercio di materiali edili, falegnameria, produzione e commercio del vetro, arredamento, carpenteria metallica. STIAMO ASSISTENDO AL TRACOLLO DEL NOSTRO SISTEMA PRODUTTIVO!


Tutto questo nel silenzio e nell’indifferenza delle istituzioni e della politica. Per questo motivo tutti i protagonisti del settore chiedono con forza interventi incisivi e tempestivi, capaci di dare respiro al comparto e di consentirne il rilancio e la ripresa.


In particolare:


1. La revisione del patto di stabilità interno, dando piena attuazione alla sua regionalizzazione;


2. Il recepimento della Direttiva Europea sui ritardi di pagamento;


3. L’emanazione del decreto attuativo per consentire l’utilizzazione del fondo presso la Cassa Depositi e Prestiti destinato al finanziamento delle operazioni pro soluto sui crediti delle imprese;


4. Una maggiore flessibilità del sistema creditizio nei confronti delle imprese del settore in momentanea difficoltà;


5. Il monitoraggio sull’effettiva destinazione delle risorse messe a disposizione dalla Banca Centrale Europea, dando priorità sia temporale sia quantitativa al finanziamento delle imprese e delle famiglie;


6. Interventi incisivi sugli assetti della Pubblica Amministrazione, capaci di superare i vincoli burocratici e le inefficienze che impediscono o ritardano la piena operatività e la crescita del settore, consentendo altresì la piena, tempestiva ed effettiva utilizzazione delle risorse nazionali ed europee.


Attualità

Tricase: lavori e polemiche in piazza a Caprarica

L’ing. Andrea Morciano protocolla una lettera indirizzata agli amministratori con la quale chiede la sospensione immediata dei lavori e la convocazione urgente di un incontro pubblico

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I lavori di riqualificazione in corso a Tricase, in piazza Sant’Andrea a Caprarica, sono da qualche giorno oggetto di discussione.

La polemica, fino ad ora latente, è deflagrata con la lettera indirizzata al sindaco Antonio De Donno, alla presidente del consiglio Rosanna Zocco, agli assessori e a tutti i consiglieri, dall’ingegner Andrea Morciano, noto professionista, residente proprio nel quartiere tricasino che ospita i lavori.

L’ingegnere, con la sua lettera, protocollata l’11 luglio scorso (numero 14030), chiede la sospensione immediata dei lavori e la convocazione urgente di un incontro pubblico.

In premessa l’ing. Morciano rileva innanzitutto che i lavori riguardanti la riqualificazione di Piazza Sant’Andrea sono iniziati «senza alcun preavviso per la cittadinanza, tanto che lo stesso Comitato Festaquesto fa ancora più specie, visto che un componente è anche consigliere comunale») ha dovuto improvvisamente posticipare la festa patronale ad altra data».

Poi evidenzia che «il progetto non è mai stato sottoposto ad un giudizio dei cittadini di Caprarica, eccezion fatta per una fugace esposizione di alcune tavole grafiche ben nascoste alla maggior parte della gente, lo scorso anno; che non sì è avuta neppure cura di aggiornare i render delle testate del progetto alle varianti e modifiche che il progetto ha subito».

«Quando la coperta è corta», polemizza, «e si vuol fare tutto, poi si incorre in questi errori banali. In campagna elettorale il sindaco aveva promesso che avrebbe fondato la sua amministrazione sulla partecipazione (questa sconosciuta).

Le intenzioni ed i propositi non vanno enunciati ma vanno praticati, anche se capisco che per il sindaco sia difficile, visto quanto già accaduto in altri incontri nei quali si è cercato il confronto con i risultati che sono sotto gli occhi di tutti si veda gestione ufficio tecnico»).

Altro punto contestato: «Dalla testata del progetto si evince un’ampia partecipazione di professionisti i quali, non per colpa loro (di questo ne sono certo), dalla montagna hanno partorito un topolino».

E ancora: «Non si capisce come ai cittadini non sia consentito l’uso del cemento in aree agricole o nei

centri storici e poi la piazza di Caprarica, improvvisamente diventa idonea per accogliere una bellissima pavimentazione architettonica, che altro non è che cemento. Ho sollevato il problema anche agli organi competenti, che per tutta risposta hanno giustificato la scelta per “mancanza di soldi”. I privati, invece, hanno soldi da spendere e spandere…».

Dal progetto sembrerebbe essere stata riservata una “zona ZTL” per alcuni residenti: «Si vuol conoscere in relazione a quale principio e chi pagherà i ripristini per effetto del transito dei veicoli in quella fascia», evidenzia Morciano, «inoltre sarebbe opportuno sapere se sono state effettuate delle prove di transito con mezzi pesanti, per chi percorre via Vittorio Emanuele verso via Caduti sul Lavoro. Prove traffico tanto care al sindaco… Sarebbe opportuno conoscere quali saranno le manovre da effettuare per chi, transitando con un mezzo pesante su via Caduti sul Lavoro provenendo da Corso Apulia, dove farà inversione di marcia, visto l’esistente senso unico su via Vittorio Emanuele e non potendo percorre via Leuca, o sarà vietato qualsiasi transito. Il sindaco dovrebbe spiegarlo ai cittadini residenti».

L’elenco delle obiezioni e dei “sarebbe opportuno” è ancora lungo: «Sarebbe opportuno conoscere in base a quale principio sia stato deciso di rendere non fruibile la piazza per organizzare manifestazioni o anche semplicemente per montare un palco; sarebbe opportuno conoscere il senso della piantumazione di un albero alle spalle del frantoio

Ipogeo; sarebbe opportuno conoscere come saranno gestiti i parcheggi nelle aree prossime alla piazza nei giorni di grande affluenza e se la gestione sarà semplicemente elevare multe ai cittadini; Sarebbe opportuno conoscere come, e soprattutto chi, pagherà per eventuali ripristini da eseguire sulla sede stradale (via Vittorio Emanuele – Via Leuca) che sarà rivestita con questa splendida pavimentazione architettonica»

Per tutti i punti elencati spora l’ing. Andrea Morciano chiede «l’immediata sospensione dei lavori e la convocazione di un incontro pubblico, dove vengano esposti i principi alla base della progettazione e vengano date le risposte a queste e ad altre criticità che il progetto, in fase di realizzazione, comporterà per i residenti del rione di Caprarica».

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Galatina: sala operatoria chiusa perché senza aria condizionata? No, si, forse…

Mettetevi comodi, ci sarà da aspettare. Alla terza chiamata, dopo esserci garbatamente presentati, qualcuno dall’altra parte risponde: “Cerchiamo il direttore sanitario, dott. De Maria”; “Mi dispiace, ma lo trova domattina”. “Ma non c’è nessuno che…”

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Cosa può e deve fare un giornale quando riceve diverse telefonate di denuncia circa la malasanità pubblica?

A cosa serve il mestiere di giornalista se non a riportare pedissequamente, previa verifica, ogni spiffero o lode di quello accade fra le pieghe della pubblica amministrazione che sia essa sanitaria o di altra natura? A tutelare le fasce più deboli, a difendere chi non può, non sa o non vuole difendersi?

Ebbene, da giorni riceviamo in redazione delle lamentele circa il malfunzionamento di una delle sale operatorie dell’ospedale Santa Maria Novella di Galatina, nella fattispecie l’ultima lagnanza, arrivata via Whatsapp stamattina, è di una signora che oggi avrebbe dovuto subire un intervento in day hospital e, arrivata diligentemente e puntualmente in ospedale, si è sentita rispondere: “Signora, mi dispiace ma deve tornare a casa, sono slittati tutti gli interventi perché si è rotta l’aria condizionata e da 15 giorni la sala operatoria è rimasta ferma“.

Se non fosse seria e grave la situazione ci sarebbe da ridere. E allora? Cosa abbiamo pensato di fare? Quello che avrebbe fatto qualsiasi giornale: chiamare l’ospedale di Galatina e scrivere alla ASL.

Mettetevi comodi, ci sarà da aspettare. Alla terza chiamata, dopo esserci garbatamente presentati, qualcuno dall’altra parte risponde: “Cerchiamo il direttore sanitario, dott. De Maria“; “Mi dispiace, ma lo trova domattina“. “Ma non c’è nessuno che lo sostituisca, che ci possa informare sulla sala…“, insistiamo, “Aspetti le passo qualcuno della sala operatoria“.

Dopo aver spiegato il motivo della nostra telefonata, dall’altra parte ci rispondono: “Mi dispiace deve aver sbagliato numero!“. Basiti ribattiamo: “Come abbiamo sbagliato numero, non è la sala operatoria? Mi hanno passato lei dal centralino, saprà che numero fare il centralinista. E comunque: è vero che la sala operatoria non funziona da 2 settimane perché è rotta l’aria condizionata?”, assordante silenzio dall’altra parte, “mi scusi”, ribattiamo caparbi, “ma con chi stiamo parlando?”. 

“Sono l’infermiere E.S. e non sono tenuto a risponderle”. “Quindi”, incalziamo, “è una malcelata forma per dirmi che quello che le sto chiedendo è vero!?”.

Come tutte le cose la gentilezza si consuma, il garbo finisce, la pazienza si squaglia, con questo caldo poi: “Guardi che questo è un numero per le urgenze, e lei lo deve lasciare libero!”. ” Va bene”, replichiamo, “basta un si o un laconico no!… Tuuu, tuuu, tuuu.”

Ci appigliamo ancora al centralinista il quale, con rinnovata pazienza, ci prega di attendere e ci assicura che avrebbe cercato di passarci al telefono il direttore sanitario.

L’attesa è piacevole, le note sprigionate dalla musichetta d’attesa è puro jazz: lo si riconosce dalla grande varietà di attacchi. Spiacevole è invece la notizia, un perentorio telefonista, dopo una breve attesa, ci liquida: “Il direttore sanitario mi suggerisce di richiamare domani mattina, tuuu, tuuu, tuuu…“.

Nel frattempo, per non venire meno al nostro dovere abbiamo scritto, alla direzione della Asl e ci siamo armati, noi insieme a tutti i pazienti che non hanno usufruito del servizio, di Santa Pazienza, in attesa del domani. To be continued…

Luigi Zito

 

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Medici salentini contro l’autonomia differenziata

Il presidente dell’OMCeO di Lecce Donato De Giorgi: «La scarsezza di risorse, vera causa di tempi di attesa vergognosamente lunghi, sarà sempre più evidente dall’applicazione dell’autonomia differenziata che penalizzerà il Sud, creando gravissimi disagi ai medici e, soprattutto, ai cittadini»

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«Si rimane basiti da alcune dichiarazioni comparse sulla stampa locale, secondo cui per risolvere le emergenze, che alcune Strutture stanno vivendo nel nostro territorio in maniera drammatica, sia necessario non solo “una più efficace organizzazione delle risorse umane”, ma anche “la necessità che alcuni Direttori di Unità Operative abbandonino la scrivania e diano una mano concreta”. Oltre a grossolane inesattezze riguardanti l’attività del presidio ospedaliero di Gallipoli, che avrebbe “sale operatorie inattive da mesi”, le dichiarazioni puntano il dito nella direzione sbagliata».

È lo sfogo di Donato De Giorgi, presidente dell’Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri (OMCeO) di Lecce.

«In realtà», tuona il dott. De Giorgi, «solo la straordinaria attività di tutti i medici e del Personale Sanitario ha consentito di far sopravvivere il SSN nel nostro territorio (come, del resto, conferma l’84,1% degli Italiani, secondo l’ultimo sondaggio Censis)».

Poi la sottolineatura: «Quando si afferma “tutti i Medici” ci si riferisce proprio a tutti: i MMG, i pediatri, gli specialisti territoriali, i medici del pronto soccorso, 118, continuità assistenziale, ospedalieri, direttori di U.O., medici del servizio pubblico, privati, convenzionati, ecc.».

«Solo il loro lavoro continuo, il loro impegno instancabile, la loro professionalità competente, la loro azione silenziosa in situazioni difficili di gravissimo disagio», insiste il presidente provinciale dell’OMCeO, «rappresenta lo straordinario e insostituibile riferimento per affermare la centralità della salute come diritto di tutti».

In questi giorni chi gestisce e chi amministra la salute nel nostro territorio avendo l’impegno di ridefinire ruoli, accorpamenti in situazioni ospedaliere periferiche e la decisiva riorganizzazione del territorio, ha sempre poco (o nessuno) spazio per allargare le risorse umane (assunzioni) e fornire ai professionisti motivazioni forti.

Secondo Donato De Giorgi: «La scarsezza di tali risorse, vera e decisiva causa dei tempi di attesa inaccettabilmente e vergognosamente lunghi, sarà sempre più evidente dall’applicazione dell’autonomia differenziata che penalizzerà soprattutto il Sud, creando gravissimi disagi ai medici e, ciò che più conta, ai cittadini».

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