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Miggiano

Giochi paralimpici a Miggiano, che bella giornata!

Nel corso della manifestazione hanno preso forma le diverse competizioni sportive: dal calcio al basket, al tiro con l’arco; che ha visto in campo diversi atleti

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Miggiano ha ospitato la terza edizione delle attività sportive cosiddette “Paralimpiche” promossa dalle associazioni U.I.D.L.M. (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare) guidata da Francesco Martella, in collaborazione con il Comitato Italiano Paralimpico e le associazioni FIDA e ANSI di Miggiano.


Nel corso della manifestazione hanno preso forma le diverse competizioni sportive: dal calcio al basket, al tiro con l’arco; che ha visto in campo diversi atleti.


Nell’ambito della suddetta, per l’occasione, è stata consegnata e inaugurata dalla U.I.L.D.M. la Panchina per Disabili, ubicata nelle adiacenze del Teatro Comunale. L’evento è stato altresì patrocinato dall’amministrazione comunale di Miggiano, con la presenza del primo cittadino Michele Sperti, della consigliera ai Servizi Sociali Maria Rosaria De Pascalis e del consigliere alla Cultura Angelo Mancarella.


Nel tardo pomeriggio si è poi formato volutamente un corteo su iniziativa delle A.S.D. (associazioni sportive dilettantistiche) che, partendo da via Roma, si è snodato lungo le vie del centro ed a cui hanno partecipato diversi gruppi.


Molto suggestivo e significativo lo striscione (la bandiera) a capo del corteo, simboleggiante la pace.


La predetta bandiera che originariamente è partita da Alessano, dove dimorano le spoglie del Venerabile don Tonino Bello, è stata condotta in quasi tutte le regioni d’Italia prima di giungere a Miggiano, da dove poi proseguirà verso altre mete.


Le competizioni sportive si sono svolte in una cornice appropriata nel quartiere fieristico, che tra qualche giorno ospiterà l’edizione 2022 di Expo 2000.


È stato premiato ogni atleta partecipante. La kermesse è terminata con il rituale del Presidente del C.O.N.I. e del responsabile del Comitato Italiano Paralimpico.


La comunità di Miggiano (dal sindaco Sperti al parroco don Stefano De Paola, ai dirigenti sportivi fino al pubblico presente) è stata molto coinvolta dalla manifestazione. Una sensibilità che la comunità di Miggiano ha da sempre avvertito con particolare dedizione e generosità.


Perché come dice Papa Francesco, «l’unica disabilità è il cattivo atteggiamento».


«IL LAVORO DI SQUADRA PREMIA SEMPRE».


Entusiasta Francesco Martella, presidente della UILDM sezione Miggiano.


«Questo è lo sport: stare insieme, lavorare e raggiungere obiettivi, grazie ancora ai ragazzi dell’A.s.d. L’Adelfia per aver aperto la Marcia dello Sport con la bandiera della pace, ricevuta in dono dall’I.C. Salvemini di Alessano.


Partita dalla tomba di Don Tonino Bello e giunta fino al Monte Bianco, la bandiera ha attraversato tutte le regioni italiane e ha fatto tappa a Miggiano.


Si tratta di un simbolo fortissimo che ci ha fatto sentire parte attiva di un progetto più ampio. Anche questo per noi è un messaggio di integrazione.


Quest’evento è stato possibile solo grazie a: PRO LOCO Miggiano, Ass. Ansi Miggiano, Gynnica Sport, A.s.d. L’Adelfia, Parrocchia San Vincenzo, LeoonFire (Luisa, la nostra campionessa di drone), Lupiae Team Salento (Basket), Evò Archery Team (Tiro con l’arco), Salento Wolves (Calcio), Tennis tavolo, Ass. Sfida, Mastroleo auto Eurobici, Miggiano Bike, Terrarussa, Asd Ciclo Bike Team, Toro bike Taurisano, Asd Mountain bike Alessano, MTB Tricase, Coop. Sociale Albanova, Casa per la Vita Le Pesine.


Gli enti che hanno patrocinato l’evento: l’Amministrazione comunale di Miggiano, il CONI, il CIP (Comitato Paralimpico Italiano), il CUS Lecce (Centro Universitario sportivo) e l’ANPIS (Associazione Nazionale Polisportive Dilettantistiche per l’Integrazione Sociale)».


Alberto Scalfari







Attualità

Nonna Rosa spegne 100 candeline

Emozione e festa alla Residenza per anziani “Don Tonino Bello 3” di Miggiano per la centenaria tricasina Rosa Coluccia

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Una festa tra sorrisi, abbracci e commozione ha segnato ieri il 100° compleanno di Rosa Coluccia (nata il 7 novembre 1924), di Tricase, ospite della Residenza per anziani “Don Tonino Bello 3” di Miggiano.

In un’atmosfera calorosa, con palloncini, torta e decorazioni a festeggiare questo traguardo straordinario, Rosa ha vissuto il suo giorno speciale circondata dall’affetto dei familiari, degli altri ospiti e del personale della struttura.

«Abbiamo la fortuna di condividere la quotidianità con persone come lei, che ci insegnano il valore di ogni momento e l’importanza degli affetti», ha sottolineato il dott. Marcello Falco, responsabile sanitario della residenza, «Rosa è la seconda centenaria che festeggiamo qui alla “Don Tonino Bello 3”, e celebrare insieme a lei questo traguardo ci riempie di gioia. È una conferma dell’impegno della struttura nell’offrire non solo assistenza, ma anche un ambiente in cui ogni ospite possa sentirsi accolto e apprezzato».

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Approfondimenti

Mesciu Pippi, custode dell’arte edilizia

Al secolo Raimondo Giuseppe Marra, nato nel 1943 a Montesano Salentino, considerato un custode della lavorazione tradizionale e un vero e proprio maestro delle volte a stella, a squadro e a botte

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In nostro approfondimento sulla tradizione del costruire salentino si chiude con una figura storica dell’edilizia salentina.

I più attempati si ricorderanno certamente di Mesciu Pippi.

Al secolo Raimondo Giuseppe Marra, nato nel 1943 a Montesano Salentino, anche se all’anagrafe risulta Miggiano, di cui il suo paese, all’epoca, era ancora frazione. A 15 anni iniziò a lavorare in cantiere e, da allora, l’arte edile è diventata la sua vita.

Tanto da essere considerato un custode della lavorazione tradizionale e un vero e proprio maestro delle volte a stella, a squadro e a botte.

La sua storia è riportata nel libro “Il cantiere edile come biografia e memoria”, scritto dall’architetto Venanzio Marra, figlio di Raimondo Giuseppe.

Mesciu Pippi cita il suo maestro: «È stato Donato De Matteis, un abile costruttore di Montesano. Poi ho avuto tanti altri maestri, tra cui Ippazio Morciano, mesciu Pati, di Tiggiano. Dopo aver lavorato con lui, nel 1973, ho dato vita alla mia attività».

Nonostante sul finire degli anni 70 stesse cambiando il modo di costruire passando dalle strutture interamente in muratura, con copertura a volta, ai sistemi in cemento armato, con le strutture puntiformi e i solai, Mesciu Pippi è rimasto legato alla tradizione: «Il passaggio dalle costruzioni tradizionali a quelle moderne non è stato indolore. Il cantiere tradizionale veniva sostituito da un cantiere in cui l’esecuzione delle opere diveniva più veloce, aumentava la standardizzazione della componentistica edile. Ma spesso si perdeva parte della sapienza costruttiva e le maestranze diventavano sempre più dequalificate. Sin dal 1975, quando capitava di demolire una volta (per esempio a stella) per costruire una struttura moderna con i solai piani, pensavo che i nuovi edifici non sarebbero durati così a lungo. Insomma, si demolivano strutture fatte ad arte per sostituirle con altre che non davano la stessa garanzia».

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Approfondimenti

Costruire salentino, come eravamo

Giuseppe Maria Costantini, Conservatore-Restauratore di Beni Culturali: dalle coperture ai soffitti interni, dagli intonaci ai pavimenti interni ed esterni, dalla “suppinna” alla “loggia”: i caratteri tradizionali tipizzanti dell’edilizia salentina

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di Giuseppe Maria Costantini

(Conservatore-Restauratore di Beni Culturali)

Mi si chiede: «Se qualcuno volesse costruire un’abitazione secondo i canoni della tradizione salentina cosa dovrebbe fare? Quali sono gli aspetti più caratteristici e tipizzanti?».

Le abitazioni del Salento sono sempre state alquanto eterogenee in relazione alla condizione socio-economica e culturale dei loro abitanti, così caratterizzando i vari paesi e quartieri urbani, anche vicinissimi tra loro, inoltre, sono molto cambiate nel corso dei secoli, anche in breve tempo quando ce ne fosse un’importante condizionamento esterno.

Basti considerare che nel Salento, almeno fino al sedicesimo secolo, tutte le coperture degli edifici erano costituite da tetti spioventi e tegole in terracotta, come nel resto d’Italia.

Tra l’altro, la copertura esterna a spioventi corrispondeva largamente a soffitti interni in legno, sia lasciati a vista sia nascosti da incannucciate ricoperte da intonaci a stucco, come nel resto d’Italia.

Tale lunghissima “stagione dei tetti” vedeva anche pavimenti interni che, dove non fossero un umile battuto di terra, erano frequentemente in legno, nudo o variamente rifinito, oppure in terracotta, nuda o financo maiolicata; l’impiantito in pietra era destinato in prevalenza agli spazi esterni, o aperti, nonché a rimesse e opifici.

Tornando alla questione posta: come e più del resto d’Italia, nel Salento il consumo del suolo, dal secondo dopoguerra del Novecento a oggi, è stato enormemente maggiore che dalla preistoria allo stesso secondo dopoguerra; pertanto, non si dovrebbe più consumare neppure un metro-quadrato di terreno agricolo o naturale per costruire checchessia.

Ciò detto, innumerevoli edifici dell’ultimo secolo, privi di particolari valenze storiche o artistiche, necessiterebbero di importanti interventi “di costruzione”.

Si tratta di edifici variamente inefficaci in fatto di materiali di cui sono costituiti, di caratteri strutturali-statici, oppure affatto indecenti in termini di funzionalità, e/o di forma e di aspetto.

In altre parole, le tante costruzioni inadeguate e brutte che ci circondano dovrebbero essere radicalmente demolite e, ove necessario, ricostruite in termini idonei, o, se possibile e opportuno, parzialmente manomesse, recuperandone quanto già idoneo e sostituendone quanto inidoneo.

Che siano totali o parziali, è essenziale che tali auspicabili rigenerazioni tengano nella massima considerazione i caratteri tradizionali e tipizzanti del Salento, anzi, in particolare, che siano armoniche al centro abitato, o alla località di campagna, cui appartengono.

Il nostro grande intellettuale e poeta Vittorio Bodini, in Foglie di tabacco (1945-47), tipizza fantasticamente un carattere cardinale delle abitazioni pugliesi e salentine: « le case di calce da cui uscivamo al sole come numeri dalla faccia di un dado».

Tuttavia, neppure l’imbiancatura in bianco vale per ogni località: molti centri abitati, costieri e no, erano caratterizzati da prevalenti imbiancature di calce addizionata a pigmento, fino a ottenerne colori pastello, rosa, ocra gialla, azzurro, turchese, verde, ne era un esempio emblematico Gallipoli.

Perchè spellare le case?

Ne parlo al passato perché negli ultimi decenni è invalsa la deleteria moda di spellare le nostre abitazioni, fino a mostrarne l’orditura muraria in pietra, come si trattasse di un edificio non terminato.

Infatti, restando ai caratteri tradizionali tipizzanti: le abitazioni salentine, dalla più umile al palazzo nobiliare, quando edificate fino a conclusione, all’esterno e all’interno, erano immancabilmente intonacate o, comunque, rifinite con uno strato superficiale, quale rivestimento tradizionale del materiale lapideo costruttivo, con valenze funzionali ed estetiche, e ciò riguardava persino cantine e stalle.

Oltre alle coperture esterne a terrazza, destinate a convogliare le acque piovane nelle cisterne, un altro carattere tipizzante delle nostre abitazioni era la presenza di spazi interni aperti: ortali, giardini, cortili al piano terreno; al piano superiore: terrazze complanari, terrazze soprastanti, spesso dotate di suppinna o attico, nonché verande, balconi e balconcini.

In particolare, le facciate, anche quando di dimensioni contenute, tendevano ad avere uno spazio aperto protetto: portico, loggia, o loggetta a serliana.

Il colore degli infissi

Similmente alle murature, che dovrebbero mostrarsi sempre vestite, anche gli infissi, secondo tradizione, non mostrano mai il loro legno a vista, neppure quando pregiato.

Il colore degli infissi, come quello delle imbiancature tradizionali, era largamente condizionato dalla tradizione della località.

Certamente per le porte e i portoni, o le persiane, il colore più tipizzante era il verde (in infinite tonalità locali, più o meno scure), o, soprattutto per le località costiere, l’azzurro; seguono le tonalità del bruno-grigio.

A ogni modo, lontano dall’avere svolto questo interessante e poliedrico tema, spero di avere stimolato la vostra attenzione e rispetto per la conservazione e il recupero delle nostre tradizioni costruttive e del nostro bel paesaggio.

GIUSEPPE MARIA COSTANTINI

Conservatore-Restauratore di Beni Culturali.

Possiede numerose specializzazioni, tra cui superfici dell’architettura.

Lungamente ricercatore e docente di Restauro per l’Università di Bologna, oltreché per altri prestigiosi enti nazionali.

Su diretto invito del dirigente Arch. Piero Cavalcoli (Urbanista), ha partecipato all’elaborazione del DRAG della Regione Puglia (Schema di Documento Regionale di Assetto Generale).

*Nella foto in alto, Specchia da “I Borghi più belli d’Italia”

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