Cronaca
Titolare ditta edile denunciato per sfruttamento di lavoratori stranieri
Uno dei due lavoratori di nazionalità albanese era sprovvisto di permesso di soggiorno e colpito dal provvedimento di espulsione
Nel corso dell’attività istituzionale svolta nei giorni scorsi dal NIL (Nucleo Carabinieri Ispettorato del Lavoro) di Lecce, i militari impiegati hanno eseguito una serie di controlli in varie aziende del settore dell’artigianato, del terziario e in alcune aziende edili, disseminate nel territorio dell’intera provincia, nel corso dei quali sono state accertate una serie di violazioni penali e amministrative connesse alla legislazione sociale e alle leggi speciali. In particolare, a seguito dell’ispezione in un cantiere edile per la costruzione di una villa, individuato nelle vicinanze di Carpignano Salentino, i militari che erano intervenuti dopo aver notato un gruppo di operai intenti alla realizzazione di un “muretto a secco” di recinzione, identificavano cinque lavoratori, di cui tre di nazionalità rumena e due albanese. Anche il titolare dell’azienda si accertava essere un cittadino rumeno. Tuttavia, mentre l’azienda era regolarmente iscritta alla Camera di Commercio e in possesso di DURC (documento unico di regolarità contributiva), nessuno dei cinque dipendenti risultava invece assunto a norma di legge. Ancor più grave la posizione di uno dei due lavoratori di nazionalità albanese che dal controllo alla Banca Dati delle Forze di Polizia, emergeva essere sprovvisto di permesso di soggiorno e addirittura colpito da provvedimento di espulsione. Accompagnato in Caserma e dopo le formalità di rito, il lavoratore veniva posto a disposizione dell’Ufficio Immigrazione della Questura di Lecce, per i provvedimenti di competenza. Sia il datore di lavoro che lo stesso lavoratore sono stati deferiti a all’Autorità Giudiziaria, ciascuno per le ipotesi di reato contemplate dal Testo Unico sull’Immigrazione. Ovviamente l’attività dell’azienda è stata sospesa in relazione al fatto che occupava in nero il 100% dei dipendenti, vale a dire tutti e cinque lavoratori che venivano subito allontanati dal cantiere. I Carabinieri procedevano nel frattempo a diffidare il titolare a regolarizzare la posizione lavorativa dei lavoratori, sia dal punto di vista amministrativo che per quanto concerne la normativa riguardante la sicurezza sui luoghi di lavoro. Ingente l’importo delle sanzioni amministrative sin qui accertate dai militari del NIL: 19.335,00 euro. A queste vanno aggiunti gli importi delle prescrizioni penali comminate, relative agli adempimenti omessi dall’imprenditore in tema di omesse visite mediche preventive, formazione e informazione e consegna ai dipendenti dei dispositivi di protezione individuale.
In un’affermata attività commerciale specializzata in complementi di arredo e tendaggi per la casa, ubicata in un Comune del sud Salento, i militari identificavano due lavoratrici in nero occupate nell’annesso laboratorio di confezioni. Anche in questo caso scattava la sospensione dell’attività imprenditoriale, mentre la riapertura del negozio è stata subordinata alla regolarizzazione dei dipendenti in nero.
In un’attività di commercio di arredo bagno e materiale per l’edilizia in un Comune dell’hinterland leccese, sono stati identificati due dipendenti in nero. Anche in questo caso l’attività è stata sospesa, in attesa della regolarizzazione delle posizioni lavorative irregolari. Altre infrazioni, sempre inerenti all’avviamento di lavoratori senza nessuna tutela previdenziale, assistenziale e prevenzionistica, sono state accertate in alcuni cantieri edili della provincia, in particolare a Martano, Squinzano e Corsano, per un totale di altri quattro operai occupati in nero. In tutto sono 27 le sanzioni amministrative accertate, per un importo di € 21.500,00, relative alla cosiddetta “maxi sanzione per lavoro nero” ed altre violazioni di legge riguardanti la tenuta del Libro Unico del Lavoro, il tesserino di riconoscimento ed altro. Tutti i verbali saranno trasmessi all’INPS e all’INAIL, nonché alla G.d.F., per le contestazioni di competenza di ciascun Ente. I controlli dei Carabinieri del NIL, anche quelli in sinergia con il corpo ispettivo della Direzione Territoriale del Lavoro di Lecce e con l’Arma Territoriale, continuano assidui, mentre le risultanze dei singoli servizi non mancano mai di evidenziare un preoccupante fenomeno di diffusa irregolarità in tutti i settori lavorativi.
Corigliano
Nube anomala dalla Colacem: apprensione e controlli in corso

Apprensione a Galatina, Soleto e Corigliano oggi per quanto accaduto nel pomeriggio al cementificio Colacem.
Attorno alle ore 17 una nube anomala si è levata nell’aria da una torre dello stabilimento.
Alcuni passanti hanno ripreso coi propri smartphone le immagini che pubblichiamo e che sono state fatte circolare sui social (a fine articolo il video).
Alla domanda più martellante di queste ore, ossia di cosa si tratti, stanno provando a rispondere le autorità competenti.
Una segnalazione ha fatto intervenire l’Arpa Puglia. Ed un aggiornamento in merito ce lo fornisce il sindaco di Galatina Fabio Vergine: “Dopo le segnalazioni ricevute e dopo aver visionato le immagini odierne in merito ai fumi provenienti dal cementificio Colacem, abbiamo subito provveduto ad allertare le autorità competenti, dell’Agenzia Regionale per la Prevenzione e la Protezione Ambientale (ARPA), della Provincia di Lecce ed il Comando di Polizia Locale per ricevere una relazione dettagliata. Non appena avremo informazioni certe sull’accaduto e sui dati di monitoraggio dell’aria, valuteremo le successive azioni per la tutela del territorio, dell’ambiente e dei cittadini”.
Le immagini dal posto
Casarano
Muore per un gelato a 16 anni. Ristoratore condannato
Nello specifico è il ristoratore a pagare per la morte dell’avventore allergico. Deve risarcire il danno da perdita parentale al padre del sedicenne deceduto dopo lo shock anafilattico per aver mangiato un gelato diverso da quello previsto dal menu concordato ad hoc per il ricevimento, a causa delle patologie del ragazzo…

Muore cliente 16enne allergico per un gelato, ristoratore condannato.
Per la Cassazione penale nessun concorso di colpa ai genitori che hanno concordato il menu, sciatteria del gestore. “Papà, io voglio vivere, non voglio morire”, danno biologico terminale per la lucida agonia del figlio.
Davide P., che risiedeva a Bologna ed era in vacanza con la sua famiglia in Puglia, era celiaco e poliallergico. La mamma aveva fornito una lista di cibi senza glutine da servire
La «sciatteria» del titolare di un ristorante di servire un gelato diverso da quello previsto dal menu concordato ad hoc per il ricevimento, è costato la galera al ristoratore.
È quanto emerge dall’ordinanza 6668/25 pubblicata il 14 marzo 2025 dalla terza sezione penale della Cassazione avverso sentenza depositata il 25/02/2022 della Corte d’Appello di Bari n° 820/2022.
Nello specifico è il ristoratore a pagare per la morte dell’avventore allergico. Deve risarcire il danno da perdita parentale al padre del sedicenne deceduto dopo lo shock anafilattico per aver mangiato un gelato diverso da quello previsto dal menu concordato ad hoc per il ricevimento, a causa delle patologie del ragazzo.
E al genitore va risarcito in via ereditaria il danno biologico, chiave interpretativa terminale patito dal giovane che nell’ultimo momento di lucidità si rende conto della morte che arriva («papà, io voglio vivere»).
«Totale» la «sciatteria» del titolare che va al supermercato a comprare il gelato sostitutivo la sera prima del banchetto senza assumere informazioni specifiche sulla compatibilità con intolleranze alimentari.
Nessun concorso di colpa può essere addebitato alla famiglia della vittima.
Bocciato il ricorso del ristoratore: diventa definitiva la condanna a pagare al padre della vittima quasi 414 mila euro a titolo di danno da perdita parentale calcolato in base alle tabelle del tribunale di Roma più altri 100 mila per il danno terminale patito dal ragazzo prima del decesso e trasmesso in via ereditaria al genitore («non voglio morire»), liquidato secondo equità. Per la festa di una cresima della nipote i genitori del sedicenne concordano con il gestore un menu compatibile con i disturbi alimentari del ragazzo, che è celiaco e allergico a vari alimenti.
Il tragico evento avvenne a San Giovanni Rotondo dopo che un ragazzo celiaco di 16 anni, Davide P., aveva mangiato un gelato ed è morto.
Nativo di San Marco in Lamis, era residente a Bologna. La mamma si era raccomandata al ristoratore – che ospitava numerose persone per un pranzo offerto da un familiare della vittima in occasione della celebrazione di una cresima – di servire a Davide cibi senza glutine, e gli aveva consegnato una apposita lista.
Davanti alla Cassazione penale il processo si conclude con l’annullamento ai soli fini civili.
Ad avviso degli Ermellini, infatti, di cui ha scritto il sito Cassazione.net, rileva Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, il motivo è fondato e, al riguardo, rincarando la dose hanno spiegato che “di fronte a una condizione sanitaria così allarmante, scrive la Corte di appello di Bari, il ristoratore non avrebbe dovuto comprare un prodotto diverso da quello concordato ma si sarebbe dovuto confrontare con i genitori del sedicenne per indirizzarsi su un alimento già assunto dal ragazzo e dunque sicuro. Si configura quindi la colpa per negligenza, imprudenza e imperizia in violazione di un dovere oggettivo di diligenza che trova fondamento nel contratto stipulato per il ricevimento. Il gestore del locale non prospetta elementi di fatto dai quali desumere un concorso di colpa dei genitori. Sul risarcimento della perdita parentale scatta la personalizzazione di un terzo per il fortissimo legame familiare e le drammatiche circostanze del decesso: il figlio muore fra le braccia del padre, che negli anni si era dedicato molto al ragazzo proprio a causa dei disturbi alimentari”.
Cronaca
Vigilesse vanitose: “Abbiamo fatto 108 multe, superato il record!”
Lo “Sportello dei Diritti”: «Questo è il clima in Italia da caccia alle streghe. L’episodio di Surbo richiede un appello per una maggiore tolleranza e un ritorno al principio di buon andamento della pubblica amministrazione»

Virale un video in cui appaiono due vigilesse di Surbo, probabilmente di ritorno in auto dal turno di servizio, nel quale con toni trionfanti esclamano: “Abbiamo fatto 108 verbali! Abbiamo superato il record!».
«Un fatto sicuramente censurabile e che esprime in tutta la sua evidenza il clima da caccia alle streghe che si respira in Italia in materia di sanzioni al codice della strada»: così stigmatizza presidente dello Sportello dei Diritti Giovanni D’Agata, che aggiunge: «Anche alla luce di questi episodi che documentano plasticamente l’enfasi con cui alcuni addetti ai lavori esprimono la propria soddisfazione a sanzionare i cittadini, è necessario rinnovare il nostro appello per una maggiore tolleranza e un ritorno al principio di buon andamento della pubblica amministrazione in un momento storico nel quale la cittadinanza tutta si sente oltremodo vessata da balzelli che riguardano ogni settore della vita, compreso quello imprescindibile della circolazione stradale».
Foto in alto di repertorio
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