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Attualità

Sanità pugliese, servono 200 mln: il punto con l’assessore Palese

L’intervista: “Attingeremo a fondi propri e rastrelleremo residui ed economie. Ma il Fondo sanitario regionale è sottostimato e i criteri di riparto vanno rivisti”

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A cura di Giuseppe Cerfeda





“I costi del Sistema sanitario regionale superano le risorse trasferite ed incassate ed il disavanzo per l’esercizio 2022 si dovrebbe attestare a circa 450 milioni di euro”: lo certifica una delibera della giunta regionale pugliese approvata per adottare misure di contenimento dei costi.





La Puglia presenta, dunque, un rosso nei conti sanitari di 450 milioni, che diventano 205 milioni di euro al netto della quota di finanziamento straordinario Payback dispositivi 2015-2018, iscritta a ricavo. Secondo quanto si legge nella delibera, il maggiore finanziamento dal fondo sanitario nazionale per la Puglia è stato proprio nel 2022 con 260 milioni di euro ma, allo stesso tempo, le Asl e la Regione hanno dovuto sopportare costi aggiuntivi pari a 710 milioni.





Tra i costi elencati nella delibera ci sono: 110 milioni di costi energetici, 50 milioni di costi Covid non coperti da finanziamenti specifici, 105 milioni per il rinnovo del contratto collettivo nazionale, 100 milioni per la stabilizzazione del personale impegnato nell’emer- genza Covid. E ancora: 85 milioni di incremento della spesa farmaceutica, 65 milioni di incremento spesa socio sanitaria e territoriale, 75 milioni di investimenti non coperti da finanziamenti in conto capitale.





Il dipartimento Promozione della Salute, preso atto dei preconsuntivi trimestrali, ha «rappresentato la necessità di appostare 200 milioni di euro per la copertura dello sbilancio previsto per maggiori costi rispetto ai ricavi del Servizio sanitario regionale (Ssr)».





Ecco perché l’assessorato alla Salute della Regione Puglia ha emanato una proposta di deliberazione avente ad oggetto «Analisi e valutazione della spesa sanitaria – L.R. n. 2/2011 – Programma operativo – Misure urgenti riqualificazione e razionalizzazione». In pratica chiede alla Giunta regionale «di prendere atto del disavanzo» e di intervenire urgentemente.




Il fine è quello di «garantire l’equilibrio economico-finanziario negli esercizi 2023 e 2024, anche nelle more della definizione della disponibilità complessiva delle risorse del Fondo sanitario nazionale, per le quali è aperto un confronto con il Governo, e dei relativi criteri di riparto da cui la Regione Puglia è significativamente penalizzata».
In particolare, alla luce del pesante disavanzo, si evidenzia la necessità di «misure urgenti e non differibili per l’incremento dell’attività produttiva, nonché per il contenimento della spesa sanitaria e la qualificazione gestionale e organizzativa negli ambiti ove si registrano maggiori criticità».





Tra queste figurano una «riduzione significativa della spesa farmaceutica e per dispositivi medici da parte delle aziende ed enti del Servizio sanitario regionale», nonché le misure relative alle assunzioni di personale, «prevedendo che tutte le tipologie di reclutamento di personale del Ssr del comparto e della dirigenza, comprese le assunzioni a tempo determinato e indeterminato, nonché il conferimento di nuovi incarichi di direzione di struttura complessa e di struttura semplice di tutte le articolazioni aziendali, di direzione di Dipartimento ospedaliero e territoriale, di direzione dei Distretti sociosanitari, potranno essere effettuate previa autorizzazione da parte delle Giunta regionale».





Inoltre, per quanto riguarda le società “in house” del Servizio sanitario regionale, si chiede di prevedere il blocco immediato delle procedure di assunzione e della sottoscrizione dei contratti individuali per tutti i ruoli e profili, a eccezione di quelle afferenti al processo di internalizzazione del servizio emergenza – urgenza sanitaria territoriale (il 118).





L’intervista all’assessore Palese





Così l’assessore regionale alla Sanità Rocco Palese sullo stato di… salute della Sanità pugliese: «La situazione deriva dallo splafonamento della spesa farmaceutica e dall’utilizzo inappropriato del fondo sanitario regionale («I direttori generali per molte spese, anche se urgenti ed utili, avrebbero dovuto utilizzare i fondi vincolati di investimento per l’edilizia sanitaria, quelli del Fesr, i fondi comunitari e quant’altro»). Per la spesa farmaceutica si è andati sotto di 200 milioni di euro; per le spese inappropriate di cui sopra, di 76 milioni. Ora siamo obbligati a rimpinguare. Per il resto soffriamo per una circostanza che accomuna tutte le regioni: la sottostima del Fondo sanitario regionale. Tutte le regioni chiedono al governo nazionale che il fondo sanitario venga integrato almeno di 5 miliardi di euro. Resta, poi, il problema atavico dei criteri di riparto che ci penalizzano rispetto alle regioni del nord».
Va ricordato, infatti, come il Fondo sanitario nazionale, che viene distribuito per mitigare le eclatanti differenze regionali nei servizi che devono garantire il diritto alla salute di tutti i cittadini, sia suddiviso in base a tre criteri.
Quello anagrafico è quello che incide di più sulla ripartizione: il 99% del Fondo. I soldi vanno dove ci sono più anziani, dunque al Nord. Seguono il criterio dell’aspettativa di vita (0,5% – un abitante del sud vive in media 7 anni meno rispetto ad uno del Nord secondo Save the Children) e quello della deprivazione sociale (0,5%).
Risultato: il finanziamento pro-capite per la sanità in Italia è pari a 1.833,80 euro, ma in Puglia arrivano 16,69 euro in meno per abitante, come riportato dall’Agenzia nazionale per i servizi sanitari.
«Paghiamo in particolar modo la perdita di residenti», sottolinea Palese, «eravamo più 4 milioni, adesso siamo 3milioni e 900mila circa. Questo ha comportato che, nel 2022, abbiamo ricevuto 102 milioni di euro in meno dal Fondo nazionale sanitario. A tutto ciò si aggiungano gli aumenti dei costi per l’acquisto di materiali ed attrezzature e per i consumi energetici. Questi ultimi hanno subito un’autentica impennata, costata alla Puglia quasi 300 milioni di euro per il 2022».
Riassumendo, alla Regione servono urgentemente almeno 200 milioni per ripianare il debito: «Stiamo vedendo come fare per fronteggiare l’emergenza», spiega Palese, «attingeremo a fondi propri e rastrelleremo residui ed economie».
Tutto ciò che tipo di ripercussioni potrà avere sui cittadini che usufruiscono del servizio sanitario?
«Se il Governo non integra il fondo nazionale di 5-6 miliardi», avverte l’assessore regionale alla sanità, «è evidente, ad esempio, che le liste di attesa, invece di accorciarsi, si allungheranno in tutte le aree di specialistica. Se vogliamo abbatterle servono investimenti».
La situazione è delicata anche all’Ospedale Cardinale Panico di Tricase. Ci risultano un incontro ed un preaccordo.
«Per quanto riguarda gli Enti ecclesiastici (San Giovanni Rotondo, Acquaviva delle Fonti e Tricase)», chiarisce Rocco Palese, «abbiamo concordato un’integrazione per quel che riguarda il 2023. Ora gli atti dovranno essere adottati in Giunta per determinare il nuovo rapporto contrattuale.
Questo vale anche per l’ospedale “Cardinale Panico” verso il quale la Regione pone sempre grande attenzione perché ritiene essenziale e fondamentale il suo servizio per tutto il bacino d’utenza di 400mila abitanti del sud Salento»
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Il Venerdì Santo e il Coro delle Pie Donne a Ruffano

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A Ruffano, i Riti della Settimana Santa hanno origini antichissime e rappresentano un intreccio di fede, storia e tradizione che raggiunge il suo apice nel Venerdì Santo con la Solenne Processione. I confratelli incappucciati, coronati di spine, scalzi e con i simboli della penitenza: le discipline e le pisare. Lungo le strade del paese risuonano degli antichi Inni composti per le Confraternite ruffanesi. Il più struggente e solenne è “O genti che passate”, un lamento che accompagna la processione di Gesù Morto e che scuote gli animi di chi lo ascolta.


A intonarlo insieme alla banda è il grande “
Coro delle Pie Donne”, oltre 100 voci femminili che custodiscono e tramandano una tradizione secolare. Vestite di nero, con il capo velato in segno di lutto, non solo narrano la Passione di Cristo, ma si fanno eco di un dolore universale, dando voce alle sofferenze del mondo. In origine, ogni Confraternita aveva il proprio coro, poi unificato per rendere questa esecuzione ancora più potente e corale.
Per molti anni, queste donne non hanno avuto piena consapevolezza di essere le custodi di un’antichissima tradizione orale. Cantavano perché così si era sempre fatto, senza sapere di tramandare un patrimonio culturale unico. È un’usanza antica, autentica, che ha resistito ai cambiamenti e oggi si rinnova grazie alla partecipazione sempre più sentita delle nuove generazioni. Ancora oggi, infatti, il coro è un simbolo identitario di Ruffano, unico nella sua storicità e profondamente radicato nella comunità. Qui non si tratta di una semplice esecuzione, ma di un canto dell’anima, tramandato di madre in figlia, che continua a rendere il Venerdì Santo un momento di intensa e irripetibile suggestione.
Il coro delle donne è il protagonista soprattutto dell’inizio e della conclusione della processione, quando l’Addolorata ritrova il figlio morto e quando dovrà dara l’ultimo saluto. Un momento struggente e di grande preghiera grazie al canto eseguito insieme alla banda.

 

Venerdi Santo – 18 aprile
ore 21:30 partenza dell’Addolorata dalla Chiesa di San Francesco in Piazza Libertà.
Accoglienza del CRISTO MORTO in Piazza Nazario Sauro. Esecuzione dell’Inno dalle Pie Donne e inizio della Solenne Processione.

Al rientro (mezzanotte circa), sosta in Chiesa Madre con predicazione e Benedizione Solenne. Segue il tradizionale “Saluto” tra il Cristo e la Vergine e rientro dei simulacri nelle proprie Confraternite.

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Cimitero di Tuglie, scoppia la polemica

Il consigliere Lorenzo Longo attacca l’amministrazione sull’ampliamento. Dopo il Consiglio Comunale il Movimento 5 Stelle denuncia: «Gravissimo l’atteggiamento del Segretario». La sindaca Silvia Romano: «Riflessioni da Azzeccacarbugli. Il Segretario ha solo rimarcato la contraddittorietà delle affermazioni del consigliere»

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di Giuseppe Cerfeda

Dopo il consiglio comunale infuocato del 4 aprile scorso e il comizio in Piazza Garibaldi, il Movimento 5 Stelle e il gruppo consiliare Viviamo Tuglie denunciano «quanto accaduto nell’ultima assise», con particolare riferimento alla vicenda del cimitero comunale.

Il consigliere Lorenzo Longo

«Durante la discussione sull’ampliamento del cimitero», ha spiegato il capogruppo del M5S, Lorenzo Longo, «abbiamo segnalato che il nuovo campo di inumazione è stato realizzato a soli 20-25 metri dalle abitazioni, contrariamente ai pareri espressi dall’ASL sia nel 2013 che nel 2016, in cui si imponeva una distanza minima di 50 metri dal centro abitato. Ci siamo limitati a chiedere la verifica della legittimità delle delibere approvate, ma il Segretario comunale, invece di mantenere un atteggiamento tecnico e super partes, si è inspiegabilmente alterato, arrivando a pronunciare una frase tanto sconcertante quanto grave: “Ah, quindi state cercando di coprire qualcuno?”».

«Una frase», continua Longo, «che ci ha profondamente colpiti e che riteniamo del tutto inaccettabile. Non solo perché infondata ma soprattutto, perché detta da chi dovrebbe garantire il corretto svolgimento dei lavori consiliari in maniera neutrale e istituzionale. Siamo stati offesi e delegittimati davanti all’intero consiglio comunale e alla cittadinanza, e per questo motivo ci vediamo costretti a scrivere formalmente alle autorità preposte per segnalare quanto accaduto e chiedere verifiche approfondite su tutta la vicenda».

Nel corso del comizio pubblico in Piazza Garibaldi, il consigliere regionale del M5S, Cristian Casili ha inoltre evidenziato «gravi responsabilità dell’amministrazione comunale in merito al Piano Generale di Bonifica», sottolineando come il Comune non abbia «adottato gli atti necessari per richiedere l’esclusione delle particelle non servite dal tributo 630. Una grave mancanza che ha comportato, per molti cittadini, l’obbligo di pagare un contributo ingiusto, a differenza di quanto già ottenuto da altri Comuni della provincia di Lecce».

«Da mesi denunciamo l’inerzia del Comune su questo fronte», hanno concluso i consiglieri del gruppo ViviAmo Tuglie, «e non accettiamo che si provi ancora a scaricare la responsabilità sul Movimento 5 Stelle Regionale. La verità è che l’amministrazione, dal 2012 a oggi, non ha mai fatto nulla di concreto, e oggi i cittadini ne pagano le conseguenze».

Il Gruppo Consiliare insieme al Consigliere regionale Casili annunciano nuove iniziative nelle prossime settimane e garantiscono che non abbasseranno la guardia: «Continueremo a fare opposizione seria e costruttiva, senza sconti a nessuno. Dalla parte dei cittadini, sempre».

LA SINDACA: «COMMEDIA DEGLI EQUIVOCI»

Da noi sollecitata non tarda ad arrivare la replica della sindaca Silvia Romano.

La sindaca Silvia Romano

«Longo non perde l’abitudine di inciampare, e farsi male, sulla realtà dei fatti», attacca la prima cittadina, «ancora una volta cade nelle sue riflessioni da “Azzecagarbugli” scagliate contro l’amministrazione comunale».

La sindaca passa poi ad elencare la sua versione dei fatti: «All’inizio della seduta del consiglio comunale del 4 aprile esordisce con la pretestuosa ed infondata denuncia di una fantasiosa illegittimità della convocazione della seduta consiliare in quanto effettuata, a suo dire, oltre il limite massimo di tre mesi, invocando una norma del Tuel che nulla c’entrava con la sua accusa. Forse turbato e risentito dalla figuraccia appena rimediata, non contento, con la sua tipica teatralità da novecentesco avanspettacolo, pronuncia in sede di consiglio: la cosa più grave è che il campo di inumazione è stato realizzato dentro una fascia di rispetto cimiteriale, violando il limite dei 50 metri dal centro abitato! Poi invita il segretario comunale a verificare la legittimità degli atti».

«Il segretario fa notare che la sua affermazione conteneva una contraddizione in termini», prosegue la sindaca, «poiché i campi di inumazione stanno all’interno dell’area cimiteriale, mentre la fascia di rispetto è sempre esterna al cimitero determinando un vincolo di inedificabilità assoluta».

«Longo», prosegue non risparmiando un certo sarcasmo, «in stato confusionale, riafferma: “il campo di inumazione sta attaccato ai terreni ed alle case di privati”, facendo intendere che ci potessero essere costruzioni all’interno della fascia di rispetto di contorno al cimitero, con possibile violazione di legge.  Invita, ulteriormente, invocando il buon senso, il segretario a mettersi nei panni di chi abita lì”, virando su un piano diverso dalla legalità. A tali illazioni il segretario chiede: “Ah quindi sta cercando di coprire, forse, qualche…”. In tal modo il segretario con fermezza rimarca la contraddittorietà delle affermazioni del consigliere Longo e, soprattutto, la prevalenza dell’interesse pubblico alla realizzazione del campo di inumazione rispetto ad eventuali interessi di privati».

Secondo la sindaca Romano «il consigliere Longo trafitto da tutti si perde nelle sue infinite contraddizioni di natura politica e giuridica. In un suo post parla di una “distanza del campo di inumazione a soli 20 – 25 metri dalle abitazioni”, dichiarazione mai pronunciata durante la seduta del consiglio comunale! Altra confusione derivante da una scarsa conoscenza dell’aritmetica e della geometria».

«Delle due l’una», tira le somme, «chi dice bugie? Stiano attenti i cittadini delle acrobazie di verità del consigliere Longo e dalle sue pretese di ergersi sempre a mo’ di paladino della verità».

«A questo punto», conclude Silvia Romano, «non ci resta che invitare tutti i cittadini, qualora ce ne fosse ancora bisogno, a leggere il resoconto della registrazione riguardante l’argomento».

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Poste finalmente pronte a ricostruire la sede centrale di Tricase

Un anno dopo la bomba, la comunicazione al sindaco De Donno: “Terminate le operazioni propedeutiche. I lavori richiederanno cento giorni”

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di Lor. Zito

Il prossimo giovedì sarà trascorso un intero anno dal furto con esplosione messo in atto presso l’ufficio postale centrale di Tricase, in piazza Cappuccini.

Da allora, quasi 365 giorni dopo, l’edificio appare ancora transennato e pericolante, ed i lavori per il suo recupero non sono partiti.

Abbiamo sollecitato Poste Italiane, richiedendo informazioni a riguardo. Informazioni che la cittadinanza, a sua volta, reclama a gran voce (anche bussando alla porta della nostra Redazione), nella spasmodica attesa di un ritorno alla normalità.

La scorsa estate su piazza Cappuccini, proprio alle spalle della sede oggetto di furto, Poste Italiane ha collocato un container mobile, quale sede temporanea utile a garantire la continuità del servizio dopo il danno patito.

Va da sé che, sino al ritorno in funzione dell’edificio originario, si tratta di una soluzione tampone, che spesso porta in dote disagi per l’utenza che vi si interfaccia.

E’ il sindaco di Tricase Antonio De Donno a restituirci informazioni sugli sviluppi in corso, alla luce di una comunicazione in queste ore giuntagli direttamente dal direttore della filiale: anche da Palazzo Gallone erano pervenute sollecitazioni sul tema.

Poste Italiane ci ha comunicato la conclusione delle procedure propedeutiche all’avvio dei lavori, scusandosi per la loro procrastinazione“, spiega il primo cittadino. “Il ritardo, ci viene spiegato, è dovuto al fatto che le attività di verifica statica dell’edificio da recuperare sono state complesse e delicate, ed hanno richiesto molto tempo“.

Non c’è ancora una data certa per la riapertura della sede“, aggiunge De Donno, “ma Poste Italiane ci ha indicato la durata prevista per l’intervento: dal giorno del loro inizio, i lavori richiederanno circa cento giorni per essere portati a termine“.

Non viene specificata una data di apertura del cantiere. Alla luce di quanto sin qui descritto, è lecito attendersela a stretto giro.

 

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