Lecce
Visita di Perrone al V. Fazzi: un esito sconfortante
Ecco il completo resoconto della visita di ieri del sindaco Perrone all’ ospedale Vito Fazzi di Lecce: “La Regione ha tolto dignità al malato
Ecco il completo resoconto della visita di ieri del sindaco Perrone all’ ospedale Vito Fazzi di Lecce: “La Regione ha tolto dignità al malato, negatogli il diritto alla salute e portato al collasso le nostre strutture sanitarie. Lo dico da sindaco e da massima autorità sanitaria locale: il servizio minimo é garantito solo grazie all’abnegazione di medici, infermieri e operatori sanitari“. Erano presenti nel sopralluogo anche i consiglieri regionali Marti, Congedo e Caroppo, gli assessori comunali e provinciale Nunzia Brandi, Severo Martini e Filomena D’Antini, i consiglieri comunali D’Autilia, Montinaro, Borgia e Solero. La visita é stata guidata dal direttore sanitario Giampiero Frassanito. Il giro è durato oltre tre ore nei reparti del Vito Fazzi: un controllo fortemente voluto dal sindaco Paolo Perrone e richiesto a gran voce dalla cittadinanza, vista l’ emergenza sanitaria in atto. “In questi anni mi sono recato più volte in ospedale per interloquire con operatori sanitari, pazienti e famiglie – ha detto il primo cittadino – ed è stato nel corso della mia ultima visita, qualche settimana fa, che ho ricevuto la richiesta pressante di organizzare un sopralluogo che comprendesse un faccia a faccia con dirigenti e primari dei reparti. Nelle mie intenzioni c’era il desiderio di dialogare con tutti loro in modo costruttivo, con l’intento di comprendere le ragioni di un malessere esplicito e comprendere se esistono dei margini di miglioramento”. Le criticità rilevate nei reparti di Ostetricia e Ginecologia, Chirurgia Generale, Nefrologia, Ortopedia, Urologia, Radiologia, sale operatorie e Pronto Soccorso, compromettono seriamente il diritto alla salute dei cittadino leccesi e in generale salentini poiché, in seguito al Piano di Riordino Sanitario che ha portato alla chiusura di ospedali in tutta la provincia, in molti sono costretti ad recarsi all’ ospedale leccese che non riesce a fronteggiare la smisurata richiesta di soccorso e di ricoveri (in termini di personale e di posti letto). I primari e i dirigenti di reparto sono stati i primi a dichiarare che , pur volendolo, nei fatti non riescono ad assolvere al proprio dovere, addirittura sostengono “Ciò che si sarebbe potuto fare, non é stato fatto. Questo ospedale, nel giro di qualche anno, non riuscirà a garantire più nemmeno i servizi minimi“; mentre il disagio più avvertito dagli operatori della sanità, medici e infermieri, è la totale assenza di programmazione e progettualità. “Ogni mese – hanno detto – siamo costretti a cambiare linea, in base alle difficoltà che sopraggiungono”. Di seguito, l’elenco delle criticità che medici, infermieri e operatori sanitari hanno denunciato:
• Oltre un milione e mezzo di euro già stanziati dalla Regione e destinati a nuova strumentazione e alla ristrutturazione dei reparti, di fatto, spariti nel nulla. Ad oggi, non é possibile capire che fine abbia fatto il capitolo di spesa. Il risultato é quello di avere strumentazione rotta e obsoleta e cantieri aperti e mai terminati, nonostante i fondi sulla carta siano esistenti. Mentre per Lecce tutti i progetti esecutivi sono fermi, in altri ospedali, i fondi sono arrivati.
• Era una vanto per l’ ospedale leccese e la sua fine é stata repentina. Parliamo dell’analgesia, tecnica utilizzata per evitare il dolore alle donne che partoriscono. Chi intende usufruirne, oggi, é costretto a pagare. Ciò, come confermato dai medici, a discapito dello stato emotivo delle giovani madri soprattutto.
• Nel reparto di Chirurgia drammatico problema del numero dei posti letto: nessuna miglioria é stata apportata in questo reparto, che ha conquistato il triste primato di più alto indice di occupazione, toccando il 102 per cento di sovraffollamento. Allo stato attuale ogni camera arriva a contenere sei posti letto, aggiunti per fronteggiare la crescente richiesta: non essendoci lo spazio materiale per i bagni, i pazienti – carta igienica alla mano – sono costretti ad attraversare i corridoi per poter raggiungere il bagno (spesso, insieme alla carta igienica, i pazienti portano con sé drenaggi e flebo). Un progetto finanziato nel 2006, che prevedeva i servizi igienici nelle camere, non è mai diventato attualità: ci sarebbero già i muri che separano gli ambienti, ma i lavori sono fermi, né si riesce a capire quando e se riprenderanno; i medici dichiarano che neanche loro hanno accesso al cantiere, chiuso con un lucchetto da anni e le liste d’attesa sono disarmanti.
• Il sovraffollamento del Fazzi deriva da due aspetti: la fiducia nei medici operanti nella struttura è nello stesso tempo necessità dettata dalla mancanza di altri luoghi di soccorso: basti pensare che la privacy dei ricoverati é stata completamente annullata poiché le medicazioni, mancando altri spazi previsti, avvengono in presenza degli altri pazienti.
• Non esistono strumenti adatti ad un ospedale di secondo livello quale il Vito Fazzi. Per effettuare una risonanza magnetica o all’addome, i pazienti devono essere trasferiti nel vecchio Fazzi, a Casarano o Tricase. Non esiste una tac ad alta risoluzione.
• Nelle sale operatorie si avvertono due tipi di difficoltà: la media delle sedute operatorie é bassissima, comportando un allungamento spropositato delle liste d’attesa (solo per un’ernia, visti i lunghi tempi di attesa, i pazienti vanno via dalla Puglia. Ne deriva che il trasferimento del paziente e della sua famiglia in altro territorio, corrisponde a risorse sprecate per il nostro.
• L’assenza concomitante di numerose unità infermieristiche, ha portato al recente collasso del reparto di Ortopedia ma il problema più grave è la scarsità dei dirigenti: la mancata dotazione del reparto con un’unità aggiuntiva permanente costituisce un aggravio per i medici e gli infermieri sui turni e gli orari di lavoro. Ortopedia, che rientra fra le quattro unità specialistiche di base, é sotto organico di infermieri, medici e anestesisti. Il risultato? Oltre mille persone in liste di attesa; il tempo previsto per operare una persona alla gamba va dai dieci ai quindici giorni, nonostante il protocollo sanitario preveda 72 ore; la media mensile di interventi é di 48, bassissima per un grosso ospedale come quello di Lecce, nonostante la sala operatoria nuova di zecca perennemente chiusa per assenza di personale che la utilizzi.
• Nel reparto, anzi, nei due reparti di Urologia la situazione non é migliore (chiuso nell’ospedale di Campi Salentina, Urologia è stato trasferito a Lecce). La mancanza di organizzazione mantiene bassa la media degli interventi: uno al giorno nonostante due i reparti.
• Il Pronto Soccorso risente dell’assenza di presidi in tutto il Nord Salento: il flusso é ormai ingestibile e la quantità di richiesta é tale che si pensa di mettere i pazienti perfino nei bagni. La de-locazione dei codici verdi in altri reparti meno affollati come Oculistica o Chirurgia Plastica é ormai una prassi. Questo, comporta il malessere dei primari di questi reparti, costretti all’osservazione di malati non propri. Oppure l’alternativa è mandare i pazienti a casa; con la chiusura di Campi e Galatina sono andati perduti 80 posti letto, che oggi si riversano sul V. Fazzi. Completa il quadro desolante l’immagine frequente di parenti che trascinano i propri familiari, in assenza di infermieri, su barelle rotte.
Nel 2011 sono state 76.799 le richieste di accesso al Pronto Soccorso di Lecce, a causa del non funzionamento di guardie mediche e poliambulatori. Soltanto 9mila e 600 i ricoveri consentiti. Una percentuale irrisoria per un’ospedale come il Vito Fazzi, per una città capoluogo come Lecce. Una situazione sconfortante che Perrone ha così commentato: “Non abbiamo incontrato un solo primario che ci abbia descritto una situazione diversa da quella sopra riportata, sintomo questo di una malattia che ormai si é insinuata in tutto il territorio regionale: la mala-sanità. Questo ha regalato Vendola al nostro territorio. Invito tutti i candidati a sindaco per le primarie del centrosinistra, da sindaco e da massima autorità sanitaria locale, a interrogarsi su questi problemi”.
Attualità
Incendi d’estate, sindaci avvisati
Il Prefetto Nicolino Manno raccomanda ad ogni amministrazione, organismo ed ente coinvolto nell’Attività di pianificazione, prevenzione e lotta agli incendi boschivi e di interfaccia di mettere in atto le misure previste
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Dopo l’incontro in Prefettura, il Prefetto Nicolino Manno “avvisa” gli amministratori e si raccomanda affinché vengano prese tutte le misure necessarie previste nell’Attività di pianificazione, prevenzione e lotta attiva agli incendi boschivi e di interfaccia.
«In attesa dell’individuazione del periodo di grave pericolosità da parte della Regione», premette il Prefetto, «si richiamano i compiti, le responsabilità e le iniziative che ogni amministrazione, organismo ed ente, coinvolti a vario titolo nelle attività di pianificazione, prevenzione e lotta attiva agli incendi boschivi e di interfaccia, devono assumere al fine di una più efficace attività di mitigazione del rischio incendi.
Al riguardo, si rinnovano le raccomandazioni di seguito riportate, oggetto dell’incontro operativo che ha visto il coinvolgimento delle amministrazioni comunali, di enti e organismi scientifici, tra i quali il Dipartimento di Ingegneria delI’Università del Salento e la Fondazione CMCC di Lecce, dei Rappresentanti della Protezione Civile Regionale e dei vertici delle Forze di Polizia e Forze Armate presenti sul territorio».
In particolare, è emersa la «necessità di una maggiore attenzione da parte delle amministrazioni comunali per tutte le attività preventive e di pianificazione che devono essere attuate entro il prossimo mese di maggio e comunque prima dell’inizio della stagione estiva e delle alte temperature».
Si fa riferimento a «tutte le attività di pulizia dei fondi rurali, dei terreni incolti e/o abbandonati e, conseguentemente, alle attività di controllo ed eventuale sanzionamento con ordinanza “in danno”, rivalendosi sui proprietari privati inadempienti».
Inoltre, come raccomandato da FS Security, «si sollecitano le amministrazioni comunali ad emettere le ordinanze sindacali contingibili e urgenti, con obbligo a carico dei privati cittadini proprietari di terreni confinanti con la sede ferroviaria, affinché provvedano a tutte le attività di pulizia e sfalcio dei relativi terreni evitando, in tal modo, criticità al sistema dei trasporti su rotaia e pericolo per la pubblica e privata incolumità».
È, altresì, «necessaria ogni altra attività post-incendio riguardante l’aggiornamento del catasto incendi e dei Piani Urbanistici Generali, anche al fine di evitare l’elusione della prescrizione normativa di divieto assoluto di edificabilità sui terreni percorsi dal fuoco per i successivi dieci anni».
È anche fondamentale che ogni amministrazione provveda con cadenza periodica all’aggiornamento dei “Piani comunali o intercomunali di Protezione civile”, «con l’elaborazione di specifici “Piani di emergenza” per gli insediamenti, le infrastrutture e gli impianti turistici, anche temporanei, prossimi ad aree boschive o di vegetazione suscettibile di innesco e propagazione dell’incendio».
Anche «le iniziative di informazione e formazione rivolte alla cittadinanza, al fine di garantire la conoscenza dei comportamenti da seguire e delle aree di raccolta della popolazione in caso di evacuazione, risultano avere un ruolo chiave nella gestione delle emergenze da incendi».
Il Prefetto richiama, inoltre, l’attenzione sulla «necessità della preventiva comunicazione, da parte delle amministrazioni comunali al Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco, riguardante l’esatta collocazione dei punti di rifornimento idrico, da garantire sempre in efficienza mediante una continua attività manutentiva».
Le fonti idriche possono individuarsi in vasche, piscine, riserve idriche a cielo aperto oppure in tratti di acquedotto allestiti con attacchi di prelievo di adeguate caratteristiche e prestazioni idrauliche, così come raccomandato dal Comando Provinciale Vigili del Fuoco di Lecce.
Non meno importante risulta essere la continua azione di prevenzione e contrasto con le squadre di Volontari di Protezione Civile, che nei territori comunali devono essere «immediatamente operative e debitamente formate al rischio per una efficace azione di controllo e pronto intervento».
Allo stesso modo, una particolare attenzione è da riservare alle aree boscate adibite a parcheggio pungo i litorali e le località turistico-balneari le quali «devono essere presidiate da operatori di protezione civile formati e dotati di strumenti e mezzi utili a garantire un immediato intervento».
Il Prefetto Manno rinnova l’invito a sindaci e commissari, nella loro qualità di autorità territoriali di protezione civile, ad «eseguire ogni opportuna attività volta alla mitigazione del rischio incendi nonché a vigilare, nell’ambito dei rispettivi territori, su ogni potenziale situazione di rischio» ed a «disporre, per il tramite della Polizia Locale e dei competenti Uffici comunali, ogni adempimento necessario a far sì che anche i privati proprietari di terreni insistenti sul territorio comunale di rispettiva competenza effettuino le opere di bonifica necessarie a mitigare il rischio».
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Cronaca
Continuavano a spacciare ai domiciliari, mamma e figlio in carcere
Lei 62 anni, lui 20. Spacciavano nel centro storico leccese dalla loro abitazione trtasformata in vero vero e proprio minimarket della droga
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Attività preventiva e repressiva finalizzata al contrasto delle cosiddette piazze di spaccio, servizi di controllo dei soggetti sottoposti a misure restrittive presso il proprio domicilio, quali possono essere la detenzione domiciliare o gli arresti domiciliari nonché la lotta ai reati predatori.
Sono servizi che quotidianamente vengono svolti dai carabinieri del Comando Provinciale di Lecce ed è proprio in tale ambito che rientra l’operazione portata a termine nell’operazione dei Carabinieri del Nucleo Operativo e Radiomobile della Compagnia di Lecce che hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di madre e figlio, responsabili di attività di spaccio nel quartiere Giravolte del centro storico leccese.
Si tratta di una donna 62enne e del figlio 20enne, già sottoposti alla misura cautelare personale degli arresti domiciliari dopo essere stati arrestati, in flagranza di reato, per spaccio di sostanze stupefacenti, lo scorso 20 dicembre. In quella circostanza, a seguito di perquisizione personale e domiciliare, erano stati trovati in possesso di un congruo e variegato quantitativo di sostanze stupefacenti, un bilancino di precisione, materiale vario per il confezionamento e denaro contante probabile provento dell’attività di spaccio.
A seguito di tale episodio, madre e figlio erano stati, quindi, sottoposti agli arresti domiciliari.
Tuttavia, le indagini proseguite da parte dei militari dell’Arma, hanno rivelato che, nonostante la misura restrittiva, i due continuavano a gestire l’attività, sebbene sottoposti al vincolo presso la propria abitazione.
L’attività d’indagine, coordinata dalla Procura della Repubblica di Lecce, ha permesso di raccogliere elementi determinanti grazie anche all’attività info-investigativa condotta dai carabinieri e caratterizzata, tra l’altro, da osservazioni e pedinamenti di soggetti, noti quali probabili assuntori di stupefacenti, nonché da sviluppi investigativi in seguito alle tante segnalazioni da parte di numerosi cittadini.
I servizi posti in essere dai militari che hanno monitorato l’abitazione degli arrestati adibita a vero e proprio minimarket della droga, ha permesso di individuare, bloccare e controllare i vari acquirenti che quotidianamente, in particolare nei fine settimana e in orario notturno, dopo essersi appena riforniti dai due, venivano trovati in possesso di hashish, marjuana e cocaina.
I riscontri investigativi hanno portato il Tribunale di Lecce – Sezione del G.I.P. – presso cui i militari dell’Arma hanno avanzato richiesta, a decidere per l’aggravamento della misura cautelare, disponendo la revoca degli arresti domiciliari e la contestuale detenzione in carcere per entrambi.
Conclusi gli adempimenti previsti, in ottemperanza al provvedimento dell’Autorità Giudiziaria, i due sono stati arrestati e condotti presso la Casa Circondariale di Borgo San Nicola di Lecce.
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Cronaca
Lecce – Inter, daspati otto tifosi nerazzurri
Per un anno niente stadio. Lanciarono ordigni contro la polizia dal furgono utilizzato per ragiungere il Salento e con il quale dovevano tornare in Lombardia
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Non potranno accedere agli impianti sportivi per un anno gli 8 tifosi che il 26 gennaio scorso hanno posto in essere condotte violente e pericolose che hanno messo in pericolo sia l’incolumità fisica delle forze dell’ordine che la sicurezza pubblica.
Gli episodi si sono verificati al termine dell’incontro predetto quando i tifosi della squadra ospite venivano scortati dalle forze dell’ordine verso la via di deflusso più immediata per raggiungere l’aeroporto di Brindisi per evitare eventuali contatti e scontri con la tifoseria locale.
Durante queste fasi, da un minivan col portellone laterale aperto, venivano lanciati diversi ordigni esplodenti verso le pattuglie della Polizia di Stato impegnate sulle intersezioni per il blocco della tifoseria locale.
Due di questi ordigni hanno raggiunto gli agenti provocando loro delle lesioni.
Il mezzo su cui viaggiavano gli otto tifosi, tutti provenienti dalla Lombardia, responsabili delle condotte violente e pregiudizievoli per l’incolumità, per l’ordine e la sicurezza pubblica è stato subito fermato ed i responsabili identificati ed in considerazione degli avvenimenti verificatisi è seguita l’emissione da parte del Questore della provincia di Lecce di 8 provvedimenti DASPO nei confronti dei responsabili, finalizzati a prevenire la reiterazione di condotte simili.
Il DASPO vieta ad ognuno di loro per un anno l’ingresso negli impianti sportivi del territorio nazionale e quindi la partecipazione ai match sportivi.
Sono in corso indagini per l’adozione di altri provvedimenti DASPO nei confronti di altri tifosi responsabili di condotte violente.
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