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News & Salento

Scuola, è tempo di … indignarsi

Tempi duri per la Scuola italiana.

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Tempi duri per la Scuola italiana. Il mondo dell’istruzione vive una delle sue fasi più difficili. Le decisioni e i provvedimenti attuati dal governo Monti stanno creando non poco sconcerto e apprensione fra studenti e personale docente di tutto il paese. Dalla ripresa delle lezioni ad oggi, è stato l’intero orizzonte-scuola a farsi sentire, dimostrando una forte unione in un momento di difficoltà comune, occupando gli istituti, organizzando autogestioni e partecipando ai cortei, sino a sfidare le forze dell’ordine, dopo aver bloccato strade e intere città. E non sono mancati certo gli scontri e gli attimi di tensione. Proteste, cori, tafferugli e “lacrimogeni incriminati” hanno fatto parte del gergo giornalistico per diversi giorni, e continuano a trovare spazio nei migliori tiggì, sui quotidiani nazionali e sui blog, che non mancano di dedicare intere edizioni alla “questione scuola”. Anche Lecce, come nucleo di accumulazione per tutti gli istituti della provincia, ha avuto l’occasione di alzare la voce, in due mesi di caldo fermento: la città è stata teatro di cortei pacifici di migliaia di ragazzi in rivolta, che chiedevano null’altro che la “restituzione del futuro”.


Ma cosa spinge i ragazzi a scendere in campo e a … indignarsi? Questa volta non basta colpevolizzare gli innumerevoli tagli alla spesa pubblica dell’attuale legislatura, la politica di austerity imposta dall’Unione Europea e la dissanguante spending review. E non basta neanche citare l’ingente decurtazione dei fondi agli istituti pubblici, che avranno sempre meno possibilità di offrire attività e servizi extra agli alunni. Viene tirata in ballo una vecchia grana datata estate 2008, nota come “Ddl Aprea”. Siamo sotto il governo Berlusconi quando la deputata Pdl Valentina Aprea (ora assessore alla Regione Lombardia) presenta un discusso disegno di legge, destinato per il momento a rimanere tale. In breve, il ddl della discordia prevede l’introduzione di statuti autonomi, Consigli d’Autonomia che sostituiscano i Consigli d’Istituto e nuclei di autovalutazione del personale interno, in sintonia con l’INVALSI (Istituto Nazionale per la Valutazione del Sistema Educativo di Istruzione e Formazione): una vera rivoluzione, ma fin qui sembra tutto in ordine, anzi appare innovativo e produttivo per tutto il sistema scolastico che il lavoro degli insegnanti sia soggetto a valutazione, in modo da poter colmare lacune e migliorare, crescere e far crescere. I problemi si fanno avanti quando si parla di “possibilità, per le scuole, di avere partner privati in modo da potersi sostenere economicamente”: un’eventualità che avvicinerebbe la scuola (quella pubblica, quella di tutti) a un’azienda, soggetta, come tutte le aziende, al rischio di fallimento e a interessi di tipo lucroso. In più, i nuovi statuti, con l’ingresso dei privati, varierebbero da scuola a scuola, creando disparità e motivi di diversità tra un istituto e l’altro. Non dimentichiamo che stiamo parlando di istruzione pubblica, garantita dalla Stato, che deve assicurare un futuro ai suoi allievi al di là del nome della scuola. Gli studenti non ci stanno e annunciano battaglia “contro la scuola dei padroni”! Sebbene il “Ddl Aprea” rappresenti oggi niente più che uno spauracchio, essendo stato bocciato dal Senato a fine novembre e scongiurato a più riprese dall’attuale ministro dell’istruzione Francesco Profumo, potrebbe tornare d’attualità con un reinsediamento di un governo di centrodestra nella prossima primavera.


Ma non tutti i mali vengono… da destra: il malcontento si traduce in disgusto quando si viene a conoscenza dell’approvazione del nuovo emendamento della legge di stabilità, a favore del quale si sono battuti il PD e l’UdC, non proprio filoberlusconiani: 223 milioni (di euro, sic!!!, che si aggiungono ai 10 già previsti in partenza) alle scuole paritarie, a discapito di quelle pubbliche. Faranno rabbia a molti studenti (della pubblica, quelli “sfigati”, non i “figli di papà”) le parole di Simonetta Rubinato del Partito Democratico, primo cittadino di Roncade (TV) e presentatrice della proposta, esultante dopo l’approvazione: “Una battaglia vinta per la rete di istituti privati, che solo in Veneto fanno risparmiare allo Stato 500 milioni di euro ogni anno”. Come se fossero le scuole paritarie ad aver bisogno di finanziamenti statali!


Ce n’è per tutti! Anche il mondo dei docenti, mai così compatto e deciso nella partecipazione agli scioperi, continua a invocare assunzioni per i precari ed immissioni in ruolo e per tutta risposta riceve dal governo la tragica eventualità delle 24 ore settimanali, un terzo in più rispetto all’attuale monte ore. Un provvedimento che avrebbe degli effetti drammatici, in termini di licenziamenti del corpo insegnanti: un incubo non ancora terminato, da cui l’universo dell’istruzione spera di svegliarsi al più presto.

La rabbia di studenti e lavoratori va tradotta nello sfogo di chi non avverte sopra di sé la presenza di uno Stato che garantisca un futuro possibile. La scuola pubblica non è un’azienda, è un’istituzione; è utopistico, ma essa non dovrebbe conoscere la parola “crisi” perché questo significherebbe mettere a repentaglio il domani dei ragazzi. La scuola non deve essere considerata “zavorra”, né chi protesta visto come “choosy, schizzinoso, incontentabile”, al massimo “pronto a riprendersi il suo diritto allo studio, al lavoro e alla vita”. Giocare col futuro della gente, quantomeno, non è elegante.


Stefano Verri


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SIULP Lecce: “Più sicurezza per donne e uomini in divisa”

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Riceviamo e pubblichiamo.

“Continua senza sosta la scia di aggressioni alle donne ed agli uomini in divisa, nella stessa giornata non abbiamo fatto in tempo a tirare un respiro di sollievo per lo scampato pericolo dei due poliziotti affrontati a Padova da un individuo di nazionalità nigeriana armato di ascia, che a poche ore dall’accaduto l’episodio si è ripetuto nel centro cittadino di Lecce, dove un cittadino extracomunitario ha aggredito un Poliziotto senza un apparente motivo ovvero per il solo fatto di indossare un’uniforme.”

E’ quanto afferma in una nota Mirko BRAY, Segretario Generale del SIULP Lecce, a seguito della vile aggressione avvenuta ai danni di un Poliziotto nelle prime ore della scorsa serata ad opera di un cittadino extracomunitario poi arrestato per tentato omicidio.
“La nostra impressione è che la Polizia di Stato stia pagando lo scotto della grave carenza negli organici, problematica che in questa Provincia ci penalizza particolarmente, al contempo emerge nitidamente la necessità di introdurre tutti quegli strumenti che consentano ai tutori dell’ordine pubblico di operare in condizioni di sicurezza, in particolare ci riferiamo all’ampliamento delle dotazioni dei Taser, alla fornitura delle bodycam e dei giubbini tattici antitaglio. Non solo! Chiediamo anche delle tutele legali differenti rispetto a quelle in vigore che giudichiamo eccessivamente garantiste nei confronti di chi delinque a scapito della gente onesta e di chi opera per la legalità e il bene comune. Avvertiamo un’eccessiva tolleranza verso chi usa violenza contro un poliziotto, che sia in ordine pubblico o in un intervento di polizia, di contro il solo sospetto di un possibile eccesso nelle nostre reazioni, che scaturiscono sempre a contenimento delle violenze di ogni genere che siamo chiamati a fronteggiare, è sufficiente ad innescare il c.d. “atto dovuto” che da inizio a quella che oggi in Italia è la vera e propria pena: ovvero, l’iter processuale. Auguriamo al nostro collega una pronta guarigione nella certezza che il consueto spirito di servizio e l’indubbia abnegazione, lo spronerà a superare nuovamente quanto già vissuto in passato.”

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“Le medaglie degli eroi” in mostra a Lucugnano

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Riceviamo e pubblichiamo.

Dal 24 dicembre al 6 gennaio 2025, presso Palazzo Comi a Lucugnano, la raccolta di medaglie italiane ed estere a cura di Collezione Militaria Scolozzi dal titolo “Le medaglie degli eroi”.

Info al 3888960203.

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La benedizione di Monsignore: “Santificate le feste”

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di Luigi Zito
Intervista di fine anno al Vescovo della Diocesi di Ugento – Santa Maria di Leuca, Mons. Vito Angiuli. Oltre che sul significato del Natale ormai prossimo, Monsignore ha parlato volentieri di molti temi di attualità.

Angiuli sostiene che occorre «educare giovani e adulti a coltivare valori positivi come la comunione, la compagnia, la stima, la vicinanza, il lavoro di squadra, il senso di appartenenza».
Sulle festività imminenti: «Fare festa è una straordinaria opportunità per riscoprire il senso della vita e ricucire i rapporti di aggregazione e di riappropriazione del valore della comunità».
Dopo 14 anni di attività pastorale nel sud del sud invita, infine, tutti noi a «cogliere il valore delle trasformazioni in atto e assecondare il corso degli eventi per uno sviluppo economico, sociale e culturale dell’intero territorio».

 
Eccellenza, da tanti anni svolge la sua attività pastorale in Salento, in particolare nella Diocesi di Ugento – Santa Maria di Leuca: “la porzione del popolo di Dio”, come recita il codice di diritto canonico, «affidata alle cure pastorali del Vescovo”, è cambiata in questi 14 anni?

«In questi anni, ho compreso meglio la storia e la cultura di questo territorio che impropriamente si definisce “estremo lembo” del Salento, quasi fosse una realtà marginale. I grandi cambiamenti storici e politici che si stanno verificando ai nostri giorni hanno riproposto la centralità del Mediterraneo e, dunque, anche il Sud ha riacquistato una sua importanza. Bisognerebbe, pertanto, cogliere il valore delle trasformazioni in atto e assecondare il corso degli eventi per uno sviluppo economico, sociale e culturale dell’intero territorio. Sotto questo profilo, noto un atteggiamento ambivalente. Se da una parte, si manifesta una nuova forza propulsiva e una rinnovata capacità imprenditoriale, dall’altra rimangono ancora irrisolte alcune questioni in riferimento alla necessità di migliorare le infrastrutture necessarie per un vero sviluppo e soprattutto a promuovere un cambio di passo di tipo culturale. Mi riferisco alla necessità di “fare rete” e di lavorare con una visione più condivisa e una programmazione più generale aperta al bene comune superando la perdurante mentalità individualista, preoccupata solo del proprio interesse contingente. È questo l’aspetto che sottolineo anche in ambito ecclesiale, consapevole che la Chiesa ha un ruolo non secondario nel realizzare una nuova visione e una nuova modalità di stare nella storia e nelle vicende del tempo presente. L’esperienza della “Carta di Leuca”, la promozione dei “Cammini di Leuca” ed altre iniziative ecclesiali che ho promosso in questi anni anche a seguito del riconoscimento da parte dell’Europa del percorso della “via Francigena” da Canterbury a Leuca, dovrebbe servire a sprovincializzare il nostro territorio e a proiettarlo in un contesto più ampio. Il quadro, come si vede, presenta aspetti positivi, ma richiede un ulteriore sforzo per pensare in grande senza impantanarsi o crogiolarsi nelle piccole incombenze tipiche di uno sguardo poco lungimirante e appiattito sul presente».

In questo periodo di Avvento, del Natale, oltre a “Santificare le feste”, cosa consiglierebbe ai fedeli? Cosa significa il Natale oggi? Quanta umanità si respira nel mistero del Natale? Cosa si sta perdendo?

«Intanto mi preme ribadire che “santificare le feste” non è un aspetto secondario. Le singole persone e le società nel loro insieme non possono vivere senza l’anelito alla gioia che promana dalla “festa”. Fare festa è una straordinaria opportunità per riscoprire il senso della vita e ricucire i rapporti di aggregazione e di riappropriazione del valore della comunità. Consiglierei a tutti, credenti e non credenti, di vivere la gioia della festa, sia quella religiosa sia quella civile e sociale come momento per uscire dall’individualismo e sperimentare il gusto di aprirsi al senso del mistero e del trascendente oltre che di intrecciare rapporti umani più profondi e sinceri. In fondo è questo il senso più vero del Natale.
Come ho scritto in un recente articolo, il Natale è la festa nella quale si opera il “meraviglioso scambio” tra Dio e l’umanità: il Verbo eterno viene nel mondo e gli uomini riscoprono il valore dell’umano quando è aperto al divino. Il Natale è l’esaltazione dell’umanità non chiusa in sé stessa, ma abitata dall’amore di Dio che si fa carne e vive la stessa esperienza degli uomini. In altri termini, la festa del Natale chiede a tutti di vivere concretamente da fratelli che si rispettano e si abbracciano e non da nemici che si combattono o da estranei che si ignorano!
In un mondo lacerato da guerre, attraversato da profondi contrasti dove aumentano le disparità sociali, crescono le diverse forme di povertà, si esasperano i sentimenti di odio, è proprio il valore della fraternità che bisogna rimettere al centro».

Natale, luci sfavillanti, regali, tavole imbandite, gioia e convivialità; per tanti, però, le festività natalizie sono il periodo più stressante dell’anno: come sono cambiate le relazioni umane? Qual è il suo pensiero?

«È vero che a Natale si mette in moto una sorta di meccanismo che privilegia l’esteriorità nelle sue diverse forme.
Questa ricerca a tutti i costi di apparire finisce per stancare e per accrescere il senso di solitudine, di distanza e di estraneità.
Mentre sarebbe auspicabile che, in sintonia con il messaggio più profondo delle feste natalizie, si privilegiassero altri aspetti: la cura dell’intimità, la ricerca de silenzio, la promozione di relazioni interpersonali significative.
Sarebbe anche il tempo opportuno e per trasmettere ai bambini e ai giovani i valori profondi come la generosità, la gratitudine e l’amore per la famiglia, il valore della condivisione e del legame familiare, della    solidarietà quale forza che incoraggi a mettere in atto gesti di gentilezza e di assistenza verso coloro che sono nel bisogno e a riflettere sulla pace e sulla riconciliazione tra i popoli».

La sua Diocesi si spende tanto per gli altri, i poveri, da quando ne ha ricordo sono aumentate le “sofferenze”, che bilancio ne trae?
La sua è una “Chiesa col grembiule”, come esortava don Tonino, o come descriverebbe la sua Chiesa?

«Con il crescere dei problemi economici e sociali sono anche aumentate le attività che la Caritas diocesana e le parrocchie hanno messo in atto per venire incontro alle diverse esigenze delle persone più povere e più bisognose. Tuttavia, cerchiamo di considerare non solo le urgenze materiali, ma anche le “povertà spirituali” che sono anch’esse in aumento e che impoveriscono il tessuto relazionale: la solitudine, la sfiducia, lo scetticismo, la diffidenza, lo scoraggiamento, la mancanza di speranza. Cerchiamo cioè di farci carico di un compito più grande: educare giovani e adulti a coltivare valori positivi come la comunione, la compagnia, la stima, la vicinanza, il lavoro di squadra, il senso di appartenenza. Cerchiamo di promuove lo “spirito di famiglia”. Per questo consideriamo la chiesa come una “casa”, dove tutti possono sentirsi accolti, compresi, aiutati. La casa è il luogo delle relazioni, del reciproco riconoscimento, dell’aiuto vicendevole, dello scambio dei doni.  Al fondo del nostro impegno c’è il desiderio di imitare il “buon samaritano” e, pertanto, di trasformare la chiesa non solo nel luogo delle celebrazioni liturgiche, ma anche nella “locanda della fraternità” dove vige uno spirito di cura, di compassione e di consolazione».

LA VIRTù DELLA SPERANZA

Eccellenza, le chiedo un’esortazione sul Natale, su questo periodo così ricco di avvenimenti, su quello che vuole trasferire ai nostri lettori.

«Vorrei soprattutto esortare tutti a riappropriarsi della virtù della speranza.
Non una speranza di piccolo calibro o soltanto l’espressione di un sentimento passeggero e incerto, ma una speranza che non delude, sostiene il cammino della vita, infonde coraggio e desiderio di non arrendersi di fronte alle difficoltà e alle contraddizioni della vita.
Sperare significa non temere, non lasciarsi prendere dalla paura, ma vivere con gioia e camminare con serenità incontro al futuro.
“Pellegrini nella speranza” è il tema del Giubileo del 2025.
Ciò significa tenere accesa la fiaccola della fiducia e fare di tutto perché ognuno riacquisti la forza e la certezza di guardare al futuro con animo aperto, cuore fiducioso e mente lungimirante.
I simboli tipici del Giubileo sono il camminare da pellegrini e il passaggio della Porta Santa.
Esprimono la decisione interiore di prendere in mano qualche aspetto della propria vita per renderlo nuovo, riconciliato, trasformato, aperto, ospitale.
Abbiamo bisogno di convertirci a una mentalità più evangelica, generativa di un nuovo umanesimo e di un nuovo rinascimento personale e comunitario, sociale e culturale.
Essere pellegrini di speranza vuol dire riappropriarsi della responsabilità e della gioia di servire ogni uomo facendosi prossimo ad ognuno.
La speranza è una luce nella notte, un dono e un compito, l’attesa di qualcosa che riempie il cuore di gioia. Sperare è assaporare la meraviglia di essere amati, cercati, desiderati da un Dio che non si è rintanato nei suoi cieli impenetrabili, ma si è fatto carne e sangue, storia e giorni, per condividere la nostra sorte. Auguro un Natale che rafforzi in tutti la gioia della speranza».

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